LE ORME DEGLI DEI IN ANTICHE CONNESSIONI

 

“Le origini delle rune non sono ancora chiare. Esse sembrano essere derivate dall'alfabeto nord-etrusco con certe influenze dell'alfabeto latino. L'origine degli alfabeti ogamici (le scritture degli antichi Celti dell'Irlanda e del Galles, e dei misteriosi Pitti della Scozia), è pure molto oscura. Pare, tuttavia, che essi fossero un'invenzione locale dei druidi, ispiratisi in parte all'alfabeto latino e in parte alle rune.”

 

Questo è quanto compare nell’Enciclopedia Treccani sotto la voce “alfabeti” a proposito dell’origine dell’alfabeto runico, origine che esclude, per accademiche ragioni, quella mitica o per meglio dire divina, delle rune stesse riconducibile al sacrificio di Odino. E naturalmente quando non si è in grado di spiegare un fatto non vi è altro modo, ufficialmente parlando, di trovarne l’origine in un evento contingente come un’invenzione o una mera copiatura da altre fonti. E si ricerca in tal modo tramite la ragione ed i fatti razionali dimostrati e dimostrabili l’origine dell’esistenza di ciò che ci circonda, visibile, tangibile, scientificamente ripetibile e guai il contrario, dimenticando che oltre ai fatti evidenti possano esistere dei nessi più occulti, i quali appaiono all’occhio del sapere ufficiale spesso i più improbabili. E cosi la storia diviene un quadro da disegnare e poi da riempire di colori, un quadro armonioso e rassicurante che per quanto realistico esso non sarà mai la “reale Realtà”, essendo di questa solo una copia di cui compiacersi e rasserenarsi in quanto troppo destabilizzante sarebbe l’alzare il velo e lo scostare la tela per scoprire ciò che vi è Oltre.

E cosi un giorno, percorrendo l’autostrada per lavoro, il collega che faceva da autista mi mostrò dal suo cellulare le fotografie del suo recente viaggio in Etiopia che non esitai a guardarmi affascinata per quasi tutto il tragitto: splendidi paesaggi, visi di donne e di bambini bellissimi e sorridenti, antiche chiese copte di pietra, animali, rocce ed infine il deserto di sale, chiamato dai locali “l’Inferno” per quanto inospitale sia. E nello scorrere queste variopinte immagini i miei occhi (ed il mio cuore) si soffermarono di colpo su una di queste in particolare, illustrante qualcosa che la mia mente registrò subito come anomalia: una scrittura scolpita su un muro di pietra di alcune rovine antiche di cui il mio collega nemmeno ricorda il nome del sito, riportante caratteri molto ben definiti, caratteri non corrispondenti alla attuale lingua etiopica nelle sue due varianti, ma aventi qualcosa fra le sue lettere ignote che a me è parso a dir poco sconvolgente: le RuneSì, quei segni cosi ben definiti tra quei caratteri cosi misteriosi apparivano ai miei occhi increduli chiaramente delle Rune, e come vedrete dall’immagine, in particolare le Rune Berkana-Björk, Laguz-Lögr, Isa, Thurisaz e Algiz, alcune speculari alle originali. La mia mente ha iniziato a ricercare freneticamente tutte le connessioni a me eventualmente note fra il popolo etiope e quello nordico, per cercare di capire come quei segni fossero comuni a due popoli cosi distanti e diversi: nulla, il nulla, e dentro di me si faceva strada l’idea, cosi istintiva ed animica, che l’unico legame plausibile fosse la Divinità, ovvero che quegli stessi Dèi, i quali hanno portato la conoscenza delle Rune ai popoli di Odino, fossero per forza di cose gli stessi che hanno visitato in tempi remoti quei popoli di quell’angolo d’Africa, dai lineamenti cosi regolari, quasi caucasici se non fosse per la loro bellissima pelle liscia e scura. Ma la verità non si soddisfa con il sogno e la fantasia e cosi, ricevuta dal collega l’unica informazione in merito, ossia che la scrittura doveva essere molto antica, mi metto a ricercare, sia mediante comparazione dell’immagine con gli archivi Google sia cercando informazioni sulle antiche scritture in Etiopia, e nella ricerca storica mi trovo prepotentemente catapultata nel mito,  in particolare in quello della figura, ahimè biblica, della Regina di Saba, quella che per gli autori dei testi vetero-testamentari sarebbe divenuta la sposa di Re Salomone. Tale Regina era descritta come saggia e ricca, amante della conoscenza tanto da essere affascinata dalla presunta sapienza proverbiale del citato re da cui si narra ebbe un figlio di nome Menelik, il quale sarebbe divenuto il primo re d’Etiopia, sempre secondo la tradizione. Ma come si è giunti alla Regina di Saba, il cui nome vero è sconosciuto? Ebbene su un coccio di terracotta, trovato da un adolescente che scavava come volontario presso un sito archeologico a circa venti chilometri a sud–ovest di Gerusalemme, è stata rinvenuta una scrittura contenente dei segni di un antico alfabeto ritenuto appartenere al proto–cananeo o Prima Lingua, molto simile ma non identico a quello oggetto della mia ricerca. Cercando di capire se la scrittura da me notata fosse in realtà altro rispetto alle Rune, ho approfondito la questione scoprendo che esperti della Hebrew University ritengono che il coccio risalirebbe a tremila anni fa, ossia addirittura mille anni prima dei rotoli di Qumran. (Per approfondire la fonte).

Secondo questi studiosi (doveroso ricordare: di una università ebraica) l’epoca di tale reperto corrisponderebbe grosso modo al periodo dominato dalle figure, menzionate nel Vecchio Testamento, di Davide e Salomone, e la sua esistenza comporterebbe la pre–datazione di un alfabeto identico rinvenuto nello Yemen, il quale sempre secondo la loro tradizione sarebbe stato usato dalla Regina di Saba (presumibilmente sposa di Salomone) in quei territori. Sì, perché nello Yemen sono stati effettivamente ritrovati antichi scritti simili non solo in parte al proto-cananeo, ma anche molto simili a quelle che io, cocciutamente, ritengo delle Rune. Tali caratteri, secondo i ricercatori, originerebbero nel Sinai e sarebbero appunto stati poi portati nello Yemen da quella Regina. Coloro che hanno provato a tradurli, usando però come parametro l’ebraico antico, sono arrivati a conclusioni quali il fatto che esse indicherebbero addirittura il nascondiglio della famosa Arca dell’Alleanza in un sito vicino a Mareb (Ma'rib, nell’antico regno di Saba). Questo sito presenta una muraglia di pietra alta venti metri e spessa cinque che secondo la leggenda sarebbe stata fatta erigere dalla stessa Regina di Saba a protezione dell’Arca e del figlio stesso. In sostanza l’uso di questa lingua, che i ricercatori vogliono far corrispondere al proto-cananeo, sarebbe stata utilizzata anche nell’antico regno di Saba. Nello Yemen, sarebbe stato recentemente scoperto il palazzo della Regina, precisamente nel Mareb, i cui muri presentano le medesime iscrizioni. Mentre gli archeologi tradizionali tentano ancora d’interpretare l’alfabeto yemenita come una forma di arabo, questa nuova scoperta di un antico artefatto del medesimo periodo nel sito di Mareb, Yemen, dimostrerebbe che l’alfabeto nacque come un primo sistema di scrittura per il proto–cananeo, precursore secondo loro dell’ebraico. E, sempre secondo la leggenda, la Regina di Saba avrebbe portato questo alfabeto nelle terre d’Etiopia, dove una mano sapiente ne avrebbe scolpito i caratteri giunti sino ai giorni nostri. Molti ricercatori tuttavia obiettano, e non a torto, che tale alfabeto possa essere in realtà un precursore delle lingue semitiche in generale e non necessariamente di quella esclusivamente ebraica.

Personalmente, la spiegazione che quei segni siano riconducibili ad un alfabeto semitico, per quanto antico, sentivo che non era esaustiva. Vero è che i Fenici, di lingua nord semitica, secondo Erodoto “donarono” l’alfabeto ai greci, i quali vi introdussero le vocali e vi apportarono modifiche di adattamento, e in seguito gli stessi Greci influenzarono la lingua degli Etruschi i quali furono le prime genti italiche ad adottare l’alfabeto greco secondo alcuni studiosi. Poiché alcune teorie riconducono l’origine delle Rune alle lingue dei popoli nord italici, nel contesto dei rapporti commerciali soprattutto tra Veneti e Germanici si avrebbe forse un legame molto lontano tra un alfabeto di una lingua semitica e l’alfabeto runico. Ed effettivamente nell’alfabeto etrusco compaiono caratteri somiglianti ad alcuni tipicamente runici. Tuttavia non solo l’alfabeto fenicio, essendo nord semitico, non ha un legame con le lingue sud semitiche quali l’etiope, ma i segni nord-semitici non corrispondono a nessuna logica, né fonetica né grafica. Essi infatti hanno probabilmente origine astronomica e rappresenterebbero la situazione degli astri tra il 2000 e il 1600 a.C.. (Per approfondire la fonte clicca qui).

Che gli alfabeti abbiano origini comuni nelle varie aree geografico-linguistiche non costituisce alcun mistero. Tuttavia non è ancora chiaro come questo specifico linguaggio abbia caratteri cosi simili, per non dire identici, all’alfabeto nordico runico. In merito non ho trovato nulla. E se non fosse stato per la casualità di notare questo nelle fotografie di un normalissimo turista non avrei certo mai pensato di trovare segni runici in terra etiope. E la domanda resta dunque come un tarlo nella testa: perché questa “somiglianza” con le Rune? Cosa ci fanno segni identici alle Rune in un misterioso e antico alfabeto scolpito nelle terre d’Etiopia e dello Yemen? E’ forse parte di un linguaggio universale che i popoli hanno sviluppato o forse solo potuto apprendere dalle divinità che in quei tempi calpestavano foreste e deserti con piedi umani? O è forse tutto ciò il frutto di una coincidenza sbalorditiva? Siamo di fronte alla prova di una lingua non terrestre, della lingua degli Dei travalicante confini lontani nel tempo e nello spazio? Una parziale risposta viene dagli stessi ricercatori che, come ripeto, vedono in quei segni i caratteri di una lingua proto-cananea, ossia di una antica lingua che accomuna tutte le lingue semitiche: essi hanno scoperto che segni simili a quelli dell’incisione del coccio e dei muri dello Yemen (e quindi simili a quelli fenici, etruschi, runici per arrivare al “mio” muro etiope) sono stati rinvenuti incredibilmente in altre parti del mondo, luoghi che con i semiti e la “romantica”, si fa per dire, storia di Salomone e la sua Regina, nulla hanno a che fare. Scritture simili sono state infatti sorprendentemente rinvenute anche nel sud-ovest del Colorado e presso siti oceanici e legati a correnti d’acqua. (Per approfondire la fonte clicca qui).

Se solo si potesse andare oltre ai meri riferimenti biblici espandendo la ricerca oltre i classici orizzonti probabilmente si riuscirebbe ad intravedere il segreto legame tra i popoli, un legame fatto di divinità con caratteristiche simili che, a differenza degli uomini, potevano andare oltre le lunghe distanze e, perché no, oltre il tempo. Potevo veramente essere l’unica ad aver notato tale incredibile fatto? Impossibile, qualcuno avrebbe dovuto essersi accorto. E cosi la ricerca prosegue e stavolta scopro un documentario in lingua russa con descrizione in inglese inerente a una spedizione di scienziati russi al sito archeologico di Axum e Lalibela in Etiopia (in sostanza gli stessi siti da cui con ogni probabilità ha scattato la foto il mio collega). Questi scienziati, analizzando e studiando i caratteri scolpiti nella pietra, arrivarono ad una conclusione incredibile: quei segni farebbero parte effettivamente di un alfabeto runico, per la precisione ungaro-runico ed il sito di Axum sarebbe, secondo loro, un’antica postazione militare risalente addirittura a quattordici mila anni fa, realizzata con le stesse caratteristiche dei siti di Puma Punku e Tihuanacu ossia con una tecnologia di fusione della roccia “impossibile” per l’epoca. (VEDERE FOTO). Finalmente ho una conferma, seppur limitata non avendo altre fonti più attendibili, che qualcosa che ha a che fare con le Rune si trova da migliaia di anni in una terra che apparentemente con le Rune non dovrebbe averci a che fare. Ma non solo. Abbiamo detto che la lingua proto-cananea si sarebbe originata sul Sinai? Ebbene chi conosce gli studi e le traduzioni dal sumerico-accadico del ricercatore Sitchin ricorderà come egli individuasse in quella zona un vero e proprio spazio-porto per l’atterraggio e la partenza di velivoli appartenenti agli esseri Annunaki, gli Dei-alieni dell’antica Sumeria, a quanto pare tecnologicamente avanzati quanto i Deva induisti dotati dei noti Vimana.

 

Una riflessione sulla Regina di Saba.

Fantasie? Può essere. Recenti ricerche archeologiche hanno tuttavia individuato su questo monte (dove nel vecchio testamento stesso si racconta che vi si posava la “gloria” del famigerato Jahve, tra turbinio di venti e fragore di tuoni rendendo incandescente il monte stesso, poi erroneamente tradotto con roveto) una zona anomala di pietre fuse non si sa come e da chi. E le pietre non si fondono in punti precisi con i falò o il sol cocente. Quella dunque era forse l’epoca in cui gli Dei camminavano con piedi umani sulla Terra, soggiogando gli uomini come il “dio” vetero-testamentario o introducendoli ai più reconditi saperi come gli Dei norreni o i Deva indiani o il Dio Saturno italico? Appare quindi sempre più doveroso immergersi nei testi antichi per leggere il nostro passato e soprattutto quello che gli Antichi, uomini e Dei, hanno voluto lasciarci. E doveroso quindi è smetterla di accettare le interpretazioni bibliche come la vera e unica storia dell’umanità, ma utilizzare quel testo per quello che è: una cronaca del legame di un popolo col loro dio, il loro, quindi non il mio né di coloro che forse leggeranno questo articoloMa si può fare di più. La mente dell’uomo è costruita secondo schemi archetipici, gli stessi schemi tramite i quali l’uomo spiega a se stesso la realtà che vive sulla sua pelle. Storie, fiabe, leggende, racconti, vedono nei personaggi che li animano figure archetipiche la cui origine risale alla memoria ancestrale di ognuno di noi e parlano al nostro inconscio. Il Sole, il Padre, la Luna, la Madre, l’Anima e l’Intelletto, la Ricerca della Verità, la Gnosi, la Tenebra, la Luce, il Bene e il Male. E cosi, dati storici come un muro inciso ed un coccio di terracotta possono portare a Verità più grandi se letti insieme a ciò che di simbolico, ma per questo non meno reale, traspare negli antichi testi, di qualunque natura essi siano e a qualunque credo essi appartengano. Essi possono aprire spiragli sulla storia dell’uomo e del suo rapporto con gli Dèi, sia esso stato positivo o negativo. Tutto questo, compreso il fatto che molto di quel testo, (mi riferisco alla Bibbia), è stato copiato da storie, cronache, miti e leggende di altri popoli più antichi, mi ha portato anche a domandarmi chi fosse veramente la Regina di Saba, il cui nome non compare in nessuna scrittura, in virtù di una tradizione biblica, raccontataci dalla teologia, secondo la quale chi non ha legami con Jahve non è degno di avere il suo nome menzionato in quel libro? Chi sei tu, dunque, o Regina, la cui bellezza e saggezza ha incantato interi popoli? Regina il cui culto era onorare gli Dèi che disgraziatamente avresti rinnegato per unirti alla prepotenza maschile del servo dell’arrogante dio unico?

 

“Il tuo grembo è come un tondo calice che sempre trabocca di bevanda. Il tuo corpo è un mucchio di frumento ornato da rose. I tuoi due seni sono come due cerbiatti gemelli. Il tuo collo somiglia ad una torre d’avorio. I tuoi occhi ricordano gli stagni di Hesbon e quelli alle porte di Bathrabbims. Il tuo naso è come la torre del Libano che si scorge guardando verso Damasco. Il tuo capo s’innalza sulle spalle come il monte Carmelo. La chioma sul tuo capo sembra porpora regale raccolta in ampi drappeggi. Come sei bella e amabile, tu, amore mio, fonte di piacere!” (Cantico dei Cantici, VII- 2, 6)

 

Molti sono propensi a ritenere che questo brano erotico, ritenuto profano da molti e che per qualche motivo ignoto è stato inserito nei testi biblici, sia in realtà una poesia dedicata alla stessa Regina di Saba dal suo amante e marito Salomone. Di lei parlano alcuni testi sacri, compreso il Corano, tuttavia non vi è traccia storica della sua presenza. E, come accade quando sfugge la solidità delle certezze e dei dati documentabili, a questo punto iniziano a scorrere le sotterranee acque del Mito e dell’Alchimia, la quale, come noto, spesso utilizza riferimenti erotici per celare pratiche alchemiche. Abbiamo quindi un Re saggio (per come è visto dagli israeliti, non certo per noi che in lui vediamo semplicemente l’avido di ricchezze e potere, l’insolente disturbatore dei Daimon per acquisire informazioni su tesori, come il triste e sanguinario suo grimorio ci ricorda) che attrae a sè, proprio in virtù delle sue qualità, la sua controparte femminile che lo mette alla prova, serbando per lui ricchi doni se l’avesse superata. E cosi accade, il Re dimostra la sua saggezza e solo allora lei si dona a lui in tutto il suo splendido erotismo, divenendo poi fedele consorte, custode della cosa più preziosa e segreta che appartiene al suo amato, sia essa l’arca in questo caso, o qualunque altro simbolico oggetto, non importa. La Conoscenza, l’Intelletto, la femminile Sofia non poteva che essere attratta da colui che era già ricco, ricco di Saggezza, e soltanto a costui essa si unisce divenendo per lui solo Fonte di piacere. Ma la Regina, fedele agli Dei, rinuncia ad essi per seguire l’unico dio del suo sposo. Ecco in un simbolismo la presunzione effimera del successo del culto abramitico, ossia l’assorbimento della Dea Madre nel Dio Padre, l’eliminazione del culto della Dea a favore di un culto maschile e patriarcale, violento e geloso. Chi sei tu dunque, o Regina? Percepisco sfuggente la tua essenza, intravedo il tuo nome fra i nomi degli Dei, potrei anzi già chiamarti per Nome perché sento scorrere dentro qualcosa che me lo fa risuonare familiare. Ognuno di noi sondi il mistero dunque oltre le apparenze e si dia risposta. Lei forse parla ancora oltre il tempo. Lei, bianca come l’avorio e dalla purpurea chioma è altresì nera più del nero.

 

“Sono nera e tuttavia desiderabile, o figlie di Sion, come le capanne di Kedar, come i tappeti di Salomone. Guardate come sono nera; è stato il sole a bruciarmi così. I figli di mia madre si adirano contro di me. Essi mi hanno posta a custode delle vigne; ma la mia vigna non l’ho protetta. Dimmi tu che ami la mia anima, dove porti gli animali al pascolo, dove riposi il mezzogiorno, cosicché io non debba vagabondare nelle greggi dei tuoi compagni.” (Cantico dei cantici, I- 5,7)

 

Lei dunque Nera. Quale significato può avere questo nero intenso? Forse lo stesso che si cela dietro le Madonne nere? Che sia il nero della terra d’Egitto, chiamato Kemet, da cui deriva la parola “Alchimia”? Nera come Osiride chiamato il Nero? Nera era la polvere per mezzo della quale avveniva la trasformazione dei metalli, la materia detta “pietra filosofale”? Nera come l’abisso di ciò che ci spaventa e non conosciamo; nera come il noto specchio, porta tra i Mondi; nera come la notte dell’Anima, preludio alla rinascita e all’illuminazione. Nera come la Luna di Lilith. Regina di Saba, Dea della Conoscenza, custode del segreto più intimo dell’uomo, simbolicamente rappresentato dall’arca del Re Salomone. Giustizia sarebbe strapparti a quei testi e donarti il Nome che ti appartiene. Dea-Regina dunque che nel simbolismo medievale viene rappresentata anche in molti cattedrali gotiche, ove sotto la sua lunga veste nasconde un piede d’oca, animale simbolico il cui famoso gioco non sarebbe altro che la rappresentazione allegorica del percorso iniziatico. Anticamente, sulle vesti di pellegrini ed eredi dei templari la Y con una terza asta nel mezzo, la zampa d’oca, simbolizzava la superiorità dello Spirito sulla Materia. Ma questo segno compare anche nell’alfabeto nordico ed ecco che torniamo alle Rune: Algiz, la Runa della vita, rappresentazione schematica dell’albero cosmico che univa Cielo e Terra. Abbiamo dunque un Femmineo che porta con sé Saggezza e Conoscenza, della Saggezza e Conoscenza innamorato, una Regina che offre i suoi doni solo tramite Sfida e Iniziazione. La Regina ed un Albero che unisce Terra e Cielo, l’Uomo con il Divino, una Regina legata ad un antico linguaggio stranamente somigliante a quello che divenne oggetto di dono allo stesso Padre degli Dèi Odino in cambio del suo personale sacrificio, un linguaggio potente la cui conoscenza recondita è fonte di potere, divinazione e sapienza, un linguaggio legato alle Stelle che sembra unire più popoli.

C’è molto da scavare sotto la coltre del Tempo. Molte vie sono ancora da percorrere al buio, muniti della sola fiaccola alimentata dall’amore per la Conoscenza. Molte le orme da seguire. Molti i veli da scoprire. La ricerca è fuori, ma anche dentro di noi. Connessioni dunque, fatte di ombre e impronte sulla sabbia di quegli antichi deserti che il vento del tempo ha solo nascosto ma non cancellato. Connessioni che per quanto azzardate possano sembrare, potrebbero celare una delle chiavi interpretative del Mistero che ci circonda, perché è nell’azzardo, nel salto nell’Abisso e talvolta nel Chaos, che potrebbero emergere altri indizi, altri segni... altre connessioni. Quel che conta è che la ricerca, soprattutto per ogni vero Iniziato, per ogni vero Satanista, non si fermi di fronte alle apparenze e alle verità pre-confezionate, ma sia portata avanti con il lume della Ragione, con la spinta della Curiosità e con la purezza dell’Intento.

 

 

Awen Sarasvati

Anno MMXIX

 

 

 

.

 

 

GLI DEI DEL DESERTO

Dall'Islam all'Antica Arabia Pagana

 

 

Attualmente il Nord Africa, la Penisola Araba e l'Iran sono interamente e completamente islamici. Cosa ci fosse anticamente in queste terre lo sappiamo, perché è qui, tra Antico Egitto, Sumeri e Assiri, che tante volte abbiamo cercato i nostri Dei. Almeno per grandi linee sappiamo anche come è iniziato il declino di queste civiltà, per gran parte collegato all'espansione degli Imperi, eppure tutto questo non è sufficiente a chiarire da dove o da cosa si sia generato l'Islam.


[Questo articolo si sivide in una Parte I sull’Esposizione dell’Islamismo e una Parte II sul Pantheon degli Dei Pre-Islamici. Consiglio almeno per la prima volta una lettura completa dell’articolo ma se vuoi accedere direttamente al Pantheon CLICCA QUI]

 

 

ESPOSIZIONE SULL’ISLAM.



Contesto Storico e Sociale.

L'Islam ha il suo punto d'innesco in un momento e in un luogo preciso: non in Egitto, non in Tunisia, non in Mesopotamia, bensì nella città di La Mecca, tra il VI e il VII secolo dell'era volgare. Eccola qui: situata sulla costa ovest della Penisola Arabica, Mecca è il centro urbano più importante di tutta la regione dell'Hegiaz.

VISUALIZZA LA MAPPA.

La Penisola Arabica del VI secolo è un mosaico eterogeneo di culti, culture, religioni e tribù. Il monoteismo ebraico è già consolidato da parecchio tempo, il cristianesimo si è già configurato e ha già figliato il nestorianesimo, lo zoroastrismo è ancora presente e ben radicato. La comunità è suddivisa in gruppi tribali, le banu: vi sono banu completamente ebraiche, e banu completamente arabe. Tra gli arabi vi sono moltissimi beduini puri e la maggior parte di questi sono ancora politeisti. Complessivamente, il politeismo è ancora in netta maggioranza nonostante la convivenza con i monoteismi (e consistenti sacche di paganesimo resisteranno nell'entroterra e nelle zone più a sud per diverso tempo anche dopo l'anno dell'Egira). Tra gli arabi non ebrei del sesto secolo, tuttavia, esiste già una percentuale (ancora minoritaria ma piuttosto consistente) che ha abbandonato il politeismo per seguire il monoteismo di Abramo, affiliandosi alla forma originaria del primo ebraismo: questi Arabi sono gli Hanif.

 

Maometto.

Di Maometto ne ho sentite dire tante, letteralmente tutto e il contrario di tutto, chi dice che era un mercante, chi un condottiero, un profeta, una leggenda, un semidio, un santo, un pazzoide... addirittura c'è chi sostiene che non sia mai esistito davvero! In realtà, le cose sono molto più semplici e logiche di quanto non si possa pensare, addirittura banali oserei dire, sia per quanto riguarda la biografia di Maometto, sia per quanto concerne l'eziopatogenesi del monoteismo islamico: l'Islam è di fatto una filiazione dell'ebraismo, e Maometto è, assai probabilmente, effettivamente quel che si potrebbe definire un mezzo ebreo, se non addirittura un ebreo quasi interamente fatto e finito. Magari non era ebreo nel senso stretto del termine, perché in effetti, per nascita, non apparteneva a nessuna banu di sangue ebraico, eppure è largamente risaputo che fosse un hanif, figlio di hanif e nipote di hanif: e come dicevo poco fa, gli hanif erano appunto i monoteisti precursori dell'Islam, quelli che in quella precisa epoca storica aderivano alla prima versione originale del monoteismo di Abramo.

Abul Kasim Ibn Abdallah nacque nella città di La Mecca nell'anno 570 dell'era volgare. Il nome Maometto (Muhammed) gli fu attribuito molti anni dopo, come appellativo onorifico che significa 'il glorificato'. Suo padre, Abd Allah b. Abd al-Muttalib Ibn Hashim, era un mercante dei Banu Hashim, sua madre, Amina Bint Wahb, era la figlia del Sahid dei Banu Zuhra: entrambi i clan erano sottogruppi appartenenti alla più grande banu Quraysh. I Banu Quraysh erano etnicamente arabi e tradizionalmente politeisti: in questa tribù vivevano infatti famiglie preposte alla custodia della Kaa'ba di Al-Uzza, e questo che colloca l'intero gruppo sociale decisamente fuori dal monoteismo. Tuttavia è altresì risaputo che il Paganesimo Arabo era assai poco intrusivo nelle normative di vita e incline all'accettazione e alla coesistenza con altre culture: per questa ragione la presenza di membri Hanif perfettamente accettati e integrati tra i Banu Quraysh non risulta affatto anomala e neppure improbabile.

L'infanzia di Maometto non esordì sotto gli auspici più rosei: mentre la madre Amina era ancora incinta di lui, suo padre morì durante un viaggio di affari, perdendo, oltre alla vita, anche un considerevole investimento. Pochi anni dopo perse anche la madre: per qualche tempo restò sotto la tutela del nonno, affidato alle cure di una balia berbera. Quando anche il nonno morì, Maometto andò a vivere con l'unico parente rimasto, lo zio paterno Abu Talib, che faceva il cammelliere. Abu Talib non era ricco e non poteva certo permettersi di spendere, oltre che per mantenere il ragazzino, anche per tenere a servizio la balia berbera: così, dato che a quel tempo era normale che i fanciulli iniziassero presto a lavorare, decise che per Maometto era arrivato il momento di crescere e di imparare il mestiere. Zio e nipote lavorando viaggiarono molto, giù fino allo Yemen e su fino in Siria, dove entrarono in contatto con comunità di cristiani, nestoriani ed ebrei.

Maometto fece il cammelliere per diciassette anni, dagli otto ai venticinque. Ad un certo punto incontrò anche una donna, tale Khadjia Bt. Khuwaylid, che era molto ricca perché era già vedova di due mariti e, soprattutto da uno dei due, aveva ereditato una vera e propria fortuna. Inizialmente Khadija assunse Maometto al proprio servizio, poi se ne invaghì e se ne innamorò: si sposarono nel 595. Si dice che tra Maometto e Khadjia fu un matrimonio d'amore, nonostante la donna fosse notevolmente più anziana di lui, e che Khadjia appoggiasse il marito in ogni sua cosa: così fu che Maometto divenne immensamente ricco, e padrone di disporre a suo piacere di tanta ricchezza. Negli anni subito successivi al matrimonio, forse anche complice il fatto che non doveva più lavorare tanto come prima, Maometto iniziò ad isolarsi, ricercando frequentemente la solitudine e ritirandosi sempre più spesso a meditare nelle grotte del monte Hira. O almeno così si racconta, e così come si racconta riporto: pare che fu nel 610, durante uno di questi ritiri che avvenne l'episodio da cui tutto ebbe inizio, e da quel che si dice, pare che non sia stata una cosa affatto piacevole, perché a detta anche degli islamici stessi, in effetti Maometto si spaventò un sacco.

Si narra che egli vide in sogno una creatura angelica, che gli porgeva un rotolo di stoffa. Svegliandosi di soprassalto, Maometto fuggì fuori dal suo riparo, e fu allora che sentì una voce dal cielo che lo chiamava proprio Muhammed, e gli diceva 'tu sei l'eletto di Allah e io sono Gabriele'. Sconvolto, Maometto vide in lontananza ciò che gli parve la sagoma gigantesca di un angelo, e la cosa ben lungi dal fargli piacere lo terrorizzò ad un punto tale da segnare l'inizio di un lungo periodo di depressione e tendenze suicide. Inizialmente scettico e convinto di essere pazzo si confidò con la moglie, e fu proprio lei, assieme al cugino Waraqa Ibn Nawfal, anch'egli fervente monoteista, ad insistere perché Maometto credesse a ciò che aveva veduto. In seguito a quella notte, Maometto entrò in uno stato di prostrazione e di confusione, iniziò a desiderare la morte, a corteggiare il suicidio e a vagare in preda a deliri di fine dei tempi. Spesse volte, quando sentiva approssimarsi una nuova apparizione, cadeva preda del ribrezzo e tremava per ore, avviluppandosi in coltri e delirando. Per i dieci anni successivi a quell'evento iniziale, Maometto si aggirò per La Mecca esortando a pentirsi e annunciando la fine del mondo, impegnandosi molto, ma di fatto senza riscuotere particolare successo. Anche dopo parecchi anni di indefessa predicazione, i convertiti erano soltanto undici: il suo amico più caro, Abu Bakr, e altre dieci persone che diventarono poi in seguito i suoi collaboratori più stretti, oggi conosciuti nel Corano come i Dieci Benedetti. Nel 619 morirono sia lo zio Abu Talib che la prima moglie Khadjia.

Abu Talib, quello zio del quale si dice fosse già abbondantemente Hanif, a differenza di altri monoteisti della famiglia (come ad esempio il cugino Waraka) non si era mai convertito al nuovo monoteismo che il nipote andava proponendo con tanta insistenza. Ma in cosa consisteva questa novità?  Di fatto, la nuova religione era un aggiornamento del pre-esistente monoteismo abramitico: Maometto ne era assolutamente consapevole e intendeva non solo convertirvi i politeisti, ma anche i monoteisti tutti, al fine di rinnovare il monoteismo ebraico allineandolo a questa nuova versione di cui egli riteneva di essere il portavoce prescelto. Rimasto vedovo di Khadjia, Maometto prese in sposa la giovanissima figlia di Abu Bakr, Aisha, che all'epoca era ancora meno che adolescente, e proseguì nella sua opera di diffusione dell'ebraismo duepuntozero, diventando sempre più fastidioso: presa in odio la pietra nera di Al- Uzza, tentò in ogni modo di convincere tutti a smettere di rendere omaggio a quell'oggetto. Tanto fervore gli guadagnò qualche altra decina di convertiti, portando il numero dei suoi a circa settanta; allo stesso tempo però questo atteggiamento esasperò un gran numero di mercanti Pagani, che sentendosi offesi per tanta avversione alle loro tradizioni decisero di coalizzarsi per rendergli impossibile la permanenza in città: in modo deciso e coeso, tuttavia non violento, essi scelsero di boicottarne gli affari, applicando una sorta di embargo che gli rendesse impossibile comprare o vendere qualsiasi cosa. Completamente impossibilitato a qualsiasi attività commerciale, nel 622 Maometto dovette necessariamente spostarsi a Yatrib (che oggi è chiamata Medina, che significa Città del Profeta).

Il 622 è il famoso anno dell'Egira, che oggi sancisce l'inizio ufficiale dell'Islam, e che tutti i mussulmani sono tenuti a commemorare compiendo, almeno una volta durante la vita, il pellegrinaggio che ricalca l'esilio del loro primo profeta. A volte mi domando se sanno che Maometto era andato là perché alla Mecca non riusciva più a fare soldi? Perché queste cose si sanno, nel senso che chi studia l'Islam lo sa e nei libri c'è scritto, ma non sono sicura che il fedele medio sia edotto riguardo a certi dettagli - del resto i cattolici romani non lo sono quasi mai, per cui è altamente probabile che questo valga pure per i mussulmani. Ora non voglio divagare ulteriormente. Tornando a Maometto: restò a Medina circa otto anni, e durante questo lasso di tempo ampliò la sua cerchia di seguaci; qui nacque la sua prima vera comunità di credenti, denominata Umma, e fu vergato il primo statuto ufficiale, la Sahifa.  Nonostante fosse riuscito a riscuotere un certo successo, non riuscì comunque a farsi accettare dalla comunità ebraica, e la cosa gli suscitò non poco disappunto. Maometto infatti considerava sé stesso un Profeta e includeva sé stesso nel novero dei Profeti dell'Antico Testamento, e il fatto che gli ebrei perseverassero nel non volerlo riconoscere come tale gli fece infine mutare vedute ed intenti: se essi non volevano accoglierlo, allora significava che egli doveva combatterli e proseguire nell'opera di conversione da solo contro tutti.

Potremmo dire che è la primavera del 627 il momento in cui l'Islam ha completato il suo periodo gestazionale, costituendosi religione a sé stante ed esplodendo infine in un vortice di sangue e di violenza: nella primavera del 627 Maometto e i suoi trucidarono centinaia e centinaia di politeisti durante la Battaglia di Khandaq. Ed è sempre nella primavera dello stesso anno che il nuovo Islam prende formalmente le distanze dalla matrice ebraica: subito dopo la Battaglia di Khandaq, Maometto ordinò l'immediato esilio di tutti gli ebrei di Medina, accusati di aver contravvenuto alle leggi della Umma, e non pago di questa epurazione fece infine decapitare settecento ebrei della Banu Qurayza. A questo punto non posso non notare la somiglianza tra Quraysh e Qurayza, e mi domando se queste due Banu siano effettivamente due, diverse e distinte, dove i Quraysh siano effettivamente tutti arabi puri senza nulla a che vedere con i Qurayza di sangue ebraico, oppure se le cose stessero diversamente e si sia giocato sull'equivoco perché magari chi l'ha raccontata avrebbe preferito che Maometto fosse etnicamente arabo puro... ma purtroppo non ho modo di saperlo. Quel che è certo è che per quanto l'Islam possa essersi formalmente distaccata dalla matrice ebraica, l'essenza abramitica è rimasta, e l'impronta violenta e sanguinaria di Yahweh si è conservata intera. Nel 630 Maometto fu infine pronto a completare l'obiettivo che si era prefissato: tornare a Mecca e conquistarla con la forza. Morì poco tempo dopo, nel 632 – ma ormai il danno era fatto. L'ebraismo era ancora là. L'Islam, che significa 'sottomissione' (al dio monoteista) era saldo ed instaurato: una nuova religione del terrore per offrire altra carne al dio sanguinario.

 

L'Islam dopo Maometto.

Maometto aveva deciso e detto tante cose, ma aveva tralasciato di designare un successore. Inevitabilmente nacquero tensioni, e i seguaci si divisero in tre partiti: i Compagni, che volevano un Califfo scelto tra i primi seguaci; i Legittimisti, che preferivano una successione più in stile 'casa regnante', per cui volevano un Califfo che fosse parente di Maometto; e gli Omayyadi, che essendo i più ricchi e potenti di La Mecca ritenevano di essere i più qualificati per il titolo. Inizialmente vinsero i Compagni, e nominarono Abu Bakr (il suocero di Maometto), a cui succedette Omar (sotto il cui Califfato l'Islam si espanse in Egitto, in Mesopotamia, in Siria e in Palestina). A Omar successe Othman, che durò poco perché fu assassinato dai Legittimisti, i quali ritenevano che il titolo di Califfo spettasse ad Alì che era cugino di Maometto. Ovviamente la cosa non piacque affatto ai Compagni, così le due fazioni iniziarono a combattersi aspramente, e siccome tra i due litiganti il terzo gode, infine il Califfo fu l'Omayyade Mu'awija.

 

Sciiti e Sunniti.

Gli Shiaat di Alì, vale a dire i suoi sostenitori, si dissociarono, dando vita alla corrente islamica che oggi conosciamo come Sciita. Tutti gli altri proseguirono considerandosi gli unici e veri depositari della Sunna (ossia l'insegnamento del Profeta) e da lì si andò a formare la maggioranza islamica oggi conosciuta come Sunnita. Sciiti e Sunniti ancora oggi si detestano visceralmente: nessuno pensa più a come è nato il dissidio tra le due fazioni, e passano il tempo a puntare il dito (e spesso anche il fucile) gli uni contro gli altri, accusandosi a vicenda di estremismo e di eresia. Eppure non c'è chissà che differenza tra le due fazioni: ad esempio, Sciiti e Sunniti credono nello stesso Allah come unico dio, e seguono il medesimo Corano; tuttavia gli Sciiti sospettano che i Sunniti possano averne alterato alcune parti, e per questa ragione li accusano di falso e di eresia; i Sunniti ovviamente ritengono che la vera eresia sia questa accusa, e siccome gli Sciiti hanno due versetti del Corano in più, rilanciano tacciandoli a loro volta di falsificazione.

Un altro tema di discussione tra Sciiti e Sunniti riguarda gli hadīth: un hadith è un aneddoto riguardante la vita di Maometto, oppure un brano contenente un'integrazione o una spiegazione di qualche passo coranico. Ne esistono una quantità impressionante e sono classificati secondo il parametro di isnād, che significa 'provenienza e affidabilità della fonte' e viene espresso tramite una tipica introduzione (che di fatto non costituisce prova) che tipicamente suona come 'ho sentito questa cosa da questa persona, che a sua volta l'ha saputa in questo modo da quest'altro'. Il Corano, unito all'insieme degli ahadith costituisce l'intera legge della Shari'a, esattamente come per gli ebrei la Torah forma la Halakhah unitamente al Talmud e ai moltissimi mishnah.  I primi ahadith sono attribuiti a Maometto stesso e alle persone che hanno vissuto a stretto contatto con lui, mentre gli ahadith successivi sono stati lasciati da altri musulmani con posizioni di preminenza sociale, dunque avrete già capito dov'è che casca l'asino: gli Sciiti non accettano i primi tre Califfi, quindi non accettano gli hadith di quel periodo, e hanno nuovi hadith (di Alì e dei suoi successori) che i Sunniti non riconoscono. Eresia!

Per quanto riguarda il Tahwid, ossia il precetto islamico dell'unicità di dio, i Sunniti accusano gli Sciiti di violarlo a causa della loro tendenza a venerare gli Imam e i parenti di Maometto come santi, li chiamano ghulât (estremisti) per via della loro devozione verso Alì, e definiscono bid'a (biasimevole) la pratica Sciita di cultuare le tombe dei santi (forse anche per via del fatto che in queste occasioni gli Sciiti ne approfittano per esternare la propria disapprovazione riguardo i Sunniti). Ovviamente gli Sciiti non ritengono di violare in alcun modo il Tahwid, e non ritengono di essere affatto estremisti – anzi, secondo loro gli estremisti sono i Sunniti, dal momento che proprio dal rigore Sunnita è nato il fondamentalismo Wahabita.

A dire il vero l'Islam Sunnita ha generato non una, ma due diverse filiazioni: il Wahabismo e il Salafismo. I Wahabiti sono la frangia più fondamentalista dell'Islam Sunnita, conservatrice fino al niqab e tendente al terrorismo, mentre i Salafiti sono la fisiologica risposta al Wahabismo, vale a dire il suo contraltare tendente ad una modernizzazione pseudo-liberale, apparentemente più moderato e proiettato verso l'innovazione, ma sempre e comunque profondamente anti-occidentale – ad onta del fatto che i Wahabiti accusino comunque i Salafiti di aver contaminato l'Islam con i vizi e i mali d'occidente. La cosa davvero spassosa è che il Salafismo è tutto sommato molto simile all'Islam Sciita, tranne che per una cosa: il metodo di scelta del Califfo. L'annosa questione è sempre solo questa. Ben lungi dal confermarsi tolleranti e pacifisti come vogliono far credere, gli Sciiti non sono capaci di andare d'accordo neppure tra di loro: litigano fin dal primo giorno per le successioni, e continuano a farlo anche al giorno d'oggi. Hanno litigato così tanto che - non paghi di essersi staccati e di aver fondato il loro Islam - si sono frazionati ancora e ancora, formando nuove sette (come ad esempio gli Ismailiti, gli Zayditi e i Duodecimani) e MAI per motivi dottrinali. Sempre e solo per motivi di successione del Califfo.

 

Piccola Delucidazione sull’Islam Moderno.

Oggi ci ritroviamo di frequente ad avere a che fare con la cultura islamica. Si sente parlare di Islam ai notiziari, e poi se ne parla nel bar, in piazza, in ufficio, ovunque, non solo dell'Islam geograficamente distante raccontato dai telegiornali, ma soprattutto di quello importato dagli islamici che sono venuti a vivere in mezzo a noi, e che molto spesso stride fastidiosamente con la libertà di costumi. A questo proposito sussiste una gran confusione, e l'opinione pubblica è ferocemente divisa: qualcuno sarebbe addirittura disposto ad 'islamizzarci un pochino' pur di favorire l'integrazione, qualcun altro ritiene che l'Islam moderato sia 'quello vero' e che la convivenza tra noi e loro sia qualcosa di facilmente fattibile, altri ancora darebbero fuoco a qualsiasi arabo (anzi a qualsiasi tunisino, egiziano, nordafricano, senegalese, turco e pachistano) – e intanto, mentre noi occidentali siamo impegnati a ridefinire i menù delle mense scolastiche e distratti dall'annosa lite tra redneck nostrani e integrazionsti, l'Islam attecchisce indisturbato nella nostra terra. Perché è questo che fa l'Islam: si espande, mutando all'occorrenza le sue strategie, anche celando, se serve, l'inamovibilità della Shari'a dietro ingannevoli paraventi di adattabilità apparente. Come un virus che attacca le membrane cellulari dell'organismo ospitante, si insinua e si replica, si replica e colonizza, colonizza e sostituisce, fino a diventare l'unico codice che anima artificialmente un involucro vuoto.

Il popolo Italiano oggi è pericolosamente simile a come era il popolo Arabo ai tempi dell'Egira: questa nostra Terra è un mosaico eterogeneo di etnie, religioni e culture, e il giudeo-cristianesimo ha attecchito da tempo, indebolendo i sentimenti di orgoglio e fierezza. La radice Pagana vive nel nostro sangue, ma è stata dimenticata e rinnegata da molti; dell'antico retaggio è rimasta soltanto la munifica tolleranza Romana verso l'altrui religione, che - separata dalla sua Origine e privata della sua Identità – perde tutta la sua nobiltà, e si avvia lungo la deriva della sottomissione. Islam significa proprio questo. Significa, letteralmente, sottomissione. Le persone non si rendono conto di questo. Paradossalmente, i più inferociti anti-islamici, scadendo nell'odio razziale e facendo mostra di non aver minimamente compreso la distinzione tra etnia e religione, finiscono per fare il gioco dell'Islam, rendendolo più simpatico e popolare agli occhi della enorme massa di disinformati, buonisti e demagoghi, che se ne vanno in giro sempre più tronfi a blaterare di un mondo fatto di moschee e di unicorni.

