IL CORVO
Mito e Simbologia di un Animale Sacro
«Questo detto sia l’estremo, spettro o augello — urlai sperduto. Ti precipita nel nembo! torna ai baratri di Pluto!
non lasciar piuma di sorta — qui a svelar chi fosti tu!
lascia puro il mio dolore, lascia il busto e la mia porta!
strappa il becco dal mio cuore! t’alza alfin da quella porta!»
Disse il corvo: «Mai, mai più!»
Questa è la penultima strofa di una celebre opera di Edgard Allan Poe, dal titolo Il Corvo. In questa lunga poesia l’autore ci mostra un uomo solo, a casa, in una fredda notte d’inverno, tormentato dal ricordo della sua amata perduta, Lenora. Tale perdita può essere interpretata con diverse chiavi di lettura: in modo letterale, guardando a Lenora come ad un amore finito prematuramente, a causa di una separazione o della dipartita di quest’ultima, o in senso figurato, incarnando un significato più profondo. Il nome Lenora, infatti, etimologicamente significa “cresciuta nella luce” e i versi della poesia che la riguardano: “la raggiante, santa vergine che in ciel chiamano Lenor, e qui nome or non ha più!” confermerebbero la mia visione eterea di questa figura, forse connessa alla Musa a cui ogni poeta si appella, la stessa “Dea Bianca” di cui Robert Graves racconta nel suo omonimo libro. Ed è proprio mentre il protagonista soffre per la perdita di Lenora, donna amata o incarnazione della purezza del Femminino luminoso e ispiratore, che sulla sua porta appare un corvo, nero e austero, che si appollaia sopra l’uscio, su di un busto di Minerva. Solo una frase continuerà a ripetere il Corvo: “Mai Più”.
Il “Mai Più” profetico del corvo, [in inglese Nevermore] diverrà la perfetta insegna dell’essenza di questo misterioso e temuto animale, un uccello che lo stesso Poe definisce nella sua poesia come “spettro, profeta” e “augel di Pluto”, Re degli Inferi. Quel Mai Più, laconico e spietato, è ciò che innesca il vortice di angoscia del protagonista, il quale continuerà a domandare al corvo che cosa intenda dire, sebbene in cuor suo conosca già la temuta risposta. Qualcosa era stato perso per sempre, nello stesso modo in cui ognuno di noi ha perso la sua innocenza, nello stesso modo in cui la scoperta del dolore e della perdita ci rende coscienti di un abisso che, volenti o nolenti, ci cambierà per sempre. Il Mai Più del corvo di Poe è una sentenza, è la verità scomoda che non vogliamo ascoltare, profonda e potente tanto quanto il Per Sempre. Mai Più è il nome stesso del corvo, di ciò che rappresenta per il protagonista, ossia un’inevitabile discesa verso la Notte dell’Anima, lontano dalla luce soterica di Lenora. In questa poesia il corvo è un oscuro portatore di luce, chi, sebbene per mezzo della tenebra, ha dato all’uomo la lucente verità ch’egli stesso chiedeva senza però avere il coraggio ascoltare.
Singolare, anche se forse non del tutto rilevante, è poi il fatto che il corvo si posi proprio su un busto di Minerva. La prima lecita associazione può essere legata al mito de Il Corvo e Atena, ma in realtà mi è saltata nella mente anche un’altra cosa, a mio avviso forse più pertinente con il senso stesso della poesia. Premetto che la mia mente, quando si tratta di “interpretazione”, tende a fare voli pindarici, tuttavia sono solita associare Minerva/Atena ad una sapienza prettamente razionale, alla solarità della logica, della conoscenza insita nelle geometrie luminose, contrapposta a espressioni della Dea più primordiali, lunari, telluriche, connesse invece all’istintualità e alla sapienza intuitiva. Minerva/Atena, infatti, non è più un Ente che nasce dal “ventre di una Madre”, bensì è un Ente che nasce dalla “testa di un Padre”. La dicotomia ventre-madre e testa-padre segna simbolicamente un confine fra l’Età dell’Anima e l’Età della Ragione. E se ho aperto questa piccola digressione è perché credo che Lenora, in qualche modo, possa rappresentare per il poeta proprio la Musa, colei che ispira sussurrando all’anima, oltre la ragione, in quella landa sospesa fra i mondi in cui naviga il Poeta nello stesso modo del Folle e dello Sciamano. E chi più del corvo, animale notoriamente psicopompo, potrebbe far viaggiare fra questi mondi?
Ho voluto cominciare questo scritto partendo dall’analisi della poesia di Poe perché credo che essa, in maniera sublime, riesca davvero a trasmettere ciò che il corvo incarna da un punto di vista simbolico-iniziatico. Il corvo, nella psicologia del profondo, rappresenta il lato più oscuro della natura umana, l’inconscio più abissale e inesplorato. Anche sul fronte alchemico il corvo rappresenta la fase Nigredo, divenendo pertanto incarnazione della morte iniziatica, della Discesa agli Inferi, della dolorosa distruzione come preludio di ogni nuova creazione. Il corvo è nei fatti lo spirito totemico di tutti coloro che hanno fatto esperienza dell’oscurità, entrando in confidenza con la propria ombra, spesso dovendo affrontare sfide ed ordalie. Forse proprio per tale ragione, il corvo ha assunto nel tempo una marea di connotazioni differenti, a seconda della tradizione che lo raccontava. I miti sul corvo sono innumerevoli e molto diversi fra loro. Onestamente credo che le diverse interpretazioni di questo animale sacro siano un ottimo metro di misura per comprendere la mentalità di ogni popolo e di ogni epoca. Ci sono state culture piuttosto ostili al corvo - vedesi ad esempio la nostra società d’impronta giudeo-cristiana, in cui il corvo è associato al demonio e alla sfortuna – e tradizioni in cui invece esso è stato amato e rispettato – come ad esempio presso i saggi Nativi Americani e i Celti.
Il Corvo nel Giudeo-Cristianesimo
Il corvo è sempre stato abbastanza incompreso. Questo uccello nero, dallo sguardo torvo, ha sempre rappresentato una figura controversa dell’immaginario collettivo. Nella storia incontriamo popoli che lo hanno molto amato e popoli che invece lo hanno temuto e bistrattato. Nel Cristianesimo, ad esempio, l’opinione riguardo al corvo è piuttosto negativa. Nel folklore cristiano il corvo è visto come “l’uccello del malaugurio”, un animale oscuro, malvagio, tradizionalmente associato al maligno. Nella Bibbia, ad esempio, Yahweh dà disposizioni al suo popolo su quali animali siano puri o immondi e - in Levitico 11:15 - scopriamo che il corvo risulta fra gli uccelli immondi, insieme alla civetta, all’aquila, al falco e all’ibis/cicogna. Tutti volatili che, forse solo per mero “caso”, erano sacri ad importanti antichi Dei pagani!
Ambiguo è poi l’episodio relativo all’Arca di Noè. Nel racconto biblico si narra che Noè, una volta arenatosi sul monte Ararat, inviò due uccelli, un corvo e una colomba, al fine di verificare se finalmente si potesse scorgere terraferma. Secondo il luogo comune, la colomba sarebbe tornata da Mosè, indicando così la presenza di terraferma, mentre il corvo invece non tornò, guadagnandosi in tal modo la nomea di traditore. In realtà, però, questa è un’interpretazione del tutto errata, dal momento che, Bibbia alla mano, i fatti andarono diversamente. In Genesi 8,6-12, leggiamo:
“Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatta nell'arca e fece uscire un corvo per vedere se le acque si fossero ritirate. Esso uscì andando e tornando finché si prosciugarono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell'arca, perché c'era ancora l'acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell'arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui”.
Prima di continuare, occorre premettere che il diluvio biblico in realtà trae spunto da un poema babilonese più antico, ossia la celebre Epopea di Gilgamesh, [Tavoletta XI], dove l’eroe incontra Utanapishtim, l’equivalente babilonese di Noè. In questa antica versione della storia del diluvio, Utanapishtim racconta di aver prima inviato una colomba, che però non trovando niente torna indietro. Poi invia una rondine e anch’essa, non trovando terra, torna indietro. Infine egli invia un corvo e quest’ultimo, trovando terra e cibo, non torna più, facendo capire al protagonista che finalmente la terraferma era riemersa. Nella versione babilonese del diluvio non è dunque la colomba a esser foriera di una buona notizia, bensì il corvo. Ciò significa che nella Bibbia giudeo-cristiana si è voluto intenzionalmente modificare la storia originale per mettere in buona luce la colomba a discapito del corvo. Tuttavia in tal paragrafo voglio concentrarmi proprio sul ruolo del corvo nel contesto biblico, che, in barba ad ogni tentativo di stigmatizzazione, è a mio avviso persino più positivo di quello che riveste nel racconto babilonese.
Secondo il folklore cristiano, infatti, l’episodio dell’Arca di Noè dimostrerebbe che il corvo è un traditore, l’emblema di chi perde tempo, chi procrastina all’infinito senza mai riuscire a portare a termine i suoi doveri. Non a caso lo stesso Sant’Agostino paragonò i peccatori ai corvi, poiché rei di rimandare sempre a domani la propria redenzione. Il paragone è dovuto al termine latino cras, che significa “domani”. Sant’Agostino alludeva al fatto che il peccatore, incapace di rimediare tempestivamente ai propri errori, dicesse sempre “cras cras”, ossia “domani, domani”, espressione che ricordava appunto il verso del corvo. Ma leggendo con attenzione il passo biblico su Noè, è chiaro che il corvo non si è comportato in alcun modo da traditore, né da perditempo. Il corvo, anzi, ha continuato a fare avanti e indietro fino a che le acque non si furono finalmente ritirate. L’unica differenza fra corvo e colomba è che quest’ultima un giorno porta con sé un rametto di ulivo, facendo così capire a Noè che ha trovato terra. Ma nei fatti è poi la colomba che infine non fa più ritorno sull’arca, mentre il corvo, al contrario, continuò a viaggiare fino all’ultimo. In definitiva, la colomba è vista come più positiva soltanto perché ebbe il merito di portare a Noè una buona notizia, ma non si può certo negare che il corvo, pur avendo viaggiato a lungo - e aver probabilmente trovato anch’egli terra - ogni volta è comunque tornato all’arca, anziché farsi un bel nido sulla terraferma – come infine fece poi la colomba!
È vero, il corvo biblico non porta con sé il ramo d’ulivo, non porta buone notizie a Noè, tuttavia non lo abbandona. Continua a viaggiare, avanti e indietro, instancabile, rappresentando dunque un grande esempio di lealtà nei momenti duri. Se la colomba è chi porta un fugace raggio di luce nel buio, il corvo a sua volta è chi in quel buio ti resta a fianco. Questa caratteristica del corvo la possiamo notare in verità anche in altri episodi biblici, passaggi in cui il nero uccello si rivela alleato di coloro che vivono momenti di grande asperità. In 1Re 17,3-6 troviamo:
“A Elia fu rivolta questa parola del Signore: «Vattene di qui, dirigiti verso oriente; nasconditi presso il torrente Cherit, che è a oriente del Giordano. Ivi berrai al torrente e i corvi per mio comando ti porteranno il tuo cibo» Egli eseguì l’ordine del Signore; andò a stabilirsi sul torrente Cherit, che è a oriente del Giordano. I corvi gli portavano pane al mattino e carne alla sera; egli beveva al torrente”.
