IL PARADISO PERDUTO di John Milton (libro I,vv.242-270)
“E’ questa la regione, è questo il suolo, il clima” disse allora l’Arcangelo perduto, questa è la sede che ci tocca avere in cambio del cielo, questa triste oscurità invece della luce celestiale? sia pure così, se colui che ora è sovrano può dire e disporre che cosa sia giusto; tanto meglio quanto più lontano da colui che la ragione ha fatto uguale, la forza reso supremo sui suoi uguali. Addio, campi felici dove la gioia abita eterna! Salve orrori, salve mondo infernale, e tu, profondissimo inferno, accogli il nuovo possessore: uno la cui mente non può mutare secondo tempi e luoghi. La mente è luogo a se stessa, e in se stessa Può fare dell’inferno un cielo, del cielo un inferno. Che cosa importa dove, se sono sempre lo stesso, e che altro dovrei essere, tutto meno che inferiore a colui che il tuono ha reso più grande? Qui almeno saremo liberi; l’Onnipotente non ha creato questo luogo per invidiarcelo, e non ci caccerà di qui: qui potremo regnare sicuri, e per mia scelta regnare è degno di ambizione, anche se all’inferno: meglio regnare all’inferno che servire in cielo. Ma poiché lasciamo noi i nostri fedeli amici, gli associati e partecipi della nostra sconfitta, a giacere così attoniti sugli stagni dell’oblio, e non li chiamiamo ad avere con noi la loro parte in questa felice dimora, o a tentare ancora una volta con armi riunite, quel che può essere ancora riconquistato in cielo, o più ancora perduto nell’inferno?”
Anno MDCLXVII
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