 

I Luoghi Comuni Figli della Demagogia Populista.

(ovvero quelle amene affermazioni che popolano il web e le conversazioni da bar in nome dell'integrazione, e che sentiamo proferire continuamente)

 

1-”Islam non vuol dire terrorismo”

La frangia fondamentalista che pratica atti terroristici è il Wahabismo. Non tutti gli islamici sono Wahabiti, ma i Wahabiti sono islamici a tutti gli effetti. Il Wahabismo è uno degli aspetti dell'Islam. E' corretto distinguere, ma non è corretto escludere questo aspetto dall'intero Islam allo scopo di renderlo più accettabile.

2-”Islam non vuol dire fondamentalismo”

L'Islam Sunnita (che è la maggioranza, in ragione dell'80%) è tradizionalista, intransigente e fondamentalista. Il fatto che non tutti i fondamentalisti siano terroristi non significa che la maggioranza non sia fondamentalista. Il fatto che esistano minoranze più moderate non significa che ''il vero islam'' sia moderato.


3-”L'Islam sta cambiando e sta diventando una religione di pace”
Lo zoccolo duro dell'Islam è Sunnita, è ancora un 80% pieno. Sciiti e Salafiti sono apparentemente più moderati, ma non per bontà d'animo o per evoluzione: si mostrano più moderati perché – a detta di loro stessi – è la tattica che hanno scelto per guadagnare consensi e conversioni. Lo scopo di tutti gli islamici è islamizzare il mondo, con le buone o con le cattive.

 

4-”Gli islamici sono così avanti da ammettere i matrimoni temporanei”

Solo gli Sciiti hanno istituito questa novità, allo scopo di mostrarsi moderni, e guadagnare consensi e conversioni. Comunque nessun Sunnita vi permetterebbe mai di contrarre un matrimonio temporaneo.

 

5-”L'Islam è democratico e meritocratico”

Casomai l'Islam Sunnita è democratico e meritocratico per quanto riguarda l'elezione del Califfo, e solo e soltanto in relazione al loro contesto sociale. Decontestualizzare questo è incorretto e fuorviante.

 

6-”I veri islamici si accontentano dell'hijab”

Casomai alcuni Sciiti e alcuni Salafiti accettano che le donne indossino l'hijab. Tutti gli altri burqa e niqab come se non ci fosse un domani. E comunque anche sull'hijab c'è molto da ridire.

 

7-”L'Islam ama, valorizza e protegge le donne come tesori inestimabili”

Che molte di loro se lo facciano andar bene, e che si possano sentire protette (?) dalle regole e da quel mucchio di stoffa addosso, ci possiamo pure credere. Ma che non ci vengano a dire che è una cosa normale dover chiedere il permesso per tutto e non avere potere decisionale o libertà di movimento. Possono esserci vari gradi di subordinazione a seconda del grado di fondamentalismo del contesto, ma è innegabile che non ci sia parità. Molte mussulmane non possono guidare l'auto né uscire da sole, molte di loro non possono neppure laurearsi o diplomarsi. Questo è un fatto.

 

8-”La violenza domestica non viene dal Corano”

Sul serio?! È una presa per il culo?!

Sura IV, 34: “Gli uomini sono anteposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre. Quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele”.
Non penso occorra aggiungere altro.

 

9-”L'infibulazione è un retaggio culturale precedente”

Ogni tanto salta fuori qualche genio che pretende che questa pratica sia legata a retaggi pre-islamici antichissimi, negando che derivi in alcun modo dalla Shari'a. Ad onor del vero, infibulare le donne non è un precetto dell'islam e la maggior parte degli islamici non lo fanno, ma resta comunque il fatto che tutti quelli che lo fanno sono islamici.

Attualmente la pratica della mutilazione genitale femminile è in essere nella fascia centrale dell'Africa, e noi sappiamo bene quali popoli abbiano vissuto in quelle aree: nell'antico Egitto, nel Ventre di Da o presso i Mamaissii nessuno ha mai infibulato le donne. Questo è un fatto. Che non abbia origine nel Corano è vero, e non ne ho trovato menzione neppure negli hadith, ma è altrettanto vero che questa pratica NON viene dai Pagani. Casomai è un'errata interpretazione della già aspramente misogina Shari'a, che non tutti gli Islamici condividono.

 

Quello che quasi nessuno dice, e che invece sarebbe da dire, è che Arabo non significa necessariamente mussulmano, e anche che 'nato islamico' non significa necessariamente 'aderente alle leggi della Shari'a'. Gli islamici non sono un'etnia. Conosco personalmente persone di etnia araba o nordafricana che NON sono mussulmani, e che sono consapevoli delle proprie Origini Pagane. Purtroppo, la maggioranza non è così, e questo è un dato di fatto: gli arabi e i nordafricani politeisti (o anche solo atei o agnostici) sono pochissimi, però esistono! Dunque vorrei ricordare a tutti noi Fratelli in Satana che così come è fondamentale non lasciarsi plagiare dalla deriva integrazionista pro-islamica, allo stesso modo è necessario essere capaci di distinguere, evitando di trasformare la giusta opposizione all'avanzata della Shari'a in un ingiustificato odio razziale. Il Popolo Arabo è nato Pagano.

 

La Matrice Ebraica dell’Islam.

Sura II 34.E quando dicemmo agli Angeli: “Prosternatevi ad Adamo”, tutti si prosternarono, eccetto Iblîs, che rifiutò per orgoglio e fu tra i miscredenti.

35.E dicemmo: “O Adamo, abita il Paradiso, tu e la tua sposa. Saziatevene ovunque a vostro piacere, ma non avvicinatevi a quest'albero, ché in tal caso sareste tra gli empi”.
36.Poi Iblîs li fece inciampare e scacciare dal luogo in cui si trovavano. E Noi dicemmo: “Andatevene via, nemici gli uni degli altri. Avrete una dimora sulla terra e ne godrete per un tempo stabilito”.

39.E i miscredenti che smentiscono i Nostri segni, sono i compagni del Fuoco, in cui rimarranno per sempre.

40.O figli di Israele, ricordate i favori di cui vi ho colmati e rispettate il Mio patto e rispetterò il vostro. Solo Me dovete temere.
47.O Figli di Israele, ricordate i favori di cui vi ho colmati e di come vi ho favorito sugli altri popoli del mondo.

48.E temete il Giorno in cui nessun anima potrà alcunché per un'altra, in cui non sarà accolta nessuna intercessione e nulla potrà essere compensato. Essi non saranno soccorsi.

50. E [ricordate] quando abbiamo diviso il mare per voi, quindi vi abbiamo tratti in salvo e abbiamo annegato la gente di Faraone, mentre voi stavate a guardare.

51. E quando stabilimmo con Mosè [un patto in] quaranta notti... e voi vi prendeste il Vitello e agiste da iniqui.

52. Ma Noi vi perdonammo: forse ne sareste stati riconoscenti.53. E quando abbiamo dato a Mosè il Libro e lo strumento per distinguere il vero dal falso: forse sarete ben guidati!



Direi che col Corano siamo già a posto, questo assaggio è sufficiente ad avvelenar... ehm, a chiarire a sufficienza che ci troviamo in presenza di un riassunto dell'Antico Testamento. Eppure è opinione diffusa che i punti di contatto con l'ebraismo siano cosa prettamente cristiana, e che l'Islam invece ne presenti solo alcuni e in modo assai marginale. In realtà, la divergenza è solo apparente, ed è dovuta principalmente al fatto che negli ultimi secoli gli ebrei hanno vissuto tra maggioranze cristiane: sono stati dunque gli ebrei ad adattarsi al mondo occidentale, e non gli islamici a discostarsi dalla matrice ebraica! Togliendo dunque dall'equazione le forme di ebraismo più progressiste e moderne, e prendendo a riferimento l'ortodossia e l'ebraismo più antico per confrontarlo con l'Islam, vedremo immediatamente il medesimo modo di rapportarsi alla legge divina, la stessa preoccupazione nel risultare conformi ai comandamenti, e la stessa tendenza a unire la legge degli uomini e la legge di dio. La Halakhah ebraica e la Shari'a islamica si sovrappongono, scandendo quasi all'unisono tutti gli aspetti della vita umana, i rapporti familiari, le relazioni sociali, le abitudini quotidiane, l'alimentazione, l'igiene personale, quando e come pregare: per gli ebrei è importante seguire queste leggi per rafforzare l'alleanza di dio con Abramo, per gli islamici lo è per essere come Maometto. Persino sotto gli aspetti della giurisprudenza Halakhah e Shari'a sono estremamente simili, essendo entrambe plasmate sul modello ebraico vigente durante il sesto secolo, che fu appunto il periodo di compilazione del Talmud, e ancora oggi il modo di studiare le scritture da parte sia dei rabbini che degli ulema è il medesimo – spremersi per redarre nuove regole estrapolate da ciò che resta tra le righe, analizzare dettagli futili fino allo sfinimento, disquisire su questioni marginali fino allo stremo, e permettere a precetti e interdetti di assurgersi a leggi sociali. Sinagoga e moschea sono state, nei secoli, non solo luoghi di preghiera ma anche tribunali, sale comunitarie e luoghi di studio. In entrambe la partecipazione delle donne non è prescritta, seppure sia consentita - a condizione che restino in una sezione a loro destinata, che non sia troppo in vista per evitare che la loro presenza porti gli uomini alla degenerazione. La circoncisione maschile è tanto ebraica quanto musulmana.

 

La condizione della Donna nella Shari'a e nella Halakhah. Questo dice il Corano, e così come è scritto è applicato:

 

Sura II, 229: Un uomo può divorziare da sua moglie per mezzo di una dichiarazione pubblica, mentre la moglie non possiede tale diritto.

Sura II, 282: Chiamate ad assistere due testimoni, se non sono due uomini, siano un uomo e due donne, perché se una di esse dimentica, l’altra la faccia ricordare.

Sura IV, 3: Sposate allora le donne che vi piacciono, due, tre o quattro.

Sura IV, 11: Ecco quello che Allah vi ordina a proposito dei vostri figli: al maschio la parte di due femmine.

Sura IV, 34: Gli uomini sono anteposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre. Quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse.

Sura V, 6: O credenti, quando vi accingete alla preghiera lavatevi la faccia e le mani. Se avete toccato donne, e non trovate acqua, cercate della polvere pulita e passatevela sulla faccia e sulle mani.

 

Sappiamo bene che per la maggior parte delle musulmane le cose stanno ancora così, e che invece non è lo stesso per le donne ebree. Tuttavia, la Storia ci insegna che fu tra il decimo e il tredicesimo secolo che i rabbini Gershom e Maimonide prima, Peretz Ben Elia e Rothberg poi, introdussero innovazioni riguardanti il divieto alla poligamia, la possibilità per le donne di richiedere il permesso di divorziare al tribunale rabbinico, e la messa al bando della violenza domestica. Rothberg affermò che ''è la maniera dei Gentili di comportarsi così, ma che il cielo non voglia che anche gli ebrei non lo facciano'', indicando che pur disapprovando, era necessario che si adattassero al contesto sociale – e confermando che fino a quel momento era stato consuetudine che le mogli venissero picchiate liberamente, e che non avessero diritto a decidere di divorziare.

 

Per quanto riguarda le mestruazioniecco quanto dice l'Antico Testamento:

 

“Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo, la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la sua immondezza sarà immondo; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà immondo. Chiunque toccherà il suo giaciglio, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Chi toccherà qualunque mobile sul quale essa si sarà seduta, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Se l’uomo si trova sul giaciglio o sul mobile mentre essa vi siede, per tale contatto sarà immondo fino alla sera. Se un uomo ha rapporto intimo con essa, l’immondezza di lei lo contamina: egli sarà immondo per sette giorni e ogni giaciglio sul quale si coricherà sarà immondo (...) Quando essa sia guarita dal flusso, conterà sette giorni e poi sarà monda. L’ottavo giorno prenderà due tortore o due colombi e li porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno. Il sacerdote ne offrirà uno come sacrificio espiatorio e l’altro come olocausto e farà per lei il rito espiatorio, davanti al Signore, per il flusso che la rendeva immonda” (Levitico 15:19-30).

Nel Corano invece c'è solo questo:

“Allontanatevi sessualmente dalle donne durante la mestruazione, e non avvicinatele finché non saranno purificate. Quando saranno purificate, allora potete avvicinarle, come Dio vi ha comandato” (Corano 2:222)

 

Tuttavia una donna islamica mestruata non può, secondo la maggioranza conservatrice, toccare o recitare il Corano, né praticare digiuni, adorazioni o abluzioni rituali, né entrare in moschea! I sostenitori della presupposta parità coranica dei sessi fanno leva su questa discrepanza, ignorando il fatto che i divieti riguardanti le donne mestruate che non si trovano nel Corano, si trovano comunque negli Hadith – che è come dire che una cosa manca nella Torah ma è presente nel Talmud e nelle Mishnah, e dunque fa comunque parte della medesima legge.

 

Nella religione ebraica il cibo consentito è definito Kosher. Il corpo di leggi che determinano se un cibo sia Kosher o meno, si chiama kasherut ed è composto da quanto prescritto nell'Antico Testamento (Levitico e Deuteronomio), e da quanto riportato nel Talmud e in varie Mishnah. Mucca, vitello, pecora, capra, pollo, pesci con pinne e squame sono consentiti. Coniglio, maiale, cavallo, anguille, frutti di mare, caviale, pescegatto, coda di rospo, rettili e vari insetti sono interdetti.La carne deve essere macellata in un modo preciso, l'animale deve essere vivo e deve morire per dissanguamento mediante un taglio netto alla gola. Il sangue deve drenare tutto. La caccia è malvista. Nella religione islamica il cibo consentito è definito Halal, quello interdetto Haram. Il corpo di leggi che distinguono cibo halal da cibo haram è composto da quanto prescritto dal Corano, e da quanto riportato in vari Hadith. Mucca, vitello, pecora, capra, pollo, pesci con squame, uova dei pesci consentiti, gamberi, cavallette e locuste sono consentiti. Coniglio, maiale, cane, cinghiale, cavallo, mulo, asino, anguille, frutti di mare, pesci senza squame, frutti di mare, rettili e vari insetti sono interdetti. Anche nell'Islam le regole di macellazione sono le stesse dell'ebraismo. La caccia è consentita solo in determinati periodi e condizioni. In entrambe le religioni sono enunciate molte regole riguardo quali parti degli animali sia consentito mangiare, e in molti casi collimano. L'unica vera differenza sta nel fatto che nell'ebraismo è scoraggiata l'ubriachezza, ma non l'ingestione di alcolici; mentre nell'Islam bere vino, birra o altri generi di libagioni inebrianti è vietato.

 

La circoncisione maschile è obbligatoria nella Shari'a tanto quanto nella Halakhah. Tecnicamente la circoncisione femminile nel Corano è soltanto consigliata, e nella sua forma più lieve (quella che risparmia il clitoride, rimuovendo esclusivamente una piccola porzione di tessuto del cappuccio clitorideo).

 

Curiosità sui cani: sia nell'Islam che nell'Ebraismo, i due animali più immondi del creato sono i maiali e i cani (sì, fa ridere, me ne rendo conto). Per quel che riguarda i cani, la cosa origina in Levitico 11:27

 

“Considererete come impuri tutti i quadrupedi che camminano sulla pianta de’ piedi; chiunque toccherà il loro corpo morto sarà impuro fino alla sera”.

 

Gli ebrei nelle scritture (e non solo) usavano riferirsi ai Gentili chiamandoli cani in senso di spregio, e allo stesso modo gli islamici si riferivano (e si riferiscono tuttora) ai non convertiti chiamandoli “cani infedeli”. Al giorno d'oggi è ancora haram tenere un cane per un mussulmano. Quanto segue non è nel Corano, ma è comunque parte della Sunna, perché si trova nel Corpo di Hadith:


“Chi tiene un cane in casa, le sue buone azioni diminuiranno ogni giorno di un qeeraat [unità di misura], a meno che non sia un cane da caccia o protezione”.

“Quando un cane lecca un utensile, quest’ultimo va lavato sette volte con l’acqua e strofinato con la terra l’ottava volta”.

“Gli angeli non entrano in una casa dove c’è un cane o un’immagine animata”.

 

I punti di contatto tra Halakhah e Shari'a non finiscono qui, e ci sarebbe ancora moltissimo da dire (forse l'unica vera differenza sostanziale è che gli ebrei fanno vere e proprie acrobazie per non nominare mai il nome di dio, mentre invece gli islamici dicono Allah ogni quattro parole) ad ogni modo penso che quanto detto finora possa essere sufficiente a chiarire il quadro d'insieme. Ora finalmente possiamo distogliere la mente da Maometto e dal suo dio, e iniziare a ragionare su qualcosa di veramente importante e dal valore inestimabile: gli Dei che il popolo Arabo ha onorato per tanti secoli, i veri Dei che nessun monoteismo potrà mai cancellare. I nostri stessi Dei, con altri Nomi ancora. Vi chiedo di pazientare ancora qualche paragrafo prima di arrivare al Pantheon, perché ci sono ancora un paio di cose importanti da prendere in esame.

 

Gli Astri, i Betili e gli Dei.

Gli Arabi Antichi credevano negli Dei, e li onoravano in moltissimi modi. Prima di tutto vorrei far notare quanto fosse civile ed evoluto il modo in cui questo popolo usava offrire doni e tributi agli Dei: anzitutto, essi tendevano a non uccidere ciò che non sarebbe stato mangiato. Quando sacrificavano un animale ad un Dio, ne versavano il sangue sull'Altare e ne consumavano le carni, dividendole con chiunque si trovasse nell'area circostante. Il Sacrificio così consumato diventava una vera e propria festa in cui tutti i partecipanti si sfamavano e bevevano insieme alla Divinità, spesso danzando e cantando in suo onore. Inoltre è importante considerare che questa non era affatto l'unica modalità per offrire animali agli Dei: agli Arabi non importava tutto sommato di offrire l'uccisione, perché per loro la cosa veramente importante era donare ad un Dio un bene prezioso. Siccome alcune Divinità, come la Madre Allat, non volevano assolutamente uccisioni né sangue, ed altre proteggevano in special modo la salute degli animali, spesso essi donavano agli Dei i loro animali da vivi – e vivi restavano, lasciati liberi oppure curati e nutriti fino a che non fossero morti naturalmente.

Ad Allat gli Arabi offrivano soprattutto dolci confezionati con i prodotti della Terra, e  a molti altri Dei offrivano primizie, trecce decorative confezionate con i loro capelli, gioielli e armi con cui adornavano gli altari e gli alberi sacri, statuette e manufatti votivi. Ogni volta che era possibile, dedicavano alle Divinità oasi, sorgenti e montagne, e costruivano templi, erigevano statue, ed esprimevano la loro devozione venerando tantissime cose, sulla Terra e nel Cielo. Il Sole e la Luna erano Sacri, e ogni aspetto Solare e Lunare era accolto con naturalezza e senza alcun preconcetto, riconoscendo sia nel Sole che nella Luna sia il maschile che il femminile. In moltissimi casi Divinità femminili sono state associate al Sole, e Divinità Maschili associate alla Luna.

La Natura era Sacra, lo erano gli Alberi e le Sorgenti, il Cielo Notturno, le Stelle. Dicevano che là dentro c'erano gli Dei. Dicevano anche che gli Dei potevano abitare dentro ai loro Nusub.Nusub significa “pietra”, e quando un Nusub è consacrato ad un Dio, allora diventa un Bayt-llah, vale a dire la “Casa di una Divinità”. Dalla parola Bayt-llah deriva il termine betile, con cui è indicato appunto il tipico idolo in pietra grezza venerato maggiormente nei templi dell'Arabia tribale. Per quale motivo sostenessero che gli Dei scendevano dentro le Pietre Sacre, o per quale ragione a loro piacesse di venerarli circumambulandoli (ossia camminando in circolo tutto attorno) non ci è dato saperlo con precisione, tuttavia non è una cosa poi tanto assurda: l'idea che le raffigurazioni di un Dio potessero essere abitate da una Divinità è comune a moltissimi Culti, e anche il concetto di cerchio accomuna sostanzialmente tutti i popoli di tutte le epoche della Storia. Camminando in cerchio si delimita uno spazio sacro, facendolo insieme ad altre persone si dà vita ad una danza rituale collettiva: la terra gira intorno al suo Asse, così il devoto gira intorno alla sua Divinità, non è affatto sciocco, è una cosa istintiva! Eppure, l'idea inesatta e fuorviante che ''gli Arabi Antichi adorassero sassi con stupidi rituali superstiziosi” è ormai universalmente diffusa, perché l'Islam ha perpetrato una vera e propria campagna diffamatoria nei confronti della antica spiritualità tribale, ripetendo e insistendo fino alla nausea calunnie per far credere che fosse vuota e priva di fondamento, e facendo passare i Politeisti per un branco di scemi senza dio che passeggiavano in tondo attorno a dei semplici sassi.

In realtà gli Arabi antichi erano normalissimi politeisti e credevano negli Dei come tutti gli altri Politeisti del mondo. Cercavano gli Dei negli Arcobaleni, nella corsa dei Cavalli, nel volo degli Uccelli, nel respiro immenso dei Deserti e sulla cima delle Montagne più alte. E come tutti gli altri Politeisti del Mondo, erigevano Templi e costruivano simulacri. Molte volte, i simulacri non erano statue, ma betili: e la pratica di circumambularli era semplicemente il loro modo di ritualizzare e di rendere omaggioLe tradizioni sono dure a morire, perché hanno sia il valore rassicurante dell'eredità generazionale, sia il valore energetico del Rituale: non c'è altra via, dunque, per chi vuole separare gli Uomini dagli Dei, se non l'inglobare l'antica abitudine nella nuova religione, giustificandone l'origine tramite la menzogna, e deviandone gli intenti e l'energia verso un nuovo punto di raccolta. Fu esattamente questo che fece Maometto. Allo stesso modo in cui, nel mondo occidentale, molte tradizioni Pagane sono state usurpate, travisate, distorte e acquisite dal nuovo Cristianesimo, anche nel mondo arabo è accaduto lo stesso. La sequenza micidiale è la medesima: templi depredati e distrutti, gente ammazzata, diffusione di calunnie e terrore, e infine l'ultima mossa che chiude la partita, ossia l'appropriarsi indebitamente delle tradizioni Politeiste rivendicandone impropriamente l'origine.

Maometto e i suoi successori hanno tentato in tutti i modi di far risultare le tradizioni pagane come “antichi retaggi hanif” che in qualche modo fossero state soppiantate da “distorsioni pagane”. L'hanno fatto con la Luna Crescente, che era di importanza fondamentale per i Pagani, l'hanno fatto con il colore verde, che era il colore dello stendardo dei Quraysh politeisti, e l'hanno fatto riguardo alla circumambulazione e ai betili, inventandosi la storia della pietra bianca donata dall'arcangelo Gabriele che era diventata nera per colpa dei peccati del mondo (e dicendo che andava bene circumambularla perché “anche Abramo circumambulava”) e poi, dando ulteriore prova di essere delle facce da culo di levatura spropositata, hanno proseguito imperterriti sostenendo che circumambulare quella fosse giusto ed ebraico. E allo stesso modo l'hanno fatto con la Ka'aba, pretendendo di far passare per vero che Abramo circumambulasse là il vero dio, in un periodo imprecisato e precedente a quello in cui i “politeisti corrotti avevano iniziato a distrarsi e a sostituire la vera religione con i loro culti inventati”. Questa è una stronzata di proporzioni colossali.

La Ka'aba è il santuario, la “casa sacra”. C'erano moltissime Ka'aba, sparse per le città, le oasi e i deserti dell'Arabia pre-islamica: alcune più piccole e rudimentali, altre più grandi e ricche a seconda delle possibilità e delle capacità dei devoti, sorgevano nei Luoghi Sacri agli Dei oppure nei centri urbani più frequentati. Ogni Ka'aba conteneva uno o più idoli, e quelle più grandi ospitavano il Culto di decine, o addirittura di centinaia di Dei: alla Ka'aba di La Mecca confluiva la venerazione per trecentosessanta divinità. Nessun ebreo aveva mai venerato il suo unico dio in quel luogo, prima che Maometto ce lo portasse.Nessun monoteista aveva fondato le case sacre. I betili, la circumambulazione e le Ka'aba erano tutte tradizioni con radici affondate in un passato remoto, quando ancora il dio monoteista non esisteva nei pensieri degli uomini. Oggi di realtà politeiste in Arabia non ce ne sono praticamente quasi più. Gli Arabi Politeisti sono casi isolati e indipendenti, frutto dello studio, della scelta, del ragionamento e della Memoria del singolo individuoL'unica realtà che ha conservato al suo interno tracce della antica identità è quella dei Beduini.

 

I Beduini.

Badiyah è una parola che indica le ampie distese desertiche. Si pensa che Badawi (che in arabo significa beduino) derivi da qui, ed è molto probabile che sia così. Tuttavia, Bedaya significa “origine, inizio”. Molte Banu, come i Qaysis e gli Anaza, e molti tra gli Yemeniti, derivano dai primi Badawi. Onorevoli e fieri, generosi e ospitali, ancora oggi i Beduini incutono timore perché sanno combattere e ritengono la Guerra la più nobile Arte, e la legge della Natura l'unica legge sopra a tutte le altre.La kefiah sulla testa se la mettono tutti (uomini e donne, per ragioni funzionali e non religiose) e nessuno deve stare col volto coperto. Le donne hanno la loro 'stanza' nelle tende, ma possono uscire quando vogliono, parlare con chi vogliono, mangiare con chi vogliono. Gli uomini, seppure gelosi fino all'estremo, sono disposti a morire per la propria donna. Dopo l'Islam molte tribù beduine si sono spostate anche di parecchio, alcuni fino al nord Africa, preferendo affrontare gli inevitabili scontri con i Tuaregh, piuttosto che uniformarsi al regime. Altri si sono diretti in Iran, Iraq e Siria, dove i governi stanno tuttora tentando di renderli stanziali e di inquadrarli nel tessuto sociale. In alcuni casi ha funzionato: alcune Qabila Beduine si sono insediate, accettando di vivere almeno ai margini di una società che li vorrebbe conformi. Altri si sono islamizzati, anche se ad onor del vero, più di nome che di fatto, se non altro per non avere troppi problemi. Eppure qualche Qabila Beduina pura e incontaminata resiste ancora, e sprezzante del rischio continua ad onorare gli Dei. Che Dhu-Al-Shara protegga i suoi Figli.

 

Il Libro degli Idoli.

Purtroppo l'Islam ha avuto un effetto devastante sui retaggi antichi. Qualche informazione è arrivata fino a noi attraverso quanto qualche studioso dell'Antica Grecia ha scritto al riguardo, e qualche menzione la troviamo sottoforma di critica e contestazione all'interno delle scritture coraniche. Per il resto, la maggior parte delle informazioni scritte attualmente disponibili provengono dal lavoro dello storico Hisham Al-Kalbi, che all'inizio del decimo secolo scrisse il Kitab-al-Asnam: questa è l'opera che conosciamo come il Libro degli Idoli, che è attualmente l'unica, e di conseguenza la più antica rassegna esistente dell'antico Pantheon pre-islamico.

C'è solo un problema riguardo il Libro degli Idoli: Hisham Al-Kalbi era un mussulmano, dunque la sua opera è poco più che una lista, atta a determinare cosa sia da considerarsi idolatria, ovviamente scritta con un atteggiamento fazioso, mendace e offensivo. Purtroppo non c'è molto altro: per integrare possiamo attingere alla Storia e all'Archeologia, confrontare le poche informazioni che abbiamo con i Pantheon geograficamente vicini, e cercare di confrontare e contestualizzare le informazioni. Kitab-Al-Asnam è strutturato sul modello narrativo degli Hadith e contiene prevalentemente una serie di aneddoti atti a screditare le pratiche pagane, o ad esaltare le gesta dei primi musulmani che andarono a distruggere i templi, corredate da informazioni geografiche e sociologiche (almeno quelle piuttosto attendibili). Per quanto riguarda le informazioni sulle Divinità, l'opera è oltremodo carente, scarna nella descrizione degli idoli e addirittura fuorviante sotto il profilo teologico: Hisham non perde occasione per ridicolizzare la venerazione dei betili, rimarcando più e più volte l'idea che siano 'soltanto pietre' in nessun modo animate da influssi divini. Ad immediata riprova di questo, Kitab-Al-Asnam si apre con un'introduzione che tenta di giustificare il fatto che la pratica di circumambulazione delle pietre sacre sia precedente alla fondazione dell'Islam, tentando di farla passare per un retaggio ebraico che in qualche modo possa essere stato paganizzato per errore:

[Hisham ihn-Muhammad al-Kalbi ha detto: Sono stato informato da mio padre e da altri, e ho controllato personalmente accertandomi su quanto riportato riguardo al fatto che quando Ishmael, figlio di Abramo, si stabilì alla Mecca, generò molti bambini. (…)  Più tardi la Mecca divenne sovraffollata con loro, e tra di loro sorsero dissensi e dispute, causando combattimenti tra di loro e, di conseguenza, la loro dispersione in tutto il territorio in cui si aggiravano in cerca di cibo. La ragione che li ha portati al culto delle immagini e delle pietre è stata la seguente: Nessuno lasciò la Mecca senza portare via con sé una pietra dalle pietre della Sacra Casa in segno di riverenza verso di essa, e come un segno di profondo affetto per la Mecca. Ovunque si fosse stabilito, egli avrebbe eretto quella pietra e l'avrebbe circumambulata nello stesso modo in cui circumambulava la Ka'bah (…) gli arabi venerano ancora oggi la Ka'bah e la Mecca e si recano da loro per compiere il pellegrinaggio e la visita, conformandosi così all'usanza del tempo onorata che hanno ereditato da Abraham e Ishmael. Con il tempo questo li ha condotti al culto di tutto ciò che ha catturato la loro fantasia, e li ha portati a dimenticare il loro antico culto. Hanno scambiato la religione di Abramo e Ismaele per un altro. Di conseguenza hanno preso a cultuare delle immagini, diventando come le Nazioni prima di loro.]

A questa introduzione, in cui l'autore tenta di confondere le acque pretendendo che Abramo fosse solito circumambulare betili, e ignorando volutamente le radici Pagane del Popolo Arabo, fa seguito un breve capitolo dove si narra un aneddoto su due amanti che vennero pietrificati:

[Isif e Ni'ilah erano due amanti. Isif stava corteggiando Na'ilah nella terra dello Yemen. Si sono messi in cammino per compiere il pellegrinaggio. Al loro arrivo alla Mecca entrarono nel Ka'bah. Approfittando dell'assenza di chiunque altro e della privacy della Casa Sacra, Isaf commette adulterio con lei nel santuario. In seguito si trasformarono in pietra, diventando due falene. Sono stati poi presi e collocati nei loro rispettivi posti. Più tardi, il Khuza'ah e il Quraysh, così come tutti coloro che sono venuti su pellegrinaggio alla Sacra Casa, li venerava.]

Questo appare come un altro modo ancora per giustificare l'esistenza del culto delle Pietre. L'autore probabilmente sta tentando di spiegare in qualche modo 'accettabile' la devozione dei Banu Quraysh per le Pietre Sacre. Cosa importantissima di cui Hisham non ha (volutamente?) tenuto conto, è che Isãf e Na'ila sono in realtà due Divinità delle Colline. Già questo è abbastanza per rendersi conto dell'atteggiamento fazioso dell'autore, e della scarsa affidabilità dell'intera opera. A questo tentativo di escludere dal Pantheon queste due Divinità, segue finalmente la rassegna degli idoli: nel Kitab-al-Asnam ne vengono menzionati in tutto venticinque. I Sacri Nomi cultuati nella regione circostante a La Mecca, dentro e fuori la Ka'ba, erano trecentosessanta (!) senza contare la quantità di Dei conosciuti in altre aree della Penisola Arabica. Hisham-al-Kalbi non ha tenuto conto di tutto questo, prendendo in esame solo e soltanto i Nomi che erano maggiormente conosciuti nell'area dell'Hegiaz, in particolare dalla Banu Quraysh.

La rassegna si apre con Suwa. Ci saremmo potuti aspettare che il Kitab-al-Asnam si aprisse con la triade Allat-Al-Uzza-Manat, invece l'autore ha seguito un ordine diverso, citando per prime cinque Divinità che sono menzionate insieme nella settantunesima Sura del Corano:

“Disse Noè: Signore, mi hanno disobbedito seguendo coloro i cui beni e figli non fanno che aumentarne la rovina; hanno tramato un'enorme trama e hanno detto: Non abbandonate i vostri dèi, non abbandonate né Wadd, né Suwâ, né Yaghûth, né Yaûq, né Nasr”.

Questi versetti del corano derivano da Genesi 13:

“Dio guardò la terra ed ecco essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra. Allora Dio disse a Noè: E' venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra.”

Nel testo ebraico non ci sono menzioni alle Divinità pre-islamiche (anche se è risaputo che quando nelle scritture si parla di condotta pervertita, si parla di Pagani) e la menzione coranica a queste cinque Divinità ha tutta l'aria di essere un'aggiunta arbitraria per favorire la diffusione del primo Islam. Inutile dire che osservando questa scelta dell'autore, ho la netta sensazione che sia stata dettata dall'intenzione di rimarcare la volontà di anteporre il corano alla grandezza della Triplice Madre, tentando una volta di più di oscurarne la fama e la gloria, e mettere in ombra una volta di più la Sacralità Femminile. A riprova di questo vorrei far notare che questa prima Divinità menzionata viene descritta al maschile, quando invece Suwa è una Dea - e mi fa sorridere che dopo tanto impegno per mettere le Dee da una parte, questa opera si apra comunque con una Divinità femminile.

A Suwa seguono, come da programma coranico Wadd, Yaghuth, Ya'uq e Nasr. Le informazioni sono scarne, persino per quanto riguarda l'aspetto degli idoli o gli eventi legati alla loro distruzione ad opera del regime islamico.

Per intenderci, il livello narrativo è questo:

I Khaywin adottarono Ya'uq come loro dio. Era posto in un loro villaggio chiamato Khaywan, a distanza di due notti di viaggio verso la Mecca. Non ho sentito parlare degli Hamdan, o di qualsiasi altra tribù tra gli arabi chiamare mai alcuno dei loro membri con il nome di Abd-Ya'uq. Non ho mai sentito parlare di Ya'uq nella loro poesia. Penso che ciò sia dovuto al fatto che erano situati vicino a San'a, e di conseguenza erano mischiati. Con l'Himyar ha abbracciato il giudaismo con loro nello stesso tempo in cui Dhu-Nuwas ha accettato la religione di Israele e ha convertito i suoi seguaci ad esso.

Il Nome successivo è Ri'am, e da come l'autore ne parla, non è chiaro se stia parlando del nome di un luogo, oppure di una Divinità.

L'Himyar aveva anche un altro tempio a San'a. Si chiamava Ri'am; la gente lo venerava e offriva in esso sacrifici. Secondo un rapporto, essi ricevevano comunicazioni da un oracolo. (…)

Non ho sentito un solo verso di poesia nella descrizione di Ri'am. Tuttavia, ho sentito qualcosa nella descrizione degli altri. Questi, dunque, sono i cinque idoli che il popolo di Noè adorava. (…)

Hanno complottato un grande complotto; e hanno detto: Non abbandonate i vostri dei; non abbandonare Wadd e Suwa, né Yaghuth e Ya'uq e Nasr. E fecero sbagliare molti.

Qui finalmente l'autore si accinge a parlare di Manat, Allat e Al-Uzza. Il taglio narrativo e i temi trattati sono sempre i medesimi. Prosegue il tentativo di far credere che la religione Abramitica fosse originariamente in essere, con l'intento di far passare il Politeismo per distorsione. Allo stesso modo prosegue l'intento di voler spogliare gli idoli da ogni valore spirituale, rimarcando più e più volte la natura materiale dei simulacri e la natura superstiziosa della devozione che gli Arabi Pagani manifestavano, e si insiste sulla glorificazione delle gesta dei primi islamici, che depredarono i templi, uccidendo i custodi e distruggendo le statue. Solo ad Al-Uzza, in un preciso passaggio, è attribuita un'Essenza reale, visibile, seppure descritta in modo offensivo e mendace: Al-'Uzza era una diavolessa che frequentava tre alberi nella valle di Nakhlah. Quando il Profeta prese La Mecca, inviò Khalid ibn-al-Walid dicendo: "Andate nella valle di Nakhlah; lì troverete tre alberi. Tagliate il primo". Khalid andò a tagliarlo. Al suo ritorno, il Profeta gli chiese di dire: "Hai visto qualcosa lì?" Khalid rispose e disse: "No." Il Profeta gli ordinò di tornare e di tagliare il secondo albero. Andò a tagliarlo. Al suo ritorno per riferire il Profeta gli chiese una seconda volta: "Hai visto qualcosa? Khalid rispose: "No”. Allora il Profeta gli ordinò di tornare indietro e abbattere il terzo albero. Quando Khalid arrivò sulla scena trovò una donna abissina con i capelli scompigliati e le mani appoggiate sulle spalle, a digrignare e grattugiare i denti. Dietro di lei c'era Dubayyah al-Sulami, allora custode di al-'Uzza. Quando Dubayyah vide Khalid avvicinarsi, disse: "O tu al-'Uzza! Togliti il velo e rimboccarti le maniche; Riassumere le tue forze e infliggere a Khalid un colpo inconfondibile. Perché, a meno che tu non lo uccida proprio oggi,"Sarai condannato all'ignominia e alla vergogna." Allora Khalid rispose: "O al-'Uzza! Che tu possa essere bestemmiata, non esaltato! Vedo in verità che Dio ti ha placato". Rivolgendosi alla donna, le diede un colpo che le tagliò la testa in due, ed ecco che lei si sbriciolò in cenere. Lui poi ha abbattuto l'albero e ucciso Dubayyah il custode, dopo di che è tornato dal Profeta per raccontare. Allora il Profeta disse: "Quello era al-'Uzza. Ma lei non c'è più. Gli arabi non avranno nessuno dopo di lei. In verità non sarà mai più venerata".

A parte questo preciso punto, Hisham-al-Kalbi non ha mai più fatto menzione di qualsivoglia manifestazione riconducibile alla reale esistenza di alcuno degli Idoli. Altra cosa singolare è che fino a questo punto, l'autore ha nominato ogni capitolo con il Nome dell'idolo di cui intendeva parlare, ma da qui in poi ha scelto di lanciarsi in un lungo discorso inerente ai betili, nel quale ha infilato un po' sottotraccia i Nomi prima di Hubal, poi di nuovo Isif e Nailah (ripetendo quanto detto nell'introduzione), e infine di Ruda e Manaf, come se non volesse dare a queste Divinità l'importanza di un capitolo proprio. A ben pensarci è anche probabile, perché almeno tre di queste sono Divinità maschili che furono grandemente amate e temute: che l'autore temesse di mettere in ombra il dio monoteista, accordando a loro troppa importanza? La rassegna riprende con Dhu-al-Kahalasah, il Dio Yemenita che resistette fino al diciannovesimo secolo, e poi ancora con Sa'd, Dhu-al-Kaffayn, Dhu-al-Shara, Al-Uquaysir, Nuhm, A'im, Su'ayr e Amm-Anas.Qui l'autore inserisce tre capitoli riguardanti tre edifici (Najran, Sindad e Al-Qalis) sproloquiando molto di ebraismo, e per niente di divinità.L'opera si chiude infine con gli ultimi tre Nomi, Al-Fals, Al Yabub e Bajar.

 

Chi desidera leggere il testo integrale del Kitab-al-Asnam lo trova QUI

 

I Tanti Pantheon d’Arabia.

Per tentare di comprendere il poco che resta del politeismo panarabo, è necessario tenere presente come fosse strutturato il loro tessuto sociale. La Penisola Araba di quel tempo è da considerarsi come una sorta di contenitore nel quale erano inclusi gruppi sociali che non sempre erano in contatto gli uni con gli altri. La struttura sociale era prevalentemente tribale, e non era scontato che le tribù interagissero: in alcune zone meno popolate o più impervie, poteva succedere che le tribù presenti non interagissero mai con altri gruppi sociali, mentre in zone più frequentate e popolose era comune che varie tribù coesistessero. Nelle zone di confine, la cultura araba delle tribù si mescolava con quella dei popoli vicini, a volte riconoscendo gli stessi Dei e acquisendo l'utilizzo di altri Nomi, a volte sdoppiandone il Culto. Chi viaggiava e si spostava, portava in giro i suoi Nomi, e nell'incontro tra le tribù succedeva di nuovo che gli Dei potessero acquisire un nuovo Nome, oppure che i Nomi venissero acquisiti sdoppiando il Culto del medesimo Dio.Ogni tribù era un gruppo a sé stante, ed era frequente che ciascuna avesse un Culto specifico che preferiva un Dio piuttosto che un altro, o un Nome piuttosto che un altro: non c'era quindi un vero, unico, unitario Pantheon Panarabo, ma molti Pantheon che si intersecavano.Non è comunque possibile suddividere “il pantheon panarabo” in sottogruppi distinti a meno di effettuare moltissime ripetizioni: il pantheon nabateo, il pantheon beduino, il pantheon yemenita, il pantheon meccano si fondono e si completano, unendosi oltre i confini con i Culti Mesopotamici e Siriani, e poi incontrando l'Africa oltre il Mar Rosso, in Abissinia. Non resta altro che prendere tutto quello che è arrivato fino a noi e filtrarlo, confrontando gli Dei uno con l'altro e cercando, quando è possibile, di notare le similitudini che ci permettono di riconoscere tutti i Nomi di ogni Entità. A causa delle poche informazioni disponibili, tante domande rimarranno aperte: a differenza di altri Culti antichi, le cui Teogonie e Cosmogonie sono state tramandate integre fino ai giorni nostri, per quanto concerne il Paganesimo pre-islamico non è rimasto abbastanza da poterci dare, per ogni Nome, sufficienti riscontri alle intuizioni, né è possibile contare le Manifestazioni dell'Origine con certezza. Mi rendo conto di quanto tutto questo possa apparire scoraggiante, ma vi invito comunque a non perdervi d'animo: questi Nomi sono ancora una volta i Nomi dei nostri Dei - e nel loro suono, nella loro forma, nella loro energia, contengono ancora tanti frammenti del Vero. La Restaurazione passa anche da qui.

Questa mappa potrebbe aiutare a collocare il Culto delle varie Divinità. VISUALIZZA MAPPA.

 

Eccoci finalmente giunti ai Sacri Nomi: in origine erano diverse centinaia, ma purtroppo non mi è stato possibile ritrovarli tutti. Qui sono riuscita a raccoglierne soltanto poco più di cento. Ho anche tentato di riordinare il tutto in modo da ottenere una panoramica logica e scorrevole, ma la presenza di molti Nomi in diverse aree geografiche e i legami intricatissimi tra molti Dei mi hanno reso quasi impossibile l'impresa. Ad ogni modo consiglio di leggerli, la prima volta, di seguito e per esteso per cercare di cogliere i legami tra i Nomi. In fondo alla descrizione di ogni Divinità troverete un breve elenco di parole chiave, nomi, affinità e associazioni che potrebbe tornare utile in seguito, nel caso che qualcuno di noi necessiti di attuare una ricerca veloce per facilitare eventuali confronti o ricercare riscontri.