Come ben sappiamo, la Bibbia non è altro che un plagio distorto di miti e culti più antichi, quindi anche il personaggio di Elia trascende lo stesso Giudeo-Cristianesimo. La figura di Elia, se letta in chiave esoterica e non religiosa, è a tutti gli effetti archetipo dell’Iniziato, l’Eremita che s’inizia ai sacri Misteri e che, attraverso un percorso periglioso, trova la radice stessa della sua anima, ascendendo verso il divino. Oltre ad Elia, ritroviamo altri personaggi biblici con storia simile, come ad esempio Paolo di Tebe, definito nel Cristianesimo come il Primo Eremita, e Antonio abate, anch’egli egiziano, il quale è celebre per essere stato fra i più influenti esponenti dell’anacoretismo monacale in seno al Cristianesimo. Entrambi questi santi hanno abbandonato gli agi della società per vivere come eremiti, nel deserto della Tebaide, ed entrambi sono stati nutriti da un corvo.
Il profeta Elia, così come Antonio abate e Paolo di Tebe, sono per la Chiesa figure molto importanti, ma in verità ben più importante è ciò che essi esotericamente simboleggiano: l’Iniziazione. Nel Satanismo Originale l’Iniziazione Oscura è un viaggio che parte dal crepuscolo per arrivare all’alba. Ciò significa che per risorgere con il sole è indispensabile attraversare le insidie della Notte. Elia, Paolo di Tebe e Antonio abate, in qualche modo rappresentano l’Iniziato che comincia il suo Cammino verso il Sacro, lontano da tutto ciò che è famigliare e sicuro, e in questo duro esilio sono proprio i corvi a vegliarlo e nutrirlo. I corvi, mandati da Dio, sono a tutti gli effetti emissari del divino, intermediari fra terra e cielo. Anche in questo caso, dunque, come per Noè, abbiamo un esempio di come il corvo sia accanto all’essere umano nei suoi momenti più duri, quando l’Iniziato stesso vive la sua Notte dell’Anima. Sebbene dunque il corvo nella Bibbia sia annoverato fra gli animali impuri e sia considerato un simbolo negativo e demoniaco nel folklore cristiano, resta comunque una presenza positiva laddove il racconto biblico confluisce celatamente nell’ermetismo iniziatico.
In realtà, a fomentare l’odio verso il corvo, non fu tanto la Bibbia quanto invece il pensiero dei dottori della Chiesa, come ad esempio Sant’Agostino, noto per il suo estremo moralismo e la sua misoginia. Per il “santo” d’Ippona, infatti, il corvo era un animale spregevole, una vera e propria incarnazione del diavolo. Sant’Agostino nutriva una fortissima antipatia per il corvo e per l’orso, animali che riteneva impuri e per propria natura malvagi. Una delle ragioni per cui certi dottori della Chiesa odiavano il corvo è prettamente politica: il corvo era un animale molto amato dai Romani e, come vedremo nei prossimi paragrafi, letteralmente adorato dai popoli nordici, come Celti, Norreni e Germani. Questo, agli occhi della Chiesa, rendeva il corvo una sorta di idolo pagano da estirpare e proprio a causa di questa mentalità inquisitoria, del tutto insensibile all’amore verso la natura e al rispetto verso gli altri credi, fu così che il corvo subì per secoli una violenta persecuzione da parte dei Cristiani. Tra l’VIII e il X secolo, soprattutto nell’area germanica, i Cristiani condussero una folle campagna di sterminio dei corvi, portandoli quasi all’estinzione. E tutto queste atrocità nei confronti di una creatura innocente avevano come unico scopo quello di eliminare il culto del corvo, da sempre molto sentito in certe tradizioni pagane.
Il Corvo nella tradizione ellenica e romana
Anche presso i Greci il corvo aveva un ruolo piuttosto ambiguo. Nonostante fosse infatti animale simbolo di diverse divinità importanti, al contempo era protagonista di miti che lo ritraevano in modo poco lusinghiero. Noto è ad esempio il racconto che vede protagonista il corvo di Apollo, dio greco del sole. Apollo a quei tempi era innamorato di Coronide, principessa della Tessaglia, e quando un giorno il dio dovette recarsi a Delfi, ordinò al suo corvo di vegliare sull’amata, chiedendogli di riferirgli di tutto ciò che accadeva. Il corvo fedelmente obbedì, restando accanto a Coronide. La donna però, in assenza del dio, incontrò un altro uomo, Ischi, e se ne invaghì. Il corvo vide Coronide e Ischi amoreggiare e imbarazzato capì che avrebbe suo malgrado dovuto riferire l’accaduto al suo Signore. Una cornacchia però, anch’essa un tempo messaggera di un nume, lo avvertì che se avesse raccontato la verità ad Apollo avrebbe rischiato di esser punito, esattamente come un tempo accadde a lei stessa. Il corvo però, essendo per natura estremamente fedele, accettò il rischio e riferì la verità al dio del sole. Apollo fu così arrabbiato per la scoperta che uccise sia Ischi che Coronide. La donna, però, in fin di vita, lo informò del fatto che aspettava un bambino da lui. Apollo, straziato dalla notizia, chiese al saggio Hermes di aiutarlo a salvare il bambino e così quest’ultimo fece, estraendo Esculapio, futuro dio della medicina, dal ventre della defunta Coronide. A quel punto Apollo, furioso per l’accaduto, riversò tutta la sua ira sul povero corvo. A quei tempi il corvo era candido come la neve e Apollo, per punirlo, annerì le sue piume, rendendo il corvo immensamente triste.
Questo mito rivela la natura poco etica di certi Greci, popolo progressivamente “in via di corruzione”, esattamente come accadde anche per i Romani. Per quanto di fatti esistano elementi della tradizione classica molto positivi, è innegabile che Greci e Romani, soprattutto negli ultimi secoli della loro epoca, fossero ormai in parte spiritualmente corrotti ed è stata proprio quella corruzione a rendere facile l’insediamento della dottrina giudeo-cristiana. Nonostante la filosofia greca abbia dato moltissimo alla storia umana, è altresì vero che ci sono stati filosofi ben poco etici, ammorbati da un maschilismo feroce e sostenitori di teorie spesso tralignanti. Stesso dicesi per i Romani, alle origini degni rappresentanti della natura Gentile e in seguito preludio vivente del decadimento, concretizzatosi poi completamente con la deriva giudeo-cristiana. Non molti infatti sanno che, ad esempio, sia Greci che Romani, nonostante Pagani, finirono per vietare tradizioni più oscure, come ad esempio il culto di Bacco/Dioniso, dove le Menadi – dette anche Baccanti – celebravano rituali estatici per onorare il proprio dio, rivelandosi a tutti gli effetti una arcaica incarnazione della Strega. Quando le seguaci di Dioniso, donne per altro di ogni classe sociale, si incontravano di notte nel Lucus Stimulae, un bosco sacro alle appendici dell’Aventino, attirarono il dissenso del Senato Romano, il quale decise di abolirne le riunioni, esattamente come avvenne già tempo prima in Grecia e poi nel definitivamente Cristianesimo.
Se cito questi aneddoti storici è per far comprendere il clima in cui certi miti vennero creati - o come è più ragionevole pensare, ricostruiti - scaricando così sugli Antichi Dèi la stessa immoralità insita negli uomini. Nel mito di Apollo e il corvo, come abbiamo potuto vedere, è evidente l’ingiustizia che il volatile è costretto a subire, punito dal dio del sole per essere semplicemente stato fedele, adempiendo al compito ch’egli stesso gli aveva dato. Sta poi ad ogni lettore chiedersi se realmente il dio Apollo sia stato così ingiusto e capriccioso o se invece sia stata la mentalità dell’uomo greco di quell’epoca ad aver rappresentato biecamente il proprio dio. A tal proposito mi viene in mente una frase tratta dall’opera Prolegomena to the Study of Greek Religion, di Jane Ellen Harrison, linguista e storica delle religioni che dedicò studi pioneristici sulla religione greca. In questa frase la Harrison racchiude esattamente il mio pensiero, facendo comprendere come spesso gli esseri umani, anziché cercare di trarre ispirazione dall’etica divina, finiscano invece per proiettare sugli Dèi la propria amoralità, offrendo così ai posteri una chiara immagine del modus cogitandi della propria società.
“Quello che la gente fa in relazione alle sue divinità è la chiave più sicura per comprendere che cosa la gente pensa” – J.E.Harrison.
Altro mito greco che non rende particolarmente onore al corvo, vede sempre come protagonista Apollo, il quale decise di dare al suo famiglio una seconda possibilità per “redimersi”. Apollo diede al corvo una coppa e gli chiese di andarla a riempire con purissima acqua sorgiva, per poterla donare a suo padre, Zeus. Il corvo acconsentì ma, strada facendo, notò un albero di fichi pieno zeppo di frutti maturi e così si fermò per mangiare. Quando l’uccello si rese conto di essersi attardato, fu tanto lo spavento di far nuovamente infuriare Apollo che decise di mentire al suo Signore, raccontandogli di aver perso tempo a causa di un serpente d’acqua molesto che lo aveva ostacolato. Apollo però, essendo astuto, comprese la bugia del corvo e così, iracondo, scagliò il corvo, la coppa e il serpente d’acqua nel cielo, creando in questo modo la costellazione del Corvo, della Coppa e dell’Idra. Anche questo mito, denigratorio nei confronti del corvo, non può che indurre il lettore ad empatizzare con questo animale, che ha mentito non perché per natura bugiardo, ma solo perché traumatizzato dall’irascibilità del dio, reo di averlo punito ingiustamente nel caso di Coronide.
Esiste anche un mito analogo con protagonisti Atena e il corvo, di cui ho accennato all’inizio di questo articolo. In questo racconto si narra che il corvo – ma talvolta è invece una cornacchia – sia stato in origine una principessa di cui Poseidone s’invaghì. La donna rifiutò le attenzioni del dio del mare e così egli cercò di averla con la forza. La dea Atena fu richiamata dalle urla straziate della giovane principessa e decise così di aiutarla trasformandola in un corvo/cornacchia. La principessa, divenuta uccello, volò via da Poseidone e fu talmente grata alla dea Atena che ne divenne messaggera e aiutante. Poseidone, però, non prese bene la cosa e così si vendicò facendo credere al vecchio e storpio Efesto, il fabbro degli Dei, che Atena fosse attratta da lui. Quando un giorno Atena si recò dal fabbro divino per chiedere una nuova armatura, egli si sentì dunque autorizzato a possederla, ma lei lo respinse tempestivamente e il suo seme cadde sulla terra, portando alla nascita di Erittonio, un infante con due serpenti al posto delle gambe – elemento che senza dubbio mi porta alla mente Abraxas, così come la magnifica statua di Echidna sita nella Villa delle Meraviglie a Bomarzo.