 

 

GLI DEI D'ARABIA.

 

MANAH (MANAT) – il Destino, la Morte e la Vita

Manat è la Dea del Fato ed è la personificazione del Destino stesso. Lei conosce, predice ed avvera, è la sorgente di tutti i Destini non ancora trascritti ed è il Grembo che li contiene. Gli abitanti di La Mecca dicevano che era la Divinità più antica di tutte, la Prima Figlia del Padre di tutti gli Dei. Uno dei suoi Templi sorgeva vicino al mare, in prossimità di La Mecca, un altro sorgeva vicino a Yathrib, sulla riva del Wadi Qudayd, nel punto in cui dal terreno affiorava una grande roccia di marmo nero. Moltissimi venivano in pellegrinaggio da Lei per renderle omaggio: era la più importante per gli Al-Kharzai, ed era tenuta in gran conto dagli Awa, dai Quraysh e dagli Hudhayl, e la sua fama si estendeva ben oltre i confini dell'Hegiaz.

A nord-ovest, i Nabatei la chiamavano Manawatu, e alcuni di loro dicevano che era la madre del Grande Hubal. Altri di loro dicevano che Hubal era il suo consorte, o più esattamente, dicevano che Lei era la sposa di “Qaisha” (che significa semplicemente “signore” oppure “marito”) e oggi, dall'analisi dei ritrovamenti, si ipotizza che Qaisha possa coincidere con Hubal. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che anche i Thaqif dicevano che Manat era la sposa di Hubal, la cui madre, per loro, era Allat. Ancora, Manat è stata detto sposa di Quzah, Dio del Tuono e dell'Arcobaleno, e sposa di Dushara, il più grande tra tutti gli Dei.Come Divinità della Morte, presso i Nabatei era conosciuta anche come Colei che protegge le sepolture, assieme a Qaisha (Hubal), Dushara (il Più Grande tra gli Dei), e Taraha, che era la Dea del Benessere.

Presso i Nabatei era venerata anche una Dea di nome Qaysha, che regnava sul'Oltre. Il Culto di Qaysha era associato indissolubilmente ad altri due Nomi: di nuovo Taraha, la Dea del Benessere, e di nuovo Manat, la Dea del Destino. 
È interessante notare la grande somiglianza tra “Qaisha” e “Qaysha”, e lo è ancora di più se si tiene conto del fatto che i Nabatei molte volte veneravano gli Dei più importanti associandone i Nomi, con l'intento di declinarne l'Essenza in una Molteplicità di Manifestazioni.

Non mi è possibile determinare se Qaysha e Qaisha possano sovrapporsi, né ho modo di affermare che Qaysha e Taraha siano due aspetti di Manat. La riflessione resterà puramente ipotetica anche in seguito, quando prenderemo in esame anche gli altri Nomi Sacri e avremo modo di tornare su questo argomento. L'unica certezza, al momento, è la Natura di Manat e il suo essere una reale, formidabile, ancestrale Manifestazione della Madre che già conosciamo – e che gli Antichi avevano compreso magnificamente in ogni suo aspetto di Morte, di Vita, di Rinascita e di Giustizia.

Molte volte, quando era necessario un giuramento, si richiedeva di giurare su Manat, perché per Lei la Giustizia, l'Onore e il mantenimento della parola erano questioni estremamente importanti, e tutti sapevano quanto fosse da sconsiderati infrangere un giuramento fatto a Manat.

Ancestrale, immensa, oscura e lunare, amata eppure temuta, Manat si profila come Colei che sta alla sorgente di tutto ciò che può esistere, dove ogni cosa termina e ogni cosa ha inizio: in Lei originano e coesistono tutti i Destini possibili. Contemplare Manat ci mostra un Equilibrio perfetto di Dissoluzione e Rinascita, perché nel suo essere l'Essenza perfetta della Morte non esiste alcuna fissità ineluttabile, anzi al contrario, in Lei c'è il Divenire continuo che genera e mantiene la Vita. Da qualche parte c'è il Dahr, la Stasi, che ristagna in agguato per estendersi a inghiottire tutte le cose – ma ciò non accade perché c'è Lei, Manat, Madre Morte, Colei che contrasta la Stasi mantenendo il flusso costante che rigenera Vita.

Parole chiave: Madre, Ancestrale, Destino, Onore, Vita, Morte

Nomi: Manah, Manat, Manawatu, Manotu

Luogo di Culto: Hegiaz e Arabia Nord-Ovest fino alla Siria

Idolo: grande pietra di marmo Nero

Associata a: Allat, Al'Uzza, Dushara, Hubal

Altre Divinità dei Giuramenti: Al-Shira, Shams, Al-Mundhir

Genere: Femminile, Lunare

 

ALLAT – La Dea

Allāt significa letteralmente 'la Dea'. Lei è la Madre per tutti gli Arabi di La Mecca. Descritta e raccontata sempre Femmina, Allat è stata però spesso rappresentata come un Leone maschio, chiaramente dotato di una folta e abbondante criniera.

I Thaqif edificarono il suo Tempio ad At-Ta'if, dentro il quale conservavano un cubo di granito bianco. Alcuni tra i Thaqif dicevano che era Lei la Madre del Grande Hubal, di cui Manat ritenevano fosse la sposa. I Lihyan e i Quraysh venivano al Suo Tempio per venerarla, e tutti le portavano offerte, soprattutto porridge d'orzo e torte. Allat non voleva assolutamente sangue e uccisioni, così gli Arabi confezionavano i dolci con i prodotti che ricavavano lavorando la terra e glieli offrivano per ringraziarla della sua benevolenza e della ricchezza dei raccolti. Allat aveva infatti molta cura per la qualità del terreno, e amava dispensare abbondanza: i contadini di Ta'if dicevano che Lei era la Dea della vegetazione e dell'agricoltura, e che era merito suo se la loro città era chiamata “il giardino dell'Hegiaz”, traboccante di rose, fichi, uva e spighe dorate.
Fuori dall'Hegiaz, Allat era conosciuta anche in altri suoi aspetti diversi dal rendere feconda la terra che è illuminata dal Sole: era suo anche tutto ciò che è sotto la terra, le porte degli inferi e tutto il mondo dell'Oltre. Infera e Lunare, a Babilonia era conosciuta come Allatu, e come Allatum presso gli Accadi.

Quando gli Islamici distrussero il suo tempio, presero la pietra bianca; poi costruirono una moschea in luogo del suo tempio, e posero la pietra bianca come gradino – per spregio, così che tutti la calpestassero. Eppure, nonostante i seguaci di Maometto si siano dati tanto da fare per screditarla, non sono comunque riusciti a cancellarla dal mondo: la sua fama era giunta fino in Grecia, dove Erodoto ipotizzava corrispondesse ad Afrodite, e a Roma, dove era identificata come Atena. I Nabatei, che erano gli Arabi delle Oasi dell'Ovest, vicine al confine con la Siria, hanno lasciato iscrizioni dove Allat è indicata come sposa di un dio chiamato Dushara, che laggiù era il più grande di tutti gli Dei.
Nella città di Palmira (in Siria) c'è ancora oggi una enorme statua, alta più di tre metri, che raffigura un Leone nell'atto di tenere una gazzella tra le zampe. Osservando la statua si nota immediatamente che la gazzella non è preda né ostaggio, ma invece ha trovato riparo sicuro presso il leone, che la sta proteggendo. Sulla zampa sinistra del Leone vi è inciso “Allat benedirà chi non spargerà sangue nel santuario”.

Parole chiave: Madre, Vita, Morte, Abbondanza, Giardino, Oltretomba

Nomi: Allat, Allatu, Allatum

Luogo di Culto: Hegiaz, Babilonia, Siria

Pietra: Bianca

Animale: Leone maschio

Associata a: Manah, Al'Uzza, Hubal, Dushara

Altri Dei associati al Leone: Yaghuth, Aziz/Al-Muharriq

Altri Dei della Prosperità: Al'Uzza, A'ra, Ruda, Amm-Anas, Ashira, Nuhm, Kuthra, Suwa, Kawim, Raziqa, Bashrir, Dagn

Offerte: Dolci, Torte, Cereali

Genere: Femminile

 

AL-UZZA – La Potentissima, la Veneratissima

Al'Uzza è la Dea della Guerra, delle Stelle e della prosperità. Il suo Nome significa letteralmente “La Potentissima” oppure “La Veneratissima”. Moltissime Banu la conoscevano e la onoravano grandemente, soprattutto nell'area dell'Hegiaz, ma non solo: sono state rinvenute moltissime epigrafi dedicate a Lei in tutta la Penisola Arabica, a nord-ovest presso i Lihyaniti e i Nabatei, e in tutta l'area meridionale. In molte iscrizioni Nabatee, anche Al-Uzza è indicata come sposa del Dio Dushara, e non in associazione con Allat, ma in alternativa, dando così la netta sensazione che Allat e Al-Uzza fossero considerate due aspetti della stessa Entità. La stessa cosa vale anche per Manat, che appare associata a Dushara in alcune iscrizioni, con le stesse modalità riscontrate per Al'Uzza e Allat – seppure in questo caso venga chiamata Mantou invece che Manawatu.

Nelle aree a nord-ovest le figlie femmine spesso venivano chiamate Amat-Uzzayan (serva di Al-Uzza); vicino alla città di La Mecca, invece, era usanza chiamare i figli maschi Abd-Al-Uzza (devoto di Al-Uzza).

Il centro del suo Culto era nella Valle di Nakhlat, nell'Hegiaz, dove c'erano tre alberi di acacia: i suoi devoti dicevano che erano i suoi, e che era lì che Lei si manifestava. Poco distante sgorgava la sorgente Sacra di Al-Buss, che le apparteneva e la rappresentava: in prossimità di quella fonte fu edificato il suo Tempio, dove era conservata una lastra in granito di forma allungata e smussata, punteggiata da piccoli segni 'come occhi simili a stelle'.

I suoi devoti andavano al suo idolo a renderle omaggio, ma più di tutto la cercavano presso gli Alberi e presso la Sorgente, all'aperto, di notte: per loro il cielo notturno e stellato era Sacro, e dicevano che apparteneva a Lei.

I Quraysh la invocavano sempre prima di ogni battaglia, e mentre gli uomini combattevano, le donne cantavano per Lei, perché Al-Uzza era potente e onorevole, e in questo modo esse ispiravano gli uomini ad essere valorosi e vittoriosi. Forse è per questa ragione che oggi, nell'Islam, tutta la musica che non sia sacra al dio monoteista è haram?

Al-Uzza era anche una magnanima guaritrice: quando un bambino si ammalava, chi poteva permetterselo confezionava un'immagine d'oro del proprio figlio e la offriva a Lei, per chiederle che lo guarisse.

Nel Kitab-al-Asnam, Hisham-al-Kalbi si è dato un gran da fare per screditarla, dando la netta impressione che Al-Uzza rappresentasse un problema diverso e più grande rispetto a tutti gli altri Dei menzionati nel libro: pur di dire male di Lei, è arrivato al punto di smettere per un attimo di far finta che gli Dei non esistessero, ammettendo una sua manifestazione visibile e addirittura abbozzandone una sorta di descrizione.

[Allora il Profeta ordinò (a Khalid) di tornare indietro e abbattere il terzo albero. Quando Khalid arrivò sulla scena trovò una donna abissina con i capelli scompigliati e le mani appoggiate sulle spalle, che digrignava i denti].

Non ho idea del perché Al'Uzza sia descritta come “una donna abissina”. Potrebbe essere un dato significativo, oppure potrebbe semplicemente trattarsi di un tentativo di farla apparire “meno araba possibile” da parte dell'autore. Quel che è certo è che Lei è l'unica la cui esistenza sia stata in qualche modo ammessa nell'opera, ed è quella che è stata bestemmiata più aspramente.

E di certo non sono vere le calunnie su di Lei, mentre invece purtroppo la cronaca di distruzione del suo Tempio e il racconto dell'uccisione del suo Custode sono veri. Il custode si chiamava Dubayyah ed era un uomo buono, generoso e ospitale, e fu ucciso senza pietà. Il tempio fu depredato e distrutto, i tre alberi sacri tagliati alla radice, ogni cosa fu rasa al suolo, perché Maometto voleva che Al-Uzza fosse cancellata dalla faccia della Terra e dalla memoria degli uomini. Eppure, se oggi siamo qui a parlare del Suo Nome, significa che per quanto abbia tentato ha fallito nel suo intento: la Madre Potentissima vive e vivono i suoi Figli, fieri di onorare Lei, la Veneratissima.

Parole chiave: Madre, Guerra, Vittoria, Valore, Albero, Sorgente, Notte, Stelle, Guarigione Luogo di Culto: Hegiaz, Siria, Yemen e aree limitrofe

Pietra: Granito

Associata a: Manat, Allat, Dushara

Altri Dei della Guerra-Vittoria: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Aziz, Al-Malik, Wadd, Ashar, Maher, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Genere: Femminile

 

AL-GHARANIQ – le Tre Sublimi Gru

Allat, Al'Uzza e Manat non possono essere considerate disgiunte. Questo era chiaro agli Arabi Antichi, che pur descrivendole come tre Dee distinte le associavano in una triade indissolubile, chiamandole Al-Gharānīq. Al-Gharānīq significa “le Sublimi Gru”: questi uccelli erano considerati la massima espressione di grazia, maestà e bellezza, e non c'era appellativo migliore per gli Arabi del tempo per indicare qualcosa di inarrivabilmente meraviglioso e formidabile. Ognuna delle tre Al-Gharānīq mostra un ineccepibile Equilibrio di Opposti, e tutte e tre insieme formano un intero, esprimendo tutti gli aspetti della Madre Triplice: Allat la Generosa Nutrice e la Porta degli Inferi, Manat la Giustizia terrena e il Destino ineffabile, Al-Uzza la Guerriera terribile e la Dispensatrice di Guarigione. Non penso sia un caso se gli Alberi sacri erano tre, ed erano tutti vicini. Da questi luoghi e da questo tempo non sono poi tanto distanti i Sumeri, che raccontavano di Ishtar e dell'Albero, e di Lilith, e di Ereshkigal.

 

ALLAH
Parliamo un momento di Allah – no, non è un errore di battitura, è esattamente quello che volevo scrivere. Allah in arabo vuol dire semplicemente “dio”: Allat, femminile, dea. Alihah, plurale, dei. Allah, maschile, dio. Oltre al significato strettamente lessicale, per gli Arabi pre-islamici Allah significava anche “il Dio”, e indicava un'entità diversissima da quella intesa dai monoteisti: il Padre di tutto e di tutti, il Primo dopo il Caos primordiale, simile all'An-Ki dei Sumeri, al Mawu-Lisa dei Nok, nell'attimo in cui scaturisce dal Nana-Buluku. È l'Anūtu di Babilonia e allo stesso tempo è già Ilū.

L'Allah dei Pagani aveva una pietra nera, chiamata Al-Hajar al-Aswad, che veniva conservata in una nicchia all'interno della Ka'ba di La Mecca.

Accadde un giorno che Maometto, molto prima che si trovasse a dover partire per Medina, e anche molto prima che desse giù di matto definitivamente, si trovò a parlare a molte persone, tra cui c'erano molti facoltosi mercanti politeisti. Forse per ingraziarsi la simpatia del pubblico, o forse per una reminiscenza pagana legata alla sua infanzia nella Banu Quraysh, gli scappò di dire pubblicamente:

“Che ne pensate voi di Al-Lat e di Al-Uzza  e di Manat, il terzo idolo?

Ecco le Gharānīq, la cui intercessione è cosa grata ad Allah”.

Ai Pagani piacque un sacco, ma ai suoi seguaci no. La mattina dopo, Maometto ritrattò, affermando pubblicamente che quelle parole gli erano state sussurrate all'orecchio sinistro: intendeva dire che non gli erano state trasmesse dall'unico dio, ma che provenivano da ispirazione diabolica. La nuova versione fu dunque, a partire da quella mattina:

“Che ne pensate voi di Al-Lat e di di Al-Uzza e di Manat, il terzo idolo?Voi dunque avreste i maschi e Lui le femmine? Divisione sarebbe iniqua!Esse non sono che nomi dati da voi e dai vostri padri, per i quali Dio non vi inviò autorità alcuna.Costoro non seguono altro che congetture e le passioni dell’animomentre già giunse loro dal Signore la guida”. 

I versetti del giorno precedente furono interdetti, e chiamati da quel momento in poi “i Versetti Satanici”.L'Allah nominato nei Versetti Satanici è quello precedente all'Islam, è l'Allah-Ilu che era uscito fuori dal caos e che non aveva ancora un Nome, e da cui erano scaturite le tre Al-Gharaniq, al contempo sue paredre e sue figlie. Quello nominato nella ritrattazione del giorno seguente, invece, è il dio monoteista. Va da sé che, per causa di questa fastidiosissima corruzione, e per colpa di questa scomodissima confusione, non ci verrebbe mai da prendere anche questo Nome e annoverarlo tra i Nomi con cui onoriamo Satana... direi che è una reazione normale, e che va bene così. Però è giusto sapere da dove viene e cosa vuol dire, ed è giusto essere consapevoli che una volta era un Nome Sacro, impropriamente usurpato dall'ingordigia senza radici del monoteismo.

 

SUWA – la Notte, la Giovinezza e le Sorgenti

Suwa è la Dea Araba della Notte, della Giovinezza e della Prosperità. Si dice sia sposa di Wadd, Dio della Luna, dell'Acqua e dei Serpenti: insieme governano il cielo notturno e preservano l'abbondanza vivificante delle Sorgenti.

Il tempio maggiore di Suwa era edificato nelle vicinanze di Yathrib, dove era stato posto il suo simulacro raffigurante una giovane donna. Le donne delle tribù tra Yathrib e La Mecca andavano a renderle omaggio, chiedendole di conservare la loro bellezza il più a lungo possibile. Il culto di Suwa era particolarmente sentito presso le Banu Quraysh, Khuza'ah, Lihyan e Daws. Come protettrice della città costiera di Yanbu, Suwa è stata onorata anche come Divinità del Mare, dei viaggi per mare e dei commerci marittimi.

Suwa ha anche un'altra peculiarità che definirei non comune, perché quasi mai ho sentito attribuire ad una Divinità tale caratteristica meravigliosa: Lei è anche la Dea della Quiete, del Riposo e della Serenità.

Parole chiave per confronto e ricerca:

Mare, Navigazione, Commercio, Benessere, Giovinezza, Notte, Serenità

Luogo di Culto: Hegiaz e lungo la costa

Altre Divinità del Mare: Bahr, Manat, Awal

Altre Divinità del Commercio: Al-Kutbay, Hafidha, Hol

Altre Divinità della Giovinezza: Dhat Anwat, Na'ilah, Duwar

Altre Divinità della Pace\Quiete: Salim

Pietra: Statua di giovane donna

Associato a: Wadd

Genere: Femminile

 

WADD – le Oasi, i Serpenti, l'Amore e le Tempeste

Wadd è il Dio della Luna, delle Acque, delle Oasi e dei Serpenti. Il suo Nome significa 'Amore, Amicizia'. il suo tempio più importante si trovava in prossimità dell'Oasi di Dumat-Al-Jandal, dove era stato posto il suo simulacro raffigurante un uomo con la barba e dalla statura imponente, con indosso veste e mantello, una spada alla cintura e un arco in spalla, una faretra piena di frecce in una mano, e nell'altra mano una harba (ossia una lancia corta) a cui era attaccato il suo stendardo.

I Banu Kalb si affidavano a Lui per gli Oracoli, e lo invocavano per ottenere Vittoria in battaglia; i Minei lo veneravano come Colui che governa il Cielo Notturno insieme a Suwa, la sua sposa, Colei che è la Notte stessa.

Moltissimi lo invocavano come Guaritore ed erano soliti indossare amuleti che riportavano l'iscrizione Wadd-Ab ('Wadd è mio padre') per ricevere da lui salute e prosperità.

Presso i Beduini, Wadd era venerato anche nei suoi aspetti di Muruwwa (la Mascolinità) e Hamasa (la Fraternità e il Coraggio). Nonostante la sua natura guerriera, Wadd si mostra come un Dio propenso al bene e alla pace, incline a donare la prosperità della terra e contrario alla sofferenza innecessaria: nessun sacrificio di sangue per Lui, ma piuttosto graditissime offerte di latte.

L'Animale Sacro di Wadd è il Serpente. Il suo simbolo sacro è la Luna Crescente, con a fianco un piccolo disco che rappresenta il Pianeta Venere.

Nella regione nord dello Yemen e in molte parti dell'Hegiaz era venerato come Dio della Luna. I nomi maschili associati agli Dei della Luna sono molti in Arabia, ed è possibile che almeno alcuni tra questi (Hilal dei Banu Kinanah, Sayin degli Hadramawiti, Warah degli Himariti e dei Sabei) possano essere altri Nomi di Wadd.

Proseguendo con l'analisi del Pantheon, ritroveremo il Nome di Wadd tra gli appellativi di Hilal, il Dio della Luna Crescente, e poi lo incontreremo di nuovo come Fratello di Nakruh, il Dio di Saturno che governa il mondo dell'Oltre insieme al Dio di Marte – e questo inequivocabilmente ci rimanda all'altro Fratello di Wadd, che è Hubal, il Dio della Guerra e delle Vittorie.

Conosciuto ed amato in ogni parte della Penisola Arabica, la fama di Wadd si estende anche oltre i confini. Ci sono tracce di Wadd anche in Mesopotamia, risalenti a circa duemila e cinquecento anni prima dell'era volgare: là, presso gli Amorrei egli era conosciuto come Adda, Ada, Addu e Adad.
C'è un Adad che si dice sia stato importato in Mesopotamia dagli Amorrei attorno al 2500 a.e.v, che in ugaritico si chiamava Hadad, in Accadico Haddad: il nome somiglia e il periodo corrisponde, per questo alcuni ritengono che possa trattarsi del medesimo Dio. Non so dire se questo Dio della Pioggia e delle Tempeste sia sempre lo stesso Wadd delle Oasi e dei Serpenti, tuttavia è uno spunto che vale la pena considerare - anche se, seguendo Hadad, si arriva a descrizioni che si discostano da quella iniziale di Wadd da cui siamo partiti: Hadad presso gli Assiri è armato di bastone e indossa un copricapo con corna di toro, è il Dio delle tempeste e il suo Nome in cuneiforme si scrive nello stesso modo in cui è scritto Teshub, Dio dei fulmini degli Hurriti, che brandisce la mazza e l'ascia bipenne. Sembra una faccenda parecchio intricata, ma è sufficiente pazientare pochi paragrafi per arrivare a Hubal, e giunti a quel punto molte cose risulteranno più chiare.


Dettaglio interessante: Nel Deserto accade da sempre un fenomeno singolare. Quando capita che piove molto, si formano dei corsi d'acqua simili a torrenti, che non hanno né sorgente né foce. Dopo un po' di tempo si seccano, e potrebbe passare molto tempo prima che piova di nuovo e si riformino ancora. Talvolta sono segnati nelle carte geografiche, perché tendono a riformarsi negli stessi punti. Questi torrenti temporanei si chiamano Wadi.

Parole chiave:

Acqua, Oasi, Serpenti, Amore, Amicizia, Luna, Tempesta, Arco e Frecce, Armi

Nomi: Wadd, Adda, Ada, Addu, Adad

Altri Dei della Luna: Hilal, Sayin, Warah, Jarah, Qamar

Luogo di Culto: Hegiaz, Yemen, Najd, Mesopotamia

Pietra: Statua antropomorfa armata

Sposo di: Suwa

Fratello di: Hubal, Nakruh

Altre Divinità delle Oasi: Dhu'l-Ghabat, Salman

Altre Divinità delle Acque:Athar, Ma'n, Al'Uzza, Dushara, Al-Ba'l, Isif, Na'ilah, Al-Ba'lu, Nawasam

Altre Divinità dei Serpenti: Thu'ban, Hubab, Shadrafa, Nahastab

Offerta: Latte

Genere: Maschile, Lunare

 

HUBAL – la Guerra e la Vittoria

Hubal è il Dio della Guerra, delle Vittorie e delle Piogge, ed è la Divinità Maschile protettrice della Città di La Mecca. Fu venerato grandemente in tutta l'area dell'Hegiaz, soprattutto dalle Banu Khuza'ah, Kinanah e Quraysh.

Era raffigurato come un uomo maturo con la barba, in posizione seduta, e la sua statua, interamente realizzata in agata rossa, era stata posta sul tetto della Ka'bah. Gli uomini lo invocavano ogni volta che scendevano in battaglia, perché Lui aveva il potere delle Vittorie. In tempo di pace, gli Arabi andavano a rendergli omaggio alla Ka'bah e gli chiedevano oracoli tramite la divinazione con le frecce.

Hubal era senz'altro legato alle tre Al-Gharānīq in qualche modo molto profondo, perché anche se non tutte le Banu erano concordi nel dire da quale delle tre fosse nato, e di quale delle tre fosse lo sposo, tutti quanti parlavano della relazione di Hubal con le Sublimi Gru. Ancora oggi non sappiamo se fosse Figlio di Allat oppure di Manat, o se fosse lo sposo di Manat oppure di Al-Uzza.
A proposito di questo, viene spontaneo domandarsi se Hubal e altri Dei (come Dushara, A'ra, e Manaf) abbiano qualcosa in comune, nonostante gli elementi in nostro possesso siano troppo pochi per un confronto efficace.

Di Hubal si diceva anche che era fratello di Wadd, e questo è molto interessante perché – al di là delle somiglianze evidenti, come la barba e le frecce – il legame con Hubal ci rimanda agli aspetti guerrieri di Wadd, che unitamente all'analisi ipotetica del suo Nome, ci avevano condotti fino ad Hadad, dandoci quasi l'impressione di starci allontanando lungo una falsa pista.

Invece, Wadd fratello di Hubal ci sta indicando in quale direzione guardare.Seguendo Hadad, Dio delle Tempeste e dell'Abbondanza, troviamo infatti subito i nomi Adad, Ba'l, Ba'lu, Baal, che hanno tremendamente senso, perché in Aramaico Hu vuol dire Spirito, e Baal vuol dire Signore... e da hu-baal ritorniamo a Hubal. in Arabo, ha-baal vuol dire IL DIO, e  (vi ricordate il discorso su Allah-Ilu?) sia Allah-Ilu che Hubal vengono entrambi chiamati Rabb-Al-Bayt, che significa “Signore del Santuario”.Hubal compare anche tra la Siria e Babilonia, all'incirca nell'area che attualmente chiamiamo Iraq: questa era la terra dei Nabatei, che lo chiamavano Hubalu oppure Qaisha, e lo veneravano come Sposo di Manawatu – che era il loro modo di nominare Manat.

Presso i Nabatei era venerata anche una Dea di nome Qaysha, che regnava sul'Oltre, anch'essa associata a Manat.Non mi è possibile determinare quale tipo di relazione esista tra Qaysha e Qaisha: ogni spunto di riflessione resterà puramente ipotetico anche in seguito, quando avremo modo di tornare su questo argomento prendendo in esame altri Nomi Sacri.

Alla Ka'aba di La Mecca accadde, non si sa quando né in che modo, che la mano destra della statua di Hubal si ruppe: siccome i Quraysh lo amavano e lo tenevano in enorme considerazione, gliene fecero una in oro massiccio – e anche questo, a mio parere, è un particolare tutt'altro che casuale, che va necessariamente aggiunto agli elementi necessari ad un confronto più ampio.

Parole chiave per confronto e ricerca:

Guerra, Vittoria, Pioggia, Barba, Mano spezzata, Mano d'oro

Luogo di Culto: Hegiaz

Pietra: Statua antropomorfa in agata rossa

Altri Dei della Guerra e della Vittoria: Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Aziz, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Maher, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Associato a: Wadd, Allat, Al'Uzza, Manat, Dushara

Fratello di: Wadd

Genere: Maschile

 

MANAF – le Valli e le Montagne

Manaf significa “Colui che è Elevato”, sia in senso spirituale che in senso letterale, e per questa ragione le montagne erano considerate una sua personificazione, tutte le alture gli erano sacre, e con esse anche tutte le valli che le alture formavano. Fu molto importante nell'area della città di La Mecca: alla Ka'aba era conservato il suo idolo, una grande scultura in pietra che raffigurava un uomo. I Quraysh lo tenevano in gran conto e spesso chiamavano i loro figli Abd Manaf, che significa 'devoto di Manaf'. Dai ritrovamenti archeologici si ipotizza che Manaf possa essere stato la Divinità maschile principale nella città di La Mecca per molto tempo, e che poi in seguito la preferenza dei Meccani si sia spostata su Hubal, seppure seguitassero a venerare anche Manaf affidandosi spesso a Lui per gli Oracoli. Nel frattempo, la fama di Manaf si era estesa fino a Palmira in Siria, dove i Greco-Romani lo venerarono come Zeus Manaphis. Essi hanno lasciato iscrizioni dove il nome di Zeus Manaphis è associato al nome femminile Amat-Manaf, che significa “servitrice di Manaf”.

Parole chiave: Sole, divinazione

Luogo di Culto: Hegiaz, Siria

Idolo: Statua antropomorfa in pietra

Genere: Maschile, Solare

 

DHU-AL-SHARA (DUSHARA) – la Montagna, il Deserto e le Sorgenti

Dushara significa “Signore della Montagna”, o più precisamente “Quello di Shara”, dove Shara è appunto una montagna a sud est della città di Petra, e simboleggia un luogo molto alto nel quale sgorgano sorgenti: Dushara è infatti più di ogni altra cosa il Dio dell'Acqua, delle Sorgenti, delle Montagne e dei Deserti. I Daws e le altre Banu della tribù Azd lo veneravano nell'Arabia del Sud: laggiù vi era una sorgente sacra che gli apparteneva, dove i suoi devoti avevano posto una grande pietra rettangolare. Tutto attorno vi era un'area ricca di vegetazione che gli era stata consacrata, affinché Dushara concedesse prosperità. Nell'Arabia del Nord e in Giordania, Dushara era conosciuto come Dio dei Deserti e di tutte le Montagne. Per i Nabatei era la Divinità più importante di tutte, e usavano dire 'Dushara e gli altri Dei”. Essi lo veneravano come Dio del Sole, e spesso lo associavano ad altri due Dei, Baalshamin (Dio della Conoscenza e della Guarigione) e Qos (Dio dei Fulmini e dei Temporali, forse il Qaws dei Beduini) considerando i tre Nomi come tre aspetti del medesimo Dio. Allat e Al'Uzza, che i Nabatei consideravano due aspetti di un'unica Dea, erano indicate ora come la Sposa, ora come la Madre di Dushara.

Presso i Nabatei della Giordania la Madre di Dushara viene talvolta indicata con il nome Ka'ibah, oppure anche Chaabou, e si diceva che Lei fosse una Dea Vergine. Purtroppo non so più di questo.

Dhu-al-Shara è menzionato nel Kitab-al-Asnam e ha un suo capitolo, però molto breve e superficiale, forse perché nella città di La Mecca non fu mai venerato nessun Dio con questo Nome. Tuttavia è altamente possibile che anche a La Mecca lo conoscessero, e che lo chiamassero A'ra. Questo è probabile perché un po' tutti amavano Dushara! Persino i Romani d'Arabia lo veneravano: lo chiamavano Dusares, e lo portarono fino a Pozzuoli, dove fu onorato anche dal popolo Italico. Qualcuno disse che era Dioniso, qualcun altro sostenne che fosse Zeus. Una cosa molto interessante è che secondo alcuni studiosi, Dushara è connesso sia a Venere che a Mercurio. Ho come la sensazione che forse stiamo contemplando uno degli Antichi Nomi che, tra questi, maggiormente contengono l'antica Essenza di Satana.

Parole chiave per confronto e ricerca:

il Dio di tutti gli Dei, Montagna, Deserto, Acqua, Sorgenti

Nomi: Dhu-al-Shara, Dushara, Dusares

Luogo di Culto: Aree a sud, Yemen, Deserto del Najd, Nabatea

Pietra: rettangolare

Altri Dei associati a Mercurio: Al-Kutbay, Mun'im, Anbay, 'Utarid

Altri Dei del Deserto: Nasr, Su'ayr, Al-Malik, Abgal, Shay-Al-Qawm

Associato a: Al'Uzza, Allat, A'Ra, Baalshamin, Qos

Genere: Maschile

 

A'RA – Dushara della Mecca

A’rã presso La Mecca è un Dio della Fertilità, e fa parte dei trecentosessanta Dei che furono onorati nella Ka'bah. Il suo Idolo era una scultura antropomorfa, che presentava un segno bianco sulla fronte. E' altamente probabile che gli abitanti di La Mecca sapessero che si trattava di Dushara, tuttavia non gli riconoscevano una posizione preminente nel Pantheon, preferendo dapprima Manaf, e successivamente Hubal, in qualità di Divinità Maschile più importante. E' possibile che stiamo osservando uno di quei casi di cui si parlava più sopra, in cui i Nomi sono stati acquisiti sdoppiando più volte Divinità già esistenti, anzi (almeno per quanto riguarda A'ra e Dushara) è quasi una certezza: nelle iscrizioni funerarie nabatee, è stato trovato alcune volte il Nome di una Divinità chiamata Manotu (molto probabilmente Manat) associato il più delle volte a Dushara, ma talvolta anche ad A'ra.

Parole chiave: Benevolenza, Fertilità, Bianco

Nomi: A'ra, probabilmente Dushara

Luogo di Culto: Hegiaz

Pietra:Statua antropomorfa con un segno bianco in fronte

Genere: Maschile

Associato a: Dushara

 

SHAY AL QAWM – La Guerra, la Notte, la Protezione

Shay-Al-Qawm è il Dio della Guerra, della Notte e dei Viaggiatori. Conosciuto soprattutto nel Nord dell'Arabia, era particolarmente amato in Nabatea e in Siria. I Nabatei del sud della Giordania gli affidavano le mandrie di cammelli durante la notte, mentre loro riposavano nelle tende, e tutti lo invocavano sempre prima di scendere in battaglia. Oggi non è rimasto molto del suo Culto, a parte alcune iscrizioni: la più significativa recita 'Shay-al-Qawm il Dio' e riconduce a due nicchie in pietra, una delle quali mostra un'aquila scolpita sul frontone, mentre l'altra è vuota. A tutt'oggi non è chiaro a quale delle due nicchie sia correlata, per cui non sappiamo se l'Aquila fosse una decorazione, o un suo simbolo sacro, né possiamo dire se questo nome sia di una Divinità a sé stante, oppure se sia appellativo di qualche altro Dio – anche se quest'ultima ipotesi è altamente probabile, data l'abitudine dei Nabatei di denominare frequentemente gli Dei tramite appellativi. A tal proposito, non è insensato supporre che possa trattarsi sempre di Dushara: nel luogo di ritrovamento dell'aquila e dell'iscrizione, Dushara appare più volte in altre iscrizioni vicine, associato a 'Manotu'. Poco più a Nord-est Shay-al-Qawm ricompare associato alla parola Belik, che potrebbe essere un titolo onorifico associato alla Dea Allat.

Shay-al-Qawm è arrivato fino in Sicilia, dove probabilmente il suo Culto ha lasciato una traccia nel nome della città di Sciacca.

Al-Qawm significa “le persone”. Shay-Al-Qawm significa “Il Protettore delle Persone”, ma se cerchiamo oggi cosa significa Shaytan in Arabo, troviamo come traduzione letterale “la cosa lontana”. A quanto pare le cose invece stavano molto diversamente, prima. La radice Shay indica inequivocabilmente “Colui che Protegge”.

Parole chiave: Notte, Guerra, Protezione, Accampamenti, Carovane, Aquila

Appellativo: Colui che Protegge, il Protettore delle Persone

Luogo di Culto: Siria, Nabatea, Giordania

Associato a: Allat, Dushara, Mantou (Manat)

Altri Dei della Protezione: Ya'uq, Al-Fals, Abgal, Kahl, Nakruh, Ya'uq, Ba'lat-Mafrash, Ruda, Rahmaw, Al-Malik, Al-Habhah, Dhu'l-Khabsa, Dhu'l-Ka'Abat

Altri Dei della Guerra: Hubal, A'im, Athar, Aziz, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Maher, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Altri Dei dei Viaggiatori: Abgal

Genere: Maschile

 

DHU'L-SAMAWI – la Guarigione e la Conoscenza

Dhu’l-Samawi è il Dio più importante per le Banu della tribù Amir, a sud del deserto del Najd. I Beduini portavano gli animali al suo santuario quando erano feriti, e allo stesso modo tutti quanti gli abitanti di quel luogo, quando si ammalavano correvano da Dhu'l-Samawi perché Lui li guarisse, e spesso si trasferivano a vivere all'interno del suo tempio per dei periodi, così da esporsi alla sua energia che li risanava. La fiducia che i Beduini avevano in Lui era totale, la devozione era immensa, e non lo cercavano solo per la sua capacità di guarire, ma anche e soprattutto per soddisfare la necessità spirituale di ottenere conoscenza, e comprendere i misteri dell'esistenza.

Onorato da tutti i suoi Devoti come Grande Dio del Cielo e il più Grande tra tutti gli Dei, aveva anche un grande tempio al confine del Najd, sulle terre alte dello Yemen, ed era conosciuto anche a Palmira e in molta parte della Siria, dove era chiamato con il nome Ba'l-Samayn, che significa letteralmente “Signore del Cielo”.

Ecco un altro Nome interessantissimo da aggiungere al confronto con Dushara, A'ra, Manaf e Hubal: di nuovo un Dio del Cielo che è il più grande tra tutti gli Dei, e che dona Conoscenza e Guarigione, il cui Nome stavolta non proviene dall'Hegiaz, bensì dai Beduini del Najd. Dushara e Dhu'l Samawi si sfiorano in Siria, attraversando il popolo dei Nabatei: ed è proprio qui che rispunta fuori Hadad, indicato da alcuni come una possibile forma originale da cui possa essere scaturito il Culto siriano di Bal'Samayn. A tal proposito è di fondamentale importanza osservare come i Nabatei (ossia gli Arabi del nord-ovest, tra Babilonia e la Siria) cultuavano Baalshamin congiuntamente a Qos e Dushara, non come tre Divinità diverte associate tra loro, ma piuttosto come tre aspetti del medesimo Dio: ecco finalmente che il caos inizia a riordinarsi e vediamo all'improvviso riuniti il Cielo, il Tuono, la Guarigione, la Conoscenza, e finalmente anche l'Arcobaleno - perché Qos è un altro modo di chiamare Qaws, che è il Custode degli Arcobaleni venerato dai Beduini del Najd.

Parole chiave: Benevolenza, Guarigione, Risanare, Spiritualità, Conoscenza

Luogo di Culto: Deserto del Najd, Yemen, Siria

Nomi: Dhu'l-Samawi, Bal'Samayn, Baalshamin

Associato a: Qos, Dushara

Altri Dei che curavano Animali: Al-Fals, Basamum

Altri Dei della Guarigione: Baalshamin, Basamum, Dushara, Nakruh, Ta'lab, Zuhal

Genere: Maschile

 

BASAMUM – le Piante Medicinali

Basamum è un Dio della Guarigione dell'Arabia del Sud. Si dice che il suo Nome derivi da basam, che è una pianta medicinale. Ma se invece fosse la pianta di basam a prendere il nome da Basamum? Se Basamum fosse un altro modo per dire Baalshamin? Baalshamin curava e guariva anche le bestie, e infatti di Basamum si racconta che un giorno guarì due capre selvatiche.

Parole chiave: Guarigione, Risanare, Cura, Medicina, Erba medicinale

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

QUZAH -  il Tuono, e l'Arcobaleno che unisce Uomini e Dei

Quzah è il Dio dei Temporali, degli Arcobaleni, del Tuono e delle Nuvole. Gigantesco e forte, aveva un grande arco e molte frecce, e il suo grido di guerra era il Tuono stesso. Nella città di La Mecca aveva un tempio, ma tutti dicevano che Lui abitava sopra le nuvole, e che da lì lanciava pietre di grandine contro gli spiriti malevoli, disperdendo malattia e malasorte.

Tutti gli Arcobaleni erano sacri a Quzah: gli Antichi Arabi dicevano che l'Arcobaleno era un collegamento tra terra e cielo, come una sorta di scala, e che Quzah  ne era l'unico Custode.

Presso gli Edomiti, in Giordania, c'era un Dio che era il più grande di tutti gli Dei e si chiamava Qos, oppure Qaus: egli era il Dio del Cielo, e aveva le stesse prerogative di Quzah. Non si sa se sia Quzah ad essere arrivato in Arabia da laggiù o viceversa, fatto sta che ancora oggi, malgrado tutto, in arabo qaws'quzah vuol dire arcobaleno.

L'Arcobaleno doveva esserci da qualche parte anche qui, nel Deserto...! Dispiace non avere più informazioni, sarebbe fantastico poterlo cercare nella cosmogonia e nelle leggende, e confrontarlo con tutti gli Arcobaleni Sacri che tanti altri popoli ci hanno descritto. Una cosa interessante però c'è, e arriva dalle regioni a nord-ovest del Najd: presso i Nabatei era frequente che tre Dei molto importanti venissero venerati congiuntamente, non come tre Entità distinte ma come tre aspetti del medesimo Dio. I loro Nomi erano Baalshamin, Dushara e Qos, e ognuno di questi era un aspetto del Grande Dio del Cielo: Dushara è il Dio delle Montagne, dei Deserti e delle Sorgenti; Baalshamin è il Dio della Guarigione e della Conoscenza; Qos è il Dio dei Fulmini e dei Temporali, ed è rappresentato come un Re circondato da Tori, nell'atto di brandire un fulmine frastagliato nella mano sinistra.

Non posso non far caso al fatto che è proprio dopo il temporale che spunta l'Arcobaleno. E allo stesso modo non posso non notare l'evidenza che a questa triade maschile si contrappone, in equilibrio perfetto, la triade femminile Allat-Al'Uzza-Manotu, anch'essa descrittiva di un'unica Madre, che al contempo è Madre e Sposa di Dushara.

Parole chiave: Arcobaleno, Pioggia, Grandine, Terra-Cielo

Luogo di Culto: Hegiaz, Najd, Nabatea e Giordania

Nomi: Quzah, Qaus, QawsGenere: Maschile

 

DHU-AL-KHALASAH – la Redenzione e la Salvezza

Dhu-al-Khalasah è un Dio della redenzione, della salvezza e degli oracoli che fu molto amato in tutta la Penisola Arabica. Nella città di Tabalah, a mezza via tra La Mecca e Sana'a, sorgeva il suo tempio più grande, dove era conservato il suo idolo in forma di un pilastro di quarzo bianco. Nell'Arabia del Sud il Culto di Dhu-al-Khalassah resistette a lungo anche dopo l'avvento dell'Islam: laggiù aveva un tempio che era molto bello e frequentato da tantissimi devoti da tutti i paesi vicini, al punto che veniva “la Kaa'ba dello Yemen”. Sul pilastro di quarzo era stata posta una corona, tutto attorno venivano avvolte collane preziose e non mancavano mai le offerte, soprattutto orzo, frumento, latte e uova di struzzo. Gli Arabi del Sud continuarono a venerare Dhu-al-Khalassah fino al 1815 - anno in cui vennero i Wahabiti e distrussero il suo idolo a colpi di fucile.

Parole chiave: Redenzione, Salvezza, Oracoli, Divinazione

Luogo di Culto: Hegiaz e Yemen

Pietra: Quarzo Bianco

Offerte: Uova, Latte, Cereali, Gioielli

Altri Dei della Salvezza: Yatha'

Genere: Maschile

 

SHAMS – Il Sole

Shams è la Dea del Sole, ed è la preferita in tutto il Sud dell'Arabia, dove gli Himyar la venerano in qualità di colei che preserva la vitalità dei germogli, l'abbondanza dei raccolti e la serenità della vita domestica.

Il suo tempio più importante sorgeva a Sana'a, nello Yemen, dove l'incenso non veniva mai lasciato spegnere. Gli Yemeniti la chiamavano Dhat-Himyam, che significa “Signora del Caldo”, Tanuf (l'Eccelsa) oppure Shams-'Alyyat, ossia Shams l'Altissima.Con il Nome Tanuf appare in molte iscrizioni Himyarite frequentemente associata a Ilmuqah, il Dio del Cielo, e ad Athar, il Dio di Venere. Così come i raggi del Sole oltre a scaldare illuminano, Shams era anche la portatrice di Luce che svela la Verità e vede ogni cosa, comprese le ingiustizie compiute dagli uomini: per questo Lei era venerata anche come Dea della Giustizia, e spesso veniva chiamata a testimone nei giuramenti.

Conosciuta in tutta la Penisola Arabica, era amata nell'Hegiaz e temuta nel Najd, perché qui il Sole era così forte da non permettere alle piante di crescere, e i Beduini, che pure la veneravano e la rispettavano, a Lei preferivano di gran lunga Sayin, il Dio della Luna che portava il sollievo della fresca rugiada.

Parole chiave: Sole, Calore, Nutrimento, Abbondanza, Vita

Associata a: Ilmuqah, Athar

Sposa di: Sayin, Dio della Luna

Altri Nomi di Shams: Eyum, Dhat-Himyam, Tanuf, Shams'Alyyat

Altri Dei del Sole: Dushara, Ruda

Altri Dei dei Giuramenti: Manat, Al-Shira, Al-Mundhir

Luogo di Culto: Hegiaz, Yemen, Najd

Offerta: Incenso

Genere: Femminile

 

SAYIN – La Luna

Sayin è il Dio della Luna amato dai Beduini. Sayin era colui che portava il refrigerio della frescura serale, la rugiada e la penombra, il riposo e la quiete, e l'umidità che donava era il motivo per cui potevano fiorire orchidee nel deserto.
Conosciuto anche come Syn o Sayeen, era grandemente venerato anche nel Sud della Penisola Arabica: laggiù aveva un tempio nella città di Shabwa.

In altre zone dell'Arabia era chiamato Qamar, in Giordania Jarah, e nell'Hegiaz, dove veniva venerato nel suo aspetto di Luna Crescente, il suo Nome era Hilal.
Il suo incenso sacro è il Franchincenso (noi oggi lo conosciamo come “l'incenso da chiesa”) che è il più antico di tutti e proviene dal nord Africa. Il Franchincenso ha ottime proprietà curative, e a quel tempo era considerato uno dei più preziosi. I devoti gli offrivano statuette quando andavano a chiedergli protezione o a ringraziarlo.

Potrebbe corrispondere al dio babilonese Sin.

Parole chiave: Luna, Sera, Notte, Rugiada, Fresco, Ristoro, Sollievo, Protezione, Orchidea

Associato a: Shams, Dea del Sole

Altri nomi: Syn, Sayeen, Qamar, Jarah, Hilal, Sin

Luogo di Culto: Najd, Yemen, Hegiaz, Giordania

Offerta: Orchidea, Franchincenso

Genere: Maschile

 

HILAL – prima e dopo la Luna Nuova

Hilal è il Nome Sacro di un particolare aspetto della Luna. Molte volte Hilal è stato il Nome che veniva attribuito al Dio della Luna nel suo aspetto di Luna Crescente. Hilal però in realtà attraversa tutte le fasi Lunari, e si concentra nella prima e nell'ultima Falce: l'ultimo sottilissimo filo di Luna visibile prima della Luna Nuova, e il primo sottilissimo filo che torna visibile quando la Luna ritorna Crescente. Hilal era detto anche An-Nayyr (Colui che è Luminoso) e Wadd (L'Amore) – e qui viene spontaneo domandarsi se sia stato l'utilizzo di questo appellativo a determinare la sovrapposizione tra Wadd e Hilal, oppure se la sovrapposizione sia un fatto oggettivo da cui è scaturita naturalmente la condivisione del Nome.

I Sabei e gli Himyariti dello Yemen onoravano Hilal fin dai tempi più antichi e lo chiamavano Warakh, che significa “il Viandante”, e indossavano amuleti a forma di Luna Crescente in suo onore.


Per ulteriori confronti riguardanti il Dio della Luna: Wadd, Sayin

Divinità correlate: Suwa, Shams, Nakruh, Zuhal

 

KAHL – la Forza Mentale

Kahl è un Dio Tutelare venerato nell'Arabia Centrale. Il fulcro del suo Culto si trovava a Qaryat al-Faw, nel Deserto del Najd, dove i Banu Kindah lo veneravano congiuntamente ad Allah (ovviamente sempre il Dio Pagano), Shams (Dea del Sole), Sayin (Dio della Luna) e Athar (la Stella del Mattino, Dio di Venere. Kahl dona protezione e forza mentale, il suo Nome significa “Colui che è Potente”.

Parole chiave: Luna, Notte, Protezione, Forza Mentale

Associato a: Shams, Allah, Sayin, Athar

Luogo di Culto: Najd

Genere: Maschile

 

NAKRUH – l'essenza maschile di Saturno che porta Guarigione
Nakruh è il Dio di Saturno venerato nel Sud dell'Arabia. Aveva un tempio vicino alla città di Ma'in, dove venivano a venerarlo gli ammalati e i perseguitati, ottenendo da Lui rifugio e guarigione: egli era noto per il suo carattere solenne, eppure estremamente benevolo.

Alcuni dicevano che fosse fratello di Wadd, il Dio delle Oasi e dei Serpenti (e dei buoni sentimenti di Amicizia e Amore). Nakruh-Saturno è un Dio Maschile e Lunare, ed è conosciuto anche in molte altre aree dell'Arabia con il nome Zuhāl, il Dio che governa la Terra e tutto quello che sta sotto di essa insieme ad Al-Muharriq, che è il Dio di Marte.

Zuhāl protegge e sorveglia tutta la terra che può dare frutto, e detesta che la terra coltivabile venga rovinata. A nord-est, nell'area di La Mecca, i Banu Jurhum combatterono con gli Amalekiti e infine prevalsero; a quel punto consacrarono a Zuhāl i loro templi. Essi dicevano che Zuhāl era una Dea.

Parole chiave: Saturno, Guarigione, Rifugio, Benevolenza, Protezione, Solennità

Fratello di: Wadd

Altri Dei considerati fratelli di Wadd: Hubal

Altri Dei della Guarigione: Dhu'l-Samawi, Bal'Samayn, Basamum, Dushara, Ta'lab, Zuhal

Altri Nomi: Zuhāl

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile e Lunare (Femminile per i Jurhum dell'Hegiaz)

 

ZUHAL – l'essenza femminile di Saturno che rende fertile la Terra 
Zuhāl è il Dio di Saturno venerato in molte aree d'Arabia. Saturno è conosciuto con diversi Nomi ed è quasi sempre considerato Maschile, mentre invece nell'area a Nord-Est il nome di Zuhāl indica una Divinità femminile: specialmente presso i Banu Jurhum, Saturno è assolutamente e decisamente Femmina. Zuhāl ama chi coltiva la Terra, e detesta chi rovina la terra fertile. Tutto quello che è sotto la terra Le appartiene.

Parole chiave: Saturno, Guarigione, Benevolenza, Protezione, Terra, Oltre, Raccolto

Altri Nomi: Nakruh, Kaywan

Altri Dei della Terra: Kawim, Harimtu, Allat, Raziqa, Hagaram, Al-Jalsad,Khomar, Dagn

Luogo di Culto: Arabia Nord-Est

Genere: Femminile

 

AZIZ – Marte

Aziz è il Dio di Marte e della Vittoria in Battaglia venerato nell'Arabia del Nord e in Siria, soprattutto nella città di Palmira. Aziz significa “colui che è forte” e oggi questo Nome è stato usurpato per annoverarlo tra i 99 nomi del dio monoteista. Insieme a Zuhal-Nakruh (Saturno), Aziz governa e protegge la Terra e tutto ciò che sta sotto di essa, inteso sia come Mondo dell'Oltre, sia come strato fertile di terreno in cui i semi germogliano e mettono radici, per poi crescere e dare l'abbondanza dei raccolti.

Nelle regioni orientali d'Arabia e nel sud dell'attuale Iraq, Aziz era conosciuto come Al-Merrikh o Al-Muharriq. Qui il suo Culto era molto importante soprattutto tra i beduini, specialmente Banu Rabi'ah, Banu Abd al-Qays e Banu Bakr ibn Wa'il. Aveva un tempio rosso e veniva raffigurato come un usamah, ossia un Leone maschio adulto. Le sue caratteristiche peculiari evidenziano una marcata somiglianza con il Dio babilonese Nergal: entrambi governano l'Oltretomba, il Fuoco, il Pianeta Marte e i Deserti, ed entrambi sono in grado di devastare scatenando malattie e pestilenze.

Il Nome di Al-Muharriq significa “Colui che Brucia” perché la sua Essenza personifica l'harriqah, che è il Fuoco stesso, e si manifesta nel calore terrificante dei Deserti.

Parole chiave: Marte, Guerra, Vittoria

Altri Nomi: Al-Merrikh, Al-Muharriq, Harka, Arsuf

Altri Dei della Guerra e della Vittoria: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Maher, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Luogo di Culto: Arabia del Nord, Siria

Genere: Maschile

 

MUN'IM – Mercurio, la Saggezza

Mun'im è il Dio del Pianeta Mercurio e della Saggezza, venerato a Palmira insieme al Dio Aziz. Sia il culto di Mun'im che quello di Aziz furono grandemente influenzati dalla cultura greca, e ben presto questi due Dei vennero di frequente chiamati Monimos e Azizos.

Parole chiave: Mercurio, Saggezza

Altri Dei associati a Mercurio: Al-Kutbay, Anbay, Dushara, 'Utarid

Altri Dei della Saggezza: Anbay, 'Utarid, Nuha

Altri Nomi: Utarid

Luogo di Culto: Arabia del Nord, Siria

Genere: Maschile

 

'UTARID – Mercurio, l'Intelligenza

'Utarid è il Nome con cui gli Arabi dell'Hegiaz chiamavano il Dio di Mercurio. Il Dio 'Utarid possedeva tutte le caratteristiche di Mun'im, congiuntamente a quelle di 'Anbay (Dio di Mercurio, della Saggezza e della Profezia nello Yemen) e di Al-Kutbay (Dea di Mercurio, della Saggezza, della Profezia e dei Mercanti presso i Nabatei) mostrando così l'essenza di Mercurio in ogni suo aspetto, sia per quanto concerne le doti intellettuali di intelligenza, furbizia e vivacità di pensiero, sia per quel che riguarda le qualità accademiche relative alla capacità di apprendimento, scrittura fluente e notevole eloquenza.

Parole chiave: Mercurio, Intelligenza, Apprendimento, Eloquenza

Altri Dei associati a Mercurio: Al-Kutbay, Anbay, Dushara, Mun'im

Altri Dei della Saggezza: Mun'im, Anbay, Nuha

Altri Nomi: Mun'im, Monimos

Luogo di Culto: Hegiaz

Genere: Maschile

 

ANBAY- La Saggezza

Anbay è il Dio della Saggezza e della Profezia dell'Arabia del Sud. Fu onorato grandemente dai Qataban nello Yemen centrale. Il Suo Pianeta è Mercurio.
E' stato associato con il Dio Babilonese Nabu, che allo stesso modo presiedeva alle profezie, al pianeta Mercurio e alla Saggezza.

Parole chiave: Saggezza, Profezia, Mercurio

Associato a: Nabu

Altri Dei della Saggezza: Mun'im, 'Utarid, Nuha

Altri Dei associati a Mercurio:  Al-Kutbay, Dushara, Mun'im, 'Utarid

Luogo di Culto: Arabia del Sud, Yemen

Genere: Maschile

 

AL-KUTBAY – la Scrittura e il Commercio

Al-Kutbay (conosciuta anche come Al-Aktab) è la Dea della scrittura, del commercio, della profezia e dei mercanti venerata nell'Arabia del Nord. I Nabatei del Sud della Giordania le avevano eretto un Tempio nella città di Petra, I Beduini e i mercanti portarono il suo Culto fino in Egitto e in tutta l'area del Sinai. I Banu Lihyan, che vivevano tra i Nabatei e commerciavano con loro, la avevano adottato come Divinità di primaria importanza. 
E' stata spesso associata al Culto di Dushara e Al'Uzza.

Il Suo Pianeta è Mercurio.

Parole chiave: Scrittura, Commercio, Mercanti, Benessere

Associata a: Dushara, Al'Uzza

Altri nomi: Kutba, Al-Kutba, Kutbay

Altri Dei del Commercio: Suwa, Hafidha, Hol

Altri Dei associati a Mercurio: Anbay, Dushara, Mun'im, 'Utarid

Luogo di Culto: Giordania, Siria, Nabatea

Genere: Femminile

 

AL-MUSHTRI – il Pianeta Giove

Al-Mushtri è il Nome con cui gli Higiazeni veneravano il Dio del Pianeta Giove. A Gadda e a Palmira era noto come Gad, che significa “Il Fortunato”, mentre nelle altre regioni del settentrione i Lihyan e i Thamudeni lo chiamavano Akhwar, e chiamavano molti dei loro bambini Taym-Akhwar in suo onore. Nel cielo notturno dell'Arabia il Pianeta Giove si vedeva chiaramente, e gli Arabi lo cercavano perché lo consideravano portatore di ottimi auspici: Akwar/Al-Mushtri è Colui che porta la ricchezza, la buona sorte e la prosperità.

Parole chiave: Giove, Ricchezza, Buonasorte, Prosperità

Altri Dei della Buona Sorte: Al-Shira, Sa'd Matar, Al-Jadd, Al-Mushtri, Al-Thurayya, Nasirah, Mirtadam, Sakbu, Ni'mat, Suhayl

Altri Nomi: Al-Mushtari, As-Sadiq, Akhwar, Gad

Luogo di Culto: Arabia del Nord e Hegiaz

Genere: Maschile

 

AL-JADD – Giove e la Buona Sorte

Al-Jadd è il Dio della Buona Sorte che è stato venerato da molte Banu in tutta la Penisola Arabica, specialmente dagli Awidh, dai Dhayf, dai Quda'a e dai Tamim. Sempre associato a Manat dei Destini e al Pianeta Giove, potrebbe trattarsi con grande probabilità di un altro Nome di Al-Mushtri.Molti bambini ricevettero il nome di Abd Al-Jadd, che significa “Devoto di Jadd”.

Parole chiave: Giove, Buona Sorte

Potrebbe trattarsi di: Al-Mushtari

Luogo di Culto: Penisola Arabica

Genere: Maschile

 

AL THURAYYA – Le Pleiadi

Al-Thurayya è una Dea delle Stelle, ed è la personificazione della costellazione delle Pleiadi. La gente di La Mecca la cercava all'aperto, di notte, sulle montagne, e le chiedeva la pioggia e la benedizione. Il culto delle Stelle (Najm), e il culto dei Pianeti (Kawbab) erano molto importanti per tutti gli Arabi, e spesso tenevano conto del moto dei corpi celesti quando costruivano edifici sacri, orientando gli angoli in modi tutt'altro che casuali, e talvolta predisponendo i tetti così da poter salire a venerare le stelle e i pianeti.

Parole chiave: Pleiadi, stelle, pioggia, benedizione

Altri Dei delle Piogge: Hubal, Quzah, Sa'd Matar, Sakiyya, Dagn, Amm-Anas, Al-Dabaran, Sa'd Matar, Ruda, Dagn

Luogo di Culto: Hegiaz, Najd

Genere: femminile

 

AL-DABARAN – Aldebaran e la Pioggia

Al-Dabaran è il Dio della Stella Aldebran. I Misam e i Tamim dicevano che se alla levata eliaca di Aldebaran non fossero seguite immediatamente le piogge, significava che bisognava prepararsi alla siccità. Essi veneravano Al-Dabaran per chiedergli di portare piogge abbondanti, e lo chiamavano “il Seguace” perché Egli corteggiava Al-Thurayya, la Dea delle Pleiadi.

Il Cammello maschio era il suo animale sacro.

Parole chiave: Aldebaran, Pioggia

Altri Dei delle Stelle: Al'Uzza, Nasirah, Sa'd Matar, Al-Shira, Al-Thurayya, Suhayl, As-Simak, Dhat-Zurhan, Shangila

Luogo di Culto: Najd

Animale Sacro: Cammello

Genere: Maschile

 

AL SHIRA – La Stella Sirio

Al-Shi'ra è la Dea della Stella Sirio, l'amata sposa di Suhayl, che è il Dio della stella Canopus. Moltissimi Arabi la conoscevano e la onoravano, soprattutto nella regione circostante alla città di La Mecca. A molti era nota anche come Mirzam al-Jawza', Colei che sta a guardia della Porta dei Cieli. Siccome Sirio era una delle stelle più luminose del cielo, gli Arabi dicevano che Al-Shi'ra vedeva i giuramenti e portava grandi fortune, benessere e buona sorte.

Anche tra i Beduini Al-Shira era grandemente venerata: tra tutti gli Arabi, i Beduini erano quelli che maggiormente amavano le Divinità delle Stelle, perché per loro era il cielo stellato a indicare la direzione sulla via da seguire. 
Tutti amavano Al-Shira, anche fuori dai confini d'Arabia: in Persia la chiamavano Tishtrya, in Egitto la chiamavano Sopdet, e ovunque Lei era la Dea che portava il bene e l'abbondanza.

Parole chiave: Sirio, stelle, benedizione, fortuna, la via, l'orientamento, luminosa

Sposa di: Suhayl

Altri Dei dei Giuramenti: Shams, Al-Mundhir, Manat

Luogo di Culto: Hegiaz, Najd

Genere: Femminile

 

SUHAYL – la Stella Canopus

Suhayl è il Dio della Stella Canopus onorato nella zona della città di La Mecca. I suoi devoti della Banu Jurhum, saliti nell'Hegiaz dal sud dell'Arabia, ebbero cura chela Ka'aba fosse costruita in modo che la parete a sud-est fosse esposta alla luce di Canopus. Suhayl è lo sposo di Al-Sh'ira, la Dea della Stella Sirio, e come Al-Shira fu venerato grandemente anche nel Deserto del Najd, soprattutto come portatore di ottimi auspici e grande fortuna su tutti quelli che vengono illuminati dalla luce della sua Stella.

Parole chiave: Stelle, Canopus, Sud-Est, Sirio

Altri Dei della Buona Sorte: Al-Shira, Sa'd Matar, Al-Jadd, Al-Mushtri, Al-Thurayya, Nasirah, Mirtadam, Sakbu, Ni'mat

Sposato con: Al-Shira (Sirio)

Luogo di Culto: Hegiaz

Genere: Maschile

 

AS-SIMAK – Arcturus e la Ricchezza

As-Simak è il Dio delle Stelle dell'Arabia dell'Ovest. Egli è la personificazione della Stella Arcturus e il suo Nome significa "Colui che è innalzato". Conosciuto soprattutto per la sua propensione a donare ricchezza, fama e onore, spesso veniva chiamato Haris as-Sama, che significa "il Guardiano dei Cieli". Il suo simbolo sacro era la Lancia.

Parole chiave: Stelle, Arcturus, Innalzato, Ricchezza, Onori

Altri Dei delle Stelle: Al'Uzza, Nasirah, Sa'd Matar, Al-Shira, Al-Thurayya, Suhayl, Al-Dabaran, Dhat-Zurhan, Shangila

Luogo di Culto: Arabia dell'ovest

Genere: Maschile

 

DHAT-ZURHAN – Venere Stella della Sera

Dhat-Zuhran è la Dea di Venere nel suo aspetto di Stella della Sera. Fu venerata nel sud dell'Arabia, particolarmente dalle Banu Sumhuram, Radman e Khawlan, e dai Qataban nell'area centrale dello Yemen. C'è la forte possibilità che Dhat-Zurhan sia un appellativo di Al'Uzza.

Parole chiave:Venere, Stella della Sera

Altri Dei delle Stelle: Al'Uzza, Nasirah, Sa'd Matar, Al-Shira, Al-Thurayya, Suhayl, Al-Dabaran, As-Simak, Shangila

Luogo di Culto: Arabia del sud, Yemen

Potrebbe trattarsi di: Al'Uzza

Genere: Femminile

 

NASIRAH – le Buone Notizie

Nashirah è una Dea delle Stelle: la Sua Stella sta nella costellazione del Capricorno ed era chiamata “la portatrice di buone notizie”.

Parole chiave: Capricorno, Stelle, Benedizione, Fortuna, Buone Notizie

Altri Dei della Buona Sorte: Al-Shira, Sa'd Matar, Al-Jadd, Al-Mushtri, Al-Thurayya, Mirtadam, Sakbu, Ni'mat, Suhayl

Luogo di Culto: Hegiaz, Najd

Genere: Femminile

 

SA'D - La Buona Fortuna

Sa'd è il dio della Buona Fortuna e delle Benedizioni. Venerato prevalentemente nell'Arabia dell'Ovest, era amato anche da tutti i Beduini del Najd, e aveva anche un Tempio nell'Hegiaz, nella città di Jeddah, che era stato edificato proprio in riva al mare.

Viene menzionato nel Kitab-Al-Asnam ma senza alcun apporto di notizie utili.Altissima probabilità che Sa'd e Sa'd Matar siano la stessa Divinità.

Parole chiave: Fortuna, Buona Fortuna, Benedizione

Luogo di Culto: Najd, Hegiaz

Altri Dei della Buona Sorte: Al-Shira, Matar, Al-Jadd, Al-Mushtri, Al-Thurayya, Nasirah, Mirtadam, Sakbu, Ni'mat, Suhayl

Genere: Maschile

 

MATAR – Pegaso, la Stella Fortunata della Pioggia

Matar, conosciuto anche come Sa'd al-Matar è un Dio delle Stelle: la Sua Stella è la più brillante della costellazione di Pegaso. Questa stella era conosciuta come “la stella fortunata della pioggia” ed era quella che poteva portare abbondanti precipitazioni. Altissima probabilità che Matar e Sa'd siano due Nomi della stessa Divinità.

Parole chiave: Pegaso, Stelle, Fortuna, Luminoso, Pioggia

Altri Dei delle Stelle: Al'Uzza, Nasirah, Sa'd, Al-Shira, Al-Thurayya, Suhayl, Al-Dabaran, As-Simak, Dhat-Zurhan, Shangila

Altri Dei della Pioggia: Hubal, Quzah, Al-Thurayya, Sa'd, Sakyya, Dagn, Amm-Anas

Luogo di Culto: Hegiaz, Najd

Genere: Maschile

 

SHANGILA – Dea delle Stelle

Shangila è una Dea delle Stelle dell'Arabia del Nord, che fu venerata dalla Banu Lihyan presso l'Oasi di Tayma.

Parole chiave: Stelle

Altri Dei delle Stelle: Al'Uzza, Nasirah, Sa'd Matar, Al-Shira, Al-Thurayya, Suhayl, Al-Dabaran, As-Simak, Dhat-Zurhan

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Femminile

 

ASHAR – l'Arciere a Cavallo

Ashar è un Dio della Guerra che fu venerato nel nord dell'Arabia e nel sud della Siria. Veniva raffigurato come un arciere con arco e faretra, in sella ad un cavallo, e frequentemente veniva onorato congiuntamente al Dio Sa'd Matar: insieme, queste Divinità proteggevano le imprese degli uomini.

Parole chiave: Arciere, Cavallo, Guerra, Proteggere, Successo

Altri Dei della Guerra: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Aziz, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Maher, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Associato a: Sa'd Matar

Luogo di Culto: Arabia del nord, Siria del sud

Genere: Maschile

 

ATHAR – Venere la Stella del Mattino

Athar è il Dio del Pianeta Venere e della Guerra nell'Arabia Meridionale. Per i Minei dello Yemen, Athar era Colui che provvedeva a donare loro la preziosissima Acqua. Il suo simbolo era una punta di lancia, il suo animale sacro era l'orice (che è un tipo di antilope. Un'antica iscrizione ritrovata in Arabia centrale lo descrive con il Nome di Athar-al-Shariq, che significa Athar il Radioso: qui era venerato insieme ad Allah (quello Pagano, l'Allah-Ilu) e Kahil, ed era noto per controllare l'acqua in ogni sua forma, soprattutto nel formarsi e nello scorrere dei preziosissimi Wadi, ossia i torrenti temporanei che le piogge formano dentro ai deserti (e qui non posso non notare la liaison con Wadd).
La devozione degli yemeniti portò il culto di Athar fino in Abissinia, dove veniva chiamato Astar.

Verso l'ottavo secolo dell'era volgare, nell'Arabia del Nord era conosciuto come Atarsamayn (Athar il Celestiale), sposo di Atarquruma (Kurum, uno dei nomi di Shams, Dea del Sole). Tutti lo conoscevano anche come “la Stella del Mattino”.

Parole chiave: Venere, Guerra, Acqua, Lancia, Orice

Altri nomi: Athar-al-Shariq, Astar

Fratello di: Bahr, Dio del Mare

Fratello di: Sahar, Dea dell'Alba

Luogo di Culto: Hegiaz e Yemen, Siria, Abissinia

Altre Divinità della Guerra: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Aziz, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Maher, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Genere: Maschile

 

MAHER – Dio della Guerra, figlio di Athar

Maher è il Dio della Guerra che fu venerato dagli Himyariti, ma anche dagli Abissini. In Abissinia Maher era considerato figlio di Astar.

Figlio di: Astar

Luogo di Culto: Yemen, Abissinia

Altre Divinità della Guerra: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Aziz, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Genere: Maschile

 

BAHR – Il Mare

Bahr è il Dio del Mare e dell'Oceano venerato in molte parti d'Arabia. Grandemente onorato in tutta l'area costiera dell'Hegiaz e dello Yemen, da lì attraverso il Mar Rosso il suo culto giunse fino in Africa: qui, in Abissinia, veniva chiamato Biher e veniva onorato insieme ad Athar, perché gli Abissini dicevano che loro due erano fratelli – e non è la prima volta che accade, in Africa, che il Principio Maschile del Mare e l'aspetto tempestoso della Guerra siano considerati fratelli! Nelle regioni a sud dell'Arabia, fu molto importante presso gli Himyariti, e nell'Oman fu ancora più amato: dopo la morte di Maometto, i Banu Al-Azd abiurarono l'Islam per tornare da Bahr – ma purtroppo Abu Bakr lo venne a sapere, e ritornò in Oman per distruggere i pagani. Oggi resta qualche traccia dell'antica devozione tra le righe della letteratura Araba, dove si racconta di un Vecchio Uomo del Mare e di Sinbad il Marinaio.

Altri nomi: Yamm, Biher, Bajar, Bahar

Fratello di: Athar

Luogo di Culto: Hegiaz e Yemen, Siria, Abissinia

Altre Divinità del Mare: Suwa, Manat, Awal

Genere: Maschile, Lunare

 

AWBAS – la Sposa di Athar

Awbas è una Dea degli Oracoli venerata nel sud dell'Arabia. I Sabei dello Yemen si affidavano a Lei per ottenere profezie. Awbas è la sposa di Athar, il Dio del Pianeta Venere.

Altri nomi: Hawbas

Sposa di: Athar

Luogo di Culto: Yemen

Genere: Femminile

 

AWAL – il Grande Squalo

Awal è il Dio del Mare venerato nelle regioni a est e nelle isole del Golfo Persico, dove oggi si trova il Bahrein (e guarda caso, “Bahrein” ha tutta l'aria di essere un tributo a Bahr, Dio del Mare. Non ho modo di sapere se Awal sia un altro modo di nominare Bahr, oppure se sia un Dio della sua Famiglia).
Le tribù di Taghlib e Iyad, e i Banu Bakr lo veneravano come Guardiano Primordiale delle Acque del Golfo. Awal veniva raffigurato come un grande Squalo.

Parole chiave: Mare, Guardiano, Acqua

Animale Sacro: Squalo

Altri Dei del Mare: Suwa, Manat, Bahr

Luogo di Culto: Bahrein

Genere: Maschile

 

AL-FALS – lo Spazio Sacro che Protegge ogni Vivente

Al-Fals è il Dio delle Montagne dell'Arabia Centrale. Aveva il suo Tempio sulla montagna nera di Jebel Aja, in mezzo al deserto del Najd. Il suo idolo era una roccia rossa dalla forma simile ad un uomo; i suoi custodi erano i Banu Bawlan, della tribù Tayy. Tutta la Montagna Nera era considerata Sacra in virtù della presenza dell'idolo di Al-Fals: qualunque uomo e qualunque animale stesse fuggendo da un pericolo o cercasse rifugio, era sufficiente che entrasse nel territorio sacro della Montagna Nera, e nessuno avrebbe più potuto nuocergli o perseguitarlo. Quando gli animali entravano nell'area Sacra di Al-Fals, anche se non stavano fuggendo da qualcosa, diventavano automaticamente di sua  proprietà: dovevano essere tenuti vicino al tempio dai custodi, nutriti e curati, e non potevano più essere uccisi.

Nel Kitab-Al-Asnam vi è un lungo racconto riguardo questa cosa: una signora perde il suo cammellino, il quale va a finire sulla Montagna Nera. Qualcuno va a recuperare il cammellino per restituirlo alla proprietaria, ma il custode dice che non si può, perché ormai l'animale appartiene ad Al-Fals. Il tizio che era andato a recuperarlo lo prende su lo stesso. Al-Fals non gli fa niente.
Ovviamente Hisham-al-Kalbi sostiene che non sia successo nulla in virtù del fatto che Al-Fals non esiste. Personalmente, invece, ammesso che il racconto sia vero, ci vedo molto di più un Dio giusto ed equilibrato, che ha scelto con equità di lasciare che l'animale tornasse a casa.

Parole chiave: Montagna Nera, Protezione, Proteggere Animali, Spazio Sacro, Rifugio

Luogo di Culto: Najd

Altre Divinità di Protezione: Ya'uq, Abgal, Shay-al-Qawm, Kahl, Nakruh, Ya'uq, Ba'lat-Mafrash, Ruda, Rahmaw, Al-Malik, Al-Habhah, Dhu'l-Khabsa, Dhu'l-Ka'Abat

Altre Divinità protettrici degli Animali: Dhu'l-Samawi, Basamum

Altre Divinità delle Montagne: Dushara, Manaf

Genere: Maschile

 

YAGHUTH – il Leone, Colui che soccorre

Yaghuth è un Dio della Guerra, veniva raffigurato come un Leone e la sua statua era stata posta in cima ad una collina dello Yemen. Divinità principale della tribù dei Mahdi, era onorato grandemente anche presso i Murad e i Jurash: essi scendevano in battaglia portando un suo simulacro per propiziarsi la vittoria nel combattimento. Presso gli Adnaniti dell'Hegiaz e presso i Quraysh era conosciuto come Abd Yaghuth, onorato e rispettato da tutti. Molti bambini dei Kuza'a e dei Quraysh furono chiamati Abd-Yaghuth e Abd al-Asad, che significa “devoto del Leone”. Yaghuth significa “Egli Soccorre”.


Parole chiave: Guerra, Leone, Venire in Soccorso, Vittoria

Luogo di Culto: Hegiaz, Yemen

Altre Divinità associate al Leone: Allat, Aziz/Al-Muharriq

Genere: Maschile

YA'UQ – il Cavallo, l'Intelligenza e la Protezione

Ya'uq è una Divinità tutelare associata alla protezione e alla rapidità di pensiero, intesa come vivacità e prontezza mentale. Grandemente venerato nell'Arabia meridionale dagli Hamdan e dai Khawlin, il suo tempio principale sorgeva vicino a Sana'a ed era raffigurato in forma di Cavallo. I suoi devoti avevano l'abitudine di confezionare piccole statuette a forma di Cavallo e di portarsele dietro, per assicurarsi la protezione di Ya'uq in ogni momento.

Parole chiave: Protezione, Velocità, Pensiero, Intelligenza, Cavallo

Altri Dei dell'Intelligenza: 'Utarid

Luogo di Culto: Arabia Meridionale

Genere: Maschile

 

NASR – l'Avvoltoio, la Determinazione e l'immensità del Deserto

Nasr è il Dio dei Deserti sconfinati dell'Arabia meridionale. Il suo animale sacro era l'Avvoltoio, e infatti in arabo avvoltoio di dice proprio nasr. Fu una delle Divinità più amate e conosciute nel territorio degli attuali Emirati Arabi e in tutto lo Yemen. Nasr era la personificazione della Natura selvaggia, e veniva grandemente onorato come simbolo di perspicacia, intuizione sagace e carattere tagliente e determinato. Il suo Tempio più importante si trovava nella città di Balkha, nello Yemen, e il suo Idolo era una scultura in pietra raffigurante un grande Avvoltoio - e molti altri Avvoltoi venivano frequentemente posti sulle porte dei Templi e degli edifici ufficiali in Suo onore.

Tra tutti gli Yemeniti di Balkha, la tribù che era maggiormente devota a Nasr era la Banu Himyar, e tra questi Himyariti c'era un clan che più di tutti lo amava: era il clan Dhu'l-Kala'. Questo ci riporta a Dhu'l Khalasah, il Dio della Salvezza il cui Culto, nello Yemen, resistette per più di mille anni dopo l'avvento dell'Islam, ma che un tempo fu amato e onorato anche nelle regioni del nord, ai confini con la Siria. Insieme a Dhu'l Khalasah si riapre il confronto con Dhu-Al-Shara, Dhu'l Samawi e Shay-Al-Qawm, e rispunta quell'Aquila a cui inizialmente avevamo dato forse poca importanza, ma che ora torna a mostrarsi come un elemento che potrebbe rivelarsi assai significativo: pare infatti che alcuni degli Avvoltoi di Nasr ricordassero le fattezze dell'Aquila, e che ci siano parecchi punti in comune tra Nasr e l'antico Dio Assiro Nisroch, di cui si dice fosse un uccello, forse un Avvoltoio, oppure anche un'Aquila.

Parole chiave: Deserto, Immenso, Perspicacia, Determinazione, Avvoltoio

Luogo di Culto: Emirati Arabi, Yemen

Altre Divinità associate ai Rapaci: Awf, il Grande Uccello

Genere: Maschile

 

AWF – il Rapace possente e il volo degli Uccelli

Awf è un Dio Oracolare. I Quraysh lo consideravano un antenato divino, e chiamavano spesso i bambini con  il nome di Abd-Awf. Raffigurato in forma di un grande uccello rapace, la sua statua era posta a poca distanza dalla Ka'ba. Awf poteva controllare i movimenti degli uccelli, permettendo agli Arabi di eseguire lo Zajr, vale a dire la pratica di consultarne il volo per trarne presagi ed auspici. Il suo Nome significa “il Grande Uccello”.

Parole chiave: Uccello, Divinazione

Luogo di Culto: Hegiaz

Altre Divinità associate ai Rapaci: Nasr, l'Avvoltoio del Deserto

Genere: Maschile

 

NUHM – la Fertilità e la Caccia

Nuhm è il Dio della Fertilità dell'Arabia dell'Ovest. Veniva spesso interpellato per questioni inerenti al nutrimento e alla caccia, e gli si chiedeva di garantire il benessere di tutti i membri delle tribù, sia umani che animali. Le due banu che l'hanno maggiormente venerato sono state Muzaynah e 'Ida; molti bambini di quelle tribù sono stati chiamati 'Abd-Nuhm in suo onore. Nuhm significa “Colui che Conforta”. E' menzionato nel Kitab-Al-Asnam.

Parole chiave: Fertilità, Caccia

Luogo di Culto: Arabia dell'Ovest

Genere: Maschile

 

THU'BAN – il Serpente che protegge i Tesori

Thu'ban è il Dio Serpente dello Yemen. Conosciuto in molte altre parti d'Arabia fu chiamato anche Hanash, Hayya e Hubab. Con il Nome di Hubab era venerato alla Ka'aba di La Mecca come gigantesco Serpente preposto alla sorveglianza dei Tesori Sepolti, e molti bambini furono chiamati Hubab in suo onore.

Il fatto che a La Mecca ci sia un Dio Serpente con questo Nome è molto interessante perché salta subito all'occhio che Hubab somiglia ad Hubal, il Dio della Guerra fratello di Wadd, Dio dei Serpenti: al momento non posso sapere se Hubab-Thu'ban sia sempre Wadd, ma indubbiamente appare sensato mantenere aperta l'ipotesi.

Come in molti altri Culti dell'Antichità, in Arabia i Serpenti erano sempre stati considerati positivi e portatori di grandi fortune, Totem Sacri presso i Beduini, e ovunque archetipi di virilità e longevità. Uccidere un Serpente era considerato un grave sacrilegio, in grado di destare l'ira degli Dei e anche di tutti quanti i Jinn. Chi causava la morte di un Serpente poteva tentare di placare l'ira divina riempiendo una statuetta a forma di cammello con orzo, grano e datteri, mettendola poi da qualche parte tra le rocce di una montagna, e aspettando trepidante la mattina successiva: se il contenuto della statuetta era stato mangiato, significava che l'offerta era stata accettata, mentre in caso contrario voleva dire che l'incauto uccisore era stato bollato come essere insignificante, e abbandonato in balia della malattia e della malasorte.

Con l'avvento del monoteismo, i Serpenti, che per gli Antichi erano sommamente sacri, anche qui sono stati “demonizzati” fino a rappresentare l'estremo opposto. Appare innegabile che i Serpenti hanno, nella loro Natura, qualcosa di talmente antico e potente che il monoteismo non può sopportare di convivere con essi, né può tollerarne i Nomi: si racconta che Maometto pretese che un uomo di La Mecca, che si chiamava Hubab, cambiasse il suo nome con qualcos'altro perché “quello era il nome di un diavolo”.

Parole chiave: Serpente, Tesoro, Virilità, Longevità

Luogo di Culto: Hegiaz, Najd, Yemen

Altre Divinità associate ai Serpenti: Wadd, Shadrafa, Nahastab

Altri Nomi: Hubab, Hanash, Hayya

Genere: Maschile

 

SHADRAFA – i Serpenti e gli Scorpioni

Shadrafa è il Dio della Prosperità e della Protezione che fu venerato dagli Aramei, dagli Arabi del nord e dai Siriani fino a Palmira. I suoi Animali Sacri erano i Serpenti e gli Scorpioni. Shadrafa veniva raffigurato come un uomo con la barba, vestito come un soldato e con un cappello cilindrico in testa.

Parole chiave: Serpente, Prosperità, Protezione

Luogo di Culto: Arabia del Nord, Siria

Altre Divinità associate ai Serpenti: Wadd, Thu'ban, Nahastab, Hubab

Genere: Maschile

 

NAHASTAB – l'Abbondanza e i Serpenti

Nahastab è il Dio della Fertilità e dell'Abbondanza che veniva venerato dai Minei, nell'Arabia del sud. Nahastab era associato ai Serpenti, che erano considerati presagio positivo di terreno fertile e ricchezza dei raccolti.

Parole chiave: Serpente, Prosperità, Abbondanza

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Altre Divinità associate ai Serpenti: Wadd, Thu'ban, Shadrafa, Hubab

Genere: Maschile

 

SALMAN – le Oasi e la Quiete

Salman, detto anche Salim, è il Dio delle Oasi dell'Arabia del Nord. Il Suo Tempio si trovava all'Oasi di Tayma, ed era custodito dai Banu Lihyan. Salman\Salim era associato alla pace, all'armonia e al benessere: il suo stesso Nome, Salim, significa "pace". Anche se queste informazioni sono assai scarse, già da qui emerge una forte analogia con Suwa e con Wadd. Ad avvalorare l'ipotesi di una liaison con il Dio Wadd, si aggiunge il fatto che fuori dai confini dell'Oasi di Tayma, Salim veniva venerato anche come Dio dell'Oltre e dei Crepuscoli – elemento che ci rimanda alla parentela tra Wadd e Nakruh, e conseguentemente al collegamento tra Saturno e Marte.

Parole chiave: Oasi, Benessere, Pace, Oltre

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Altre Divinità associate alle Oasi: Wadd, Dhu'l-Ghabat

Altre Divinità associate alla Quiete: Suwa, Sayin

Altri Dei dell'Oltre: Qaysha, Al-Uquaysir, Ba'alat-Sahra, Nakruh, Al-Ghurab, Manat, Allat

Genere: Maschile

 

SAHAR – l'Alba

Sahar è la Dea dell'Alba. Venerata nell'Arabia del Nord, Sahar è la sorella di Athar (Dio di Venere) e di Salman (Dio delle Oasi e della Pace), e si dice sia stata la balia asciutta di Hilal/Wadd/Sayin/Qamar.

Parole chiave: Alba, Aurora, Balia, Nutrimento

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Sorella di: Athar, Salman (Athar e Salman sono dunque fratelli?)

Genere: Femminile

 

ISIF E NA'ILAH – le Colline e la Sorgente

Isif e Na'ilah sono due Divinità delle Sorgenti e delle Colline, che furono venerate principalmente nell'area della città di La Mecca.

La statua raffigurante Na'ilah si trovava sulla Collina di Al-Marwa, quella di Isif, suo sposo, sulla Collina vicina di Al-Safa. Gli Arabi amavano e veneravano entrambi, recandosi su entrambe le colline. Isif e Na'ilah proteggevano il prezioso Pozzo Zemzem. Isif era detto anche Mu'tim at-Ta'ir, che significa “colui che nutre gli uccelli”: i suoi Devoti gli offrivano grandi piatti pieni di datteri, e li lasciavano scoperti affinché gli uccelli potessero beccarli. Se gli uccelli venivano a mangiarli, significava che Isif aveva apprezzato l'offerta.

Per qualche ragione che non sappiamo, erano amati ma anche temuti, al punto che i loro numerosissimi adoratori non osavano toccare mai le loro statue. Che sia per questa ragione che Hisham avrebbe preferito non doverli citare come Divinità? È innegabile che la più recente mitologia araba li abbia voluti screditare, dipingendoli meno divini possibile, descrivendoli come due amanti che furono trasformati in pietra per punizione, e come era prevedibile, è solo questa la storia a cui fa riferimento il Libro degli Idoli. Le cose in realtà stavano molto diversamente: nei ritrovamenti che testimoniano l'antica venerazione per Isif e Na'ilah non vi è nulla che possa far dubitare della loro Natura Divina.

Parole chiave: Acqua, Pozzo, Dissetarsi, Colline, Timore Reverenziale

Luogo di Culto: Hegiaz

Pietra: Statue antropomorfe

Offerta: Datteri

Altri Dei delle Sorgenti:Al'Uzza, Wadd, Dushara, Al-Ba'l

Genere: Isif maschile, Na'ilah femminile

 

DHU-AL-KAFFAYN- Quello delle Due Palme

Dhu-al-Kaffayn è una Divinità tribale originaria dell'Arabia occidentale. Anche i Daws lo veneravano, nelle zone a sud-est. L'idolo che era stato eretto per lui aveva una forma molto singolare, che ricordava una mano. Il suo nome significa “Quello delle Due Palme”. Purtroppo non si sa altro. Nel Kitab-Al-Asnam è menzionato solo per parlarne male, e non vi è apporto di notizie utili.

Parole chiave per confronto e ricerca: Mano, Palma, Due Palme

Altri Dei delle Palme: Dhat-Anwat, Ashira, Ta'lab

Luogo di Culto: Arabia Occidentale

Genere: Maschile

 

MA'N – l'Acqua che si può Bere

Ma'n è un Dio dell'Acqua dei Beduini tra il nord Arabia e la Siria del Sud. Il centro del suo Culto era presso la città di Ras As-Shar.