Atena, nonostante tutto, decise di salvare il bambino e lo nascose dentro un cesto, dandolo in custodia alle tre figlie del re di Atene, Cecrope. La dea ordinò loro di non aprire mai e poi mai il cesto ma la curiosità ebbe la meglio e le tre fanciulle vi sbirciarono dentro, liberando per errore Erittonio. Il corvo/cornacchia di Atena aveva assistito all’evento e corse ad informare la dea, che si arrabbiò così tanto da punire le tre fanciulle e anche lo stesso corvo. Il castigo fu proprio l’annerimento delle sue piume, un tempo bianche, quasi a voler confermare che il mito di Apollo e quello di Atena sono differenti versione di una stessa storia. Come possiamo notare, infatti, esiste un evidente parallelo fra il mito di Apollo e quello di Atena. In entrambi i casi il corvo si comporta in modo devoto con il proprio Signore, ma viene punito per aver detto la verità. Ed è pertanto probabile che il luogo comune del corvo come “uccello del malaugurio” derivi proprio da questi miti, dove appunto il corvo si rende ambasciatore di cattive notizie. In un certo senso, il corvo in queste leggende ha il ruolo satanico di capro espiatorio, prendendosi colpe che nei fatti non ha. Il corvo viene punito per i peccati degli umani e la sua unica colpa è deludere gli Dei raccontando la trista verità. Nonostante questi racconti non siano particolarmente edificanti, alcuni miti greci più antichi rivelano un maggiore rispetto verso il corvo. Esso era considerato ad esempio un latore di auspici profetici, un viaggiatore fra i mondi e anche un simbolo del dio Crono – Saturno per i Romani – dio del tempo e del destino, che governava durante la fiorente Età dell’Oro, prima di essere detronizzato dal figlio Zeus/Giove. Secondo alcuni filologi, infatti, lo stesso nome Crono deriverebbe niente meno che da corvo.
I Romani avevano invece un’opinione nettamente migliore riguardo al corvo e, curiosamente, avevano per altro anche un’opinione migliore su Saturno, equivalente romano di Crono. Per i Greci Crono era visto come un dio tendenzialmente malvagio, signore di un tempo impietoso e fagocitante, mentre per i Romani Saturno era dio della libertà, del raccolto, in una concezione di tempo più benevola, accostata ai cicli naturali e alle stagioni. Saturno per i Romani era un dio agreste, il magnanimo Signore dell’Età dell’Oro e, forse, anche per questo la visione del corvo, animale da sempre connesso a Saturno, era decisamente più positiva. Nella sua Naturalis Historia [libro Decimo] Plinio il Vecchio spende molte parole di elogio verso il corvo, raccontando diversi aneddoti che ne mettono in luce la memoria, l’intelligenza e la straordinaria capacità di parlare, sia inteso come abilità nel riprodurre voci e suoni, ma anche come dote comunicativa per interagire con i suoi simili. Plinio ad esempio racconta una celebre storia romana in cui un corvo nacque dentro ad un tempio e fu trovato ed allevato da un calzolaio. L’uomo insegnò all’uccello molte parole, lo portava in piazza pubblica per stupire e divertire la gente, che col tempo si affezionò tantissimo al simpatico volatile. Un giorno però un altro calzolaio invidioso uccise il corvo e fu talmente grande il dispiacere del popolo romano che il colpevole venne condannato a morte e il corvo celebrato con un solenne rito funebre.
La cosa che però colpiva in particolar modo i naturalisti dell’epoca era proprio la capacità del corvo di imitare il linguaggio umano. Oltre Plinio il Vecchio anche Claudio Eliano, secoli dopo, scrisse meravigliato delle doti del corvo, e così fece anche Isidoro di Siviglia. I corvi vennero lungamente osservati e se ne dedusse che, oltre a saper ripetere parole umane, erano in grando di produrre moltissimi suoni diversi per comunicare fra loro. Questo non solo era inteso come strabiliante sul fronte naturalistico, ma era anche un fattore che alimentava la già ben nota fama profetica dei corvi, da sempre considerati messaggeri di Apollo e altamente considerati nell’arte divinatoria degli auspici, ovverosia la previsione del futuro attraverso l’osservazione del volo degli uccelli. Tanti volatili venivano considerati negli auspici, tuttavia il corvo era quello ritenuto più profetico e attendibile, proprio perché, secondo lo stesso Plinio il Vecchio, esso era l’unico uccello in grado non solo di dare segni concreti, ma di saperli persino interpretare. In poche parole, secondo i Romani, il corvo era cosciente dei presagi che inviava, proprio come se cercasse di comunicare in maniera senziente con gli esseri umani. Secondo i Romani, inoltre, il corvo era anche legato a Mercurio, dio messaggero per antonomasia. Quando il culto di Mitra giunse a Roma, molti soldati vi aderirono e il primo grado dell’iniziazione mitraica era chiamato proprio “corax” [corvo] ed era patrocinato da Mercurio. Fulcro del culto di Mitra era il principio solare e non è un caso che il nero corvo fosse proprio alla base dell’iniziazione: anche nello stesso Satanismo Originale esiste il concetto sapienziale per cui “dall’oscura notte si giunge all’alba lucente”. Lo stesso Saturno, anch’egli connesso al corvo, incarna a livello iniziatico la Nigredo, fase alchemica necessaria per trasformare “il nero piombo in candido oro”.
Altro episodio celeberrimo degno di essere citato, vede come protagonista il Romano Marco Valerio, immerso in un arduo duello con un Gallo durante la battaglia dell’Agro Pontino del 349 a.C. Secondo lo storico Tito Livio, Marco Valerio stava affrontando il suo avversario, un uomo molto più imponente di lui, ma dal cielo giunse un corvo, che si posò sul suo elmo. Per i Romani tale strano segno fu un lieto presagio e in effetti così fu: incredibilmente il corvo cominciò a gracchiare e sbattere le ali, distraendo il Gallo, fino ad arrivare a ferirlo con il suo becco e i suoi artigli. Il fatto fu talmente incredibile che lo stesso Marco Valerio da quel momento prese il nome di Corvus e tuttora è ricordato come Marco Valerio Corvo. Occorre aggiungere che Marco Valerio, oltre che un grande tribuno romano, fu anche un amato politico, eletto console moltissime volte durante la sua vita. Marco Valerio visse una vita segnata da battaglie e grandi successi e morì serenamente all’età di cento anni. Questo potrebbe far seriamente pensare che il corvo che lo aiutò durante la battaglia dell’Agro Pontino potesse davvero essere un emissario del suo Guardiano.
Il Corvo nella cultura Nordica
Se I Romani avevano un forte rispetto per il corvo, potremmo dire senza indugio che i Norreni letteralmente li adoravano. Gli Scandinavi, i Germani, i Celti, hanno sempre considerato il corvo un animale sacro, una teofania del divino, un vero e proprio ponte fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, il mondo degli uomini e il mondo degli Dèi. Nella tradizione norrena, il dio Wotan, più noto come Odino, era sempre accompagnato da due corvi, chiamati Huginn – che significa pensiero – e Muninn – che significa memoria. I due corvi di Odino avevano l’arduo compito di viaggiare tutto il giorno per il mondo osservando le faccende umane, per poi al crepuscolo tornare dal Dio e riferirgli tutto quello che avevano visto e sentito. I sacri corvi di Odino erano dunque dei “vigilanti”, osservatori silenziosi capaci di scrutare dentro il cuore di ogni uomo e giudicarne la natura più profonda. Anche secondo i Celti, il Dio Lugh, Dio del Sole e della Luce, era accompagnato da un fedele corvo, che aveva il compito di riportargli le vicende umane e consigliarlo, dato la sua immensa saggezza e le sue doti profetiche. Non solo ciò trova un ovvio parallelo con Odino, ma ci riporta alla mente anche il solare dio greco Apollo, che come abbiamo visto era anch’egli legato ad un corvo. Questo magnifico uccello era davvero molto ammirato dai Celti, in particolare per la sua proverbiale intelligenza. Esiste infatti un detto irlandese che recita: “possedere la conoscenza del corvo” e solitamente viene rivolto verso coloro che dimostrano grande saggezza e perspicacia.
Il corvo però non era visto dai popoli nordici solo come un fido consigliere; egli era onorato anche in quanto simbolo della morte e della giustizia sui nemici. I guerrieri Vichinghi, ad esempio, erano molto legati al corvo e spesso lo raffiguravano sui propri elmi. Essi lo vedevano come lo spirito stesso della battaglia, un oscuro animale capace di incutere timore con un solo sguardo e noto per nutrirsi impietosamente dei cadaveri dei propri nemici. Anche per i Celti il corvo era connesso alle energie ctonie, alla morte e alla battaglia, cosa testimoniata dal fatto che questo misterioso animale era anche il fedele compagno della Dea Morrigan, signora della morte e della guerra. Secondo alcune fonti storiche la stessa Morrigan era in grado di prendere le fattezze di un corvo e ugualmente poteva fare la dea Bodb, sorella della Morrigan - e forse persino più spietata e sanguinaria quando si trattava di scendere in battaglia! Anche nella tradizione magica dei Nordici il corvo rivestiva un ruolo prominente: venivano infatti realizzati moltissimi amuleti a forma di corvo e spesso piume, ossa, crani e artigli, venivano utilizzati come strumenti magici per allontanare il male o per attrarre giustizia e conoscenza. Ovviamente queste parti del corpo erano utilizzate solo a seguito di morte naturale, dal momento che uccidere un corvo era considerato un atto sacrilego.
Nella cultura islandese il corvo era rispettato, in quanto gli venivano attribuite le stesse qualità riconosciute anche da altri popoli Nordici e Mediterranei, fra cui la saggezza, la preveggenza e la lungimiranza. Gli occhi del corvo, ad esempio, erano ritenuti capaci di vedere non soltanto in questo mondo ma anche nei reami invisibili e nelle nostre anime. Il corvo era visto come un emissario degli Dei, un giudice divino capace di scrutare dentro l’essere umano soltanto fissandolo negli occhi e ad alimentare questa leggenda vi era anche il fatto stesso che gli occhi delle carcasse fossero la prima cosa che il corvo divorava. Per gli Islandesi questo nero uccello era però considerato anche come un ladro astuto, dal momento che i corvidi - di cui la stessa gazza ladra fa parte - hanno l’abitudine di raccogliere oggetti e portarli nel proprio nido. Proprio per tale ragione, una bizzarra leggenda islandese narra che se un bambino avesse mai bevuto usando come cannuccia la costola di una piuma di corvo, sicuramente sarebbe diventato un ladro!
Anche in Siberia il corvo era tenuto in alta considerazione, al punto che in alcune zone della Russia orientale, il dio originale, creatore del mondo, era rappresentato come un corvo. Questo dio arcaico prendeva il nome di Kutkh e numerose sono le leggende che lo vedono come protagonista, sia come dio creatore, sia come principio dell’ordine cosmico, imputandogli il ruolo di amministratore dei cicli stagionali e dello stesso sorgere del sole e della luna. Kutkh però era visto anche come un dio volubile e litigioso, creatore di tutte le cose belle del mondo ma anche di ogni calamità e sciagura. Gli itelmeni, [tribù autoctona della Russia Orientale], nonostante riconoscessero in Kutkh il proprio Dio, ad ogni sfortuna e difficoltà della vita, erano soliti “per tradizione popolare” inveire contro di lui. Molto più interessante è invece la concezione del corvo nello sciamanesimo siberiano, dove assumeva a pieno titolo una funzione psicopompa, in quanto traghettatore delle anime verso gli altri mondi. Il corvo non era osservato solo in quanto guida dei defunti verso l’aldilà, ma poteva anche condurre gli stessi stregoni nel mondo astrale, offrendo loro la Visione.