I Beduini lo veneravano congiuntamente a Sa'd (la Buona Fortuna), Ashar (l'Arciere a Cavallo) e Aziz (il Dio di Marte). Ma'n era la personificazione dell'acqua dolce pulita, rinfrescante e portatrice di vita: frequentemente i suoi Devoti si riferivano a Lui chiamandolo “il Dio buono e generoso”.

Parole chiave: Acqua, Pulito, Fresco, Bere, Potabile, Generoso

Altri Dei dell'Acqua: Athar, Al'Uzza, Wadd, Dushara, Al-Ba'l, Isif, Na'ilah, Al-Ba'lu, Nawasam
Luogo di Culto: Nord Arabia, Siria

Genere: Maschile

 

KHADIR – l'Immortale che sorveglia i Deserti

Khadir è un Dio della Vegetazione che in particolare fu venerato nelle aree desertiche. Un'antica leggenda narra che Khadir divenne un'Essere Immortale perché bevve dalle sorgenti dello Sharajat al-Hayat, e da allora attraversa i deserti sorvegliando la Terra, e assicurandosi che l'Acqua preziosa e le piante continuino ad esistere.

Parole chiave: Vegetazione, Deserto, Immortale, Sorvegliare, Acqua

Luogo di Culto: Deserti

Genere: Maschile

 

DHAT-ANWAT – Gli Alberi

Dhat-Anwat è una Dea degli Alberi venerata nell'area della città di La Mecca. Il suo Albero sacro si trovava a metà strada tra La Mecca e Yathrib; alcuni dicono che fosse una grande palma da datteri, altri invece sostengono che fosse un grande albero di loti. Tutte le tribù della zona andavano a renderle omaggio, adornando il suo Albero Sacro con ogni genere di ornamenti e gioielli, spesso anche appendendo armi ai suoi rami.

Dhat-Anwāt significa “Colei che possiede gli ornamenti d'onore”.

Parole chiave: Vegetazione, palma, datteri, ornamenti, omaggio, onore

Altri Dei delle Palme: Dhu-Al-Kaffayn, Dhat-Anwat, Ashira, Ta'lab

Luogo di Culto: Hegiaz

Genere: Femminile

 

DHU'L-GHABAT- La Vegetazione

Dio della vegetazione dell'Arabia settentrionale, fu venerato presso l'Oasi di Tayma dai Banu Lihyan.

Parole chiave: Oasi, Vegetazione

Altri Dei della Vegetazione: Ashira, Dhat Badan, Dhat Anwat, Al'Uzza, Khadir, Kawim

Luogo di Culto: Arabia Settentrionale

Genere: Maschile

 

DHAT BADAN – La Natura

Dhat-Badan è la Dea della Natura del Sud. Fu venerata soprattutto dalla tribù degli Himyar, che portarono il suo culto fino in Africa, nel nord dell'Abissinia e in Somalia, dove veniva chiamata Zat-Badar. Tutte le oasi circondate da Alberi le erano sacre. Si dice che Dhat Badan non gradisse essere invocata se nel suo santuario non era presente una veggente o una sacerdotessa a lei consacrata. Le sacerdotesse di Dhat-Badan si chiamavano Khalimah, che significa “sognatrice”: per parlare con la loro Dea, esse si stendevano sotto ad uno dei suoi Alberi Sacri e dormivano, per incontrarla in sogno.

Parole chiave: Natura, Oasi, Alberi

Altri Dei della Vegetazione: Dhu'l-Ghabat, Ashira, Dhat Anwat, Al'Uzza, Khadir, Kawim

Altri Dei per i quali si sogna: Ar-Ra'iyu, Al-Jalsad

Luogo di Culto: Arabia del SudGenere: Femminile

 

ARANYADA – l'Ibis e lo Struzzo

Aranyada è una Divinità tutelare dell'Arabia del sud. Il centro del suo Culto si trovava nello Yemen, presso Nashshan: qui gli Arabi Sabei lo veneravano come Dio della Natura e protettore della città. I suoi simboli sacri erano l'Ibis, lo Struzzo e gli Alberi.

Parole chiave: Natura, Protezione

Altri Dei collegati agli Uccelli: Nasr, 'Awf, Dhu'l Samawi, Isif

Luogo di Culto: Arabia del Sud, Yemen

Animali: Ibis, Struzzo

Genere: Maschile

 

ASHIRA – Le Palme Rigogliose

Ashira è la Dea della Fertilità del Nord dell'Arabia. Nell'Oasi di Tayma era la più importante. Lei controllava la crescita delle Palme da Datteri

Parole chiave: Fertilità, Vegetazione, Palma, Datteri

Altri Dei della Vegetazione: Dhu'l-Ghabat, Dhat Badan, Dhat Anwat, Al'Uzza, Khadir, Kawim

Altri Dei delle Palme: Dhu'l-Kaffayn, Dhat-Anwat, Ta'lab

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Femminile

 

AMM-ANAS – il Raccolto Abbondante

Amm-Anas è il Dio dell'Agricoltura del Sud, venerato soprattutto dai Khawlin e dai Qataban. I Khawlin usavano offrirgli le primizie per ringraziarlo del raccolto; i Qataban consideravano Amm-Anas soprattutto una Divinità del Tempo Metereologico e per loro era il più importante di tutti gli Dei – infatti, usavano chiamare sé stessi “banu-Amm” che sta a significare “figli di Amm”.

È menzionato nel Kitab-Al-Asnam, dove viene fatto un lungo discorso per deplorare il costume di offrirgli primizie.

Parole chiave: Pioggia, Raccolto Abbondante, Primizie, Benessere, Dio del Cielo

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Altre Divinità delle Piogge: Hubal, Quzah, Sa'd Matar, Sakiyya, Dagn, Al-Thurayya, Al-Dabaran, Sa'd Matar, Ruda, Dagn

Altre Divinità dei Raccolti: Allat, Al'Uzza, A'ra, Ruda, Nuhm, Ashira, Kuthra, Suwa, Kawim, Raziqa, Bashrir, Dagn, Harimtu, Hagaram, Zuhal, Al-Jalsad, Khomar

Genere: Maschile

 

KAWIM – i Monsoni e il Raccolto

Kawim è il Dio dell'Agricoltura, della Vegetazione e dei Monsoni che fu venerato nell'Arabia del Sud, soprattutto dagli Himyariti dello Yemen. Il suo Nome significa "Colui che Sostiene".

Parole chiave: Vegetazione, Vento, Agricoltura, Sostegno, Sostentamento

Altri Dei dell'Agricoltura: Harimtu, Allat, Raziqa, Hagaram, Zuhal, Al-Jalsad, Khomar, Dagn
Luogo di Culto: Arabia del sud, Yemen

Genere: Maschile

 

HARIMTU – Sposa del Tuono, Madre della Stella del Mattino

Harimtu è la Dea della Fertilità dell'Arabia del sud. Per per gli agricoltori delle tribù Saba, Ma'in e Qataban, Harimtu è la Sposa di Ilmaqah (il Dio del Cielo) ed è la Madre di tutti gli Dei - in particolare Madre di Athar (la Stella Del Mattino). A Nord era conosciuta con il Nome di Ashira, Colei che governa la crescita delle Palme da Datteri. Harimtu preserva la qualità del suolo e l'abbondanza dei raccolti, e il suo Animale Sacro è la Gazzella.

Parole chiave: Fertilità, Palma, Datteri, Abbondanza

Conosciuta anche come: 'Athiratan, Ashira

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Femminile

 

BA'LAT-MAFRASH – la Difesa e la Protezione

Ba'lat-Mafrash è una Dea Tutelare e della Fertilità del sud dell'Arabia. Lei protegge i bambini e le famiglie, difende dai nemici e aumenta la resa dei raccolti, e oltre a tutto questo è anche propensa a donare oracoli affidabili. Il suo Nome significa “Padrona di Mafrash” e gli Arabi Sabei la veneravano grandemente dedicandole grandi altari di incenso.

Parole chiave: Abbondanza, Difesa, Protezione, Prosperità, Divinazione

Offerta: Incenso
Luogo di Culto: Arabia del sud

Genere: Femminile

 

RAZIQA – il Nutrimento

Raziqa è la Dea della Terra e della Prosperità venerata nell'Arabia del Sud. I Thamudeni e gli 'Ad la veneravano in qualità di portatrice di benessere, nutrimento e abbondanza.

Parole chiave: Terra, Prosperità

Altri Dei della Prosperità: Allat, Al'Uzza, A'ra, Ruda, Amm-Anas, Ashira, Nuhm, Kuthra, Suwa, Kawim, Bashrir, DagnAltri Nomi: Razeka

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Femminile

 

BASHRIR - Prosperità

Bashir è un Dio della Prosperità venerato nel sud dell'Arabia, specialmente presso le tribù sabee Bakil e Hashid.

Parole chiave: Prosperità, Abbondanza

Altri Dei della Prosperità: Allat, Al'Uzza, A'ra, Ruda, Amm-Anas, Ashira, Nuhm, Kuthra, Suwa, Kawim, Raziqa, Dagn

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

RUDA – Dio o Dea? La Pioggia e il Sole

Divinità Solare ma anche portatrice di benefiche Piogge, Ruda era venerata come Dea della Fertilità in Arabia centro-settentrionale, soprattutto presso le tribù Tamim e Rabi'ah. Alcuni studiosi hanno considerato l'ipotesi che potesse trattarsi di un altro Nome di Al'Uzza, sia perché entrambe mostrano la medesima correlazione con il Pianeta Venere, sia in virtù del confronto con la Dea Ugaritica Arsay.

A nord-ovest, invece, dove vivevano i Lihyan e i Qedariti, Ruda era considerato una Divinità Maschile e il suo Nome si scrive Rdw: questa ipotesi è avvalorata dal fatto che secondo alcuni studiosi potrebbe coincidere con un aspetto di Dushara, anch'egli Divinità Solare Maschile. Ruda-maschile compare anche in alcune iscrizioni Assire, dove è menzionato come Ruldaiu.

Indipendentemente dal genere, Ruda portava benessere e protezione.

Parole chiave: Sole, Pioggia, Fertilità

Luogo di Culto: Arabia Centrale, Arabia Settentrionale, Assiri

Nomi: Ruda, Ruldaiu

Genere: Maschile a Nord, Femminile in Arabia Centrale

 

DAGN – la Pioggia e il Grano

Dagn è il Dio della Pioggia venerato dalle tribù sedentarie di contadini di Gaza. Il suo Culto era nato presso gli Amorrei del sud della Siria, e da lì era giunto in Palestina e  presso i Filistei. I Palestinesi lo chiamavano Marnas oppure Dagon, e lo consideravano il Dio del Grano e dei pesci oceanici.

Parole chiave: Pioggia, Coltivare la Terra, Abbondanza, Grano

Altri Nomi: Marnas, Dagon

Altri Dei dell'Agricoltura: Kawim, Harimtu, Allat, Raziqa, Hagaram, Zuhal, Al-Jalsad, Khomar

Luogo di Culto: Arabia del Nord, Siria

Genere: Maschile

 

SAKIYYA – La Regina della Pioggia

Sakiyya è la Dea delle Piogge del Nord Arabia. I Thamudeni dicevano che Lei era la regina degli spiriti delle nuvole.

Parole chiave: Regina, Spiriti, Nuvole, Pioggia

Altri Dei della Pioggia: Hubal, Quzah, Sa'd Matar, Dagn, Amm-Anas, Al-Thurayya, Al-Dabaran, Sa'd Matar, Ruda, Dagn

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Femminile

 

ABGAL – Il protettore dei Beduini

Abgal è un Dio Tutelare dell'Arabia del Nord che fu venerato da tutti i popoli nomadi. Presso i Beduini è il Dio che presiede al Deserto e protegge gli spostamenti attraverso di esso. Alcune iscrizioni testimoniano che era conosciuto anche nell'area di Palmira, in Siria, dove veniva associato al Dio babilonese Apkallu.

Parole chiave: Deserto, Beduini, Viaggio, Spostamento, Protezione

Altri Dei del Deserto: Dushara, Nasr, Su'ayr, Al-Malik, Abgal, Shay-al-Qawm
Altri Dei dei Viaggiatori: Abgal, Shay-Al-Qawm, Hafidha
Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

AL-AB'AB – gli Armenti e le Capre di Montagna

Al-Ab'ab è il Dio dei pastori nell'Arabia del nord. Il suo animale sacro è la Capra di Montagna. Il suo Culto fu particolarmente sentito presso i Banu 'Udhrah e i  Banu al-Quda'a.

Parole chiave: Pascolo, Pastori

Altri Dei dei Pastori: 'Awd

Animale Sacro: Capra di Montagna

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Maschile

 

HAGARAM – i Dolmen nella Terra

Hagaram è il Dio della Terra venerato dagli Arabi Sabei. Nello Yemen è ancora possibile vedere gli imponenti qayaf (ossia le enormi pietre simili a dolmen) che i Devoti erigevano in suo onore.

Parole chiave: Terra, Qayaf

Luogo di Culto: Yemen

Idolo: Qayaf (dolmen)

Genere: Maschile

 

'AWD – il Pascolo e le Stagioni

'Awd è il Dio del Pascolo e delle Stagioni dell'Arabia del Nord. Molto amato dai Beduini, fu venerato soprattutto dagli Anazah e dai Bakr, unitamente a Su'ayr.

Parole chiave: Pascolo, Stagioni

Luogo di Culto: Deserto, Arabia del Nord

Altri Dei dei Pastori: Al-Ab'ab

Genere: Maschile

 

SU'AYR – il Deserto Profondo

Su'ayr è un Dio degli Oracoli che è stato venerato sia nei Deserti che nel Sud della Siria. Il suo Idolo era posto nel Deserto profondo. Le Banu Yaqdum e Yadkur custodivano il suo luogo sacro; gli Anazah e i Bakr andavano spesso a rendergli omaggio. Ricompensava per la devozione con oracoli.

E' menzionato nel Kitab-Al-Asnam.

Parole chiave: Divinazione, Premonizione, Oracoli, Deserto

Altri Dei degli Oracoli: Manaf, Awbas, Ba'lat Mafrash, Ri'am, Buana, Datin, Hawbas, Su'ayr, Ar-Ra'iyu, Al-Jalsad

Altri Dei del Deserto: Dushara, Nasr, Su'ayr, Al-Malik, Abgal, Shay-al-Qawm

Luogo di Culto: Deserti e Siria del Sud

Genere: Maschile

 

HAFIDHA – i Viaggi e la Protezione

Hafidha è la Dea dei Viaggi che fu venerata dagli 'Ad nello Yemen dell'est e nell'Oman. I mercanti chiedevano a Lei di essere protetti dai pericoli durante gli spostamenti e le permanenze in terre straniere.

Parole chiave: Viaggi, Trasferimenti, Spostamenti, Mercanti, Protezione

Altri Dei dei Viaggiatori: Abgal, Shay-Al-Qawm, Shay-al-Qawm

Altri Dei dei Mercanti: Suwa, Al-Kutbay, Hol

Luogo di Culto: Yemen e Oman

Genere: Femminile

 

ALMAQAH – il Tuono e i Fulmini

Almaqah è il Dio del Tuono dell'Arabia del Sud. Era il Dio principale per gli Arabi Sabei, e il centro del suo Culto era ad Awwam, vicino alla capitale Ma'rib. Il suo simbolo era un gruppo di fulmini che circondavano una falce ricurva (una Luna?) e il suo animale sacro era il Toro.

I Sabei dicevano che Almaqah era il loro progenitore, e ne portarono il Culto in Abissinia, Etiopia, Somalia e Mesopotamia.

Parole chiave: Tuono, Fulmine, Falce, Toro

Altri nomi: Ilumquh

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Altre Divinità del Tuono e del Fulmine: Hubal, Qos, Quzah, Rahmaw

Genere: Maschile

 

RAHMAW – la Tempesta e la Misericordia

Rahmaw, conosciuto anche come Rahmanan o Rahman, è il Dio del Vento e delle Tempeste, ma anche della Misericordia e della Protezione, che fu venerato dai Sabei di Marib. Il suo idolo era una grande Sfinge, presso la quale i devoti portavano targhette votive. È possibile che il Nome Rahmaw, nel sud, sia un appellativo di Ilmuquah, così come è altamente probabile che nel deserto sia un appellativo di Allah: infatti la gente di Najran e di Al-Yamama, nel Najd, spesso chiamava Allah con il nome di “Rahman”.

Ovviamente “Allah” qui sta ad indicare l'Allah dei Pagani.

Conosciuto anche nell'Arabia del Nord, là Raman veniva chiamato “al-Haddad”, ossia “il Distruttore-Colui che fa Tuonare”, e veniva venerato come portatore di piogge rinfrescanti e vegetazione rigogliosa.

Parole chiave: Misericordia, Protezione

Idolo: Sfinge

Luogo di Culto: Najd

Genere: Maschile

 

JARNAN – il Toro e la Ricchezza

Jarnan è il Dio del Benessere dell'Arabia del Sud. Il suo tempio maggiore si trovava nella città di Izki, nell'attuale Oman. Jarnan garantiva benessere ai suoi devoti, donando salute e ricchezza e proteggendo il bestiame. Il suo idolo era una grande statua di oro massiccio in forma di Toro, e -cosa singolare e interessante- questo Toro era identico, nella descrizione, all'idolo d'oro che fece tanto infuriare Mosè ai piedi del Sinai.

Parole chiave: Benessere, Salute, Ricchezza, Bestiame

Altri Dei del Benessere: Samih, Ruda

Altri Dei legati al Toro: Almaqah, Awal

Idolo: Toro, statua in Oro

Luogo di Culto: Arabia del Sud, Oman

Genere: Maschile

 

SAMIH – Colui che Ascolta i Devoti

Samih è il Dio del Benessere che fu venerato dagli Himyariti dello Yemen. Il suo Nome significa “Colui che Ascolta” ed è ancora possibile trovare antiche iscrizioni dove i suoi Devoti si appellano a Lui per ottenere aiuto nei momenti difficili.

Parole chiave: Benessere, Ascoltare, Udire

Detto anche: Colui che Ascolta

Altri Dei del Benessere: Jarnan, Ruda

Luogo di Culto: Yemen

Genere: Maschile

 

JAMHARA – la Guerra, il Coraggio e la Coerenza

Jamhara è il Dio della Guerra degli 'Akk, dei Salif e degli Ash'ar. Essi, in nome di Jamhara si ribellarono al califfo Al-Ma'mun e abiurarono l'Islam per ritornare al Paganesimo. L'Idolo di Jamhara era costruito in rame pieno e purissimo.

Parole chiave: Guerra, Onore

Altri Dei della Guerra: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Aziz, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Maher, Yaghuth, Hakmish

Metallo: Rame

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

A'IM - la Guerra

A'im è un Dio della Guerra che è stato venerato soprattutto dalla Banu Al-Azd. Il suo tempio più importante si trovava sulle montagne dell'Asir, nell'Arabia del Sud. E' menzionato nel Kitab-Al-Asnam.

Parole chiave: Guerra, Montagne

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

AL-MALIK – La vittoria

Al-Malik è un Dio Tutelare dell'Arabia del Nord. Le tribù del Deserto lo invocavano per assicurarsi la vittoria in battaglia. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che possa esserci un collegamento con il Dio Moloch venerato in Giordania settentrionale. Dopo l'avvento dell'Islam, la figura di Al-Malik è stata distorta ed è stato descritto come una sorta di angelo deputato alla custodia dell'inferno.

Parole chiave: Deserto, Beduini, Battaglia, Vittoria

Altri Dei del Deserto: Dushara, Nasr, Su'ayr, Shay-Al-Qawm, Abgal

Altri Dei della Guerra: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Aziz, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Maher, Yaghuth, Jamhara, Hakmish

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Maschile

 

ISAT – il Fuoco

Isat è la Dea del Fuoco dell'Arabia del Sud. Fu venerata dai Sabei e dagli Himyariti dello Yemen, rivestendo però un ruolo minore rispetto a quello di molti altri Dei. È probabile che questo ruolo minoritario sia dovuto al fatto che il Nome di Isat potrebbe essere stata un'acquisizione dal Pantheon Cananeo (i Cananei infatti avevano una Dea del Fuoco che si chiamava Ishat) e che nel Pantheon Arabo fosse già presente una Dea del Fuoco.

Parole chiave: Fuoco

Luogo di Culto: Yemen

Genere: Femminile

 

DUWAR – la Grazia delle delle Vergini

Duwar è la Dea delle Vergini. Le più giovani tra le Quraysh circumambulavano il suo idolo, e gli uomini le offrivano libagioni. E' stata venerata nella Ka'bah di La Mecca.

Parole chiave: Grazia, Verginità, Giovinezza

Altri Dei associati alla giovinezza: Suwa, Na'ilah

Luogo di Culto: Hegiaz

Genere: Femminile

 

RI'AM – la Divinazione

Nella città di Sana'a veniva venerato un Dio degli Oracoli chiamato Ri'am, a cui gli Himyar portavano offerte di ringraziamento. Ri'am era amato e godeva di ottima fama, molte persone venivano a Sana'a nel suo Tempio per rendergli omaggio anche da molto lontano, e dicevano di Lui che i suoi oracoli erano molto affidabili.

Parole chiave: Oracolo, Divinazione, Fiducia, Affidabilità

Luogo di Culto: San'a

Altri Dei degli Oracoli:

Manaf, Awbas, Ba'lat Mafrash, Buana, Datin, Hawbas, Su'ayr, Ar-Ra'iyu, Al-Jalsad

Genere: Maschile

 

BUANA – Dio della Divinazione

Buãna è un Dio Oracolare a cui i Quraysh in particolare, e gli abitanti di La Mecca in generale, erano devoti. Donava premonizioni in cambio di offerte al suo tempio.

Parole chiave: Divinazione, Premonizione, Oracolo

Altri Dei degli Oracoli:

Manaf, Awbas, Ba'lat Mafrash, Ri'am, Buana, Datin, Hawbas, Su'ayr, Ar-Ra'iyu, Al-Jalsad

Luogo di Culto: Hegiaz

 

AR-RA'IYU – Colui che Vede

Ar-Ra'iyu è il Dio dei Sogni e della Profezia. Egli vede ogni cosa e comunica auspici attraverso i Sogni: il suo nome significa "Colui che Vede". Gli Antichi d'Arabia spesso ricevevano Sogni da Lui, e vi erano molti indovini specializzati nell'interpretare i suoi messaggi.

Parole chiave: Sogni, Profezia, Auspici

Altri Dei della Profezia:

Manaf, Awbas, Ba'lat Mafrash, Ri'am, Buana, Datin, Hawbas, Su'ayr, Al-Jalsad

Altri Dei che venivano incontrati in Sogno: Al-Jalsad, Dhat-Badan

Genere: Maschile

 

AL UQUAYSIR – La Musica, il Canto e la Danza

Al-Uqaysir è un Dio Tutelare dell'Arabia del Nord, venerato particolarmente tra le zone collinari e desertiche della Siria. Quando i devoti andavano al suo idolo per proferire voti e giuramenti, gli offrivano ciocche dei propri capelli in pegno.
Talvolta i suoi devoti si rasavano la testa, poi impastavano i capelli tagliati con la farina e facevano forme di pane: questa singolare offerta di pane misto a capelli era specifica per onorare Al-Uquaysir nel suo ruolo di Guida e Protettore degli Spiriti degli Antenati.

Frequentemente per Al-Uquaysir si faceva festa, si mangiava e si beveva copiosamente, e si faceva musica danzando e cantando.

Menzionato nel Kitab-Al-Asnam, non emerge alcun dato significativo oltre alla questione della rasatura dei capelli (spiegata malissimo) e al fatto che la gente cantasse molto per Lui.

Parole chiave: Festa, Danza, Cantare, Musica

Altri Dei legati al canto e alla musica: Al'Uzza, Al-Fals

Altri Dei dell'Oltre: Qaysha, Ba'alat-Sahra, Salman, Nakruh, Al-Ghurab, Manat, Allat, Hawran

Luogo di Culto: Arabia del Nord, Siria

Genere: Maschile

 

QAYSHA – La Protettrice dei Defunti

Qaysha è la Dea Funeraria del Nord-Ovest, invocata dai Nabatei della Giordania meridionale per proteggere le tombe. Il Culto di Qaysha era associato indissolubilmente ad altri due Nomi: Taraha, la Dea del Benessere, e Manat, la Dea del Destino.

Nel suo aspetto di Divinità della Morte, presso i Nabatei Manat era conosciuta anche come Colei che Protegge le Sepolture: spesso veniva venerata assieme a Taraha, Dushara e Qaisha.

Qaisha (con la i) indica una Divinità maschile e significa “sposo”, e come abbiamo avuto già modo di vedere nei paragrafi di Manat e di Hubal, potrebbe trattarsi di un appellativo di Hubal relativo al suo ruolo di Sposto di Manat.

È interessante notare la grande somiglianza tra “Qaisha” e “Qaysha”, e lo è ancora di più se si tiene conto del fatto che i Nabatei molte volte veneravano gli Dei più importanti associandone i Nomi, con l'intento di declinarne l'Essenza in una Molteplicità di Manifestazioni.

Non mi è possibile determinare se Qaysha e Qaisha possano sovrapporsi, né ho modo di affermare che Qaysha e Taraha siano due aspetti di Manat. Questa riflessione è destinata, almeno per il momento, a restare puramente ipotetica.

Parole chiave: Morte, Tombe, Protezione

Altri Dei dell'Oltre:

Al-Uquaysir, Ba'alat-Sahra, Salman, Nakruh, Al-Ghurab, Manat, Allat, Hawran

Luogo di Culto: Arabia Nord-ovest, Giordania

Genere: Femminile

 

AL-GHURAB – il Corvo, Guardiano degli Spiriti

Al-Ghurab è il Dio Guardiano degli Spiriti dei Defunti che fu venerato a La Mecca. Il suo idolo era una scultura a forma di Corvo, e tutti i Corvi gli erano Sacri. Gli Antichi Arabi rispettavano i Corvi e li consideravano molto importanti, proprio per la funzione di guide e protettori delle Anime che questi uccelli assolvevano insieme al Dio Al-Ghurab.

Parole chiave: Guardiano, Spiriti, Defunti, Corvo

Altri Dei dell'Oltre: Qaysha, Al-Uquaysir, Ba'alat-Sahra, Salman, Nakruh, Manat, Allat, Hawran

Luogo di Culto: Hegiaz

Animale: Corvo

Idolo: Scultura a forma di Corvo

Genere: Maschile

 

BA'ALAT-SAHRA – il Deserto e l'Oltre

Ba'alat-Sahra è la Dea del Mondo di Sotto e dei Deserti che fu venerata dai popoli nomadi del nord. Conosciuta anche in Siria, qui era chiamata Belet-Seri e si diceva che fosse sposata con un Dio di nome Amurru.

Parole chiave: Deserti, Oltretomba

Altri Dei dell'Oltre: Qaysha, Al-Uquaysir, Salman, Nakruh, Al-Ghurab, Manat, Allat, Hawran

Luogo di Culto: Siria, Nord Arabia

Genere: Femminile

 

HAWRAN – Colui che sa Ammalare e sa Guarire

Hawran è il Dio del Mondo di Sotto che governa gli Spiriti delle Malattie. Egli può ammalare e può guarire, e sa proteggere dal morso dei serpenti velenosi.
Fu conosciuto e venerato soprattutto nelle regioni dell'Arabia del nord. I Luoghi Sacri di Hawran sono le Grotte e il fondo dei Pozzi, dove potrebbero trovarsi le porte di accesso al mondo dell'Oltre.

Parole chiave: Oltre, Ammalare, Guarire, Contrastare il Veleno

Altri Dei dell'Oltre: Qaysha, Al-Uquaysir, Salman, Nakruh, Al-Ghurab, Manat, Allat

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Maschile

 

TARAHA – la Benedizione

Taraha è la Dea del Fato e della Fortuna venerata dai Nabatei insieme a Manat, la Madre dei Destini, e a Qaysha, la Dea dell'Oltre. A Taraha si chiedeva benedizione, benessere e prosperità.

Parole chiave: Fato, Fortuna, Benessere

Associata a: Manat, Qaysha

Luogo di Culto: Nord

Genere: Femminile

 

HAWLAT – il Potere Magico

Hawlat è la Dea della Magia e del Potere Magico. Proteggeva le Oasi di Dumah e di Hejra. Il Suo Nome significa "cambiare le fortune".

Parole chiave: Magia, Cambiamento, Oasi, Protezione

Luogo di Culto: Deserto

Genere: Femminile

 

NI'MAT – il Fato

Ni'mat è la Dea del Fato e della Fortuna venerata dai Banu Lihyan nell'Arabia del Nord. Ni'mat è molto antica, perché appare associata al nome di Allah (quello pre-islamico, ovviamente) in molte iscrizioni. A Lei si chiedevano benedizioni.

Parole chiave: Fato, Fortuna, Benedizione

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Femminile

 

SAKBU- il Dono

Sakbu è il dio della Fortuna arabo del nord che fu adorato dai Nabatei. Non è chiaro se Sakbu sia il nome di un Dio a sè stante, oppure se sia un appellativo onorifico attrinuito al Dio Jadd, venerato nelle regioni occidentali d'Arabia. Sakbu deriva da Sakib, che significa "dono, ricompensa".

Parole chiave: Fato, Fortuna, Dono, Ricompensa

Potrebbe trattarsi di: Jadd

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Maschile

 

MIRTADAM – l'Aiuto e l'Intercessione

Mirtadam è il Dio della Fortuna dell'Arabia del sud. Gli Himyariti lo invocavano chiedendogli Assistenza e Intercessione Divina; tra essi, i Banu Mawad'am lo chiamavano Bal e lo veneravano come Dio principale.

Parole chiave: Fato, Fortuna, Assistenza

Altri Dei della Buons Sorte: Al-Shira, Sa'd Matar, Al-Jadd, Al-Mushtri, Al-Thurayya, Nasirah, Sakbu, Ni'mat

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

TA'LAB – La Salute

Ta’lab è un Dio degli Oracoli, della Salute e delle Guarigioni dell'Arabia del Sud, Il suo Idolo era un Albero di Palma, che si trovava a Tur'at, sulla montagna di Jabal Itwa, nello Yemen. I Sabei confezionavano amuleti con sopra inciso il nome di Ta'lab, e li portavano addosso, perché l'energia di Ta'lab conservava la salute - e se qualcuno era malato, allora costruiva l'amuleto con la forma della parte del corpo che necessitava guarigione. Molti bambini venivano chiamati Wahb-Ta'lab, e si dice che chi portava questo nome godesse di ottima salute.
Tra gli Himyariti, i Riyam, i Su'may e i Sukhaym lo veneravano anche come Dio dei Pascoli. La sua Costellazione era il Capricorno, e la sua sposa era Nawasam, la Dea delle Acque Sotterranee.

Parole chiave per confronto e ricerca:Oracoli, Divinazione, Palme, Salute, Guarigione

Altri Dei della Salute: Dhu'l-Samawi, Bal'Samayn, Basamum, Dushara, Nakruh, Wadd, Al-Fals
Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

NAWASAM – le Acque Sotto la Terra

Nawasam è la Dea delle Acque che stanno sotto la Terra. Tutti i pozzi e le cisterne le appartenevano, e venivano consacrate a Lei. Fu venerata nell'Arabia del sud, specialmente presso gli Himyariti: essi la onoravano insieme a Ta'lab, che era il suo sposo.

Parole chiave: Acque Sotteranee, Pozzi, Cisterne

Altri Dei delle Acque: Athar, Ma'n, Al'Uzza, Wadd, Dushara, Al-Ba'l, Isif, Na'ilah, Al-Ba'lu

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Sposa di: Ta'lab

Genere: Femminile

 

JIHAR – la Longevità e la Saggezza

Jihar è il Dio della Longevità, della Saggezza e dei Mercati. Fu venerato specialmente presso gli Hawazim, nell'Arabia dell'ovest, e fu il Dio principale del Mercato di 'Ukaz, che si trovava vicino alla città di La Mecca. I suoi Devoti usavano fare processioni per Jihar cantando per Lui, soprattutto durante il pellegrinaggio dell'Hajj, e gli chiedevano di essere la loro Guida e di donare loro lunga vita.

***Ma l'Hajj non è il quinto pilastro dell'Islam? Sì, oggi lo è. Ma come ogni volta che un monoteismo spunta fuori, ruba a mani basse dalle tradizioni pagane che intende soppiantare. L'Hajj non è di certo l'unica appropriazione indebita che l'Islam ha compiuto.

Parole chiave: Longevità, Saggezza, Mercati

Altri Dei della Longevità: Hol

Altri Dei dei Mercanti: Suwa, Al-Kutbay, Hafidha, Hol

Luogo di Culto: Hegiaz

Genere: Maschile

 

HOL – la Longevità e l'Incenso

Hol è il Dio della Longevità dell'Arabia del Sud, ed è anche il protettore di tutti i Mercanti di Incenso Hadramiti. Venerato congiuntamente a Sayin, Dio della Luna, e a Ilahatan, Dea della Terra, aveva il suo Tempio maggiore nella città di Shabwah. Il simbolo di Hol è la Fenice.

Parole chiave: Longevità, Protezione, Mercanti

Altri Dei della Longevità: Jihar

Altri Dei dei Mercanti: Suwa, Al-Kutbay, Hafidha, Jihar

Simbolo\Animale Sacro: Fenice

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

KUTHRA – la Più Ricca

Kuthrã è la Dea della Prosperità e della Fortuna nell'Arabia centrale. Aveva un tempio vicino alla città di Ha'il, nel Deserto del Najd. Era molto importante presso la Tribù Tayy. Il suo Nome significa "la più ricca".

Parole chiave: Prosperità, Fortuna

Altri Dei della Prosperità: Allat, Al'Uzza, A'ra, Ruda, Amm-Anas, Ashira, Nuhm, Suwa, Kawim, Raziqa, Bashrir, Dagn

Luogo di Culto: Arabia Centrale

Genere: Femminile

 

NUHA – la Saggia

Nuha è la Dea dell'Intelligenza e della Saggezza. Fu venerata nel Deserto del Najd, specialmente nelle aree settentrionali e in particolare dalle tribù Adnanite. Spesso veniva onorata congiuntamente ad Atarsamayn e Ruda.
Nuha significa “La Saggia”.

Parole chiave: Saggezza, Intelligenza

Altri Dei della Saggezza: Mun'im, Anbay, 'Utarid

Altri Nomi: Nahi

Luogo di Culto: NajdGenere: Femminile

 

KHOMAR – il Vino e le Vigne

Khomar è il Dio del Vino e delle Vigne che fu venerato dagli Himyariti dello Yemen. Il suo Nome deriva da Khamr, che significa "vino".

Parole chiave: Vino, Vigna, Coltivare

Altri Dei del Raccolto: Kawim, Harimtu, Allat, Raziqa, Hagaram, Zuhal, Al-Jalsad

Luogo di Culto: Yemen

Genere: Maschile

 

AL-JALSAD – i Pascoli e i Campi

Al-Jalsad è il Dio dei Pascoli e dei Campi Coltivati. Fu venerato nell'Arabia del sud, specialmente presso i Banu Kindah. Il suo idolo era una gigantesca statua raffigurante un uomo, con il torso in pietra bianca e la testa in pietra nera, che era stato eretto all'interno di un grande Hawtah, ossia un recinto sacro. I suoi Veggenti andavano a dormire all'interno del suo Hawtah per incontrarlo in sogno e ricevere Oracoli, e i Devoti lasciavano che i loro animali entrassero là a brucare l'erba che cresceva nel recinto sacro. Le offerte venivano presentate ad Al-Jalsad congiuntamente a Kahl, Dio della Luna e della Forza Mentale.

Parole chiave: Pascoli, Raccolto

Idolo: statua antropomorfa in pietra, corpo bianco e testa nera

Associato a: Kahl

Altri Dei del Raccolto: Kawim, Harimtu, Allat, Raziqa, Hagaram, Zuhal,Khomar

Altri Dei dei Sognatori: Ar-Ra'iyu, Dhat-Badan

Altri Dei degli Oracoli:

Manaf, Awbas, Ba'lat Mafrash, Ri'am, Buana, Datin, Hawbas, Su'ayr, Ar-Ra'iyu

Luogo di Culto: Najd

Genere: Maschile

 

QAYNAN – il Fabbro

Qaynan è il dio arabo del sud della metallurgia e dei fabbri, venerato soprattutto dalla tribù sabea dei Khas'am, nello Yemen.

Parole chiave: Fabbro, Artigiani

Altri Dei della Metallurgia: Hakmish

Luogo di Culto: Yemen

Genere: Maschile

 

HAKMISH – il Maestro Armaiolo

Hakmish è il Dio degli Artigiani, dei Fabbri e dei Maestri Armaioli venerato nell'Arabia del sud. Fu chiamato Kemosh in Giordania, Kamish e Chemosh in Siria. Tutti lo invocavano anche per ricevere aiuto in tempo di guerra, invocandolo per ottenere vittoria e conquistare nuove terre.

Parole chiave: Fabbro, Armi, Guerra

Altri Dei della Metallurgia: Qaynan

Altri Dei della Guerra: Hubal, Shay Al-Qawm, A'im, Athar, Aziz, Al-Malik, Wadd, Al'Uzza, Ashar, Maher, Yaghuth, Jamhara

Luogo di Culto: Arabia del Sud, Siria

Genere: Maschile

 

HAWKIM – La Giustizia

Hawkim è il Dio della Giustizia nell'Arabia del Sud. E' stato venerato maggiormente dalle tribù degli Himyar, vicino alla città di Zafar.

Parole chiave: Giustizia

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Altri Dei della Giustizia: Datin, Al-Mundhir, Manat

Genere: Maschile

 

DATIN – la Giustizia Divina

Datin è il Dio del Nord Arabia che si occupa della Giustizia Divina, soprattutto per quanto riguarda la mediazione tra uomini e Dei circa le questioni di Giustizia. Oltre a questo, Datin è un benevolo dispensatore di nutrimento, ed è incline a donare oracoli. Il centro del suo culto era nell'area dell'Oasi di Tayma, dove sono state rinvenute parecchie iscrizioni di ringraziamento che recitano “il nostro pane e il nostro pascolo vengono da Datin”.

Parole chiave per confronto e ricerca: Divinazione, Oracoli, Giustizia Divina

Altri Nomi: Dathan

Altri Dei degli Oracoli:

Manaf, Awbas, Ba'lat Mafrash, Ri'am, Buana, Hawbas, Su'ayr, Ar-Ra'iyu

Altri Dei della Giustizia: Hawkim, Al-Mundhir, Manat

Luogo di Culto: Arabia del Nord

Genere: Maschile

 

AL MUNDHIR – Giustizia e Prudenza

Al-Mundhir è il Dio della Giustizia nell'Arabia dell'Ovest. Il suo Nome significa "il prudente, Colui che ammonisce". Era molto importante a Yathrib, presso i Banu Aws. Molti figli degli Aws furono chiamati Abd Al-Mundhir in suo onore.

Parole chiave: Giustizia, Prudenza, Avvisare

Altri Dei della Giustizia: Hawkim, Datin, Manat

Luogo di Culto: Arabia dell'Ovest

Genere: Maschile

 

DHU'L-KA'ABAT – Colui che risiede nel suo Nusub

Dhu’l-Ka’abat è una Divinità Tutelare dell'Arabia Orientale. I Bakr e i Taghlib dicevano che questo Dio risiedesse all'interno del suo Nusub (ossia nella sua Pietra), e infatti questo concetto è espresso anche dal significato del suo Nome. Per gli Arabi Antichi però tutti gli Dei risiedevano (o comunque potevano risiedere) nei loro Nusub, dunque è singolare trovare un Dio identificato da questa caratteristica, come se fosse una sua peculiarità esclusiva. Potrebbe trattarsi di un Dio che ci teneva particolarmente a far sapere ai suoi Devoti che la sua energia era presente nei suoi Nusub?

Parole chiave: Ka'aba, Nusub, Protezione

Luogo di Culto: Arabia Orientale

Genere: Maschile

 

YATHA' – La Salvezza

Yatha' è un Dio della Salvezza dell'Arabia del Sud. Il centro del suo Culto era la città di Aden, dove veniva venerato insieme a Shams (la Dea del Sole) e Nasr (il Dio-Avvoltoio dei Deserti).

Parole chiave per confronto e ricerca: Salvezza, Redenzione

Altri Dei della Salvezza: Dhu-Al-Khalasah

Luogo di Culto: Arabia del Sud

Genere: Maschile

 

DEI SU CUI SI SA POCHISSIMO

 

AL-YA'BUB

Al-Ya'bub compare nel Kitab-Al-Asnam. Non ho trovato niente su di Lui, se non che era venerato dai Tayyi. Nel Libro degli Idoli si dice che prima di Lui, i Tayyi avessero un altro Dio preferito, ma non c'è scritto chi fosse.

 

DHU'L-KHABSA
Divinità tutelare degli Azd, fu venerato nell'area di Sana'a. Di questa divinità non si sa nient'altro. Posso solo osservare che il suo Nome somiglia molto a Dhu-al-Khalasah.

 

DHU'R-RIJL

Dhu’r-Rijl è una Divinità tribale dell'Arabia del Sud, molto amato dai Daws. Il suoi idolo era costituito da un frammento di roccia dalla forma singolare, simile ad un piede.


AL HABHAH

Al-Habhah è un Dio Tutelare dei Banu Quraysh. La sua pietra sacra era venerata alla Ka'aba di La Mecca.

 

AL-ASHHAL

Al-Ashhal è un Dio dell'Arabia dell'Ovest. Venerato soprattutto tra i Banu Aws, molti dei loro figli furono chiamati Abd-al Ashhal in suo onore. Il suo nome significa "quello che ha occhi neri che tendono al blu".

 

SA'NUN
Sa'nun è il Dio dell'Incenso che fu venerato dagli Himyariti dello Yemen, presso la città di Baynun.

 

SACRI NOMI DA ALTRE TERRE

 

AL-IKRIMAH
Dio della Fertilità giunto dalla Siria fino a La Mecca, era venerato nella Ka'aba soprattutto dai Quraysh. Fu amato anche dai beduini del Najd, che per lungo tempo chiamarono molti dei loro figli con il nome di Ikrimah. Il suo idolo era una colomba scolpita nel legno di Aloe.

 

YURHIM
Dio della Gioia e dell'Allegria venerato inizialmente dagli Edomiti della Giordania, fu adottato dai Nabatei, i quali decisero che questo Nome era perfetto come appellativo per il Padre della grande Allat. In Arabo, rahuma significa “piacevole”, ed è la radice della parola yurhim, che significa “Colui che rende felici”.

 

AL-BA'LU

Al-Ba’lu, conosciuto anche come Al-Ba'l, è il Dio dell'Acqua, dei Pozzi e delle Sorgenti che sgorgano dal sottosuolo. È lo stesso Ba'al che era a capo dei Pantheon Mesopotamici, tuttavia forse gli Arabi non sapevano che questo Nome era il Suo: essi di fatto veneravano già Baal con altri Nomi Sacri. Solo pochi Beduini del Nord veneravano Al-Ba'lu, disgiungendo questo Nome dagli aspetti guerrieri e concentrandone il culto agli aspetti acquatici.

Ancora oggi, malgrado tutto, in lingua araba Ba'l significa “sorgente sotterranea”.

 

ISHTARUT

Ishtarut è la dea della Fertilità venerata nell'Arabia dell'est: i Babilonesi avevano portato il Nome di Ishtar nella città di Gerrha, e da qui è derivato il nome Ishtarut, talvolta abbreviato in Tarut, da cui prende il nome l'Isola di Tarut, situata nel Golfo Arabico. Gli Arabi dicevano che quell'isola era popolata da molti Jinn.

Non sono in grado di dire se Ishtarut sia un caso di 'sdoppiamento' dovuto all'importazione dei Nomi, oppure se gli Arabi sapessero che si trattava sempre di Allat.

 

ARCHETIPI E ENTITA' SPIRITICHE

 

MAWT
Mawt è il Dio arabo della morte, o per meglio dire la morte stessa, nel suo aspetto Sacro. Mawt infatti è pensata come un archetipo e non viene espressamente venerata. Il suo Animale Sacro è il Gufo, i suoi Spiriti si manifestano come Gufi notturni.

 

TIHAMAT

Tihamat è il Caos, l'Abisso Primordiale. Il Tihamat è il calore estremo e l'assenza totale di vento. Esiste da sempre e in qualche modo esisterà per sempre.

 

DAHR

Il Dahr è la stasi. Non è una Divinità, ma una forza impersonale che tende a far scivolare ogni cosa verso una deriva di lenta distruzione, fino a condurre ogni cosa in un nulla informe e stagnante. Manat è Colei che è in grado di contrastare il Dahr: onorando Lei si impedisce a questa forza di annichilire i Destini.



FALAK
Il Falak è un Drago simile ad una enorme lucertola che vive nei Reami del Fuoco, giù in fondo dentro la Terra. Non è proprio un Dio, è più una sorta di guardiano del magma e di tutti i vulcani.

 

MANDAH
I Mandah sono Divinità minori dell'irrigazione.

 

SHABH
Gli Shabh sono gli Spiriti dei Defunti quando restano di qua e si manifestano come Fantasmi. Gli Arabi Antichi rispettavano moltissimo i Disincarnati e non avevano paura di loro, anzi spesso mettevano betili in loro onore e li veneravano, chiedendo di essere guidati e assistiti. Solo i 'morti ammazzati' avevano una manifestazione fisica: apparivano come Gufi gridando “isquni!” che significa letteralmente “dammi da bere” e sta ad indicare il desiderio di essere vendicati. Soltanto quando la loro morte veniva vendicata partivano da questo mondo e passavano oltre.

 

DALHAN
Strano spirito dalle sembianze umane che cavalca uno struzzo, e vive nelle isole dei mari. Si dice possa comandare le tempeste e causare naufragi.

 

BAHAMUTH
Gigantesco essere simile ad una sorta di pesce con testa di elefante, il Bahamut vive galleggiando nel cosmo e sostiene ogni corpo celeste. Nessun uomo può sopportare di guardarlo, perché esso è troppo grande.

Sotto al Bahamuth c'è il vuoto, e nel vuoto c'è la nebbia dell'oscurità, dentro cui vive il Jinn più antico di tutti.

 

GHUL
Spiriti malvagi che mangiano volentieri i cadaveri. Noti per essere piuttosto violenti e fastidiosi, pare ci fosse solo una cosa in grado di calmare l'ira dei Ghul: sacrificare loro un agnello.

 

QARIN
I Qarin sono una tipologia di Jinn che potrebbero essere buoni oppure malvagi. Generalmente sono invisibili e vivono sempre in compagnia degli umani. Ispirano le persone al bene oppure al male, in base alla propria natura.

 

MARID
Sono i Jinn dell'acqua. Orgogliosissimi, arroganti e pericolosi, possono venire a più miti consigli se blanditi con un rituale ben fatto, oppure anche con chi li adula molto.

 

IFRIT
Sono i Jinn del Fuoco. Hanno due ali e quattro braccia, due delle quali sono simili alle zampe dei leoni. Hanno un terzo occhio in fronte, simile ad un occhio di lince, e il loro corpo è costituito da fiamme. Vivono sottoterra e non sono tendenzialmente socievoli: focosi (!) e irascibili, la loro prima reazione è di essere ostili agli umani. Tuttavia, se si mostra loro rispetto, è possibile stringere rapporti di amicizia e ottenere da loro aiuto e ricompense.

 

ABU MUHRIZ

Abu Muhriz è il Jinn del Martedì, e si dice sia figlio di Al-Mukarrih (il Dio di Marte). Ha la pelle scura, le orecchie appuntite e gli occhi fiammeggianti, e il suo corpo gigantesco è muscoloso: egli è un guerriero dei Mondi Sotterranei. Viene chiamanto anche Malik Al-Ahmar, che significa “Re Rosso”.

 

AL-TAYYAR
Al-Tayyar è il Jinn del Giovedì. Gigantesco, irascibile e dalla pelle tutta blu, appare assai raramente agli incauti esseri umani che tentano di incontrarlo. Abita dentro le grotte delle montagne, e ha una figlia che insegna alle donne la stregoneria.

 

ABU HASAN ZAWBA'A

Abu Hasan Zawba'a è il Jinn del Venerdì. Controlla la crescita del metallo dentro la Terra e anche le tempeste di sabbia. Si dice abbia la pelle giallo ocra e che abbia quattro teste.

 

MAYMUN ABU NUH

Maymun Abu Nuh è il Jinn del Sabato. Controlla la crescita dell'Oro dentro la Terra e influenza le dinamiche delle faccende materiali. Può apparire in forma di Titano con ali piumate di colore rosso e oro, occhi verdi, corna di toro e orecchie di capra. Viene chiamato Maymun as-Sahab, che significa “Maymun delle Nuvole” perché si dice che nuvole nere (e fiamme) circondino la sua immagine.

 

AL-MUDHIB ABU SAID

Al-Mudhib Abu Said è il Jinn della Domenica. Ha la pelle blu, un'aura di fuoco dorato e indossa pantaloni arancioni. Conosce l'alchimia e la trasmutazione dei metalli, è associato al colore nero, alle leghe di piombo e all'incenso di sandalo.

 

UJ IBN ANAQ

Uj ibn Anaq è un Gigante che si diceva fosse nato dall'unione carnale tra i Jinn e gli Uomini. Si dice che fosse talmente grande da poter pescare una balena stando immerso nell'Oceano fino alle ginocchia.

 

IMLIQ
Imliq è un'altro Gigante che gli abitanti dell'Hegiaz ricordavano come antenato leggendario: dicevano che da lui discendevano gli Arabi Amalekiti, e che questi Arabi erano la prima delle Nazioni.

 

KE'I
I Ke'i sono spiriti della Natura che si diceva fossero i fantasmi di antichi antenati giganti. Era opinione diffusa che i Ke'i fossero benevoli, eppure attorno a loro aleggiava un'aura di timore reverenziale e cautela: i Mahra dell'Oman e dello Yemen usavano offrire loro cibo e latte per accertarsi che restassero calmi e bendisposti.

 

HATIF

Gli Hatif sono Jinn benevoli che non si fanno mai vedere. Trovano il modo di avvertire chi è in pericolo mandando avvertimenti.

 

SI'LAH

Si'lah è una Jinniya, ossia una Jinn femmina. Tra i Beduini esisteva un clan chiamato Banu al-Si'lah: essi sostenevano di essere i discendenti della progenie di Si'lah e di un essere umano.

 

WASWAS

I Waswas sono Jinn dell'Aria. Possono mostrarsi come serpenti alati e comunicare dando al vento la forma di sussurri.

 

SA'IR
Il Sa'ir è un Jinn che appare come un uomo molto anziano con una barba molto lunga, un solo occhio e unghie di ferro. Era conosciuto soprattutto dai Tayy del Najd.

 

ABU THUMAMAH

Abu Thumamah è un Jinn che concesse oracoli ai Banu Khuza'a.

 

GHAWWAS

Il Ghawwas è uno Spirito dell'Oceano. Conosciuto nelle regioni costiere, si diceva che si alzasse dai fondali per causare guai alle persone e che avesse un aspetto ibrido, a metà tra un uomo e uno squalo.

 

UDHRUT

Gli 'Udhrut sono Jinn completamente innocui. Assumono forma di Lupi e appaiono nei luoghi dove qualcuno è stato ucciso con violenza. Svaniscono in fretta e spontaneamente.

 

JABAL QAF

Jabal Qaf è una montagna leggendaria, interamente fatta di Peridoto Verde. Non si sa dove sia, ma sta da qualche parte vicino al limitare del mondo materiale. È governata da Jan ibn Jan, che è il Jinn più antico di tutti da cui discendono tutti gli altri Jinn.


Attenzione: non ho abbastanza dati per dire se possiamo fidarci delle informazioni riguardo i Jinn – anzi, a rigor di logica direi che NON possiamo fidarci affatto. Indubbiamente i Jinn fanno parte a pieno titolo della cultura Politeista pre-islamica: spesso incontrollabili, talvolta irascibili, altre volte allegri e collaborativi, essi erano noti fin dagli albori della Storia come Entità minori e Spiriti della Natura, e pur non essendo al pari degli Dei, venivano onorati con offerte e chiamati in causa in caso di bisogno. Forse proprio per via del fatto che non erano Divinità, e forse anche perché facevano parte della cultura popolare, i Jinn sono rimasti dentro le storie e le leggende, e con esse hanno attraversato i secoli dentro la distorsione islamica.  Paradossalmente è andata meglio con gli Dei proprio perché l'Islam li ha proibiti. I Jinn invece sono passati nella mitologia, e stanno ancora là, raccontati in modi che senz'altro non corrispondono più alla versione originale. Infatti basta approfondire l'argomento per trovare subito attributi spaventosi, e menzioni ad “angeli” preposti al controllo dei Jinn più temibili e iracondi... a volte è quasi meglio trovare solo cenni storici e ipotesi neutre avanzate da archeologi! Maymun Abu Nuh per esempio, non vi ricorda in modo sospetto l'iconografia del “diavolo” tanto cara ai cattolici? Sconsiglio di tentare il contatto con queste Entità senza il consenso e il supporto di Satana, del proprio Guardiano o di una Divinità con cui si abbia già un rapporto saldo, perché le informazioni disponibili sono talmente contaminate che non è possibile separarle dalla distorsione con certezza.

 

Qui si conclude il viaggio a ritroso dall'Islam fino agli Dei del Deserto.Quando ho iniziato a lavorare su questo mi ero ripromessa di stilare un'oggettiva e accurata esposizione dell'Islam, alla quale mi sarebbe piaciuto far seguire almeno qualche accenno riguardo gli Dei Antichi (sui quali, però, pensavo di trovare appena poco più di niente). Ero un po' titubante anche perché in questo pezzo di Storia la contaminazione è talmente prossima da risultare disturbante: tra un cananeo e un edomita pare quasi di stare nell'antico testamento e onestamente fa assai strano avventurarsi a ripescare il Sacro tra i fumi velenosi del nemico. Invece più proseguivo più mi rendevo conto che era possibile distinguere, e che soprattutto era importante farlo: da un certo punto in avanti ho iniziato a trovare sempre più cose – o per meglio dire, ho avuto come l'impressione che fossero le informazioni a rimbalzarmi davanti perché i Sacri Nomi volevano uscire alla luce. Non mi aspettavo che sarebbe risultata una tale mole di informazioni, eppure allo stesso tempo non credevo che così tante informazioni mi sarebbero potute sembrate ancora poco: invece è proprio così, perché questi Nomi sono davvero un altro modo ancora per dire i Nomi dei nostri Dei, e contemplandoli vediamo risplendere tra essi molte Manifestazioni di Satana. Ora vorrei averli tutti, e avere tutta la Teogonia Originale, vedere il loro Schema, contare i loro numeri, imparare a scrivere ogni Nome e conoscere la forma di ogni Simbolo Sacro.
Nonostante tutto quello che è andato perduto, e tutto quello che ancora esiste ma che non ho ancora trovato, questa ricerca mi ha già dato tantissimo, mi è entrata nei Sogni e mi ha donato altri ornamenti preziosi per onorare il mio Guardiano. Eppure non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza dal quale spingersi oltre per cercare ancora.


Tutti noi siamo Viandanti e Sognatori, Warakh e Khalimah sulla Via Sacra.

Onore a Satana, il più Grande tra tutti gli Dei

Shay-al-Qawm, Dhu’l-Samawi, Dhu-Al-Shara.

Onore a Satana Madre, Al-Gharaniq

Potentissima, Vittoriosa, Sublime.

 

Kate Ecdysis

Anno MMXIX

 

 

 

BREVE NOTA BIBLIOGRAFICA


The Religion of the Nabataeans: A Conspectus

Di J.F. Healey

The Religious Life of Nabataea

Di P.J. Alpass

Kitab-Al-Asnam

Di Hisham Ibn-Al-Kalbi

Nabatu. The Nabataeans through their inscriptions

Di F. del Río Sánchez

Arabia and the Arabs

Di R. Hoyland

Il Corano, L'Antico Testamento, Il Talmud, gli Hadith

https://singularination.blogspot.com/2014/09/deities-spirits-and-legendary-figures.html

http://www.mondimedievali.net/medioevoislamico/Arabia_preislamica.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Islam

https://loasiditammuz.altervista.org/le-pietre-sacre/

http://wathanism.blogspot.com/2011/11/deities-beings-and-figures-in-arabian.html

 

 

LA VIA DEL SERPENTE

Dal Voodoo Afro-Americano al Ventre di Da

 

 

Vudu - o Voodoo, Vodoun, Vudù -, è un termine che tutti conoscono, ma che in realtà in pochi conoscono davvero. Nel linguaggio comune sta spesso ad indicare un confuso insieme di pratiche magiche e spiritismo non meglio specificate, ma che da qualche parte prevedono sicuramente qualche spillone conficcato su inquietanti bambolette di pezza; nella migliore delle ipotesi è usato per indicare in modo generico la famosa (e famigerata) religione sincretica afro-americana, e anche in questo caso il solo sentirlo pronunciare tende a suscitare sentimenti di disapprovazione e diffidenza sia tra chi è contrario alle pratiche occulte, sia, frequentemente, anche tra molti Occultisti.

Anche io sono stata piuttosto prevenuta per diverso tempo: non riuscivo a farmi quadrare il sincretismo in nessun modo accettabile, ed ero anche molto disturbata dai racconti su turpi pratiche di magia nera e sacrifici, al punto da non voler neppure provare a capire quanto di tutto ciò che avevo sentito al riguardo fosse realmente la realtà oggettiva. Una volta, per caso, ho incontrato un Babalawo della Santeria Cubana, e parlammo per diverse ore: rimasi colpita dalla sua gentilezza e dalla sua allegria e rispose a tutte le mie domande senza spazientirsi (nonostante ripensandoci, penso di essere stata al limite dell'importuno) così imparai che i Santeros devono studiare moltissimo e superare periodi molto duri per potersi definire tali, e che anche dopo la loro investitura non percepiscono stipendio, anzi continuano a lavorare come tutti gli altri, e nessuno li pone su un piedistallo durante la vita quotidiana. Mi disse che 'con la magia puoi anche togliere una vita, ma nel momento in cui capisci che sai come farlo, passerai tutti i restanti giorni della tua vita a chiedere ai tuoi Orisha di non doverlo fare mai', e che lui ringraziava personalmente ogni sera e ogni mattina, per non averlo mai fatto in vita sua. Poi mi disse che gli Orisha seguono valori di Equilibrio e di Giustizia, e che si deve mettere da parte il proprio tornaconto, evitando di chiedere cose ingiuste che potrebbero andare a danno di innocenti: a quel punto, sentendomi a mio agio, domandai del sincretismo. E qui cascò l'asino. Non lo sapeva: mi disse che gli Orisha si erano fusi con i Santi, così e basta, pianamente, come se fosse naturale, e non riuscii neppure a capire se secondo lui fossero sempre stati accoppiati e amalgamati come per via di un destino incomprensibile, oppure se ad un certo punto si fossero fusi di buon grado, acconsentendo volontariamente a costituire questa sorta di chimere bicefale tragicamente indissolubili.

Ed ecco in realtà come è successo: Durante il XVI secolo, molti colonizzatori da Inghilterra, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo iniziarono a spostarsi in America, attratti dalla possibilità di guadagnare con la coltivazione di cacao, caffè e canna da zucchero, e non volendo lavorare la terra loro stessi, dapprima tentarono di schiavizzare i Nativi Americani. Presto i Nativi Americani iniziarono a morire a causa delle nuove malattie che gli Europei avevano introdotto nel Continente, così i conquistadores si videro costretti ad inventarsi una nuova atrocità che li risparmiasse dal dover lavorare i campi: reperire manodopera robusta da qualche altra parte, e importarla forzatamente nelle Americhe. Brandendo la bolla papale Dum Diversas di alcuni decenni prima (nella quale Papa Niccolò V autorizzava il Portogallo a soggiogare i pagani nemici della fede espropriandoli dei loro beni e privandoli della libertà), i conquistadores iniziarono a rastrellare i negri dal cuore del continente africano fino alla costa occidentale: i negrieri catturavano o compravano gli indigeni e li costringevano a camminare per settimane fino al punto di imbarco; da lì iniziava la traversata atlantica, che durava mesi, durante i quali i negri restavano incatenati e dovevano remare, stremati dall'inedia e dalla dissenteria, con solo mezzo litro d'acqua al giorno per sopravvivere. Uno su quattro moriva, di stenti, di malattia o suicida. Tutti gli altri venivano convogliati nel Nuovo Mondo come schiavi, spogliati di ogni loro bene e privati di ogni diritto umano.

Eppure quei negri avevano una storia, avevano una radice. Erano Nati Liberi in Nigeria, in Ghana, in Togo, in Benin, in Congo, e avevano tradizioni, leggende, verità, magie. Avevano i loro Dei: favolosi, ancestrali, formidabili Lwa capaci di camminare sulla terra assieme ai loro Figli, e disposti a rendere Divini gli Uomini che camminavano con Loro. I cattolicissimi Inglesi, Portoghesi e Spagnoli non intesero lasciare agli schiavi neppure il diritto di continuare a cantare e danzare per gli Dei: sarebbe stato un sacrilegio e una sozzura, e per questo tutti i negri dovevano venire battezzati e rieducati (indovinate come!) alla vera e giusta religione.
Fu proibito agli schiavi praticare qualsiasi forma di paganesimo o stregoneria, e fu reso obbligatorio che tutti loro abbracciassero la fede cattolica.E allora i negri trovarono uno stratagemma che permettesse loro di continuare ad onorare gli Dei originali, senza che i bianchi potessero punirli: rinominarono ogni Dio con il nome di un santo, e da lì in poi stettero ben attenti a ritualizzare sempre celando i veri Dei dietro a questi nuovi paraventi. Funzionò, inizialmente, così come doveva funzionare: i negri sapevano di avere cambiato solo i titoli sulle copertine, ma che il contenuto dei libri non cambiava; i conquistadores invece non avevano capito, e a parte stupirsi (e talvolta stizzirsi) per cotanta esagerata devozione ai santi esclamando sovente ?que es toda esta santeria? tutto sommato lasciavano correre e non si mettevano in allarme. Ma poi l'astuto stratagemma iniziò a modificarsi come se prendesse vita, scivolando verso una deriva inarrestabile. Dapprima divenne consuetudine, poi si radicò nelle generazioni nuove, finché si creò un nuovo immaginario collettivo estremamente vasto e forte dove i santi non erano più la copertura, bensì parti integranti di ogni Lwa.
I pensieri degli schiavi, i loro desideri, le loro paure e le loro speranze non venivano più indirizzate ai veri Lwa originali, bensì a queste chimere che si erano andate a fissare nell'immaginazione, e in esse confluivano incessantemente come fiumi in piena, gonfiandole, espandendole e rendendole reali, quasi tangibili e corporee, evanescenti e vischiose eggregore nutrite con la rabbia e il dolore di un popolo in catene. Verso la fine del diciottesimo secolo la schiavitù venne abolita in alcuni Stati Americani, poi finalmente nel 1865 cessò di esistere completamente e definitivamente. Il Vudu degli schiavi però rimase tale e quale, senza ritornare mai più a quell'Origine che nessuno ricordava più, e come molte altre religioni si sparse, frazionandosi in tante nuove tradizioni tutte simili tra loro. 
Oggi i termini Candomblè, Umbanda, Quimbanda e Santeria ci si confondono davanti agli occhi come tanti modi di definire il Vudu, creando un apparente caos inestricabile. Vediamo di fare un attimo chiarezza:

 

CANDOMBLE': è un termine bantu che significa 'danza di negri'. Il Candomblé oggi è diffuso principalmente in Brasile, ed è presente anche in Paraguay, Uruguay, Argentina e Venezuela.Gli elementi tribali che lo caratterizzano provengono dalle antiche tradizioni Nigeriane e Congolesi, ma la cristianità ha lasciato un segno profondissimo: qui la contaminazione cattolica non ha determinato solo il sincretismo, ma anche la percezione della molteplicità delle Entità Divine come archetipi che simboleggiano le emanazioni di un unico Dio, ma che in qualche modo si presentano comunque come essenze indipendenti e dotate ciascuno di sue preferenze e tratti caratteriali specifici.Nel Candomblé si utilizzano, come Sigilli, i Veve tradizionali Africani, ma i Lwa sono denominati Orixa.Nonostante il Candomblé si sia discostato molto dalla radice africana, nelle descrizioni degli Orixa permangono ancora molte caratteristiche tramandate dagli antichi Yoruba, Ewe, Fongbé, Nago e Bantu, e se si ha pazienza di cercare, è possibile ritrovare anche qui alcune parti delle antiche verità.


UMBANDA: Per comprendere, almeno per grandi linee, come sia strutturato l'Umbanda, occorre cominciare dalla Macumba e dal Catimbo.Macumba, detto molto in breve, riunisce in sé lo spiritismo degli Antenati Negri (detti Pretos Velhos) e l'invocazione degli Eshou (che è il termine Umbanda per dire Orixa).Catimbo invece è una tradizione dei Nativi Americani che si basa sostanzialmente sulla venerazione e sull'evocazione dei Caboclos, vale a dire gli Antenati Indios caduti durante la colonizzazione.Umbanda abbraccia entrambe le tradizioni, e incorpora anche gli elementi sincretici tipici di tutte le correnti Vudu attuali: per cui lo spiritismo di Umbanda venera e richiama intere legioni di disincarnati, Caboclos e Pretos Velhos insieme, ciascuna delle quali capeggiata da un Orixa che può essere chiamato sia con il suo nome tradizionale Africano, sia con il nome del santo cattolico con cui è stato sincretizzato.


QUIMBANDA: La Quimbanda è per certi aspetti simile all'Umbanda, ma non prevede di evocare direttamente i trapassati, né gli Orixa, bensì un'altra tipologia di Entità denominate Exus e Pomba Giras.Nella Quimbanda il mondo spirituale è considerato diviso in sette Regni, ognuno dei quali corrisponde a uno specifica tipologia di luoghi, sia fisici che emozionali, e di conseguenza ad uno specifico campo di azione; dentro ad ogni Regno vi sono intere legioni di Eguns, vale a dire i trapassati che anticamente vivevano i Culti degli Antichi, e che oggi si sono evoluti sufficientemente per poter fare da messaggeri tra gli Uomini e gli Orixa: a seconda delle necessità e del vissuto di ogni Egun, ciascuno di loro può assumere i connotati di un particolare Exu.Ogni Regno ha un Exu Re e una Pomba Gira Regina: si pensa che questi Exu siano stati molto speciali in vita, forse grandi stregoni o persone dall'immensa Conoscenza. Sopra tutti c'è Orixa Elegbara Exu, che a differenza di tutti gli altri Exu è uno Spirito Puro che non ha mai avuto incarnazioni terrene.



Reino das Encruzilahadas:

Exù Rei das Sete Encruzilhadas e Pomba Gira Rainha das Sete Encruzilhadas reggono il Regno degli Incroci, che si estende in tutti gli angoli formati dalle strade che si incrociano sia fisicamente, sia metaforicamente, quando si incontra l'amore ad esempio, o quando una scelta importante fa sì che non si sappia quale strada intraprendere.

Reino dos Cruzeiros:

Exù Rei dos Sete Cruzeiros e Pomba Gira Rainha dos Sete Cruzeiros reggono il Regno delle Croci, non negli angoli bensì nei bracci di tutto quello che è incrociato. Presiedono alla condivisione e a tutti i tipi di scambio, a partire da quello materiale fino all'inversione di ruoli.

Reino da Calunga Pequena:
Exù Rei da Calunga e Pomba Gira Rainha da Calunga regnano su tutti i cimiteri e su tutti i sentimenti che scaturiscono dalla morte di qualcuno. Possono guarire malattie mortali, dominano il fuoco e sono in grado di annullare le stregonerie che siano state fatte dentro ad un cimitero.

Reino da Lira:
Exù Rei das Sete Liras (Exù Lucifer) e Rainha Maria Padilha regnano sulle porte d'ingresso dei luoghi di piacere e di divertimento, ma anche sulle banche e spesso estendono la loro area di dominio anche all'aria aperta. Governano le emozioni dell'erotismo e della sensualità, favoriscono l'ispirazione nelle arti, portano gioia e buonumore e possono favorire il benessere materiale.

Reino da Praia:

Exù Rei das Sete Praias e Pomba Gira Rainha das Praias regnano sulle rive dei mari e dei fiumi, e su tutte le fasi della vita in cui c'è un cambiamento che ricorda l'alzarsi e l'abbassarsi delle maree. Portano denaro e spronano la lussuria, ma propiziano anche unioni matrimoniali felici e possono guarire le malattie. Purificano spiritualmente luoghi e persone, e amano i rituali dove si danza.

Reino das Matas:
Exù Rei das Matas e Pomba Gira Rainha das Matas  regnano sulla natura verde, sui parchi, sui prati e sulle foreste. Governano semine e raccolti e conoscono l'uso delle erbe medicinali. Esteticamente assomigliano ai Caboclos e appartengono ad Oxossi e ad Ossain; fanno magie con polveri di erbe e portano guarigioni, saggezza, conoscenza e pace.

Reino das Almas:
Exù Omulù Rei das Almas e Pomba Gira Rainha das Almas regnano sui posti alti, montagne, colline, tetti e torri. Il loro campo di azione è sugli stati d'animo e possono portare velocemente qualunque cosa da un luogo all'altro, sia fisico che spirituale. Quando un'Anima si perde e non trova la strada, loro possono attraversare i cimiteri e trasportarla dove deve andare, affinché trovi la sua destinazione.
Nella Umbanda e nella Quimbanda i Veve tradizionali sono affiancati o spesso sostituiti dai Pontos Riscados: i Pontos sono a tutti gli effetti Sigilli, generalmente molto semplici e composti da elementi ricorrenti in combinazioni diverse, dove ogni segno ha un significato specifico e codificato. Ogni Ponto costituisce la schematizzazione identificativa di uno specifico Exu, mostrando le sue caratteristiche peculiari e il suo Regno di appartenenza, ed esiste anche almeno un Ponto per ogni Orixa, che può essere tracciato al posto del Veve.Il Ponto può essere tracciato dagli evocatori durante un rituale denominato Ponto Cantado, oppure dalla stessa Entità che manifestandosi voglia farsi riconoscere: a tale scopo vengono confezionati, con polvere calcarea addizionata di pigmenti colorati, particolari gessetti di forma conica, denominati pembas.

 


SANTERIA: La Santeria, o più correttamente la Regla de Ocha o Lukumi, largamente diffusa a Cuba, in Brasile, Panama, Repubblica Dominicana e Florida, è una delle tradizioni Afro-Americane che meno si discostano dall'antico Culto Yoruba originale, e anche la percezione delle Divinità, qui denominate Orisha, è rimasta tendenzialmente politeista nonostante il sincretismo sia presente.Tuttavia non c'è totale concordia su questo punto, così la triade divina Olorun-Olodumare-Olofin, che è giunta fino ad oggi quasi immutata dalla tradizione Yoruba e sta ad indicare creatore-creazione-creato, non è percepita allo stesso modo da tutti: vi è una percentuale di fedeli che la considerano sincretizzata con il dio cattolico, e conseguentemente i restanti Orisha sono in questo caso considerati come emanazioni di un dio unico (come nel Candomblé) oppure, ancora più frequentemente, semi-dei che un tempo furono umani, facenti funzione di messaggeri.
Delle svariate centinaia di Divinità onorate dagli Yoruba, la Santeria ne ha tenuti poco più di una decina; ma nonostante gli Orisha persi per strada e il sincretismo, ciò che la Santeria ha portato fino ai giorni nostri è in gran parte abbastanza riconoscibile e descritto in modo piuttosto fedele alla matrice originale. Indubbiamente però, la perdita di tanti Orisha ha determinato la fusione di alcune figure, e allo stesso tempo si è verificata talvolta la duplicazione di alcune Entità, che figurano nella 'lista' come descrizioni sovrapponibili, ma ricondotte a Nomi diversi. Alcuni Orisha hanno mantenuto il Nome originale, alcuni altri invece sono conosciuti diversamente da come tramandato dall'antico Dahomey: ad esempio, qui Papa Legba si chiama Elegguà. Dunque per aiutare il lavoro di ricerca di chi, volendo approfondire autonomamente, sceglierà di partire da testi o siti di impostazione Lukumi, qui di seguito riporto i nomi più conosciuti degli Orisha, affiancandoli dove possibile con la loro identità Africana:

 

***Nota: per chi trovasse ostica la lettura di questi Orisha, consiglio di saltare momentaneamente questa sezione, leggere prima la descrizione dei Lwa in fondo all'articolo, e poi ritornare qui sugli Orisha in un secondo momento, così da colmare le lacune e orientarsi in modo più agevole***

 


Oxumarè – corrisponde a Damballa Wedo. Oxumarè un Serpente ed è identificato con l'Arcobaleno, e proprio come Damballa ha la sua controparte, che è Ayda Wedo, anche Oxumarè ha la sua paredra, che qui si chiama Ewà. Però nel Dahomey originale, Damballa e Ayda vengono raffigurati insieme, in quanto due parti di una cosa sola; invece qui Oxumarè ed Ewà sono considerati disgiunti. Inoltre, nel Dahomey sono Damballa e Ayda a danzare attorno all'Asse del mondo, mentre qui la danza incessante è stata trasferita sulla coppia Oxalà-Oduduà, che di fatto costituisce una sorta di duplicazione di Damballa-Ayda.La parola oxumarè significa 'la corona iridescente della luna'. Oxumarè si dice sia nato da Olodumare, e che sia fratello dell'Orisha Nana.


Nanà – la Grande Madre Terra, signora del fango primordiale che abbraccia la Yemaya e rende possibile la vita nel suo grembo, è considerata la nonna degli Orisha. Nanà è considerata madre di Yemaya e creatrice della Morte, e di lei si dice che sia in grado di inghiottire ogni tipo di energia malvagia, e digerirla dentro al sottosuolo per poi rilasciarla sotto forma di vibrazione vitale e positiva. Nanà potrebbe essere un modo per rappresentare Mawu; o ancora più probabilmente, come il suo nome suggerisce e come la fratellanza con Damballa sottintende, potrebbe trattarsi invece proprio della personificazione del mare primordiale, il Nana-Buluku.


Ewà – corrisponde ad Ayda Wedo, ed è la paredra di Oshumare. Rappresenta il complemento di Oshumare, e rende possibile l'equilibrio degli Opposti (nonostante nel Lukumi la Danza degli Opposti sia stata trasferita sulla coppia Oxalà-Oduduà)


Oxalà – corrisponde ad Obatalà. Oxalà è figlio di Olodumare e governa su tutte le teste degli Uomini e sul pensiero cosciente, poiché si dice che fu Lui stesso a dotare gli Uomini dell'intelligenza e della vita stessa. Oxalà è il Cielo, e ha una sorella (o più precisamente un'emanazione che lui stesso ha generato dividendo se stesso) che si chiama Oduduà, ed è la Terra: Oxalà e Oduduà danzano incessantemente attorno all'Albero Sacro Iroko, che è l'Asse del Mondo e unisce terra e cielo, e in questa funzione possiamo affermare che Oxalà e Oduduà corrispondono a Damballa e Ayda Wedo.


Iroko – Nella tradizione Lukumi, Iroko è l'Asse del Mondo attorno a cui danzano Oxumarè e Ewà, l'Albero Cosmico che unisce terra e cielo, e che unisce il qui-e-ora all'Altrove, ed è il Phallus Dei tramite cui Obatalà feconda Oduduà.Iroko è lo scettro di Obatalà e rappresenta il concretizzarsi della sua Volontà su questa Terra, e tramite la sua vibrazione cosmica rende possibile la manifestazione della categoria tempo.Iroko non viene quasi mai evocato, perché la sua vibrazione è troppo ultraterrena e può condurre alla follia.


Ifà – detto anche Katende, Ifà è il Tempo e il Destino ed è uno spirito metafisico che comunica solo con i Babalawos: viene invocato tramite rituali con conchiglie e pezzi di noce di cocco, e quando risponde non viene mai di persona ma manda un Exu a riferire i messaggi. Può alleggerire i debiti karmici.


Orunmila – detto anche Orula, è uno spirito di grande saggezza ed è l'Orisha del Destino e della Profezia, e ha facoltà di modificare i destini già scritti: per queste ragioni, e per via del fatto che comunica solo con i Babalawos, è ragionevole ipotizzare che Orula sia la personificazione di Ifà.


Yembo e Oddua – corrispondono a Mawu e Lisa, la Luna e il Sole, i due principi Femminile e Maschile che scaturirono dal mare primordiale, e poi diedero la vita ai primi Dei.


Ibeji – corrisponde a Marassa Dossou Dossa: i Marassas sono Mawu e Lisa, nell'atto di creare l'Androgino Divino (Olodumare) dalla cui forma ancestrale Essi stessi sono scaturiti. Similmente, qui nella tradizione Lukumi, quando Obatalà divide se stesso per generare Oduduà e ad Essa si unisce per generare gli Orisha, dal loro amore scaturisce un'Essenza che è fatta di Amore, e questo amore, costituito da due forze che si uniscono, si descrive nei Gemelli Ibeji.


Yemanjà – corrisponde a Yemaya, la Sirena, il Grembo Cosmico. Qui la tradizione Lukumi non ha modificato la radice Yoruba, e Yemanjà è rimasta la grande Madre dall'energia immensa e ambivalente, capace di trasformarsi come le acque dell'Oceano: Colei che è la culla della rigenerazione e la fonte della forza vitale può adirarsi, e generare il terribile Gorgo della Madre d'Acqua, mostrando Sé Stessa come Calunga, il formidabile Abisso.


Yansa – corrisponde a Oya, l'antica Signora del Fiume Niger, ed è signora del vento, delle tempeste e dei temporali. Vedremo che nella tradizione Yoruba, Oya è uno dei volti della Madre ed è strettamente connessa alle altre sue Manifestazioni (soprattutto Ayda e Yemaya).


Oxum – corrisponde a Ochun, colei che è gentile, paziente, appassionata e innocente. Oxum è la fecondità, l'abbondanza, la bellezza, la dolcezza, ed è il Fiume e l'acqua che scorre, e porta ricchezza, benessere e creatività artistica.


Xangò – corrisponde a Shango ed incarna la Giustizia, l'Ordine e l'Equilibrio; è fratello di Ogun e marito di Oba, Yansa e Oxum.


Ogum – corrisponde a Ogun ed è un maestro dell'arte della guerra, e del lavoro artigianale. Ogum è fratello di Xango, ed è grande amico di Oxossi.


Oxossi – non mi è stato possibile trovare nessun Veve di Oxossi\Ochossi. Probabilmente ha una corrispondenza fortissima con una Divinità dei Nativi Americani, a cui si è sovrapposto nella tradizione Lukumi: infatti Oxossi è anche la Divinità suprema del Culto do Caboclo, che si basa sulla venerazione degli Antenati Indios.Qui Oxossi è l'Orisha della caccia, spirito delle foreste e maestro di strategia. Governa l'istinto di sopravvivenza, l'introspezione, l'abbondanza e il benessere, e regola e risolve le problematiche legate all'alimentazione. Eppure anche secondo la Regla de Ocha, Oxossi è uno dei Figli di Mawu: pertanto figura di diritto nella lista dei Lwa Originali.


Logun Edè – Logun Edè è il figlio di Oxossi (e di Oxum). Logun Edè è un giovinetto adolescente, molto simpatico e socievole, sempre allegro e interessato a tutto ciò che è artistico, leggero, fresco e fanciullesco. Si dice che non sia un campione nell'assumersi grosse responsabilità, ma proprio questo suo 'difetto' fa di lui un alleato formidabile per chi vuole liberarsi da situazioni troppo vincolanti, in breve tempo e senza tirarsi dietro le preoccupazioni.


Ossain – è l'Orisha della vegetazione, e sta ovunque ci sia una foresta, una pianta, o anche solo un filo d'erba. Qui viene raffigurato come un vecchio cieco da un occhio, con le orecchie diverse una dall'altra: una grande grande da cui non sente quasi niente, e una piccolissima che però è dotata di un'udito assai sensibile. Sciamano, guaritore, stregone ed erborista è il mago più potente che esista e conosce tutti i segreti dell'erboristeria magica. Ossain è considerato 'la mano destra del dio Orunmila', perché Ossain è capace di guarire, e Orunmila è Grande Guaritore.Corrisponde a Asojano, il Grande Medico che creò tutte le erbe della Terra e migliorò le condizioni di vita di tutti gli Esseri Viventi su questo pianeta; Asojano ha anche un lato distruttore, che si chiama Shopwana (detto anche Shopona, che è Babalù Ayè, Sakpata, Omolu).


Omolu – corrisponde a Babalù Ayé, ossia a Sakpata. Molto temuto, in quanto capace di scatenare epidemie devastanti, in realtà Omolù è un Orisha estremamente generoso e benevolo, e preferisce di gran lunga portare guarigione.


Olokun
– corrisponde ad Agwe, e sia nella tradizione Yoruba più antica, che in quella Lukumi più recente, resta l'indiscusso Signore dei Mari.


Elegbarà\Elegguà – corrisponde a Papa Legba, e anche al suo riflesso Legba Carrefour. Elegguà è l'Orisha della comunicazione, dei crocevia e di tutte le Porte: può attraversare l'Iroko e salire e scendere lungo di esso a suo piacere, può aprire e chiudere i portali e intercedere per rendere possibile la comunicazione con qualsiasi altro Orisha. Similmente ad Ogun, che apre le strade con la forza, Elegguà le apre con la strategia, e trova sempre nuove vie e nuove soluzioni.

 


PALO MAYOMBE: Palo Mayombe è diffuso principalmente a Cuba, ed è una religione animista di radice congolese basata sulla comunicazione con gli Spiriti. Qui le Divinità sono per lo più forze elementali, e sono chiamati Mpungos.Lo stregone, denominato Palo Mayombero o Palero, prepara un particolare calderone appositamente consacrato (lo nganga) dentro al quale prenderà dimora lo spirito di un Defunto, che da quel momento in poi farà da messaggero e canalizzerà ogni tipo di scambio e comunicazione tra lo stregone e tutti gli altri Spiriti. Gli Spiriti possono essere di Luce, gli Nkisi, o di Tenebra, gli Ndoki. Gli Ndoki partecipano più volentieri al Palo Mayombe più puro e meno sincretizzato, invece tendono a non collaborare ad esempio nel Palo Judìo, che prevede l'utilizzo di croci e simboli cristiani.Esiste anche il Palo Briyumba, fortemente mescolato con la Santeria, e il Palo Kimbisa, più recente, dove è stato metodicamente e intenzionalmente applicato e codificato il sincretismo tra Mpungos, Orishas e santi.

 


SANTA MUERTE:
Il Culto della Santa Muerte non fa parte delle nuove tradizioni scaturite dalla deportazione degli Africani nelle Americhe: Santa Muerte è ciò che è giunto fino a noi della formidabile, magnifica e terribile Mictecacihuatl.A malincuore non mi dilungherò ora su questa meravigliosa e al contempo terrificante Manifestazione della Madre, rimandando l'approfondimento ad un momento successivo in cui poterle dare spazio sufficiente da riuscire ad intravederne la grandezza: per ora dirò solo che gli Aztechi conoscevano Madre Morte, e narravano che la sua mascella di teschio può slogarsi per rendere immensa la sua bocca, tanto da poter risucchiare tutte le stelle del cielo. Mictecacihuatl sta un passo indietro al Grembo Cosmico, nella frazione più buia della Luna Nera, e in Lei coesistono tutti i Destini che non sono ancora stati trascritti.Ancora oggi è amata e concede molte grazie a chi la onora; raffigurata come un corpo di scheletro dai lunghi capelli, spesso è ammantata di panneggi azzurri, o di tutti i colori dell'arcobaleno. Affettuosamente i suoi devoti la chiamano Flaquita, e le chiedono di scampare la morte, o se proprio non si può evitarla, le chiedono che il trapasso sia dolce come scivolare in un sonno sereno. Oggi, l'effervescente creatività dei Latino-Americani ci ha regalato un simbolo dalle origini incerte, ma denso di significati e di energia interessante:il veve della Santa Muerte



HOODOO: Lo cito per amore di chiarezza, ma non mi dilungherò perché Hoodoo non è pertinente a questa ricerca. Viene erroneamente affiancato al Voodoo, ma in realtà Hoodoo non è né Culto né religione: di fatto si tratta di magia popolare, che si è sviluppata in varie zone degli Stati Uniti tra cui Louisiana, Alabama, Arkansas, Tennessee e Illinois dalla commistione di elementi presenti presso gli indigeni con elementi importati da Africa ed Europa. Non si parla di Lwa né di Orishas, e la contaminazione cristiana, grimorica ed ebraica è fortissima.

 

VUDU - VOODOO: Infine prendiamo in esame il Vudu Afro-Americano, diffuso principalmente nella zona di Haiti e in tutte le Isole Caraibiche.Il termine Vudu deriva dall'africano Vodu, che significa sia 'Segno del Profondo' che 'Divinità'. Neppure il Vudu di Haiti è immune dal sincretismo o dalle distorsioni, ma di fatto, tra tutte quante, è questa la corrente che si è discostata meno dalla matrice originale.Qui abbiamo un dio supremo (sincretizzato comunque purtroppo con il dio cristiano) che viene chiamato Mawu, Olorun, Gran Met (dal francese grand maitre) o talvolta anche Bondieu, o Bondye; e nonostante la confusione sia palese (tra poco vedremo esattamente anche il perché) la cosa ha un suo senso e finalmente si ravvisano tracce della teogonia Africana. Le Divinità vengono chiamate Loa, o Lwa, in accordo alla tradizione Yoruba, e vengono chiamate per lo più con i loro nomi Africani, e rappresentate tramite i Veve originali; il numero dei Lwa non è ridotto all'osso e anche le descrizioni fisiche e le preferenze di ciascun Lwa vengono tramandate in modo piuttosto fedele – anche se la modernità ha eliminato alcune peculiarità, aggiungendone di nuove in adeguamento ai tempi. I Lwa si possono attualmente trovare raggruppati a seconda della loro storia: i principali e più conosciuti sono Rada, Danwonmen, Petwo, Ghede e Kongo, anche se alcuni Lwa possono di diritto appartenere a più di un gruppo.Come regola generale per orientarsi agevolmente nello studio, si tenga presente che tutti i Lwa Rada e Danhonmen provengono dall'antica tradizione Yoruba Dahomey, e generalmente sono descritti in modo estremamente fedele e assai poco distorto. Tra i Lwa Rada possiamo frequentemente trovare anche i Lwa Ghede, vale a dire gli antichi Lwa legati alla Morte e alla sensualità.  Rada e Danhomen, i Lwa dell'Origine, sono Divinità complete ed equilibrate, dotate di un grande senso di giustizia e prevalentemente benevole, seppure ambivalenti e costituite -come è giusto che sia- tanto di Luce quanto di Tenebra.  I Lwa Petwo invece, possono aver subito distorsioni in quanto estremamente legati alla deportazione, alla rabbia degli schiavi e all'adattamento delle figure Divine alla nuova situazione; infatti i rituali Petwo tendono ad essere molto più violenti, e caratterizzati da una marcata dicotomia bene\male (sostanzialmente è il rito Petwo, affiancato da una buona dose di Palo Mayombe e poi ulteriormente reso scenografico, a comparire nei film hollywoodiani come il voodoo di cui siamo abituati ad avere timore). Nel rito Petwo spesso vengono inclusi i Lwa della tradizione Kongo, che per sua natura è più oscura e violenta rispetto a Rada; non è infrequente trovare anche Lwa Rada inclusi nel rito Petwo, piuttosto distorti e descritti con attributi più feroci e selvaggi: ad esempio, tutte le volte che accanto al nome di un Lwa appare 'je Rouge' (in creolo significa 'occhi rossi'), oppure anche 'La Flambeau', si tratta sempre di una creazione Petwo, che intende conferire a quel Lwa un aspetto più terrifico e un carattere bellicoso e iracondo.