Degna di nota è poi la figura di Bran, eroe e divinità della mitologia celtica. Bran, detto anche Bran il Benedetto, era profondamente legato ai corvi, al punto che il suo stesso nome significa corvo. Tale aspetto lo abbiamo potuto notare anche in Crono/Saturno e in Wotan/Odino – quest’ultimo detto appunto il Dio Corvo. Le gesta del grande Bran le ritroviamo per lo più nel Mabinogion, gruppo di testi gallesi di origine medievale. Chi segue gli scritti di USI forse potrebbe ricordare che già abbiamo incontrato la figura di Bran nell’articolo Il Baphomet Rivelato, nel paragrafo inerente al mitologema della testa decapitata. Quando Bran il Corvo Benedetto fu ferito a morte dai nemici, chiese ai suoi compagni di tagliargli la testa e seppellirla sulla Collina Bianca, in modo da consacrare la propria stessa immortalità alla protezione della sua terra. La testa di Bran, una volta mozzata, era però in grado di parlare e a lungo diede saggi consigli e moniti profetici. Una leggenda inglese vuole che la testa del Dio Bran sia sepolta sul colle ove oggi sorge la Torre di Londra, luogo da secoli abitato da grandi corvi imperiali. Si dice che se i corvi dovessero abbandonare la Torre di Londra, ciò condurrebbe l’Inghilterra alla propria rovina.
"Se i corvi della Torre di Londra moriranno o voleranno via, la Corona cadrà e con essa la Gran Bretagna.”
Concludo questo breve paragrafo sul corvo nella tradizione Nordica riportando un significativo passo dell’Edda:
“Huginn e Muninn volano ogni giorno alti intorno alla terra. Io ho timore per Huginn che non ritorni; ma ho ancora più timore per Muninn.“
A pronunciare tale frase è niente meno che il dio Odino e, sebbene sia un verso enigmatico che si presta a innumerevoli interpretazioni, personalmente mi trasmette un significato molto preciso: Wotan, nella sua grande saggezza, dicendoci che teme che Huginn non ritorni, ma che ancor più teme che sia Muninn a non tornare, forse vuole lanciarci un monito, un invito a non dimenticare. Huginn è infatti una emanazione del pensiero e vagabondando per il mondo, immergendosi ogni giorno nelle dinamiche terrene, è un pensiero che potrebbe cambiare, degenerare. Ma Muninn è emanazione della memoria e se proprio essa, perdendosi nelle corruzioni del mondo, non dovesse più far ritorno – portandoci così a dimenticare le nostre origini – questo probabilmente sarebbe davvero il male più grande.
Il Corvo in Oriente
Anche in Oriente il corvo non ha mancato di far parlare di sé, diventando spesso protagonista di celebri leggende e, ancora una volta, ritrovandosi ad essere fido compagno di importanti divinità. Nel Buddismo Tibetano, il corvo è associato a Mahakala, divinità protettrice della stessa tradizione buddista, il cui nome significa “il Grande Nero”. Mahakala è considerato il corrispettivo buddista del Dio indù Shiva e aggiungerei che, quanto meno per assonanza ed etimologia, ricorda anche senza dubbio l’oscura Dea Kali – sovente chiamata “Maha Kali”. Shiva e Kali sono fortemente connessi fra loro e, caso vuole, la Dea Kali, il cui nome significa La Nera, l’Oscura, è per altro signora del Tempo, esattamente come Krono/Saturno, anch’egli legato al Tempo e al corvo. Ma i parallelismi in merito non finiscono qui: nella religione induista il Dio Shani, legato a Saturno, è rappresentato proprio seduto sopra ad un corvo. Shani nell’astrologia indiana ha tutte le qualità di Saturno, incarnando il Tempo ma anche la severità, la morte, la giustizia e i duri cammini che conducono alla rinascita; tutte queste caratteristiche sono perfettamente in linea con il simbolismo ancestrale del corvo.
Premettendo che non sono una grande esperta di Induismo, ricordo però che fra le Mahavidya - un gruppo di dieci Dee onorate nel Tantrismo e che rappresentano i cicli temporali e i vari aspetti della conoscenza suprema - vi era una dea che, proprio come Shani, era seduta su di un corvo. Mi riferisco a Dhumavati, il cui nome significa “la fumante”. Dhumavati è rappresentata come una vegliarda, una donna anziana e vedova, signora del vuoto che precede la creazione. In questo possiamo ritrovare una similitudine con il corvo, animale che in ambito alchemico incarna l’essenza della Nigredo, la putrefactio che precede la rinascita in Albedo. Dhumavati è una divinità collegata alle asperità e proprio per questo era protettrice dei tormentati e di chiunque fosse solo, abbandonato e cosparso di cicatrici, fisiche o interiori. Questa dea tantrica viene adorata anche da coloro che scelgono di vivere isolati, come gli eremiti, caratteristica che se ricordate abbiamo riscontrato anche nel corvo, animale noto persino nella Bibbia per essere stato accanto a diversi santi anacoreti. A ciò si aggiunge poi il legame di Dhumavati con il Tempo – in verità comune a tutte le Dee della Mahavidya, di cui la stessa Kali fa parte – nonché la sua capacità di dispensare i siddhi, ossia i poteri soprannaturali, qualità attribuita anche al corvo. Non solo, come abbiamo detto, il corvo era in grado di favorire la Visione, i viaggi astrali e le doti profetiche, ma secondo diverse tradizioni stregoniche ad esso era conferita anche la capacità di trasferire sui Praticanti i suoi poteri soprannaturali. Lo stesso filosofo greco Porfirio scrisse che chiunque avesse mangiato il cuore di un corvo ne avrebbe assunto i poteri – e confesso che sapendo che Porfirio era un fervente sostenitore del vegetarianismo, l’affermazione risulta abbastanza sorprendente. [sic!]
Sull’origine della dea Dhumavati esistono diverse versioni, ma quella che più mi ha colpita è quella che la vede come emanazione del lato oscuro di Sati. La Dea Sati era la sposa di Shiva, ma suo padre, Daksha, non approvava la loro unione. Fu così che un giorno Daksha indisse un grande Yajna, ossia un rito collettivo che consisteva in un’offerta. Daksha invitò tutti tranne la figlia Sati e il consorte Shiva e Sati si arrabbiò così tanto per quella umiliazione che, secondo una versione, invocò i suoi poteri yogici per immolarsi e bruciare viva per autocombustione, mentre secondo altre versioni, si lanciò nel fuoco dello stesso falò dello Yajna del padre. Ed è qui che nasce la dea Dhumavati, poiché secondo la leggenda tantrica, dal corpo annerito e bruciato di Sati sorse Dhumavati, coperta di cenere e fumo – appunto, “la Fumante”. Dal dolore e dalla rabbia di Sati emerse l’oscura Dhumavati, una dea molto temuta e legata alle sciagure, ma descritta dai suoi fedeli come un nume dal buon cuore, generosa e materna con i suoi protetti. La sua storia mi ha colpita perché, oltre a essere commuovente e bellissima, la ritengo coerente con la figura del corvo che, secondo certe leggende, è anch’esso connesso al sacrificio, al fuoco e all’annerimento. Come abbiamo visto ad esempio nella tradizione ellenica, il corvo in origine era bianco e solo dopo viene annerito per punizione. Narrazione simile, come vedremo più avanti, la ritroviamo anche nella cultura amerinda. Il corvo che come la Devi [termine che indica la Dea nella religione induista], si trasforma, perdendo la sua luce per annerirsi, spesso a causa di una punizione o di un sacrificio. In ciò possiamo senza dubbio cogliere un importante messaggio iniziatico del tutto in linea con il Cammino Satanico, ossia la Caduta dell’Anima negli Abissi e la conseguente via iniziatica atta a riscoprire la propria luce per mezzo della stessa oscurità. Come recita il Satanas Gloria:
“Ex Tenebris Ad Lucem Ambulo In Abyssum”
Come abbiamo potuto comprendere, il corvo ha un grande valore nella religione induista, soprattutto nelle scuole tantriche di Mano Sinistra, ma anche nel Sentiero di Mano Destra è altamente rispettato. Il Dio Brahma, ad esempio, decise di compiere un ciclo di reincarnazioni per espiare alcuni torti commessi nei confronti di Shiva, Visnu e Saraswati, e la prima incarnazione fu proprio nella forma di un corvo, chiamato Kaka-Bhusonda. Anche qui si può evincere il ruolo iniziatico del corvo come prima fase del percorso, la prima fase alchemica di purificazione, Notte dell’Anima da attraversare per rinascere come il Sole. Se ricordate anche nell’iniziazione mitraica il primo grado è proprio il Corax, ossia il corvo.
Anche nella mitologia cinese il corvo riveste un ruolo molto importante. Esso è una rappresentazione del Sole e viene raffigurato con tre zampe. Secondo la leggenda esistevano dieci Jinwu [nome attribuito al corvo a tre zampe del folclore cinese] e ognuno di loro aveva il compito di accompagnare la Dea Xihe, Madre del Sole, nel suo ciclico viaggio intorno al mondo. La prima cosa da notare è la presenza di un gruppo di dieci entità, elemento che mi ha subito fatto pensare alle dieci dee tantriche del Mahavidya. Jinwu è a tutti gli effetti una personificazione del Sole e così come le dieci dee del Mahavidya sono aspetti della Dea - e in chiave più estesa, della conoscenza trascendentale in cui lo stesso Shiva fu immerso - allo stesso modo i dieci Jonwu sono aspetti del Sole, accompagnatori della Madre del Sole, regolatrice del Tempo e dei cicli vitali. Un’altra leggenda cinese ci dice che i dieci corvi Jinwu, talvolta definiti anche “i dieci Soli”, fornivano cura e nutrimento alla loro Signora, ossia Hsi-wang-mu, la Regina Madre d’Occidente, un’arcaica dea cinese legata alla natura e all’ordine cosmico, ma anche al destino e alla morte.
Nel folklore giapponese esiste una figura simile, ossia Yatagarasu, il corvo rosso a tre zampe di Amaterasu, dea del Sole dello Shintoismo. Yatagarasu è una personificazione del dio solare, il Sole stesso, e spesso ha ricoperto il ruolo di guida divina di eroi e imperatori. La ragione delle tre zampe non è chiara e fra le interpretazioni più accreditate ve n’è una che assocerebbe ogni zampa ai diversi mondi: il mondo terreno, il mondo celeste e il mondo infero. Un’altra suggerisce invece che le tre zampe rappresentino la terra, il cielo e l’essere umano. Se dovessi divertirmi in qualche interpretazione personale, direi che è molto particolare questa connessione fra il corvo e la Dea Madre. Nella tradizione indoeuropea abbiamo potuto vedere che il corvo è associato sia a divinità femminili che maschili, mentre in quella cinese e giapponese è invece connesso prettamente al femminino. Per tale ragione mi sovviene spontaneo accostante il numero tre delle sue zampe alla Triplice Dea – come non pensare ad esempio che la Trinacria, emblema della Sicilia, antica terra devota alla Grande Madre, raffiguri proprio un volto femminile con tre gambe?