 

Ritorno alle Origini – IL VENTRE DI DA


Il Vudu delle Origini è un Culto Ancestrale, che si è iniziato a delineare nel cuore del continente Africano almeno diecimila anni or sono, da qualche parte sulle sponde del Niger. In principio non aveva un nome, e non aveva Nazione: vi erano solo i Nok, un popolo primitivo che stava iniziando a conoscere gli Dei.Navigando lungo il Niger, alcuni Nok salirono a nord e vennero in contatto con gli Egizi, restando presso di loro per lungo tempo. Alcuni sostengono che fu una forma di schiavitù, altri invece sostengono che si trattò di lavoro consenziente e remunerato; resta il fatto che le due civiltà, agli albori, si incontrarono, e che la manodopera centro-africana ad un certo punto lasciò la terra d'Egitto per tornare sulle coste occidentali: a guidare la sua gente lungo la via del ritorno verso la terra di appartenenza fu Re Oduduwa, e la sua gente era il popolo Yoruba.Re Oduduwa fondò in Nigeria la città di Ile-Ife, e lì si stabilì il popolo Yoruba, fondendosi con i Nok e espandendosi nei territori circostanti, Ghana, Togo, Benin e Congo, consolidando così il regno Yoruba Dahomey, che significa 'il Ventre di Da' – come Da è il nome ancestrale del Grande Serpente Damballa.

A questo punto sorge spontanea una considerazione sulla fusione dei Culti: non stupisce tanto il fatto che non si sia registrata conflittualità culturale tra Nok, Yoruba e popoli circostanti, dal momento che per prossimità fisica e contemporaneità essi provenivano quasi sicuramente da una radice comune, quanto piuttosto desta vivo stupore il fatto che gli Yoruba non si siano portati a ovest le Divinità Egizie, o che gli Egizi non abbiano trattenuto i Lwa in seno alla loro cultura. Ma a ben guardare, esaminando i Lwa nelle loro vesti ancestrali, è  assai frequente ravvisare evidenti corrispondenze con le Divinità Egizie che, pur mantenendo Nomi diversi, risultano in moltissimi casi perfettamente sovrapponibili. Nel corso del tempo, anche il Vodu originale africano si è modificato e ha sviluppato correnti che si discostano dalla matrice Dahomean, ripartendosi sostanzialmente nelle tre tradizioni Mami Wata, Atiketvodun e Yeveh, dove Mami Wata e Atiketvodun mantengono la pura essenza dello sciamanesimo e dello spiritismo Africano Yoruba Dahomey, mentre Yeveh rappresenta una probabile e pericolosa distorsione: il Vudu Dahomean infatti fin dall'Origine non è mai stato una religione, né lo è diventato per i Mami Wata né per gli Atiketvodun, bensì è sempre stato un Sentiero di Vita che possiamo definire assolutamente Satanico, basato sul contatto con le Divinità e sulla capacità delle Anime di Evolversi lungo un percorso di Deificazione.

Vudu Yeveh rappresenta un'anomalia dissonante, in quanto si è distaccato dalla consuetudine sciamanica costituendosi religione, con caste sacerdotali chiuse e determinate dal diritto di nascita, e gruppi di adepti selezionati per essere sottoposti ad addestramenti e cerimonie specifiche atte a tenere i 'segreti' e i 'poteri' come appannaggio di una cerchia ristretta – e tutto questo fa pensare inevitabilmente a quanto yeveh assomigli a yaweh, e di conseguenza a domandarsi se i fumi pestilenziali dell'influenza yahwehiana possano essere giunti ad infiltrarsi anche fino a qui, tentando di corrompere una delle manifestazioni più pure e ancestrali dell'unione tra Uomini e Dei. Purtroppo va tenuto presente che con il passare del tempo si sono formati diversi punti di contatto, e si sono create inevitabilmente anche qui delle correnti ibride, soprattutto tra Yeveh e Mami Wata, e per questo occorre procedere con molta cautela: nell'opera di ricerca e Restaurazione dell'Antico Dahomey resteremo dunque il più possibile lontano dalle caste sacerdotali, e il più possibile vicino all'Acqua, al Tuono e ai Serpenti.
Mami Wata è vicino all'Origine, e la sua Origine proviene dall'Acqua, dove la Sirena e i Sacri Serpenti affiorano per giocare alla fine degli Arcobaleni. Atiketvodun è l'altra faccia della stessa medaglia, e onora gli Antenati che diventarono Dei – e qui si comincia ad intuire quali tradizioni antiche potrebbero aver dato origine a Vudu e Santeria, e quali a Umbanda e Quimbanda nelle Americhe. A questo punto è necessario chiarire alcuni concetti base, Reincarnazione, Evoluzione Spirituale e Elevazione Divina:
Similmente a una buona parte di noi Satanisti Spirituali, anche gli Yoruba ritengono che un'Anima ridiscenda in nuovi corpi tante volte quante ha necessità di reincarnarsi, e che una volta esauriti i cicli terreni giunga all'Ultima Morte: a quel punto, invece che tornare sulla Terra, ogni Anima che ne è degna va nell'intercapedine liquida che divide il mondo materiale dal mondo dell'Altrove, dove viene presa in custodia dal suo Lwa, e intraprende l'addestramento spirituale per potersi evolvere in Lwa a sua volta.L'Anima che si sta trasformando prenderà le caratteristiche tipiche della Famiglia Spirituale da cui discende, e si Evolverà secondo gli attributi dei suoi Lwa, e una volta che avrà conseguito la Divinità, sarà un Lwa a tutti gli effetti.

 


Concetto di Famiglia Spirituale:


Una Famiglia Spirituale funziona in un modo molto simile ad una discendenza terrena, ma è basata su legami animici: è come una sorta di parentela atavica, che però si trasmette a livello di Anima e che resta sempre la stessa di vita in vita. Da un certo punto di vista assomiglia molto al nostro concetto di Guardiano, soprattutto nei casi in cui si ha ricordo o certezza di avere avuto lo stesso Guardiano anche nelle precedenti incarnazioni: generalmente si tende a definirlo come un legame spirituale con una determinata Entità, senza soffermarsi a domandarsi quale ne sia la reale ragione. Per gli Yoruba la ragione sta proprio in questa forma di parentela, di discendenza, che crea di conseguenza una sorta di predestinazione per quel che riguarda il processo di Evoluzione in Divinità, determinando quali saranno le caratteristiche del nostro Spirito se e quando i nostri Lwa ci guideranno alla Deificazione.  Alcuni Lwa sono capostipiti di Famiglie Spirituali, in seno alle quali troviamo sia le Manifestazioni e le Emanazioni del Lwa capostipite, sia i nuovi Lwa che si sono Evoluti in seno a quella Famiglia: quando un'Anima termina il suo addestramento e si Evolve in Lwa, entra infatti a far parte della sua Famiglia Spirituale di appartenenza, un po' come un soldato che entra a far parte di una Legione. 
Purtroppo non ci è dato sapere quali dei Nomi inscritti in una determinata Famiglia siano Emanazioni, quali Manifestazioni e quali invece siano la Legione: questo tipo di ricerca è affidato esclusivamente all'intuizione e all'esperienza personale di ognuno.Può capitare che un nuovo Lwa, evolutosi sotto la guida di un Lwa più antico, ad un certo punto fondi una sua Famiglia; talvolta la nuova Famiglia viene fondata perché il nuovo Lwa ha gli attributi di due o più Lwa ancestrali.

Houngan e Mambo: Significa 'sacerdote', ma in senso buono, molto diverso dal significato che normalmente associamo a questo termine. Houngan non è un prete né il membro di una casta, ma piuttosto lo Sciamano del villaggio, o anche in un certo senso la Vestale che alimenta la Fiamma Sacra perché non si spenga.Houngan è maschile, Mambo femminile, e similmente a Bawalawo, indica lo Sciamano che si incarica di preservare i rituali, tramandare Veve e canti per i Lwa, e soprattutto di mantenere le relazioni tra i Lwa e la comunità. Gli Houngan e le Mambo non sono gli unici depositari dell'Ashé, né detengono segreti non condivisibili; qualunque devoto nella comunità può celebrare i propri rituali e interagire con i Lwa. Semplicemente, gli Houngan e le Mambo sentono fortemente la responsabilità della comunità come grande Famiglia, si preoccupano di mantenere l'Equilibrio e, a prescindere da ciò che i devoti fanno o non fanno, intanto si occupano di Onorare i Lwa e tramandare la Conoscenza. Un vero Houngan non è interessato al potere o al prestigio: fa quello che deve fare per i Lwa, e per l'ordine naturale di ogni cosa, così come è giusto che sia. E anche se ad ogni viaggio sciamanico il suo potere aumenta in modo esponenziale, non adopera mai questa sua immensa forza per il prestigio o per il tornaconto personale.In sostanza non è molto diverso da come noi Satanisti Spirituali Dedicati viviamo il Culto, soprattutto nell'Onorare i nostri Dei a prescindere da ciò che la società promuove, e nella Restaurazione del Culto Originale.

 


Ashé: Energia vitale che è in ogni cosa. Ogni cosa ha una sua Ashé, e l'Ashé di ogni cosa è il potere intrinseco e l'energia propria di quella cosa in particolare. Piante, animali, persone, oggetti: tutto ha una sua Ashé.L'Ashé Divina è forza vitale, energia formidabile, potere inestinguibile: è l'opposto e il necessario complemento del Caos, è l'Assoluto che sfugge alle definizioni.


Veve: Un Veve è a tutti gli effetti un Sigillo, e 'funziona' esattamente come 'funzionano' i Sigilli che siamo abituati a tracciare per entrare in contatto con i Daimon. Nel Vudu è pratica abituale disegnare i Veve con polvere di gusci d'uovo sbriciolato, o con farina di riso, o con polvere di caffè, a terra o sugli Altari a seconda delle preferenze del Lwa che si intende richiamare, onorare o ringraziare. A prima vista i Veve possono sembrarci incomprensibili, ma a ben guardare, meditandoli e tracciandoli più volte diventano via via più comprensibili e iniziano ad entrarci dentro, esattamente come i Sigilli che ben conosciamo, e poco per volta diventano -almeno in parte- più leggibili. Ho notato che alcuni elementi di alcuni Sigilli ricorrono nei Veve, e viceversa. Le linee condensano l'energia dei Lwa e la descrivono in modo assai accurato, raccontandoci una storia, e aprendo porte dentro l'Anima che ci mettono in comunicazione con l'Essenza; alcuni elementi sono estremamente descrittivi, altri ricorrono collocando i Lwa all'interno di Famiglie e di Alleanze.A mio parere, chi si sente vicino alla Manifestazione Divina di un Lwa, potrebbe avvalersi del Veve esattamente come si avvarrebbe di un Sigillo, nel modo che siamo abituati ad applicare nelle nostre pratiche di Culto.


Possessione: Nel Vudu il concetto di 'possessione' è molto diverso dal significato che si attribuisce normalmente a questo termine. Qui la possessione è un'esperienza positiva, auspicabile e tendenzialmente non dannosa, in cui il Lwa infonde la propria energia all'interno di un suo Devoto. I Devoti, tramite canti, danze e tamburi, volontariamente ricercano la trance mistica per permettere ai Lwa di entrare in loro. Durante la possessione, il corpo posseduto appare come comandato da qualcosa che non è nel suo cervello, e agisce sotto gli impulsi che il Lwa gli trasmette, spesso mostrando Segni agli altri presenti. Probabilmente non ricorderà le cose che il suo corpo ha detto o fatto, ma in cambio manterrà vividi ricordi del viaggio sciamanico che la sua Anima avrà fatto nel frattempo, vedendo e sentendo cose su altri Piani di Esistenza.Personalmente ritengo che sia una cosa possibile e assolutamente logica, ma al momento non mi è chiaro quanto di tutto questo sia da attribuirsi alla suggestione, o al contatto con eventuali forme energetiche riconducibili alle eggregore, né ho modo di distinguere, tra le possessioni documentate, quali eventualmente siano pure e attribuibili solo e soltanto ai Lwa, e quali invece ad altre cause.


Lwa e Orisha: I Lwa sono gli Orisha, gli Orisha sono i Lwa. Nella Regla de Ocha i Lwa vengono chiamati Orisha, e la loro Essenza Divina non viene del tutto riconosciuta, ma questa distorsione non modifica il fatto che quegli Orisha siano trascrizioni provenienti dagli Antichi Lwa degli Yoruba, dei Fon, degli Ewe e dei Kikongo.

 

 


*** Giunti fin qui, vorrei finalmente presentare nel modo più esaustivo possibile i Lwa più antichi e i più conosciuti, il più possibile in accordo alla Teogonia e alla Cosmogonia Yoruba. Purtroppo il quadro generale non potrà mai essere totalmente completo, e c'è il rischio che le informazioni mancanti e le riscritture tra cui mi sono dovuta districare abbiano dato origine a vuoti, doppioni e inesattezze. Spero di essere riuscita a raccogliere abbastanza informazioni da poter quantomeno consentire un'analisi soddisfacente per chiunque desideri approfondire ulteriormente l'argomento tramite il ragionamento e l'esperienza personale, e soprattutto, tale da lasciare che il lettore intraveda la Grandezza dei nostri meravigliosi Dei, nelle loro Manifestazioni Lwa ***

 

 I FIGLI DI MAWU


In principio vi era solo Nana-Buluku, che sta ovunque e non è maschio né femmina. Da Nana-Buluku nacquero Mawu e Lisa: la Luna e il Sole.
Mawu e Lisa si unirono, e dalla loro unione nacquero i primi quattordici Lwa. Sette di loro fondarono le prime Famiglie Spirituali, e furono i primi Re di tutti i Regni della Terra:


Arganyu Shola è il Magma: Egli regna sulla Crosta Terrestre, sulle placche tettoniche, sui Vulcani e su tutte le aperture da cui può uscire il Magma.
Arganyu Shola è la vibrazione primordiale di Olodumare, e quando sale in cielo Egli diventa il calore benefico del Sole che si irradia sulla Terra.


Gu (Ogun) viene dopo Arganyu Shola, perché nelle fucine dei Vulcani hanno avuto origine i Metalli. Ogun regna sull'Arte della Guerra, sulle fucine e su tutti i Metalli della Terra.


Heviosso (Shango) regna sul Cielo e sul Tuono. Shango è la Tempesta, ed è la Giustizia e Colui che si occupa che la Giustizia venga soddisfatta.


Aveji Da (Oyà) regna sul Vento e sul Respiro, ed è Essa stessa il Vento che alimenta ogni fiamma.


Dan Sissinon
, immenso e formidabile Dragone a due teste, regna sul Fuoco e può crearlo, soffiandolo fuori dalle sue bocche formidabili.


Sakpata (Babalù Ayé) regna sulla Terra fertile e sui frutti della Terra, insegna a coltivarla e nutre gli Uomini. Anche tutte le Paludi gli appartengono, e per questo ha il potere di ammalare tanto quanto di guarire.


Legba regna su tutti i Crocevia, e tutte le Strade sono Sue. Ha le chiavi di tutte le Porte, sale e scende a suo piacere dall'Iroko, e ha accesso a tutta la Conoscenza esistente. Legba è il più grande Messaggero.

Insieme ad Asojano (Ossain, Age), che è l'altra faccia di Sakpata e sa guarire ogni malattia, perché conosce la Magia e la Medicina che sta dentro le foglie;


insieme a Yemaya-Olokun, che è l'immenso grembo d'Acqua dove ogni cosa trova nuovo inizio e che è manifestazione della Mawu stessa;

Insieme a Damballa Wedo, il cui regno si estende su Acqua, Terra e Aria, ed è il più alto Spirito di Creazione e di Intelligenza:

 

 

Essi furono i Primi, e regnarono su tutti i Regni del Mondo: Acqua, Fuoco, Terra, Aria, Tuono, Guerra, Magia, Intelligenza.

 

 

DAMBALLA E AYDA WEDO


Ancora prima che Mawu desse alla luce il suo primo figlio, Damballa Era già. Damballa portava nella sua bocca il Nana-Buluku, danzando in spire eleganti, e ad ogni suo giro creava fiumi, montagne e vallate. E ogni notte lo sterco fertile dei Serpenti si accumulava, erigendo montagne, che poi all'indomani si sarebbero seccate, pronte per essere plasmate: per questo motivo dentro alle montagne si trovano l'oro e i diamanti.  Quando la Terra fu completa, Damballa si acciambellò sotto di essa per sorreggerne il peso, e siccome sentiva molto caldo, il Nana-Buluku diventò l'immensa acqua dell'Oceano, in modo che Damballa potesse attorcigliarsi attorno alla Terra formando un immenso Uroboro, e ad ogni giro rinnovare un Ciclo di Rinascita. Esattamente come lo Spazio-Tempo sostiene il qui-e-ora di ogni cosa, Damballa è ancora là, eppure può essere anche altrove: e infatti, dopo che la Terra fu completa e Damballa era entrato nelle Acque di Sotto a rinfrescarsi, in realtà poco dopo ne uscì anche, perché era giunto per lui il momento di fare la muta. Srotolando le sue settemila spire si protese verso il Sole, e la Luce scintillò sulla sua pelle nuova, imperlata di miriadi di goccioline di acqua, e luccicando sul suo corpo immenso, dalla sua pelle si sprigionò l'Iridescenza.

Damballa osservò l'Iridescenza sollevarsi da Se Stesso, aumentare di intensità fino a formare un gigantesco, magnifico Arcobaleno, e pensò che l'Iridescenza era bellissima, talmente bella che se ne innamorò. Allora Damballa-Wedo volle che l'Iridescenza avesse corpo, e la plasmò identica a Se Stesso: la chiamò Ay-Da We-Do, che significa 'La Conoscenza del Serpente che viene dal Sole', e ad Essa volle unirsi per l'Eternità. Così nacque la Madre Ayda-Wedo, signora del Cielo e dell'Arcobaleno, Riflesso luminoso di Damballa e sua preziosissima Consorte. Ed è così che Damballa e Ayda danzano la Danza degli Opposti, in un vortice incessante che genera Equilibrio e Perfezione.

Ayda Wedo è dunque Damballa stesso, suo riflesso e sua emanazione: Ayda Wedo è la seconda Manifestazione della Madre, che dopo la forma ancestrale di Mawu qui si mostra corporea, immensa, a danzare l'Equilibrio attorno all'Asse del Mondo come un infinito Arcobaleno che unisce Terra e Cielo. I Veve di Damballa e Ayda sono molti, ma tutti raffigurano entrambe le Energie: non si può disegnare Damballa senza Ayda, perché Essi insieme formano la perfezione. Damballa Wedo si chiama anche Oshumare. Egli è un Lwa del bene e della Conoscenza. A volte è raffigurato come una biscia d'acqua, più spesso come un boa. Il suo colore è il bianco, le sue offerte rituali preferite sono la farina bianca e le uova: se celebrate per Damballa, non stupitevi se vi verrà voglia di mangiare delle uova.. non è raro che chi viene accarezzato dalla sua energia si ritrovi a muoversi in modo sinuoso, e a desiderare di mangiare il cibo che piace anche a lui! Damballa è ancestrale, non ama parlare troppo con troppe parole: comunica infondendo ispirazione e trasfondendo immagini, perché il suo spirito è talmente elevato che per lui il linguaggio è riduttivo. Damballa e Ayda amano sostare vicino ai corsi d'acqua, e anche se non è obbligatorio farlo, può essere d'aiuto ritualizzare per loro in prossimità di fonti e rive. Ad Ayda appartengono tutti i colori dell'Arcobaleno: la sua collana rituale deve essere composta di sette fili di perline di tutti i colori, di quando in quando interrotte da tratti infilati solo con perline nei toni dell'azzurro.


Damballa conosciuto anche come: Da, Oshumare, Obatala

Corrisponde a: Kukulkan\Quetzatlcoatl
Ayida Wedo conosciuta come: Ewà, Houelosou Da, Odudua
Corrisponde a: Ixchel

Corrispondenze ipotetiche: Manifestazione di Satana

Dominio: Acqua, Aria, Terra, Intelligenza
Corrispondenza planetaria: Terra, Universo

Colore di Damballa: Bianco
Colore di Ayida: tutti quelli dell'Arcobaleno
Animali e oggetti: Serpente, Gufo, Camaleonte, Ossa, Avorio, Cotone

Offerte rituali: farine bianche, uova, acqua fredda, biscotti, polpa e latte di cocco, pane, riso, burro, sigaro dolce, miele.

Forse la preferita in assoluto da parte di Damballa, è un uovo sopra un mucchietto di sale o di farina.

Luogo rituale: ovunque, ma in particolare rive e sorgenti

Collana rituale: sette fili di perline di tutti i colori, intervallate da sezioni interamente di perline azzurre

 

Considerazioni sul Veve: Damballa e Ayda sono rappresentati assieme, nell'atto di danzare la Danza degli Opposti. Non si può disegnare Damballa senza Ayida, perché entrambi sono due parti di una cosa sola: Ayida è emanazione di Damballa e suo Riflesso. L'oggetto centrale è la raffigurazione di un albero di palma, che qui rappresenta l'Asse del Mondo (le cui radici sono nel Grembo, e la cui chioma lambisce la Luna). Gli asterischi rappresentano le otto vie della Magia. Per chi desidera disegnare il Veve con le polveri, è indicata la farina di mais.

 

Un canto per Ayida:

Eh, Ap vin' far couleve!
Ayida c'est arc en ciel!
Pas, we (oh) n'ap fai couleve?
Ayida c'est arc en ciel!

Eh, sta arrivando il Serpente!
Ayida è l'Arcobaleno!
Cosa stai facendo, o Serpente?
Ayida sta facendo l'Arcobaleno!


Un canto per Damballa:

C'est cou-leve oh!
Pouq' pas ne-ye?
Damballa Wedo
c'est cou-leve ou!
Pouq' ou pas ne-ye?
Pouq' ou pas ne-ye?
Damballa pouq' ou pas ne-ye, nan dleau?

E' un serpente, oh!
Da dove è nato?
Damballa Wedo
E' un Serpente, oh!
Da dove è nato?
Da dove è nato?
Ma da dove viene? Dall'Acqua?

 


YEMAYA

 

Yemaya (Imanje, La Balianne, La Sirene, Yemalla) è uno dei più sublimi aspetti della Madre. Ella è l'Utero Cosmico, ed è in Lei che le Anime riposano ogni volta che un ciclo terreno finisce, lasciando andare la stanchezza e il dolore e rigenerandosi, per poter ritornare sulla Terra e ricominciare dentro ad un nuovo corpo: come gli Egizi raffiguravano le Anime accarezzate dai rami di Nut-il-Sicomoro, gli Yoruba raccontano di questa immensa acqua scura, dove ognuno di noi ritorna ancora e ancora, e riceve ristoro e nutrimento.

Quando l'Anima è pronta e non è più stanca, Yemaya la fa risalire in superficie, fino al corpo di Damballa, e Damballa la fa salire ancora, lungo tutte le sue settemila spire. Quando l'Anima giunge alla testa, da lì passa dentro ad Ayda Wedo, e lungo Ayda Wedo ridiscende, scivolando lungo l'immenso Arcobaleno, e infine cade dentro al nuovo corpo, pronta per ricominciare una vita nuova. Quando un'Anima conclude tutti i suoi Cicli Terreni, giunge alla sua Ultima Morte, e allora a questo punto la Yemaya non la fa più risalire, ma la sospinge dolcemente verso un'altra dimensione: tra il nostro Mondo materiale e il mondo dove abitano i Lwa, si dice che ci sia una sorta di 'intercapedine liquida' dove chi ne è degno inizierà un nuovo cammino di Evoluzione, per diventare a sua volta un Lwa. I Lwa hanno discendenze e parentele che non funzionano esattamente come le nostre parentele umane a cui siamo abituati: sono più che altro determinate da ancestrali legami spirituali. Dunque si dice che chi intraprenderà questa Evoluzione, acquisirà caratteristiche specifiche della Famiglia di Lwa a cui è legato per la sua Eredità Spirituale. Sul nostro piano fisico, Yemaya è la personificazione dell'Energia Femminile: Ella garantisce il nutrimento, e ha cura delle Donne e delle loro necessità, e, per estensione, data la sua natura Acquatica, governa i mari e ciò che in essi si trova. Il momento più opportuno per onorarla è ad ogni Luna Piena: nella tradizione Yoruba Yemaya ha tutti gli attributi della Luna, e in un certo senso Ella è la Luna stessa.

Yemaya ama il bianco, il blu, l'azzurro e tutto ciò che è trasparente e cristallino, e le piace il numero sette: una perfetta collana rituale per Lei può essere formata alternando gruppi da sette elementi bianchi, e gruppi da sette elementi blu. Ama molto anche i braccialetti d'argento a gruppi di sette, le conchiglie, le perle e le pietre come l'acquamarina, il topazio blu e e le agate blu. Gli animali a Lei sacri sono i delfini, tutti i pesci, tutti gli uccelli acquatici (specialmente oche, anatre e cigni), i cavallucci marini e le farfalle blu. Le offerte che preferisce sono a base di frutta, specialmente cocomeri, meloni, bacche e cocco; il suo fiore è la Violetta. Nelle varie nuove tradizioni voodoo, Yemaya ha molte Manifestazioni:

 


Yemaya Awoyo


Questa è la Sua Manifestazione più antica, saggia, amorevole e dispensatrice di ricchezze. Indossa un arcobaleno (l'ochumare) come corona sul suo capo ed è anche una potente guerriera.. Arcobaleno come Ayda, guerriera come Oyà.


Yemaya Asseu


Vive nelle acque sporche ed inquinate, aiuta i morti, accetta offerte per loro. Risponde con molta calma.


Yemaya Oquette


Oquette è violenta e distruttiva, è Madre che dà la vita ma che può anche decidere di toglierla. In questa Manifestazione è molto simile a Kali.


Yemaya Maualewo


Vive nelle lagune intorno alle quali ci sono solo boschi, in solitudine. E' una strega potentissima e lavora insieme a Ogun.


Yemaya Achabba


Sposa di Ogun (come Oyà). Qui è saggia, potentissima maga e molto severa. Ascolta i suoi devoti dando loro le spalle.


Yemaya Acuaro


Acuaro c'è quando il fiume (Oshun) incontra il mare (Yemayà), vale a dire quando Yemaya lavora insieme ad Oshun in armonia, come sorelle che danzano allegre e fanno cose insieme. Sono potenti guaritrici e possono annullare gli incantesimi negativi.


Yemaya Okuti


In questa Manifestazione Yemaya è la regina di tutte le Streghe e manda messaggi. La barriera corallina è sua, e sue sono tutte le madreperle. Saggia e sensuale, danza con un serpente avvolto attorno al braccio. Okuti si adira facilmente e sa combattere con grande coraggio e maestria: combatte al fianco di Ogun, e anche qui ci ricorda moltissimo Oyà.


Yemaya Olokun


Yemaya dei sogni vive nel fondo degli oceani, dotata di immensa saggezza e conoscenza.

 



***Qui vorrei aprire una parentesi sulla netta ed evidente corrispondenza che innegabilmente esiste, tra Damballa e Kukulkan\Quetzatlcoatl, e tra Ayda Wedo e Yemaya Awoyo e Ixchel: per chi se lo stesse chiedendo, Kukulkan e Ixchel non sono acquisizioni recenti, bensì Divinità Ancestrali della Mesoamerica che erano già state riconosciute e raffigurate dagli Antichi Indios, molto prima che i conquistadores giungessero in terra Americana***

 

 Yemaya corrisponde a: Grembo Cosmico, Luna, Essenza femminile di Olokun

Corrispondenze ipotetiche: Nut, Nut-il-Sicomoro

Dominio: Acqua
Corrispondenza planetaria: Luna, Universo

Colore: Bianco, azzurro, blu, cristallino
Oggetto: conchiglie, perle, bracciali d'argento a gruppi di sette

Offerte rituali: frutta, meloni, cocomeri, cocco, bacche, violette, conchiglie, perle, pietre dure di colore blu e azzurro.
Numero: 7

Luogo rituale: ovunque, ma in particolare riva del mare

Collana rituale: collana con perle bianche e perle azzurre o blu, alternate a gruppi di sette.

 

Considerazioni sul Veve: la sfera al centro si dice sia una perla, che però è probabile che simboleggi proprio anche la Luna.



Considerazioni sul Ponto Riscado di Yemaya: Nella sua semplicità mostra come in Lei vi sia il Sopra quanto il Sotto, e la linea di demarcazione tra cielo e mare vanno a formare la coda di un pesce e non sono disposte lungo un asse orizzontale, bensì sono disposte lungo una linea obliqua, ad indicare non tanto una separazione, quanto una sorta di continuità. Trovo fondamentale tener conto del fatto che le stelle sono sopra, mentre la Luna è sotto, nell'Acqua, ulteriore conferma del fatto che Yemaya sia il Grembo della Luna stessa. (le stelle formano una croce, ed occorre tener presente che possa trattarsi di un prodotto del sincretismo. Tuttavia non è da trascurare il fatto che la Costellazione della Croce del Sud sia visibile in Mesoamerica, e ben nota alla stragrande maggioranza dei Mesoamericani).


AVEJI DA -  OYA - YANSA

 

Aveji Da è conosciuta da molti come Oya, oppure Yansa. Ella è la Madre del Caos, terribile guerriera e signora del Fuoco e del Vento: avanza fiera tenendo le fiamme tra le mani, può portare cambiamenti di ogni sorta ed è in grado di portare la devastazione: a volte Ella distrugge proprio per poter poi ricostruire, perché non tollera la stasi, e allora giunge come una tempesta e spazza via ogni cosa, ma poi rimane e porta ispirazione e anche fortuna e abbondanza, per favorire la rinascita e il nuovo cammino Si dice sia stata sposa prima di Ogun e poi di Shango (e vedremo in seguito che allora, forse, in realtà ebbe un solo sposo) e proprio come i suoi mariti Ella è una guerriera formidabile, e possiede un machete che maneggia con maestria, sia in battaglia, sia per scacciare gli spiriti malevoli. Il suo potere è tremendo e inarrestabile e comanda il vento con i suoi iruche (strumenti rituali a forma di coda di cavallo); a volte diventa Essa stessa il Vento: Oyà è il respiro, e la sua danza si dipana in spirali senza fine. A volte è difficile vederla perché si trasforma in modo repentino: a volte carica come un bufalo infuriato, a volte si tramuta in un immenso arcobaleno; a volte sta sulle porte dei cimiteri insieme a Papa Legba, per aiutare le anime a passare oltre. Le piacciono il numero nove, il 19, il 29, il 39, il 49, il 99, tutti i multipli di nove, il sabato e il venerdì. Il Suo giorno è il 2 Febbraio.
In Africa protegge il fiume Niger e tutti i nove affluenti del Niger sono figli suoi. Sull'altare per Oyà non dovrebbero mancare spade, corone di rame e palchi di corna.. più semplicemente, amerà che le si offrano perle colorate, torte di fagioli, e melanzane.

Cosa importantissima da tener presente, è che i suoi colori sono tutti quelli dell'arcobaleno. E infatti ad Haiti, Oyà è conosciuta come Ayda Wedo. Fondamentale notare come l'essenza di Oyà sia presente tra le Manifestazioni di Yemaya, nella forma denominata Yemaya Oquette: Così la Madre risplende nella sua grandezza, ed è Mawu la Luna, Yemaya il Grembo Cosmico, Ayda Wedo la Porta tra i due Mondi, Oyà la Guerriera che ha la capacità di distruggere ogni cosa, e ripristinare il Caos Originale da cui Mawu creò la prima perfezione.

 



Aveji Da corrisponde a: Ayida Wedo, Yemaya Oquette

Corrispondenze ipotetiche: Si noti come il profilo di Aveji Da sia estremamente sovrapponibile alla Dea Agares

Dominio: Vento, Fuoco, respiro

Colore: Tutti quelli dell'Arcobaleno, più rosso scuro e nero
Numero: 9

Giorno della settimana: venerdì e sabato

Giorno dell'anno: 2 febbraio

Offerte rituali: perle colorate, torte di fagioli, melanzane

Oggetto rituale: iruché

Armi: machete, fuoco

 

Considerazioni sul Ponto Riscado di Oya: si noti la folgore, che rimanda a Ogun Shango, e le frecce, che indicano la sua natura Guerriera


OLODUMARE

 

Olodumare è complicato. Olodumare è energia naturale, immanente, elementale. Olodumare è un concetto astratto eppure è capace di creare. Viene dopo il Nana-Buluku e come il Nana-Buluku è senza sesso, è il Mawu-Lisa che genera l'Androgino Divino, e definisce Se Stesso in Olorun. Olorun è il Sole di Mezzogiorno, e corrisponde a quello che gli Egizi chiamavano Atum-Ra.  Per l'esattezza, il Nome Yoruba originale di Olorun è Argayu Shola: la leggenda narra che quando nacque il suo corpo si danneggiò perché fu partorito con forza, così Egli rimase come una pura Essenza. A causa della forza con cui venne al mondo, fu proiettato dentro all'Olodumare: e da allora, ogni volta che è giorno, Egli si trova in quel punto e diventa Oba Irawo, che significa 'il Re del Sole', conosciuto anche come Olorun. Come accennato precedentemente, nella Santeria Cubana il concetto di Olodumare si è via via appiattito, e inevitabilmente adattato alla visione monoteistica a cui il sincretismo ha irrimediabilmente aperto la strada: Olodumare è diventato un modo per dire 'dio', ed è considerato un essenza trascendente che sta in cielo in terra in ogni luogo, e Olorun è diventato 'il creatore', che a sua volta si condensa in Olofin, infine, che sta per 'la creazione'. Via via che tutte le varie diramazioni del Voodoo moderno si sono distaccate dalla fonte, il concetto di 'dio' imposto dai conquistadores si è andato a sovrapporre ai concetti più complessi ed elevati dell'Origine, e contestualmente si sono andate a perdere molte caratteristiche peculiari dei Lwa, determinando la formazione di doppioni e riscritture, e talvolta frazionando il potere di ogni Lwa e attribuendolo a schiere innumerevoli di nuovi Lwa caratterizzati da un potere più specifico, allo stesso modo in cui l'immagine proiettata in uno specchio finisce per centuplicarsi in mille immaginette sparse, nel momento in cui lo specchio va in frantumi. Ma analizzando bene ogni frammento, è possibile ricostruire molto di ciò che è andato a perdersi: e qui a tal proposito è doveroso aprire una parentesi su Obatala.

 

OBATALA


Obatala ha attualmente una descrizione che lo affianca, e al contempo lo distacca da Olorun: per i vudu afro-americani, Obatala scaturisce da Olodumare, non è maschio né femmina ed è in grado di creare ogni uomo e ogni bestia con l'argilla, e di infondere la vita; ma per loro, al contrario di Olorun, il corpo di Obatala è anziano, e come si dice che Olorun creò la morte (per evitare che gli umani crescessero a dismisura, diventando dei giganti), Obatala invece può guarire, talvolta anche dalle malattie mortali. 
Obatala in realtà non è un Nome prodotto dal vudu moderno, ma piuttosto è un'antica acquisizione, derivante dai contatti tra il popolo Yoruba e la gente dell'Egitto, poi successivamente importata pari-pari in terra americana, e arbitrariamente appiccicata dentro al nuovo schema di gerarchie divine. Nella lingua degli Yoruba, Obba significa Re. Ala invece è la contrazione di Phi-Ala, che significa 'sorgente del Nilo': Obatala potrebbe dunque significare, letteralmente, 'il Re delle Sorgenti del Nilo'.

In Egitto l'appellativo di 'Guardiano delle Sorgenti del Nilo, era attribuito al Dio Khnum, che (proprio come Obatala) è in grado di creare con l'argilla ogni essere vivente, e (similmente a Olorun) è considerato personificazione della forza creatrice del Sole Ra. E Khnum è Colui che assiste al parto della Dea Rana, Heket: nella parte più meridionale dell'Egitto, Khnum era considerato non solo la forza creatrice, ma egli stesso il creatore e allo stesso tempo la personificazione dell'intero creato (ed ecco la sequenza Olodumare-Olorun-Olofin) e che il suo Nome fosse un modo per definire, tutte insieme, le Divinità Ancestrali scaturite dal mare primordiale: Geb, Shu, Ra, Osiride. Importantissimo a questo punto portare l'attenzione sul fatto che Obatala, detto anche Oxalà, e anche Da (!) ha una sorella che più precisamente è emanazione di Se Stesso, e anche sua sposa: Oduduà, detta anche Hoelousou Da.. e insieme danzano la Danza degli Opposti, attorno all'Albero Sacro Iroko. Obatalà è detto anche il dio dalle vesti bianche, e governa su tutte le teste degli uomini e sul pensiero cosciente, poiché si dice che fu Lui, Spirito di Intelligenza, a donare l'Intelligenza agli Uomini. Ed ecco che almeno un po', tutto il caos di Haiti e Cuba si riordina, la Teogonia Yoruba trova le sue conferme in quella Egizia, bondye ritorna nel cassetto delle distorsioni, e Damballa\Ayda esce definitivamente da qualsiasi lista dei 'Lwa minori' in cui l'errore umano possa averlo confinato, confermandosi Aja Devadevam, il Mai-Generato.



Corrisponde a: Androgino Divino e, come Obatala, a Damballa
Possibili corrispondenze: Amon–Ra-Aton, Khepu
Spunto di riflessione: Manifestazione di Satana

Corrispondenza planetaria: Sole

Colori: bianco, oro

 

Considerazioni sul Veve: tutti i Veve e i Pontos giunti fino a noi sono cristianizzati e pertanto inutilizzabili. In accordo alla teoria (che personalmente condivido) che Olodumare-Olorun-Olofin corrisponda ad Amon-Ra-Aton, ritengo sia possibile mettersi in contatto con questa Sua specifica Energia direttamente tramite i geroglifici Egizi.

 

ARGANYU SHOLA


Arganyu Shola esiste dentro la Terra, e quando si trova nella Terra ne possiede la crosta terrestre, il magma, i vulcani, e tutte le aperture tramite le quali il magma può fuoriuscire. Governa le placche tettoniche e tutti i loro movimenti. E' uno dei Primi Figli di Mawu, ed è nato prima di Ogun, perché è nell'immensa fucina del Magma che nacquero tutti i Metalli della Terra. Quando Arganyu Shola sale in alto nel cielo, ed entra nella Casa di Olodumare, allora diventa Oba Irawo, cioè Olorun, il Calore del Sole: Oba Irawo ha il compito di irradiare la terra con i raggi benefici, e impedire che il Pianeta congeli. Si dice che Arganyu Shola sia la prima Essenza di Olodumare ad essere nata dalla Mawu.

 

MARASSA DOSSOU DOSSA

 

Marassa non è un Lwa, ma sono i due Antenati di tutti quanti i Lwa, due gemelli fanciulli Mawu e Lisa che quando sono presenti tutti e due in realtà poi sono tre, e portano Amore, Verità, Giustizia. I Marassas Jameaux sono una rappresentazione forse un po' più moderna del Mawu Lisa e dell'Androgino, ma portano in sé una deliziosa meraviglia ancestrale che la riscrittura non ha spento. Lisa è il Sole, e la sua forza è maschile: egli è il Dossou. Mawu è la Luna, e la sua energia è femminile: ella è la Dossa. Non si può chiamare Lisa senza Mawu e viceversa: Dossou e Dossa sono opposti ma stanno sempre insieme, e dalla loro unione origina incessantemente l'Androgino Divino. Dossou Dossa sono allegri, maliziosi, sensibili e impulsivi, e anche un po' viziosi e birichini: a loro non piace essere annoiati da offerte poco stuzzicanti! Ai Marassa Jameaux si offre solo cibo divertente, dolcetti caramelle e popcorn caramellato, sempre due di tutto, e il più possibile abbondante.

 


Possibili corrispondenze: Mawu-Lisa e l'Androgino Divino
Spunti di riflessione: potrebbe essere un modo per entrare in contatto con l'Essenza

di Olodumare-Olorun-Olofin

Corrispondenza planetaria: Luna e Sole

Colori: tutte le sfumature luminose e allegre di ogni colore

Numero: 1+1=3

Offerte rituali: cibo divertente, sfizioso e stuzzicante, caramelle e dolcett



Un canto per i Marassas:

Marasa yo men dlo men manje
Pye a le manye dlo nan gé
Ti moun ya pe kriye,
Bay-o lavi pou mwen!

Seremoni, seremoni O!
Mwen di a le man-ye, dlo man gé
Ti moun ya pe kriye,
Bay-o lavi pou mwen!

I Marassa hanno acqua e cibo
e guadando le Acque della Guerra
i fanciulli gridano:
Dateci Vita!

Cerimonia, cerimonia Oh!
Ho detto che le Acque della Guerra fanno gridare i fanciulli:
Dateci Vita!

 



OGUN

 

Ogun (Oggun, Ogou) Lwa del ferro, dell'acciaio e della guerra, nell'antico Dahomey si chiama Gu, ed è il secondogenito de quattordici figli di Mawu. Ogun è un uomo bello e prestante, ed è molto abile nel lavorare ferro e acciaio: costruisce ottime armi, e incoraggia e protegge il lavoro nelle fucine. Ama dispensare benessere ed è un tipo pacifico, ma può essere molto pericoloso se si adira, perché è estremamente forte, ed è un combattente formidabile.

Si dice che Egli sia in grado di trasformare la foresta, rendendola dimora degli Dei, e siccome sa maneggiare le armi bianche con grande destrezza, Ogun è colui che va in avanscoperta aprendosi la via a colpi d'ascia e di machete: per questo è conosciuto anche come 'Colui che prepara la strada'. Ogun ha insegnato molte cose agli Uomini: oltre che maestro del combattimento e formidabile fabbro ferraio, è anche inventore sagace e geniale, ed esperto costruttore di rifugi, e siccome è sempre stato incline ad insegnare le sue specialità, è considerato il padre della tecnologia e della civiltà.
Un'antica leggenda narra che una volta Ogun fu incoronato Re: Egli accettò la nomina e regnò per tutto il tempo che ci volle ad insegnare alle persone ogni cosa che poterono imparare. Poi un giorno, quando vide che gli uomini erano diventati in grado di cavarsela da soli, Ogun si tolse la corona, la restituì a chi gliela aveva data, e se ne andò attraverso la foresta.

Nel Voodoo oggi Ogoun è celebrato sia nei riti Rada, più pacifici e simili alla tradizione Dahomey, sia nei più oscuri (e moderni) riti Petwo. Haiti gli ha dato un cavallo bianco, e ha esteso il suo potere di guerriero anche alla sfera politica, facendo di Ogun una sorta di simbolo della lotta sociale. Inoltre nell'epoca moderna le ferrovie sono diventate sue, perché fatte di ferro duro e forte, e di frequente le offerte a Lui destinate vengono ancora oggi seppellite proprio nei pressi delle linee ferroviarie. Sull'Altare per Ogun si possono offrire carni rosse, melograni, uva, platani (le bananone verdi) e anche gin, rum e sigari.