Altro ragionamento che mi è balenato nella mente è la connessione con la Terza Via. Come è stato lungamente espresso nell’articolo Il Tridente e la Terza Via, scopo massimo dell’iniziazione satanide è il trascendimento della dualità, al fine di raggiungere la compenetrazione degli opposti. Non a caso anche fra le prerogative della dea Dhumavati, precedentemente incontrata, vi è proprio il superamento delle dicotomie morali. Il corvo dunque, guida divina e da sempre a cavallo fra mondi opposti, come luce solare e tenebra notturna, potrebbe in qualche modo essere la chiave ermetica della Terza Via. Il corvo, come Saturno, rappresenta il primo grado iniziatico, ma in un certo qual modo è anche l’ultimo. Saturno, infatti, oltre a essere connesso al pesante e scuro piombo della fase primeva, è anche il Signore dell’Età dell’Oro, rappresentando così l’oro stesso. Forse taluni potrebbero domandarsi come possa ciò che sta all’origine di un percorso essere anche alla sua fine. Personalmente suppongo che la risposta stia nel cerchio, ove il punto d’inizio – o meglio il punto del nostro inizio – corrisponderà inevitabilmente anche al punto del nostro arrivo. La più riuscita delle Iniziazioni non è di fatti un’infinita retta in salita, bensì il tracciamento di un cerchio perfetto. Infine, anche lo stesso colore rosso del Grande Corvo Yatagarasu – che talvolta viene descritto anche come dorato – mi ha portato alla mente il medesimo concetto di complementarietà alchemica: il corvo, rappresentato nero [fase Nigredo, il piombo] che diviene rosso/dorato [la fase Rubedo, l’oro].
Il Corvo nella cultura amerinda
I Nativi Americani sono forse il popolo che più di ogni altro ha reso onore alla figura del corvo. Fra le tribù dell’America precoloniale le leggende su questo sacro animale abbondavano. Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, il modo stesso in cui una tradizione percepisce il corvo può rivelarsi un valido metro di misura per capire il grado di purezza spirituale di quel popolo. Non mi stupisce affatto dunque che culture meravigliose, come quella dei Celti e dei Nativi Americani, abbiano amato visceralmente il “Nero Augello di Pluto”. E tanto meno mi stupisce che i Cristiani lo abbiano invece disprezzato!
Per i Nativi Americani il Grande Corvo era considerato il creatore del mondo. Esso era comunemente chiamato Raven, ma aveva tanti altri appellativi, come Chulyen, Guguyni, Hemaskas, Kwek, Kwekwaxawe, Nankil'slas, Yhel, insomma, il suo nome poteva variare a seconda della tribù che, attorno ad un fuoco fra le ombre della notte, ne raccontava con passione le gesta. Raven aveva creato il mondo e il suo ruolo demiurgico faceva sì che i corvi fossero considerati dei Trickster, ossia a loro volta capaci di modificare la realtà fenomenica, generando così mondi di sogno o di incubo. Il Dio Raven, di fatti, in quanto Trickster era in grado di modificare il Tessuto Umido della realtà fisica, creando in tal modo nuovi mondi o modificando quelli già esistenti. Proprio per questa ragione il Trickster Raven poteva aiutare le persone o anche trarle in inganno, a seconda delle situazioni. Questo ruolo elevato e pericoloso al contempo mette chiaramente in luce la spiritualità non-duale dei Nativi Americani, i quali, oltre ad essere fortemente animisti – ossia vedevano il Sacro in ogni elemento naturale – avevano una concezione delle entità che trascendeva la dicotomia bene/male. Il ruolo demiurgico del corvo, se ricordate, lo abbiamo ritrovato anche presso alcune popolazioni autoctone della Russia Orientale e questo perché, secondo certi studi storici e genetici, è molto probabile che i Nativi Americani, circa 12000 anni fa, abbiano stanziato in Siberia per poi in seguito attraversare lo Stretto di Bering e raggiungere il continente americano.
Il ruolo del corvo è poi particolarmente significativo nel Totemismo, ossia il culto degli animali totemici tipico delle culture tribali e sciamaniche. Per i Nativi Americani, la figura dell’animale totem era centrale nel cammino spirituale di ogni individuo, al punto tale che la stessa astrologia nativa si dispiegava all’interno di un sistema fondato sull’identificazione con il proprio spirito guida. Nel Totemismo dei Nativi Americani esisterebbero ben quarantaquattro spiriti animali, ognuno dei quali viene scoperto attraverso riti e pratiche meditative. Ovviamente il numero è relativo, giacché la classificazione poteva variare da tribù a tribù. Il corvo, però, era comunque sempre presente e conservava le stesse peculiarità fino ad ora riscontrate nelle varie tradizioni. Avere il corvo come animale totemico significava avere accanto uno spirito guida capace di portarti oltre la concezione stessa di bene e di male, al fine di raggiungere una verità superiore atta al trascendimento delle illusioni terrene. Non è dunque forse ironico pensare che proprio i Nativi Americani, che consideravano il corvo “il Trickster”, ossia “Il Creatore dell’Illusione”, lo ritenessero poi nei fatti lo spirito in grado di condurre l’individuo oltre l’illusione stessa? Ciò se ci pensate riflette anche il ruolo alchemico del corvo, associato a Saturno, che, come abbiamo detto, oltre a rappresentare il piombo/nigredo è altresì simbolo dell’oro/albedo. Questo avviene perché, fondamentalmente, il corvo incarna un percorso, il viaggio dell’anima e dunque del nostro Sole interiore. Non a caso nell’Urheimat – la patria ancestrale dei proto-indeuropei - il corvo era solito accompagnare il Sole nel suo viaggio attraverso la volta celeste, dall’alba al tramonto e dal tramonto all’alba. Il ruolo del corvo come accompagnatore del Sole lo abbiamo ritrovato anche in Oriente, dove appunto accompagnava la Dea solare Amaterasu nel suo viaggio. [In origine anche per i popoli nordici il Sole era una manifestazione della Dea Madre].
Questa breve digressione sul corvo come “accompagnatore” ha lo scopo di far comprendere la sua rilevanza nel percorso iniziatico. L’individuo che ha la fortuna di averlo come animale totemico, sarà accompagnato attraverso le singole polarità dicotomiche, ne sarà immerso, talvolta anche violentemente, per poi infine superarle e conseguire così un superiore livello di coscienza. In poche parole, il corvo, in quanto Trickster”, crea l’illusione soltanto allo scopo di farcela sperimentare ed infine oltrepassarla. E non serve aggiungere che tale struttura iniziatica, splendidamente incarnata dal corvo, è del tutto in linea con la Via Sacro-Satanica del Culto delle Origini. Come accennato in precedenza, il modo migliore per scoprire il proprio animale totemico è attraverso la Meditazione. Sognare o vedere spesso il corvo durante esperienze meditative è indicativo della probabilità che esso sia il nostro spirito animale. Tuttavia anche l’astrologia ci viene incontro, dal momento che secondo i Nativi Americani ogni persona è legata ad un animale di potere che governa il suo periodo di nascita. Il periodo in cui si colloca il segno zodiacale del corvo va dal 22 settembre al 22 ottobre [secondo altre fonti dal 18 settembre al 23 ottobre] e, curiosamente, nello stesso periodo in Grecia venivano celebrati i Grandi Misteri di Eleusi, ricorrenza che cadeva proprio nel mese di Boedromione, fra metà settembre e metà ottobre. I Grandi Misteri consistevano in nove sacri giorni dove gli Iniziati ripercorrevano il grande tormento della Dea Madre Demetra, disperata per aver perso la figlia Kore, rapita dal Signore dell’Ade. La discesa di Kore nelle tenebre sarà un passaggio necessario alla sua rinascita in Persefone, regina degli inferi, e anche la stessa stenuante ricerca di Demetra è chiaramente un riferimento alla Via Oscura e al Pathei Mathos, una fase iniziatica certamente coerente con la simbologia del corvo.
La descrizione che viene data del nascituro sotto il segno zodiacale è di un individuo in sospeso fra gli opposti. Il segno astrologico del corvo nell’oroscopo nativo americano ci parla infatti di una persona che sa essere diplomatica e conciliante, ma all’occorrenza anche pungente e rigida, soprattutto se qualcosa va ad intaccare il suo forte senso di giustizia. Il segno del corvo trasmette anche caratteristiche come una grande profondità nell’affrontare certe situazioni alternata ad uno spiccato senso dell’umorismo. In amore chi è governato dal segno del corvo è molto fedele e passionale ma, soprattutto nella fase iniziale, fatica a lasciarsi andare a causa di un’innata diffidenza. Come si può notare, anche l’astrologia nativa ci mostra il corvo nella sua intrinseca dualità, una doppiezza che però è sempre votata al raggiungimento dell’equilibrio.
Creatore, trickster, animale totemico, segno astrologico, ma anche protagonista indiscusso di meravigliose leggende. Voglio raccontarvene due, che senza dubbio sono le mie preferite e da sempre mi emozionano. La prima la riporto direttamente dalla mia monografia, Il Baphomet Rivelato:
“Kwekwaxawe, [Raven], inizialmente era un corvo bianco e osservava gli uomini vivere nel buio e nel gelo. La grande Aquila Grigia non sopportava gli uomini, chiassosi e turbolenti, così teneva per sé il sole, la luna, le stelle, le acque dolci e il fuoco. Un giorno però Kwek s’innamorò della figlia di Aquila Grigia e così, quando fece visita alla loro dimora, il Corvo ne approfittò per rubare tutti quei doni e li diffuse sulla Terra. Pose il sole in alto nel cielo e attese il tramonto per porvi anche la luna e le stelle, affinché l’uomo non dovesse più vivere nelle tenebre. Fece discendere dai monti le acque dolci per dissetare gli uomini e donò loro il fuoco per scaldarsi. A causa del suo immenso dono, il Raven fu punito ed è proprio per questo che oggi il corvo non è più bianco ma nero, come pegno del suo sacrificio d’amore verso l’umanità. Come si può notare in ognuno di questi miti troviamo una costante comune: una divinità o un eroe che per amore offre Luce all’essere umano e che per questo viene punito da altri Dei. Lucifero, oggigiorno visto come malvagio, in realtà è sempre stato il Portatore di Luce, bistrattato semmai in seguito dai seguaci ‘dell’Aquila Grigia’.”
In questo breve estratto de Il Baphomet Rivelato, in cui citavo la bellissima leggenda nativa del Raven, si evince chiaramente il ruolo prometeico assunto dal corvo. La prima cosa che mi è saltata all’occhio è ad esempio l’ostilità dell’Aquila Grigia verso gli uomini, la quale li accusa di essere “troppo rumorosi”. Ciò mi ha fatto pensare al mito babilonese del diluvio, dove Enlil, definito poi Yahweh dagli Ebrei, decide di inviare sulla terra la furia delle acque proprio perché l’essere umano era “troppo rumoroso”. Ma aldilà di questo piccolo dettaglio, forse financo irrilevante, è chiaro invece il parallelo con la storia di Prometeo, il quale si sacrifica per offrire il fuoco agli uomini. Stessa cosa la ritroviamo nel mito sumero di Inanna, la quale sottrae ad Enki i Me [ossia i poteri della conoscenza e della civiltà] per offrirli agli abitanti della sacra città di Uruk. Tutte queste figure hanno in comune la volontà di offrire all’umanità una possibilità per crescere ed evolvere, anche a discapito di sé stessi. Il corvo dei Nativi, esattamente come Prometeo e Inanna, ruba qualcosa ad una potente divinità al fine di illuminare il buio degli uomini e questo gli costerà un sacrificio, una punizione. Il Raven sarà di fatti annerito e Prometeo, invece, sarà fatto incatenare da Zeus, il quale manderà un’aquila a dilaniarli giorno per giorno il fegato [fra l’altro è curioso che sia proprio un’aquila l’esecutrice materiale del suo martirio, esattamente come è un’aquila grigia l’avversario del Raven. Oltre a ciò si potrebbe aprire una parentesi interessante sul fattore “fegato”, organo che nell’interpretazione spirituale dell’anatomia umana ha una valenza purificatoria attigua al concetto di “capro espiatorio”].
Abbiamo citato Prometeo, abbiamo citato Inanna, ma a questa lista si dovrebbe aggiungere soprattutto Satana, Lucifero, il Santo Serpente della Genesi. Non fu di fatto proprio il Serpente a offrire all’uomo – o meglio, alla donna! – il frutto proibito della conoscenza? E proprio per questo non fu esso punito e sprofondato negli abissi infernali? Come vedete, cambiano i protagonisti ma non cambia la scena in atto: eroi capaci di ribellarsi ad un potere tiranno e che nonostante il loro gesto puro ed altruistico, verranno infine tragicamente puniti. E inevitabilmente tutto questo mi fa pensare, con grande tristezza e rabbia, che sono sempre più convinta di vivere in un mondo “al contrario”, dove chi si spaccia per buono è nei fatti un mostro e chi invece viene etichettato come il “male” ha da sempre lottato per il bene.
La seconda leggenda che voglio narrarvi è altrettanto meravigliosa. Protagonista della storia è Rainbow Crow, ossia “il corvo arcobaleno”.
“Un giorno, il freddo calò sul mondo. La neve iniziò a cadere costantemente e il ghiaccio ricoprì tutte le acque. Gli animali non avevano mai visto la neve prima. All’inizio era una novità, qualcosa con cui giocare ma il freddo aumentò così tanto che iniziarono a preoccuparsi. Presto tutto sarebbe stato inghiottito dal freddo. <<Dobbiamo inviare un messaggero a Kijiamuh Ka’ong, il Creatore che crea pensando>>, disse Gufo Saggio. <<Dobbiamo chiedergli di pensare che il mondo sia di nuovo caldo in modo che lo Spirito della Neve ci lasci in pace!>>
Gli animali concordarono con lui e cominciarono a discutere tra loro, cercando di decidere chi mandare da lui. Gufo Saggio non poteva vedere bene durante il giorno, quindi non poteva andare. Coyote si distraeva facilmente e gli piaceva fare brutti scherzi, quindi non ci si poteva fidare di lui. Tartaruga era stabile e solida, ma camminava troppo lentamente. Allora, fu scelto il più bello di tutti gli uccelli per andare a Kijiamuh Ka’ong: aveva piume dalle bellissime sfumature di arcobaleno e una voce meravigliosa, era Rainbow Crow, il Corvo Arcobaleno.
Fu un viaggio arduo che durò tre giorni di salita nei cieli, oltre gli alberi e le nuvole, oltre il sole e la luna, oltre le stelle. Rainbow Crow fu sbattuto dai venti, senza avere un posto dove riposare, ma proseguì coraggiosamente fino a raggiungere il Cielo più alto. Quando Rainbow Crow lo raggiunse, chiamò il Creatore, ma non ricevette risposta. Il Creatore era troppo impegnato a pensare per notare anche il più bello degli uccelli. Così Rainbow Crow iniziò a cantare la sua più bella canzone per attirare la sua attenzione.
Il Creatore fu rapito da quel meraviglioso canto e si diresse verso Rainbow Crow e gli chiese quale regalo poteva fare al nobile uccello in cambio del suo canto. Rainbow Crow chiese al Creatore di non pensare alla neve, in modo che gli animali della Terra non venissero uccisi dal freddo. Ma il Creatore rispose che la neve e il ghiaccio avevano Spiriti propri e che non potevano essere distrutti.
<<Cosa faremo allora>> chiese il Corvo Arcobaleno. <<Ci congeleremo o soffocheremo tutti sotto la neve!>>
<<Non congelerai>>, lo rassicurò il Creatore, <<perché penserò al Fuoco, qualcosa che riscalderà tutte le creature durante i tempi freddi>>.
Dicendo queste parole, il Creatore conficcò un bastone nel Sole. L’estremità si mise ad ardere intensamente e ad emanare calore. <<Questo è il Fuoco>>, disse a Rainbow Crow, porgendogli l’estremità del bastone. <<Ora torna sulla Terra il più velocemente possibile prima che il bastone bruci completamente!>>
Rainbow Crow ringraziò il Creatore, afferrò il bastone infiammato col suo becco e volò il più velocemente possibile verso la Terra. Era stato un viaggio di tre giorni per giungere fin lì ed era preoccupato che il Fuoco potesse spegnersi prima di raggiungere la Terra quindi volò più velocemente che poté. Scese in picchiata dal cielo attraverso il luminoso sentiero delle stelle ma il fuoco divenne più grande e caldo e il bastone s’infiammava sempre più. Quando il Corvo Arcobaleno sorvolò il Sole, il bastone era quasi totalmente in fiamme e il fuoco iniziò a lambire le sue piume scintillanti. Più volava velocemente e più il fuoco bruciava ma non poteva rallentare altrimenti sarebbero morti tutti di freddo. Si fece forza e strinse forte il bastone per non perderlo e accelerò la sua discesa. Fu in quel momento che il fuoco toccò le meravigliose piume della sua coda e presero fuoco.
Quando il Corvo Arcobaleno volò oltre la Luna, tutto il suo corpo era diventato nero, ricoperto di fuliggine. Quando si tuffò nel cielo e volò tra le nuvole, il fuoco aumentò e si avvicinò sempre più al suo becco divorando il bastone, centimetro dopo centimetro. Il povero Corvo Arcobaleno faceva fatica a respirare ma pensò ai suoi amici giù sulla terra che soffrivano e strinse il bastone infiammato ancora più forte nel becco e volò ancora più velocemente. Il fuoco aveva ormai quasi divorato l’intero bastone ed aveva raggiunto il suo becco. Mancava così poco per arrivare alla Terra, era quasi arrivato! Ma il suo becco bruciava e non riusciva più a respirare, allora allargò per pochissimi secondi il becco, per prendere un po’ di aria, ma il fumo gli entrò nella gola e il fuoco bruciò la sua bellissima voce. Quando Rainbow Crow atterrò sulla Terra, era esausto, ferito, nero come il catrame e riusciva soltanto a gracchiare. Consegnò il fuoco agli animali, giusto in tempo prima che si spegnesse e loro accesero un falò e sciolsero la neve e si scaldarono, salvando gli animaletti dai cumuli di neve dove giacevano sepolti.
Fu un momento di gioia, perché Tindeh, lo Spirito del Fuoco, era giunto sulla Terra. Ma Rainbow Crow si sedette in disparte, rattristato per le sue piume opache e brutte e per la sua voce rauca. Poi all’improvviso, sentì il gentile tocco del vento sul viso. Alzò lo sguardo e vide il Creatore che crea pensando camminare verso di lui.
<<Non essere triste, Rainbow Crow>>, disse il Creatore. <<utti gli animali ti onoreranno per il sacrificio che hai fatto per loro. E quando il Popolo verrà, non ti darà la caccia, perché ho fatto in modo che la tua carne abbia il sapore del fumo così che tu non sia buono da mangiare e le tue piume nere e la voce rauca impediranno all’uomo di metterti in gabbia. Sarai libero per sempre>>.
Poi, il Creatore toccò le piume nere di Rainbow Crow. Davanti ai suoi occhi, Rainbow Crow vide le piume opache diventare lucide e sopra ognuna di esse poteva vedere il riflesso di tutti i colori dell’arcobaleno. <<Questo ricorderà a tutti coloro che ti vedono il servizio che hai reso al tuo popolo e il sacrificio che li ha salvati tutti>>.
Da quel giorno, il corvo è un animale sacro, onorato da tutti, animali e cacciatori, che si guardano bene da ucciderlo; e se lo osserverai da vicino vedrai riflessi sulle sue piume nere tutti i colori dell’arcobaleno.”
[versione tradotta da Sandra Eshewa Saporito; fonte originale: americanfolklore.net]
Non so se ciò mi rende sciocca, ma ammetto che provo sempre una certa commozione nel leggere questa storia. Perché fondamentalmente credo che questa leggenda nativa incarni perfettamente l’essenza archetipica del Corvo, animale sacro, luciferino, oscuro portatore di luce. Il corvo di questa leggenda riassume tutta la sofferenza di questo animale di potere, un animale giudicato e bistrattato per il suo aspetto tetro, ma che nei fatti in origine era radioso e bellissimo. E come può tutto questo non portare alla mente Lucifero? Nel Cristianesimo Lucifero viene descritto come il più bello fra gli angeli, in seguito divenuto un demonio per mano di Yahweh, suo punitore. La stessa cosa accade a Prometeo e accade al corvo, sia nei miti classici [il corvo che da bianco per punizione viene annerito] sia nel mito nativo americano, dove passa da fulgido uccello arcobaleno dal canto armonioso a nero uccello dalla voce gracchiante. L’unica vera differenza è che nella mitologia nativa la sua “caduta” è dovuta ad un sacrificio altruistico, mentre nella cultura occidentale giudeo-cristiana la rovina del corvo è imputata alla sua cattiva condotta. È pertanto ovvio fare un paragone con Lucifero, rendendosi conto che solo un popolo ormai spiritualmente corrotto avrebbe potuto condannare i suoi nobili intenti, mentre i Nativi Americani, puri e legati alla Natura, avrebbero saputo ammirare il suo animo e il suo coraggioso sacrificio.
Il Corvo nel Satanismo
Come abbiamo visto, nel folclore giudeocristiano, il corvo è sempre stato considerato un emissario del diavolo, un uccello nero e inquietante connesso alle tenebre e alle forze oscure. Il corvo nei fatti è sempre stato associato a Satana e al demoniaco ed io, da Satanista Originale, posso confermare che è esattamente così. Il corvo è un animale sacro e squisitamente satanico, ma la mia affermazione è di certo scevra da qualsiasi accezione negativa. Il corvo è satanico non perché, come credono comunemente i Giudeo-Cristiani, è impuro e malvagio, tutt’altro! Il corvo è satanico poiché semmai vive nelle asperità del Vero. Il corvo, così come Satana, è simbolo di verità dure da conquistare e ancor più dure da accettare. Se osserviamo i miti di cui è protagonista, notiamo che esso è spesso punito semplicemente per aver detto la verità o per essere stato portatore di cattive notizie. Il corvo non è mai stato colpevole di nulla, così come non lo è mai stato Satana, tuttavia entrambi hanno dovuto vestire i panni del capro espiatorio, affinché l’essere umano, e talvolta persino alcuni altri Dèi, potessero sentirsi sgravati dalle proprie responsabilità. Nel Satanismo Originale, dunque, il corvo assume un ruolo del tutto positivo, in quanto animale connesso all’alto valore della Verità. Il corvo incarna la verità pura, oltre le apparenze, oltre la dualità, una verità scomoda che non temiamo di gridare. In tal senso il corvo rappresenta egregiamente il concetto di “luciferare”, ossia, portare luce nel buio, portare la verità laddove regna la menzogna.
Altro ruolo significativo del corvo all’interno del Satanismo Originale è il suo spirito di abnegazione. Il corvo, nei vari miti analizzati, non ha paura di sacrificarsi per un bene superiore, anche se questo sacrificio potrebbe renderlo più “brutto” agli occhi degli altri. Nel mito greco di Apollo, così come in quello di Atena, il corvo viene punito per i peccati degli esseri umani e la sua unica colpa è stata quella di assistere al misfatto e riportarlo al proprio Nume, per lealtà e devozione. Il corvo non ha mai commesso crimini, ma ugualmente ha subito le conseguenze dei crimini commessi dall’uomo. Esiste ad esempio un mito slavo – precisamente ucraino – in cui si narra che il corvo in origine era bellissimo, con un piumaggio variopinto ed una voce melodiosa, ma che a seguito del peccato originale commesso da Adamo ed Eva in Paradiso, esso sia diventato tutto nero e gracchiante. Come vedete, cambia il luogo ma non cambia l’essenza della sua leggenda: il povero corvo paga sempre lo scotto degli errori altrui. Questo è ciò che accade anche ai Satanisti; da sempre siamo il capro espiatorio su cui i GCI [acronimo creato dal Satanide Davide Massara per indicare i Giudeo-Cristiani-Islamici, ossia gli Yahwehiani] scaricano tutti i propri peccati. Ogni cosa che accade in questo mondo viene imputata ai Satanisti, anche quando i protagonisti di certi orrori sono ad esempio esponenti di famiglie ebraiche o chierici cattolici. Basti pensare che in ambito cospirazionista i cosiddetti Illuminati vengono spacciati per Satanisti, pur invece appartenendo nei fatti alla religione opposta.
Altre qualità che i Satanisti attribuiscono al corvo è senza dubbio la sua connessione con la morte. In molte tradizioni abbiamo visto che questo misterioso volatile è associato ai campi di battaglia e ai cimiteri: il Satanismo in questo non fa eccezione, sebbene nel nostro caso tale peculiarità non ci spaventi, anzi, lo rende semmai ancora più degno d’onore. La morte è infatti parte della vita, parte del Tempo, del Sacro e della Natura, una fase di transizione certamente dura, complessa, ma ormai ben sappiamo che il caro corvo è sempre pronto a starci accanto nei passaggi difficili. Il corvo è sempre stato connesso alla morte, agli spiriti, assumendo sovente il ruolo di Trasmigratore – termine che indica chi traghetta le anime nell’Altro Mondo. In questo articolo abbiamo incontrato spesso tale funzione, ma aggiungo un’ulteriore informazione interessante, raccontatami dalla Satanide Kate Ecdysis, mentre per l’appunto le accennai che stavo realizzando un articolo sul corvo. Kate, essendo appassionata di cultura africana, mi citò una divinità afferente all’antico Paganesimo Arabo, un Dio del Deserto chiamato Al-Ghurab, il cui nome in arabo significa letteralmente “il corvo”. Al-Ghurab è legato alla morte, è il guardiano degli spiriti dei defunti e fu venerato a La Mecca. Il suo idolo era una scultura dalle fattezze corvine e tutti i corvidi gli erano sacri. Gli antichi Arabi, prima della deriva islamica, avevano un grande rispetto per i corvi, li consideravano molto importanti, in quanto appunto guide dei propri Avi trapassati. Interessante poi notare che Al-Ghurab è anche il nome che in seguito gli Islamici utilizzeranno per chiamare il corvo che aiutò Caino a seppellire il fratello Abele. Nel Corano, in al-Ma’idah 31, leggiamo che Caino, dopo aver ucciso il fratello, non trova il coraggio di inumarlo sotto la terra e Allah manderà in suo soccorso un corvo, il quale sarà costretto a fare il lavoro sporco per lui:
“Poi Iddio mandò un corvo a scavare la terra affinché gli mostrasse come seppellire il corpo di suo fratello. Disse [Caino]: <<Povero me! Non sono in grado di essere neanche come questo corvo e seppellire il corpo di mio fratello!>> E così se ne dispiacque.”
Come si può notare, anche in questo frangente il corvo si sacrifica per rimediare agli errori dell’essere umano, in un perpetuo auto-sacrificio che, se vogliamo, potrebbe persino riportare alla mente la figura cristica. Non è forse l’agnello di Dio una versione edulcorata del capro espiatorio? Io credo di sì, con l’unica sostanziale differenza che l’agnello di Dio prefigura qualcosa di venerabile, puro e luminoso, mentre il capro espiatorio è considerato soltanto qualcosa di oscuro ed esecrabile. Forse proprio per tale ragione il sacrificio del capro espiatorio ha financo più potenza dell’agnello di Dio: il primo, infatti, ricopre un ruolo sacrificale deprivato del premio del consenso e della altrui gratitudine. L’agnello di Dio, invece, viene parimenti sacrificato, però in compenso ottiene dall’uomo lealtà e amore.
Altro aspetto molto considerato dai Satanisti quando si tratta di onorare il corvo è la sua funzione di maestro. Abbiamo visto che in ogni tradizione antica il corvo era considerato un uccello profetico, un animale così saggio da divenire persino consigliere stesso di grandi Dei. I corvi, in fondo, camminano su questa Terra da molto prima che noi esseri umani facessimo la nostra comparsa: essi da sempre vivono e ci osservano con tanta severità, curiosità e – senza dubbio – una buona dose di pazienza!
Il corvo è sempre stato un maestro e chiunque abbia questo animale come spirito guida sa bene come esso possa condurre a grandi verità. Nel Satanismo vi sono alcuni Sacri Demoni legati al corvo, come ad esempio il mio amato Guardiano Andras, così come il Nobile Malphas. Nel Satanismo Originale sappiamo che i Sacri Demoni sono parte di una grande famiglia, lo stesso Clade Satanico di cui anche noi stessi Satanidi facciamo parte. Tuttavia, all’interno di questo Clade esistono come dei sotto-gruppi tribali, dei singoli ceppi famigliari caratterizzati dall’emblema di uno spirito totemico, un animale sacro che determina ruolo e prerogative dei singoli membri. Esiste ad esempio un gruppo di Anime Antiche legate al corvo, così come esiste una famiglia di Demoni legata al Serpente. Tutti questi clan spirituali sono connessi alle Settantadue Fiamme Demoniche e sono assolutamente unite e in pace fra loro, poiché parte dello stesso Clade. In poche parole, essi sono come tanti rami uniti da una stessa radice.
Ogni Satanide può avere un Guardiano che appartiene ad uno di questi clan demonici, ma nel suo Cammino potrà avere comunque l’onore di interagire anche con Demoni di altri clan, apprendendo così cose differenti e utili alla sua crescita. Nel clan demonico del Corvo, i Guardiani sono entità fortemente oscure, sagge e tendenzialmente combattive. Numi come Andras e Malphas tendono a essere maestri spirituali che spingono i propri iniziati in profondità, anche con metodi molto duri. La Famiglia Demonica del Corvo è fortemente “sinistra” e questo, aldilà del Satanismo Originale, lo ritroviamo anche nelle antiche iniziazioni. Abbiamo visto che nell’ermetismo alchemico il corvo è accostato alla Nigredo, la Notte dell’Anima da attraversare al fine di raggiungere la propria Alba. Anche nell’Orfismo il corvo incarna la morte iniziatica, la fine necessaria come preludio di una sacra rinascita. Nello Zoroastrismo è considerato addirittura un animale puro, positivo, in grado di dissipare la corruzione e infatti, come abbiamo precedentemente accennato, nell’iniziazione mitraica il Corax rappresentava il primo grado.
Come si può notare, il corvo è sempre stato legato agli aspetti più oscuri e difficili dell’iniziazione, ma esso nei fatti contiene in sé il principio della luce. Basti ad esempio pensare ai militi Romani, iniziati al misterico culto mitraico: nonostante fossero guerrieri capaci di trarre forza dalle oscure ali del corvo, essi sapevano anche che la maggiore ispirazione derivava dall’origine stessa del nome Corvo: in latino il termine Cuore [cor] e Corvo [corax] hanno invero la stessa radice. Questo era - ed è - il corvo per i guerrieri Gentil Satanidi: non semplicemente la luce del sole, non soltanto il buio della notte, bensì una fiamma oscura capace di ardere anche nell’ombra, eternamente alimentata dal coraggio e dal pathos che alberga nel cuore.
Altra importantissima caratteristica dei Demoni Corvo è il loro implacabile istinto di protezione: il corvo è sempre stato connesso alla Giustizia e di conseguenza alla “giusta vendetta”. Anticamente le Streghe e gli Stregoni utilizzavano parti del corpo dei corvi per portare a termine rituali di vendetta, così come sciamani e Nativi Americani sapevano bene che invocare lo spirito totemico del corvo era indispensabile qualora si volesse contrastare un nemico. Il corvo ha sempre avuto la capacità di proteggere i suoi figli, rimandando ogni negatività al mittente e i Demoni del clan del Corvo sono noti per essere particolarmente solerti nel vendicare i torti dei propri protetti. Il mio Guardiano è legato al clan del Corvo, Egli ne è un elemento di spicco e da sempre indossa con onore il copricapo del Corvo: una sorta di maschera dal lungo becco. Per esperienza posso dire che il mio Acerrimo Custode non ha mai mancato di restituire il male a chiunque male mi abbia fatto, sempre nel modo giusto, sempre al momento giusto. E posso assicurare, croce (rovesciata!) sul cuore, che la sua assidua protezione non ha mai mancato di rendermi onore ogni qualvolta qualcuno mi abbia ingiustamente ferita o ostacolata.
“Un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva un corvo portava la sua anima nella terra dei morti. A volte però accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose, che l’anima non poteva riposare, così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l’anima perché rimettesse le cose a posto”
– tratto dal film Il Corvo.
Il corvo in natura
Dopo questo interessante viaggio nel mondo mitologico del corvo non possiamo esimerci dal raccontare questo splendido animale anche sul fronte naturale. Perché tanto di ciò che nel tempo ha colorato il mito nei fatti traeva la sua origine da fatti concreti. Il ruolo del corvo come consigliere di tanti nobili Dèi è dovuto in parte anche alla sua grande intelligenza, cosa dimostrata scientificamente. Il corvo, insieme a scimmie e delfini, è senza dubbio uno degli animali più intelligenti. Studi hanno dimostrato che le sue capacità cognitive sono comparabili a quelle di un essere umano di sette anni. Dai risultati di una ricerca dell’Università della Ruhr Bochum, in Germania, è emerso che i corvidi condividono con gli umani gli interneuroni, ossia le cellule nervose che predispongono alla capacità di valutare le situazioni e prendere decisioni. Esperimenti sui corvi hanno dimostrato che, ad esempio, essi a differenza della maggioranza degli animali sanno riconoscersi allo specchio, sanno trovare soluzioni se posti davanti a problemi da risolvere, così come hanno la capacità di memorizzare volti e pertanto distinguere l’identità delle persone.
Un esperimento condotto sui corvi ha dimostrato che essi sono in grado di risolvere problemi logici al fine di ottenere ricompense. Nei seguenti video potete vederne alcune concrete dimostrazioni. Nel primo, ad esempio, si nota come un corvo posto di fronte ad un enigma logico che ha come premio il cibo, riesce brillantemente a trovare una soluzione [e non so voi, ma io conosco diversi esseri umani che forse non saprebbero conseguire lo stesso risultato!]
Nel secondo video che vi propongo, i corvi superano sé stessi: essi, per riuscire ad aprire alcune noci e mangiarle, osservano i semafori e imparano la differenza fra luce verde e luce rossa, arrivando così a depositare le noci per strada durante il semaforo rosso e attendendo che con il verde il transito delle macchine possa schiacciare i gusci delle noci per poi scendere in strada e mangiare. Incredibile!
I corvi sono inoltre in grado di riconoscere i volti ed esperimenti hanno dimostrato che anche a distanza di anni essi possono ricordare i torti subiti. Durante un esperimento scientifico alcuni ricercatori, indossando delle maschere caratteristiche, hanno lanciato dei sassolini a dei corvi per infastidirli. Nei giorni seguenti i ricercatori hanno continuato a passeggiare nel parco frequentato dagli stessi corvi e quando indossavano maschere differenti da quelle utilizzate durante le molestie, i corvi erano tranquilli. Quando però i ricercatori hanno passeggiato nel parco indossando le stesse maschere utilizzate durante le molestie, i corvi li hanno riconosciuti e si sono agitati, dimostrando non solo di avere una grande memoria fotografica, ma di essere in grado di comunicare con i propri simili, informando gli altri corvi di un eventuale pericolo. Questa particolare capacità di ricordare i volti e di portare rancore per i torti subiti potrebbe essere alla base del mito che vede nel corvo un’emblema della giustizia e della vendetta.
Altre curiosità interessantissime sul corvo:
I corvi sono monogami: potrà sembrarvi bizzarro, ma i corvi sono fra le poche specie animali che scelgono un compagno e vi restano per tutta la vita. Da giovani i corvi vivono in gruppi di altri giovani corvi, con cui vanno in giro e combinano spesso guai. Proprio per tale strambo atteggiamento questa fase della vita del corvo viene definita “bande giovanili”. Fa abbastanza sorridere pensare che da “adolescente” il corvo impazza per il mondo facendo guai insieme ai suoi consimili e ricerche scientifiche hanno dimostrato che in questa fase di vita il giovane corvo ha alti livelli di adrenalina e stress. Quando poi il corvo matura e sceglie una compagna, si calma, abbassa i suoi livelli di stress e vivrà per sempre accanto al suo partner prescelto. I corvi sono talmente fedeli che, dopo l’eventuale morte del compagno, solitamente non si accoppiano più con altri esemplari.
I corvi amano il gioco: i corvidi sono fra le poche specie animali che hanno il senso del gioco e del divertimento. Ricerche hanno dimostrato che i corvi sono in grado di costruirsi “giocattoli” per intrattenersi da soli o per interagire fra loro. Essi sono soliti usare cose come rametti, pigne, pietre, o altri oggetti umani trovati per caso, come giocattoli. Hanno anche l’abitudine di giocare nella neve, rotolando da collinette o tetti innevati. Altra caratteristica notata nel corvo è che ha un forte senso dell’umorismo: si diverte infatti a fare dispetti!
I corvi hanno il senso dell’amicizia: studi hanno dimostrato che i corvi sono in grado di selezionare le proprie amicizie, manifestando simpatie e antipatie verso altri esemplari. Corvi hanno ad esempio accolto con grande entusiasmo il ritorno di altri corvi che non vedevano da tempo e che consideravano “amici”, così come hanno mostrato, dopo anni di assenza di un altro esemplare “nemico”, chiari atteggiamenti di ostilità.
I corvi hanno il senso della gratitudine: appena ho scoperto questo fatto, confesso che mi sono emozionata. I corvi sono davvero meravigliosi! Diverse testimonianze hanno infatti dimostrato che i corvidi dimostrano gratitudine verso chi li nutre. Una coppia inglese cominciò a lasciare semi e cibo sul proprio balcone e dei corvi se ne nutrirono. Nel tempo la coppia notò che sul proprio balcone, nella mangiatoia che riempivano quotidianamente per i corvi, cominciarono ad apparire piccoli oggetti, come orecchini, bulloni, ghiande, monete, insomma, tutti piccoli oggetti che i corvi – essendo della stessa famiglia delle gazze ladre – rubacchiavano in giro e che donavano ai propri amici umani, per ringraziarli del cibo ricevuto. La stessa cosa è accaduta ad una bambina americana: ogni giorno lasciava in giardino del cibo per i corvi e per anni essi hanno ricambiato donandole davvero un sacco di ninnoli trovati in città. Un episodio molto particolare raccontato dalla ragazzina ci fa sapere che un giorno, andando a scuola, perse per strada la custodia della sua macchina fotografica. Il giorno dopo la ritrovò nella mangiatoia nel suo giardino, poiché i corvi l’avevano osservata durante il tragitto e, notando che le era caduta, l’avevano recuperata e riportata a casa.
I corvi sanno parlare: lo so, anche io appena l’ho scoperto ci sono rimasta! Ma i corvi sanno imitare il linguaggio umano meglio dei pappagalli! I corvi di rado sono stati addestrati ma ci sono diversi casi – noti fin dall’antichità, basti pensare all’episodio citato da Plinio il Vecchio – in cui uomo e corvo hanno amichevolmente interagito e il nero uccello ha dimostrato di saper comprendere il linguaggio umano e farlo proprio. Il corvo riesce a emulare la voce umana in maniera incredibile e riesce a dare un senso compiuto alle parole che ripete. Simile al corvo vi è forse solo il pappagallo cinerino. I corvi, inoltre, riescono a comunicare fra loro ed hanno un modo chiaro per dialogare con i propri simili. Essendo il corvo piuttosto empatico, ha ad esempio alcuni richiami per segnalare la presenza di un compagno ferito o in pericolo e solitamente a tal richiamo rispondo tutti gli altri, per andare a difenderlo e/o aiutarlo.
I corvi gesticolano: forse potrà sembrarvi un’informazione banale ma in realtà in natura il corvo è praticamente l’unico animale in grado di fare una cosa simile. È stato infatti dimostrato che il corvo, esattamente come l’essere umano, è in grado di utilizzare la comunicazione non verbale, magari indicando un luogo, un individuo o una direzione, unicamente utilizzando il proprio becco.
I corvi sono molto amici dei lupi: secondo voi, essendo il mio Guardiano connesso ai corvi e da sempre seguito da un grande lupo nero, come potrò esserci rimasta? Ovviamente fu una bellissima scoperta! Potrà sembrarvi strano ma lupi e corvi hanno un legame molto speciale. Studi scientifici hanno dimostrato che quando i corvi trovano una carcassa utilizzano dei versi particolari atti a richiamare i lupi. Questi ultimi arrivano e grazie alle loro potenti fauci aprono la carcassa, concedendo ai corvi di nutrirsene con loro. Oltre a questa incredibile collaborazione, è stato riscontrato che i corvi spesso giocano e instaurano legami affettivi con i cuccioli di lupo. Un po’ a riprova che anche “clan totemici” diversi sono uniti da una stessa radice.
I corvi hanno un forte senso della giustizia: esperimenti hanno verificato che i corvi non amano l’inganno. Davanti ad esempio ad un esemplare che di fronte ad un pasto non divide equamente il bottino, tenendone per sé la parte maggiore, i corvi si indispettiscono, al punto da isolarlo e non collaborarci più in futuro. Anche di fronte a esperimenti in cui due persone litigavano dinnanzi a un corvo, la parte offesa – ad esempio derubata o picchiata – veniva istintivamente osservata e difesa dal corvo, il quale mostrava aperta ostilità verso il carnefice.
Conclusioni
Non è un mistero che io sia molto legata al corvo, non per caso ho deciso di scrivere questo lungo articolo. Il corvo è legato a Satana, il corvo è legato al mio Guardiano, il corvo, in modi differenti, ha accompagnato la mia vita, quasi quanto la mia adorata Farfalla Blu. E a tal proposito vorrei raccontarvi un aneddoto dell’anno scorso, quando una bellissima coppia di Ghiandaie – ossia corvidi dal piumaggio grigio e azzurro – hanno invaso la strada di casa mia con il loro stridulo gracchiare. Il loro piccolo era caduto dal nido e un gatto che piantona da sempre la via rendeva insicuri i protettivi genitori. Le due ghiandaie hanno ossessionato per tutto il giorno il povero gatto: appena il felino osava avvicinarsi al piccolo corvide, i genitori gli facevano pesante mobbing, facendo uscire di senno il gatto e tutto il vicinato! La sera i vicini di casa, stanchi di quel vociare, cercarono di prendere il piccolo uccellino, ma ne ottennero solo beccate. Poi anche io uscii di casa con il mio cane e vedendo la situazione, decisi di provare a prendere il piccolo fuggitivo: appena mi vide avvicinare abbassò le sue resistenze. Rimase per un attimo con il becco aperto, in segno di preoccupazione. Aveva davvero tanta paura ma mi lasciò fare: si abbandonò placido alla mia presa e i genitori non avevano mostrato ostilità. Vi confesso che fui molto commossa per quell’estremo atto di fiducia. Non mi aveva beccata, non aveva posto resistenza, si lasciò prendere fra le mani, mettendo a rischio la sua vita. Era piccolo, caldo, morbido, una creatura spaventata e dolcissima. Mi lasciò fare e vedevo i suoi genitori seguirmi, volando di tetto in tetto, quasi come se anche loro si fidassero, come se magicamente comprendessero le mie intenzioni tutt’altro che nocive. Lasciai il piccolo corvide in un luogo riparato e i genitori arrivarono subito da lui, finalmente riuniti. Fu un momento molto bello, soprattutto perché mi fece comprendere chiaramente come gli uccelli, in particolare i corvidi, siano capaci di leggere realmente l’anima delle persone. Essi sapevano chiaramente che il mio intento era salvare l’uccellino e proprio per tale ragione, nonostante l’aggressività dimostrata durante tutto il giorno in diverse occasioni, mi hanno lasciata fare. Gli uccelli hanno un’intelligenza e una sensibilità eccezionale e i corvidi riescono ad enfatizzare queste qualità al punto da lasciare senza parole.
Spesso quando mi sveglio vedo due corvi sul tetto davanti casa mia: mi affaccio, li saluto e poi volano via, quasi come se volessero anche loro salutarmi. Forse sarò io particolarmente romantica, ma non trovate che siano davvero creature incredibili? Amerò sempre i corvi. Davvero.
Il corvo è l’emblema araldico del clan del mio Guardiano ed è un animale che da sempre, in qualche modo, accompagna ogni autentico Satanide nel suo percorso. Il corvo ci ama visceralmente, il corvo ci osserva e da sempre lotta al nostro fianco. Il corvo è sempre stato accanto agli ultimi, ai folli, agli audaci! Il corvo è amico di chi non ha mai avuto paura di indossare la maschera del Nemico. Chiara è infatti la posizione antinomica del corvo che, in quanto Trickster per antonomasia, ha da sempre saputo incarnare anche “il male” qualora ciò fosse servito a conseguire “il bene”. Il corvo ha sempre avuto il coraggio di essere scomodo, rappresentando fieramente chi non teme il giudizio altrui, chi ha il coraggio di vivere “qui ed ora”, essendo davvero sé stesso, oltre il bisogno di piacere. Il corvo incarna chi sa amare senza avere la pretesa di essere amato. È un profondo pozzo di luce, bellezza, amore, nascosto da una voluta maschera di pericolo, morte, paura e oscurità. Il corvo è un animale speciale, lo è sempre stato, e spero tanto che dopo aver letto questo scritto, ogni volta che vedrete un corvo o sentirete il suo lontano gracchiare, possiate sentirvi meno soli e sapere che uno spirito antico e di pura luce oscura, in quell’esatto momento sta vegliando su di voi.
Jennifer Crepuscolo
Anno MMXXIII
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