Immune al fuoco e invulnerabile, può decidere di dare lo stesso potere a chi glielo domanda. Talvolta decide di mostrarsi come se fosse ferito, anche se ciò in realtà non potrà mai accadere, perché neanche il fuoco può scalfire la sua pelle: a volte, quando appare, fa il gesto di colpirsi con la lama, o conficca a terra una spada e poi ci salta sopra, senza mai tagliarsi. Può infondere forza nei suoi devoti tramite la Magia, ed è forte nell'arte della Profezia. Di frequente porta messaggi di Damballa. Gli piace il colore rosso, gli alberi di mango e il venerdì;Ama il rumore della guerra, e per questo si dice che Egli sia maestro dei fulmini e delle tempeste, che può scatenare dove vuole, soprattutto quando si manifesta come Ogu-Badagri.

Ogoun ha molti Nomi, tra cui Ogou Fer, Ogou Bhatala, Ogou Feraille, Ogou Balendyo, Ogun Ibaramile (che è legato in modo particolare ai Serpenti) e Ogou Shango. Soprattutto gli ultimi due Nomi di Ogun sono da tenere presenti e da valutare in modo molto attento, perché indicano una connessione estremamente forte con un suo fratello che gli assomiglia molto, e che forse costituisce un altro aspetto della medesima Entità: si tratta di Shango, che nel Culto Yoruba Dahomey si chiama Heviosso, e alcuni dicono che sia figlio di Yemaya, altri che sia figlio di Olodumare.

 


Conosciuto come: Ogun, Oggun, Ogoun, Ogou Shango

Corrisponde a: Gu

Corrispondenze ipotetiche: Sobo-Bade, Horus, Thor, Shango

Dominio: Giustizia, Guerra, Metallo

Giorno della settimana: venerdì

Colore: rosso

Oggetto: albero di mango

Arma: machete e armi da taglio

Offerte rituali: melograni, uva, platanos, gin, rum, sigari.

Luogo: ovunque, di recente spesso vicino alle linee ferroviarie

 

Considerazioni sul Veve: Gli asterischi indicano le otto vie della Magia. Il Veve più semplice è molto simile a quello di Shango: si vedono chiaramente i due fulmini ai lati della base triangolare, e le due linee orizzontali poste alla sommità e alla base significano terra-cielo.  

Ogou Fe Fe Feray o!
Ogou Fe Fe Feray o!
Sa ki fe yo byen, ba yo lavi pou mwe
Sa ki fè yo mal la lese san yo koule
Ogou Fe Fe Feray o!

Ogou Fe Fe Feray oh!
Ogou Fe Fe Feray oh!
A quelli che fanno del bene agli altri, donagli Vita da parte mia
A quelli che fanno del male agli altri, lascia che il loro sangue si versi fuori
Ogou Fe Fe Feray oh!

 

 

SHANGO


Shango (Heviosso, Xango, Sango, Chango) è il Dio del Cielo e del Tuono degli Ewe, fin dai tempi del Ventre di Da. Shango è la Luce paradisiaca e la Morte violenta, è il Tuono e lo schianto del Fulmine. Proprio come il biancheggiare del lampo rivela ogni cosa nel punto in cui si abbatte, Shango è in grado di distruggere menzogne ed apparenze, svelando rapido e impietoso ogni Verità. Maestro di tattica e di strategia, Shango tuttavia è il Lwa del cambiamento, e può reagire subitaneamente all'impensabile, vincendo qualsiasi imprevisto e ogni cosa imprevedibile. Egli è Colui che insegna il coraggio e che infonde intelligenza, ed è passione pura, è emozione, nel punto esatto in cui il sentire dello spirito esplode nel pensiero cosciente.

Shango crea tuoni e fulmini, e può scagliarli sulla Terra lanciando dove vuole le sue pietre-del-tuono: ancora oggi in Africa vi sono stregoni della tribù Yoruba che, quando cade un fulmine, vanno ovunque sia caduto, e cercano le pietre dappertutto; e ogni volta che trovano una pietra che potrebbe essere una delle Sue, la prendono e la conservano in uno dei Templi dedicati a Lui. Shango crede molto nella causa comune e ha un fortissimo senso di Giustizia, e può essere tanto severo da apparire anche violento, tuttavia è estremamente protettivo verso gli innocenti. Grande Mago e formidabile guerriero, protegge spiritualmente i suoi devoti, e spesso combatte al fianco di chi reputa degno anche nel mondo materiale, avvisando chi sta per correre pericolo, e punendo duramente i malfattori. Così come Ogun, anche Shango è molto bello, virile, prestante ed estremamente forte; e anche Shango è stato Re su questa Terra (per la precisione, si dice che fu il quarto Re della città di Oyo, l'antica capitale del regno Yoruba).

A Shango piacciono le Donne e può conferire ai suoi devoti anche migliori abilità sessuali, oltre che ogni tipo di fortuna, forza fisica e spirituale, e aiutare nel trovare il vero Amore. Si dice che ogni tanto gradisca bere alcool, e che a volte possa piacergli anche di ubriacarsi, ma a differenza di altri Lwa, il più delle volte non approva che i suoi devoti facciano altrettanto, e preferisce che restino sobri. Quando si manifesta, può decidere di scagliare in giro fulmini che scaturiscono dalle sue mani; si dice che a volte si diverta a scagliarne alcuni sui propri genitali, ridendo divertito perché ne resta illeso.

La sua arma favorita è l'Oxé, l'ascia bipenne. I suoi colori preferiti sono il rosso e il bianco, il suo giorno favorito è il venerdì. Sull'Altare per Shango non possono mancare le mele rosse e dolci, e anche i melograni. Le offerte alimentari per Shango vanno preferibilmente presentate in piatti di lamiera nuovi piuttosto che nel cocci; potrebbe anche gradire di ricevere offerte non commestibili, frammenti o piccoli oggetti di leghe metalliche e ferramenta varia, rigorosamente non preziosa.

 


Conosciuto come: Shango, Changò, Xango, OgunShango, Xeviosso, Heviosso

Corrispondenze ipotetiche: Sobo-Bade, Horus, Thor, Ogun

Dominio: Cielo, Tuono, Fulmine

Giorno della settimana: venerdì

Colore: rosso e bianco

Arma: Oxè, ascia bipenne

Offerte rituali: melograni, mele rosse, dolci in piatti di coccio e oggettini di piccola ferramenta.

 

 

Considerazioni sul Veve: Gli asterischi indicano le otto vie della Magia. Il Veve di Shango è molto simile a quelli

di Ogun: anche qui si vedono chiaramente i due fulmini ai lati della base triangolare, e le due linee orizzontali poste alla sommità e alla base significano terra-cielo. Si noti la griglia di linee oblique lungo l'Asse, che richiama l'altro Veve di Ogun. Nel Veve di Shango appare la figura di un Serpente sul lato, parallelo all'Asse che collega terra e cielo.

 

PAPA SOBO

 

Il Veve di Sobo contiene anche il simbolo del suo gemello Bade, detto anche Badeh o Badessy: quando appaiono, Sobo è colui che raccoglie i fulmini, e Badeh è colui che raccoglie il vento (e qui raccogliere è inteso nel senso di come si raccoglierebbero i frutti di un campo). Sobo appartiene ai Lwa Rada dell'Aria e del Fuoco, ed è un guerriero coraggioso, molto forte e dalla grande saggezza; è anche un grande guaritore ed è in grado di restituire la salute, e di liberare dagli effetti delle magie malvagie. Papa Sobo è considerato anche gemello di una particolare Manifestazione di Papa Legba, Legba Carrefour: quando si manifestano insieme, Sobo rimane nella funzione di Medico e Guaritore, mentre Legba Carrefour si mostra nella sua antica Essenza di Sakpata (vale a dire Babalu Aye, il Mistero dell'Aria e del Vento che è in grado di dispensare anche la malattia, e che a sua volta è un aspetto di Bade). Ma Sakpata non è da intendersi come un Lwa malvagio, anzi al contrario Egli è un Lwa ancestrale che è Signore benevolo della Terra, tanto quanto Sobo è signore dell'Aria e dei Cieli; Sakpata è infatti uno dei primi Lwa, e ha portato conoscenza e civiltà tra gli uomini, insegnando molte cose fondamentali. Papa Sobo è un grande guerriero e protegge il lavoro manuale esattamente come un altro suo fratello: Ogun. Il caprone è messaggero di Sobo ed è anche simbolo di Bade.

Papa Sobo appare sempre con la sua arma preferita, un'ascia bipenne che fu costruita con le corna di un caprone che Sakpata gli donò molto tempo fa, in ricordo di quando le loro energie di guarigione e distruzione si scontrarono; e proprio in ricordo dei loro passati scontri, ogni tuono riecheggia nei cieli producendo un suono che ricorda il rumore di corna che si scontrano in battaglia. Anche se comanda il fuoco e può generare fulmini e tempeste, Sobo è un Lwa gentile e propenso a donare pioggia alla terra; è conosciuto con moltissimi nomi tra cui Sobo il Grande, Sogbo, Sò Thunder, Medicine Man, ma soprattutto Chango Macho, Ogou Shango, Heviosso. quando si manifesta come Heviosso comanda il fuoco, e può togliere la vita, e in questo suo aspetto è molto vicino ai Lwa Ghede.

 


Conosciuto come: Sobo-Bade, Sogbo, Papa Sogbo Carrefour, Ogou Shango

Corrisponde a: l'altra faccia di Sakpata

Corrispondenze ipotetiche: Enlil, Baal Zebub

Dominio: Aria, Fuoco, Guarigione

Arma: Ascia bipenne

Colori: bianco e giallo limone

Luogo: ovunque
Giorno: tutti

 

 

Considerazioni sul Veve: Due assi obliqui che portano le lettere S e B. Interessante come in alcuni casi

non vengano indicate sotto forma di lettera, ma come un serpente (al posto della S) e un palco di corna di ariete stilizzato (al posto della B)


Sobo e lwa, m' sire
Sobo e lwa, m' asire, O!
Mwen gen nan men
Mwen gen nan poch
Mwen gen nan bank la
Sobo e la, m asire, O

Sobo è il mio Lwa, io sono assicurato
Sobo è il mio Lwa, io sono assicurato
ho soldi in mano
ho soldi in tasca
ho soldi in banca
Sobo è il mio Lwa, io sono assicurato

 

 

AGAOU

 

Agaou è un Lwa dei tuoni, della pioggia, dei fulmini e del vento, e può scatenare o placare i terremoti e le tempeste. Potente e talvolta violento, Agaou è molto rispettato e la sua collera è temuta; la sua voce è come il tuono e si dice che non esiti troppo a punire chi non lo onora con il dovuto rispetto. Agaou è conosciuto con molti Nomi, tra cui Agarou, Agaou Wèdo, Agaou Tonnè (il Tuono) Agaou Zèklè (il Fulmine) Agaou Lefan (Agaou l'Elefante), Agaou Potoko (il Drago) e Agaou Bèt Sansan(la Bestia Senza Sangue).

La sua descrizione e la sua area di potere ci rimandano a Papa Sobo e a Shango, facendo ragionevolmente ipotizzare che possa trattarsi del medesimo Lwa o per lo meno, di un Lwa facente parte della stessa Famiglia: invece secondo alcune fonti, Agaou ha una sua specifica, grande Famiglia di Lwa-Agaou, della quale moltissimi Lwa fanno parte della tradizione Dahomey e del rito Rada. Talvolta viene raffigurato come un Drago, e siccome questo genere di raffigurazione non è cosa frequente tra i Lwa, unitamente alla sua natura tempestosa che lo colloca nel cielo pur non essendo parte della famiglia dei Lwa-Ogun, ma essendo anzi capostipite di una Sua Famiglia, trovo che sia non troppo illogico ipotizzare che possa trattarsi di un nome nuovo attribuito a Dan Sissinon.

Non va dimenticato però, che di Lui si dice anche che sia una manifestazione di Belie Belcan, e che entrambi insieme costituiscano la manifestazione della Giustizia Divina sulla Terra: Belie Belcan è il lato più adulto, maturo, gentile e benevolo, mentre Agaou è il lato più giovane, irruento e violento. In accordo a questa versione, Agaou è fratello di Sobo e Bade - e in effetti questa fratellanza non inficia necessariamente la precedente ipotesi, in quanto Dan Sissinon Sakpata e Ogun sono tutti figli di Mawu, dunque fratelli, anche nel caso in cui diano origine a diverse nuove Famiglie spirituali di Lwa, e non condividano la medesima. Si dice che Agaou abbia anche un'altro Fratello, Agwe Tawayo che regna sui Mari: quando i fulmini di Agaou colpiscono le acque, allora Agwe Tawayo scatena gli tsunami.

 


Conosciuto come: Agaou, Agarou

Corrispondenze ipotetiche: Belie Belcan, Dan Sissinon

Spunto di riflessione:

Dominio: Cielo, Tuono, Fulmine, Tempesta, Fuoco

Animale: Drago

 

 

Considerazioni sul Veve: chiaramente una lettera A, che contiene le vie rette di Legba. L'asse verticale fuoriesce dalla sommità

della A, puntando verso il cielo e portando sulla cima le otto vie magiche.

 

AGASSOU

 

Si dice che lo Spirito del Leopardo, Kpo, si congiunse carnalmente con una principessa umana, Aligbono, e dalla loro unione nacque Agasou.
Ad ogni modo Agasou in principio era umano, visse le sue vite e partecipò alla fondazione dell'Impero Dahomey, e in seguito ricoprì un ruolo determinante nel portare il Culto Yoruba ad Haiti. 
Ora che la sua Evoluzione Terrena è completa, Agasou è un Lwa a tutti gli effetti: essendo molto antico, ha una sua Famiglia di Lwa-Agasou composta da moltissimi altri Lwa, che si vanno a collocare sia nel Dahomey ancestrale, sia nell'antica tradizione Rada. Una leggenda racconta che Agasou giunse in America dentro al sangue dei negri che sopravvissero alla traversata dell'Oceano, e per questo a volte per chiamare Agasou si chiede ad Agwe e si canta per Lui; e allora, se Agwe decide di accettare la richiesta, Agasou si presenta grazie all'intercessione di Agwe, e in questo caso sarà accompagnato da un Granchio: per questa ragione, oltre al Leopardo, anche il Granchio è Animale Sacro di Agasou. Agasou protegge il focolare, la famiglia e la discendenza. Ama il bianco, l'oro, il giallo e i toni del marrone fino al beige, così come possiamo trovarli proprio sul mantello dei Leopardi. Gli piace il giovedì, e il suo giorno dell'anno preferito è il 25 Agosto.

 

Conosciuto come: Agasou, Agassou, Ati-a-Sou

Dominio: focolare domestico, mare, viaggio, preservare il Culto

Giorno della settimana: giovedì

Giorno dell'anno: 25 agosto

Colore: bianco, oro, giallo, beige, marrone
Animale: Granchio e Leopardo

Offerte rituali: Sigari

 

 

Considerazioni sul Veve: molto bello ed equilibrato, il Veve di Agassou presenta l'Asse che saledal basamento triangolare,

con un Serpente arrotolato. Dietro sono visibili gli occhi del Leopardo

 

Un canto per Agassou:

Agassou o! M'ale nan Ginen

Agassou o! M'ale nan Ginen

mwen di Agassou o! M'ale nan Ginen

Pechè latè pa Bondye

 

(O Agassou! Sono andato in Guinea

O Agassou! Sono andato in Guinea

O Agassou! Ho detto che sono andato in Guinea

I peccatori della Terra, loro non sono Dio)

 

 


SILIBO

 

Silibo è Colei che nuota nel fuoco del Sole. Spirito delle sorgenti e degli specchi d'acqua, Silibo è anche e soprattutto un Lwa del Fuoco, e incarna l'aspetto femminile del Sole stesso. Silibo è la passione, la fierezza e l'ardore, e rappresenta le Donne indipendenti, libere, che non hanno né capi né padroni e camminano a testa alta senza che nessuno possa mai farle vergognare di Se Stesse. Maga potentissima, governa la Magia Sessuale e il Sesso Sacro, e può conferire energia immensa ed estasi mistica. Presiede ai rituali di purificazione dove ci si immerge nell'acqua, e può decidere di purificare chiunque Lei voglia, togliendogli ogni colpa e ogni vergogna. Esperta di divinazione e profezia, in particolare può insegnare a divinare con sfere di vetro luccicanti o tramite specchiatura in acqua.

Silibo ha una sua grande Famiglia Spirituale di Silibo Lwa ed è conosciuta con moltissimi Nomi (tra cui Grande Silibo; Silibo Nouva-vou; Grande Shi-lih-bo; Maman Silibo; Silibo Nou Mawou; Silibo Vavou) è antichissima, tuttavia è poco nota, al punto che non è mai stata realmente sincretizzata con nessun santo; può cambiare forma e si manifesta in molti modi: nella sua forma Grand Silibo è stata assimilata alla Donna Vestita di Sole che appare nelle scritture; la Mambo Sallie Ann Glassman ha comparato la Sua Essenza alla Shakti. Protegge le Donne, specialmente le più giovani, e talvolta ama mostrarsi proprio come una giovinetta minuta e graziosa. Può essere invocata per risvegliare l'istinto sessuale, soprattutto per le persone che faticano a lasciarsi andare o a raggiungere l'estasi, e anche in caso di violenza sessuale, soprattutto per guarire le ferite dell'anima che la violenza abbia lasciato.

 


Conosciuta come: Shi-lih-bo, Silibo Vavou

Corrispondenze ipotetiche: la Shakti di Shiva

Spunto di riflessione: Silibo è l'energia femminile del Sole

Dominio: Sole, Fuoco, Purificazione e Divinazione per Acqua
Corrispondenza planetaria: Sole
Elementi: Acqua e Fuoco

Protegge: Donne

Offerte rituali: acqua di sorgente e acqua di lago, immagini del Sole, piccole candele galleggianti

(meglio se a forma di sole e di stella) e gemme luccicanti.

 

 

Considerazioni sul Veve: l'unica immagine riconducibile ad un Veve di Silibo Vavou che ho trovato è questa. E' molto diversa da come si presentano normalmente i Veve, gli unici elementi che si riconoscono sono la spada\machete sulla sommità, e la sagoma sulla destra che potrebbe indicare il Sole che sorge o tramonta, oppure significare il nutrimento.

 

 

AGWE

 

Conosciuto anche come Goue, Agoueh, Agive, Koki-a-Me (conchiglia del mare), Koki Dore (conchiglia d'oro), The Eel (l'anguilla) è un'Essenza antichissima, ancestrale, primordiale. Agwe è il principio maschile dell'Acqua. Fluido, mutevole come il suo stesso Regno delle profondità oceaniche, può cambiare forma a suo piacere, può cambiare sesso e genere, e mostrarsi sotto forma di formidabile tempesta, tanto quanto sotto forma di meravigliosa Dea dalla bellezza indescrivibile: Agwe di fatto è, letteralmente, l'aspetto maschile di Yemaya. Silibo è la sua formidabile sposa, suo opposto perfetto e suo complemento necessario e naturale: come Agwe è l'energia maschile nell'Acqua, Silibo è l'energia femminile nel Fuoco. La Famiglia Spirituale di Agwe-Lwa è molto vasta e le sue Manifestazioni sono moltissime; nel Rito Rada le principali sono:

 

 Met Agwe, che governa i venti e le correnti, le onde dell'Oceano, e aiuta chi si perde in mare

Agwe Tawoyo, che significa 'Agwe delle correnti' ed è il capitano della nave Immamou che porta le Anime nell'Oltre, e assiste le anime di chi è morto a causa di crimini contro l'umanità, come tutti coloro che furono deportati dall'Africa verso le Americhe.

Papa Agwe, che è un bellissimo uomo mulatto dagli occhi verdi come il mare, molto coraggioso e dall'aria autorevole.

Le sue manifestazioni Agwe Je Rouge e Agwe La Flambeau appartengono al più moderno rito Petwo, e si discostano abbastanza dalla sua Essenza originale. I suoi colori sono il blu e il bianco, talvolta anche il verdemare e il marrone. Il suo simbolo sono le conchiglie dipinte, i remi, i cavallucci marini e le stelle marine; Gli piace il mercoledì, e si dice che ami essere salutato soffiando dentro alle conchiglie, o alle canne delle armi da fuoco. Ama gli specchi, i modellini di nave, i gioielli di turchesi, le cose a forma di pesci, gli ami e le decorazioni della marina militare; gradisce offerte di rum, champagne, e caffè con zucchero e panna, e anche meloni, riso cotto in latte di cocco o con fagioli di lima, banane fritte e dolci bianchi, sciroppo di canna, olio di mandorle e olio di oliva. Quasi mai gli si offre del pesce: si fa solo in occasioni molto molto speciali, per ringraziare di particolari gioie o fortune, e in quel caso il pesce deve essere fritto in padella o cotto in forno, e servito rigorosamente in piatti bianchi con decori blu.. perché non stonino sulla sua tavola. Molti rituali per Agwe si svolgono sulle rive del mare, e le offerte per lui vengono spesso affidate alle acque: si dice che se la risacca le riporta sulla battigia, significa che Agwe non accetterà le richieste.


Possibili corrispondenze: Nettuno, Poseidone

Corrispondenze accertate: Aspetto Maschile di Yemaya

Spunto di riflessione: Ricorrenza ciclica di Opposti che si compensano per creare perfezione, Mawu-Lisa,

Damballa-Ayda, Agwe-Silibo

Elemento: Acqua

Corrispondenza Planetaria: Luna

Colori: bianco, blu, azzurro, turchese, verdemare, marrone

Giorno della settimana: mercoledì
Animali: stella marina e cavalluccio

Offerte rituali: rum, champagne, caffè dolce con panna, meloni, riso cotto in latte di cocco, dolci bianchi,

olio di mandorle, olio di oliva

Oggetto rituale: conchiglie

 

 

Considerazioni sul Veve: Il Veve di Agwe mostra una nave con le vele, su cui spicca la scritta Immamou, che è il nome della nave nel cui ventre stanno le Anime dirette all'Altrove, che Agwe prende in carico trasportandole attraverso l'Oceano fino alla loro destinazione.

 

Un canto per Agwe:

Ye, Mait Agwe
so-ti nan la mer
Canon'm charge! Mait A-gwe!
So-ti nan la mer
Canon'm charge oh!
Canon'm charge, pou'm ti re
Mait A' Woyo!

Ieri, Met-Agwe
è saltato dal Mare!
Il mio cannone è carico! Met Agwe!
Salta fuori dal mare!
Il mio cannone è carico
Il mio cannone è pronto a sparare!
Met Tawoyo!

 

 

PAPA LEGBA

 

Papa Legba (Elegbà, Eshu, Ellegua, Elegguà) è il figlio più giovane di Mawu, e non possiede dote, perché tutte le ricchezze che c'erano sono state spartite tra i Lwa nati prima di Lui.  Egli è Colui che rompe gli schemi, sovverte l'ordine e porta scompiglio nelle gerarchie: il Suo dominio è su ogni cosa che non possa essere prevista, sui Destini mai trascritti e su tutto quello che sta sospeso tra il Bene e il Male. Egli detiene le Chiavi del passaggio tra il nostro mondo e il mondo dell'Oltre.

Ama cantare e sa combattere, ed è un formidabile messaggero, capace di tradurre i messaggi di altri Dei in parole comprensibili a noi che ancora abitiamo in questo Piano fisico: ogni rituale Voodoo inizia chiamando Papa Legba per avere il suo benestare, e termina salutandolo e ringraziandolo per aver aperto il passaggio. Di questo Mondo tutti i crocevia gli appartengono, così come sono sue le vie rette delle scelte fatte sotto al Sole, e tutte le possibilità visibili alla luce; eppure, Egli è assolutamente pazzo, è un adorabile imbroglione e molte volte ama comportarsi in modo disdicevole e vivace. A volte il suo disprezzo per le regole e il suo contegno incontenibile vanno decisamente a vantaggio dei suoi Figli: Egli è il Lucifero, e le leggende narrano che Legba rubò tutti i segreti degli Dei per darne la Conoscenza a noi Umani.

A volte si mostra come un fanciullo assai ribelle, più spesso come un vecchio molto saggio e un po' ricurvo che cammina appoggiandosi al bastone: quando si manifesta come Il Vecchio, molte volte insieme a Lui appare anche un cane bianco. A Papa Legba piacciono il numero tre, il lunedì e il martedì, fumare la pipa, e gradisce il caffè (non troppo però, appena un goccio e nero fumante) gli piace il pane di manioca e le cose di colore bianco e giallo, chiare come la luce del Sole. Però non disdegna le cose rosse e nere:

perché se Papa Legba si specchia nell'acqua quando è notte, allora possiamo vedere il Suo Riflesso. E il Suo Riflesso è un giovane muscoloso e forte: Egli è il Sole di Mezzanotte, e il suo Nome è Met Kalfou. Met Kalfou si chiama anche Legba Maitre Carrefour (.. vale a dire l' antica Essenza di Sakpata, Babalu Aye, il Mistero dell'Aria e del Vento che è in grado di dispensare anche la malattia, e che a sua volta è un aspetto di Badeh). Le sue Vie tagliano gli angoli delle Vie Rette, sviluppandosi in diagonale, nella dimensione immensa e selvaggia delle Scelte Oscure, dove la Magia piega la realtà visibile, e la Volontà acquisisce corpo e sostanza.


Legba conosciuto come: Elegguà

Corrisponde a: Lucifero

Spunto di riflessione: si noti come non solo la sua funzione, ma molti suoi tratti caratteristici ricordino

sorprendentemente (e inequivocabilmente) Odino.

Dominio: Crocevia, strade, scelte

Numero: 3

Giorno della settimana: lunedì e martedì

Colore: bianco e giallo, ma anche rosso e nero

Oggetto: bastone

Offerte rituali: pane di manioca, cibi chiari, dolci bianchi e gialli, caffè nero molto caldo,

pipa con tabacco

Luogo: ovunque ma soprattutto ai crocevia
Collana rituale: a grani alternati bianchi e rossi, oppure anche a grani alternati neri e rossi

 

 

Considerazioni sul Veve: I due assi verticale e orizzontale simboleggiano gli incroci,

sia tra strade fisiche che tra scelte possibili. L'asse verticale è Iroko, l'Albero Sacro. A destra si distingue chiaramente il bastone.

 

Un canto per Legba:

Legba nan barye-a l'kanpe!
Parenn nan barye-a l'kanpe..
mache prese, vinn jete dlo
Legba nan barye l'kanpe!

Legba sul cancello sta!
Il Padre sul cancello sta..
vieni presto, vieni attraverso l'Acqua
Legba sul cancello sta!

 

 


PAPA LOKO (LOCO -  PAPA LEGBA ATISOU - PAPA LOKO ATISOU)

 

Papa Loko è il Lwa degli specchi e dei riflessi, degli alberi e delle foglie, soprattutto delle foglie che possono guarire, perché Loko è anche grande Guaritore. Assieme a Papa Legba, Papa Loko protegge e controlla i crocevia, e come Papa Legba anche Loko viaggia allo stesso modo, sopra e sotto a suo piacere attraverso l'Irokò, perché la Conoscenza gli appartiene. Sotto un certo aspetto si potrebbe affermare che Papa Loko sia Papa Legba stesso, come Papa Legba e Met Kafou sono la stessa cosa, ognuno specchiato dentro al suo Riflesso.

Loko è colui che sta dentro e dietro ad ogni specchio, e la Chiaroveggenza gli appartiene, perché il suo Ashé permette di vedere ogni cosa extrasensibile, e rende chiara la visione introspettiva nelle profondità dell'Anima. Loko Atisou è Sciamano potentissimo: Egli è il Primo Houngan, presiede ad ogni iniziazione e può conferire ogni sorta di potere dello Spirito. La sua sposa è Ayizan Velekete, che è la Mambo Originale. Papa Loko è talmente potente che si rifiuta di manifestarsi direttamente, e non manda mai la sua energia dentro alle persone. Quando appare, se decide di farlo, si mostra sotto forma di farfalla. Solo i veri houngan e le vere mambo possono invocarlo, perché la sua energia è troppo potente e non può essere gestita da un non-iniziato. Gli piacciono il rosso e il bianco, il mercoledì, il caffè dolce, il rum, la birra e i rami degli alberi; ama anche il pop corn e il riso con i fagioli: le offerte per Lui saranno più gradite, se verranno presentate dentro a sacchetti di paglia.

 

Conosciuto come: Papa Loko, Loco, Legba Atibon, Papa Loko Atisou

Dominio: Iniziazioni e Investiture, chiaroveggenza, introspezione, viaggio sciamanico
Giorno della settimana: Mercoledì
Giorno dell'anno: 1 maggio

Oggetto: Asson (sonaglio rituale) alberi e specchi
Animale: farfalla
Colore: bianco e rosso
Offerte rituali: caffè zuccherato, rum, birra, pop corn, riso con fagioli e rami di albero

 

Considerazioni sul Veve: L'Iroko si innalza dal basamento triangolare, con un serpente che ci si arrotola risalendo verso l'alto. A destra si distingue chiaramente il bastone di Papa Legba.

 

Un canto per Papa Loko:

Papa Loko se Ou ki Banm Asson
Le ou te ban mwen'l ou dim kenbe'l nan kè mwen
Ala'm tonbe mwen leve li nan kè mwen
Pechè latè ki fè'l sèvi ponya
yon jou l'ap ponyade yo

Papa Loko sei Tu che mi hai dato l'Asson
Quando me l'hai dato, mi hai detto di tenerlo nel cuore.
Sono caduto, ho resistito, è ancora nel mio cuore.
I peccatori della terra che usano le spade
un giorno verranno  feriti dalle stesse spade

 


AYIZAN VELEKETE


Nella lingua Fongbè del Benin, Ayi significa 'questa Terra è nostra', e Zan significa 'sacro': Ayizan è dunque 'questa nostra Terra Sacra', e significa 'la Nostra Madre Terra'. Allo stesso modo, nella lingua Mina del Benin, Vele significa Terra, e Kete significa Sacra: nel Vudu Haitiano questa Divinità ha mantenuto entrambi i Nomi come a non volerle far perdere neppure un filo delle antiche Radici, e anzi la parola Kete è diventata, in creolo, sinonimo di un'esclamazione che esprime immensa ammirazione. Ayizan Velekete è Colei che nutre spiritualmente, mantenendo l'energia vitale e infondendo forza morale. Ella è pura, forte e regale: Ayizan Velekete è la Prima Mambo dell'Origine e può svelare tutti i Misteri e i Segreti legati ad ogni iniziazione, presiede ad ogni cerimonia, e rappresenta l'Amore nella sua forma più pura ed elevata. Ayizan è anche un Lwa del commercio, del benessere e della guarigione. Le foglie di palma, che rappresentano la regalità, sono un suo simbolo e spesso le gradisce come offerta. Non beve alcoolici, gradirà piuttosto ricevere platanos e sciroppo di canna da zucchero; ama il bianco, il giallo, l'oro e l'argento, e alcuni dicono che le piaccia molto anche il rosa. Il suo sposo è Loko Atisou, che è il Primo Houngan dell'Origine, e presiede come lei ad ogni cerimonia e ad ogni iniziazione.

 

Conosciuta come: Ayizan Velekete, Avleketè, Ay-zan

Spunto di riflessione: si noti come il Veve di Ayizan somigli moltissimo al Sigillo di Azazel.

Dominio: Conoscenza, Cerimonie e Iniziazioni

Protegge: Mambo e Houngan

Colore: Bianco, Giallo, Oro, Argento

Oggetto: Foglia di Palma
Albero: Palma

Offerte rituali: platanos e sciroppo di canna da zucchero

 

 

Considerazioni sul Veve: Nella versione più conosciuta, c'è una somiglianza sorprendente con il Sigillo di Azazel. In questo caso però, si dice che la forma sia dovuta semplicemente alle sue iniziali, A e V, intrecciate. Alcuni dicono che il Suo Veve simboleggi una foglia di palma; però osservando anche altre versioni, si potrebbe ipotizzare che si tratti anche di una piuma.

 


Un canto per Ayizan:

Nou chante pouw Ayizan, Ayizan!
Nou chante pouw Ayizan, Ayizan!
Ou se gwo mambo Ayizan, Ayizan!
Pwotege nou, Ayizan, Ayizan!

Cantiamo per Te, Ayizan, Ayizan!
Cantiamo per Te, Ayizan, Ayizan!
Sei una Grande Mambo, Ayizan, Ayizan
Proteggici Ayizan, Ayizan!

 

 


BARON SAMEDI


Baron Samedi (Papa Ghede) è il Lwa della Morte: come Papa Legba controlla l'accesso dal nostro mondo, allo stesso modo Papa Ghede ha la chiave che apre e chiude i cancelli dell'Oltre. 
Possiede un piccone, una zappa e un badile, e ha il controllo su tutti i cimiteri, ma la sua confidenza con le questioni mortuarie non ha mai intaccato il suo buonumore! Anzi al contrario, Baron Samedi porta con sé irrefrenabili risate, animando feste e rituali con danze sfrenate, canzoni licenziose e storielle scollacciate.
Quando convocato, è l'ultimo a manifestarsi, perché gli piace arrivare quando i festeggiamenti sono al culmine, e da vero gaudente ama bere forte, fumare sigari e anche sigarette: a volte appare con due sigarette in bocca, e le fuma tutte e due contemporaneamente. Ama anche mangiare molto cibo: si dice che talvolta indossi degli occhiali scuri, e che alcuni lo abbiano visto staccare una delle lenti per tenere d'occhio il cibo a lui destinato, assicurandosi che nessuno si azzardasse a mangiarlo al posto suo. A volte si diverte a trafugare il cibo e a nasconderlo, per poi fingere che non gli sia stato dato e chiederne dell'altro!

In Baron Samedi vi è il potere di ogni Magia Oscura, e tutta l'energia che sta tra Amore e Morte: per Baron Samedi l'erotismo è naturale, vitale, necessario, e non è cosa che dia vergogna né compiacimento: per lui l'Erotismo è il logico bilanciamento della Morte, suo riscatto e suo consequenziale complemento. Egli ama le Donne e ogni cosa sensuale, vissuta nella sua accezione più spontanea, goliardica e carnale, e induce chi lo invoca a cimentarsi nella Danza Banda, mimando atti sessuali e proferendo oscenità con parole licenziose. Incontenibile, irrefrenabile, imprevedibile, ingestibile: tuttavia sa moltissime cose, soprattutto sui Defunti, e se qualcuno riesce ad affiancarlo e farsi ascoltare per porre seriamente una domanda, allora Baron Samedi risponderà con precisione.

Raramente si adira, ma se ciò dovesse accadere non sarebbe affatto facile convincerlo a venire a più miti consigli. E su un'altra cosa Baron Samedi è tremendamente serio: detesta che debbano morire dei bambini. Per questo, quando un bambino si ammala gravemente, se si chiede a Baron Samedi che quel bambino sia lasciato in vita, è possibile che accolga la richiesta. Il suo giorno preferito è il Sabato, il suo colore è principalmente il Nero, ma anche il Viola. Il fuoco non gli piace, ma apprezza le candele. Accetterà volentieri offerte di peperoni piccanti, aringhe salate, mais e banane arrostiti, rum, sigari, tabacco, sigarette. Non va pazzo per bigotti e puritani, e talvolta sceglie di divertirsi a loro spese, mettendoli il più possibile a disagio e in imbarazzo.

 

Conosciuto come: Baron Samedi, Papa Ghede

Spunto di riflessione: Come Papa Legba è il Guardiano del Primo Cancello, Papa Ghede lo è dell'ultimo,

prima dell'Oltre

Dominio: Cimiteri, passaggio, Oltretomba

Protegge: Anime in transito

Giorno della settimana: Sabato

Colore: Nero e Viola

Offerte rituali: peperoni piccanti, aringhe salate, mais e banane arrostiti, rum, sigari, tabacco, sigarette

 

Considerazioni sul Veve: Il Veve di Baron Samedi che si trova più frequentemente, declinato in più varianti, raffigura sempre una tomba con sopra una croce, e può essere corredato di svariate piccole bare. I Veve costruiti in quel modo sono chiaramente piuttosto recenti, risalenti a periodi in cui il sincretismo aveva già fatto un bel po' di danni. Per fortuna c'è anche un Veve non sporcato dal sincretismo, molto bello, con le otto Vie e quattro splendidi Tridenti 



You, nap rele You
Guede nou va vou
Nap rele yo,
Adja nou rive.

Tu, stiamo chiamando Te
Ghede Nouvavou
noi ti chiamiamo!
Veniamo presto da Te

 

 

 MAMAN BRIGITTE (giunta ad Haiti dopo un lungo, lungo viaggio)

 

Di Maman Brigitte (Manman Brigit, Brijit, Gran Brigitte) non vi è alcuna traccia nel Culto Yoruba Dahomey. Eppure Maman Brigitte non è un'invenzione, e neppure un prodotto del sincretismo o di qualsiasi altra distorsione imputabile al Voodoo moderno: questa Dea dalla pelle diafana è arrivata sulle coste dei Caraibi insieme agli Scozzesi e agli Irlandesi, che andavano nel Nuovo Mondo come lavoratori stipendiati e portavano con sé le tradizioni della loro origine Celtica. Maman Brigitte di fatto è Brigid, importantissima Dea Celtica Solare e legata all'energia del Fuoco. Per Lei le Vestali mantenevano sempre acceso un fuoco sacro, affinché Ella vigilasse su tutti i focolari, e sul lavoro dei fabbri in tutte le fucine, soprattutto quando venivano forgiate le armi per la guerra. Brigid è patrona dell'artigianato, della filatura, della tessitura e della poesia, e ama in modo particolare gli animali e le piante: suoi sono i segreti della medicina con le erbe, ed è grande guaritrice. Si narra che il Primo Febbraio di ogni anno, la Dea Brigid si trasforma in un Serpente e sbuca fuori dalle colline, trasformando il ghiaccio in feconda Primavera. I Celti cantavano per lei:


Il serpente uscirà dal buco
Nel bruno Giorno della Sposa
Anche con un metro di neve
Sulla piatta superficie del terreno.

 

La ruota del filatoio, la coppa e lo specchio sono suoi simboli sacri: la Ruota rappresenta il Ciclo annuale della Natura e la Rinascita, la Coppa simboleggia il Grembo della Madre, e lo Specchio è il Portale attraverso cui si accede al Mondo dell'Altrove: la Dea Brigid ha il pieno controllo sul Passaggio, e lo comanda a suo piacimento. Forse fu per quest'ultima ragione che la nuova tradizione che si stava consolidando nelle Americhe, la volle collocare come *sposa* del Baron Samedi, e detto fatto la Dea Brigit si ritrovò omaggiata di un Veve molto bello e dettagliato, nonché incaricata di vigilare su tutti i Cimiteri. Un canto haitiano conferma che in fondo tutti quanti in qualche modo sapevano che la Manman non veniva dall'Africa nera, recitando testuali parole:


''Manman Brigitte,
li soti nan Angleté''

 

 

Maman Brigitte è molto bella, anche nella cultura Voodoo ha mantenuto i suoi tratti nordici, la pelle inusitatamente chiara e grandi occhi cerulei. Porta i capelli lunghi e ama adornarli con dei fiori, e si narra che le farfalle le volino sempre attorno e si posino di continuo sul suo capo. Per chi volesse omaggiare la Dea Birgit alla maniera Voodoo, allora il suo numero preferito è 9, il suo giorno favorito il Lunedì ed il suo colore è il Viola. Le offerte alimentari più indicate sono le stesse che si preparano a Baron Samedi, solo bisognerà avere cura di disporle dentro a piatti di coccio (e nel rum della Manman bisogna aggiungere dei peperoncini). La sua collana rituale dovrà essere tutta di perle viola, e gradirà anche nastri, sempre viola, e cappelli con velette. Nell'immagine il veve haitiano di Brigitte e il simbolo celtico della Dea Brigid: dall'ultimo covone di grano raccolto l'anno precedente, si ricavavano decorazioni a forma di croce solare, e ad Imbolc, festa a Lei dedicata, venivano bruciate per poi spargere le ceneri sui campi, così che la Dea provvedesse a far crescere un raccolto abbondante. Per questo, e anche perché in molte parti dell'Irlanda Brigid era considerata anche patrona di tutti i crocevia, e di tutti i portali tra il nostro e l'altro mondo, la forma di questo manufatto è diventata una sorta di Sigillo che La rappresenta.

 

OSHUN


Oshun è la dolcezza. Lei è la gentilezza, l'educazione, la piacevolezza, la pazienza infinita. Oshun è il Grande Fiume, l'acqua dolce che scorre lentamente, la corrente maestosa e rassicurante che dona nutrimento e abbondanza. Oshun è amore materno e protezione, è il bianco e il giallo della luce, è il verde dei prati e il fluire rasserenante dell'acqua tra le sponde erbose.Non esiste Persona più a modo di Oshun nell'intero Mondo, o Persona più piacevole di Lei, perché Oshun è la Bellezza ed è l'abbraccio più accogliente. Il suo carattere e la sua energia materna, immensa e dolcissima rimandano inequivocabilmente alla Grande Hathor, e similmente come accadde ad Hathor, le cui caratteristiche sono state spesso attribuite a Iside e a Bastet,  anche l'immagine di Oshun è stata frazionata, dispersa, e attribuita ora alla Madre Yemaya, ora alla bella Erzulie. Non è raro sentir dire che Erzulie sia Oshun, e viceversa. Non si riesce più a trovare neppure il Veve di Oshun, perché nelle derivazioni del voodoo moderno è diventato abituale pensare che il suo Veve sia il medesimo di Erzulie, e che entrambe siano la medesima Divinità, eppure entrambe compaiano nell'antichissima tradizione Rada, con due profili caratteriali ben differenziati, e anche i loro Nomi hanno radici ben distinte.

(Prima che i puristi del voodoo moderno insorgano affermando che Oshun è Orisha ed Erzulie è Lwa, vorrei precisare che come già detto le parole Orisha e Lwa rappresentano due diversi modi di definire le medesime Divinità, e che poco importa se negli ultimi trecento anni chi li chiama Orisha li considera meno divini rispetto a chi li chiama Lwa, perché la sostanza originale non cambia; e soprattutto che Oshun fa parte della Radice Africana tanto quanto Erzulie: in Nigeria c'è un fiume che porta il Suo Nome, e che fin dai tempi più antichi è consacrato a Lei).

Di Oshun si dice che sia sposa di Shango e molto amica di Papa Legba. Protegge la famiglia, il focolare, le mamme e la maternità, ogni sentimento buono e la capacità di immaginare. A Lei spesso si chiede aiuto nelle faccende economiche, soprattutto per avere più benessere in famiglia. Oshun è bellissima e ha un aspetto estremamente giovane, eppure la sua saggezza è immensa: è sempre tranquilla, e estremamente organizzata, al punto che se momentaneamente manca uno qualsiasi di tutti gli altri Lwa, Lei può sostituirlo in ogni situazione, e risolvere ogni necessità con calma e senza mai farsi prendere dall'ansia. Oshun ama il colore giallo carico, il giallo ambrato del miele, il blu e il turchese. Si dice ami le perle e le piume: alcuni raccontano che per farsi ancora più bella, Oshun metta una piuma turchese dietro all'orecchio. Ama le rose gialle e i girasoli, le farfalle gialle, il numero cinque e la cannella.

 

Conosciuto come: Oshun, Ochun, Oxum

Corrispondenze ipotetiche: Hathor

Dominio: fiumi

Protegge: amore, famiglia, benessere

Numero: 5
Animale: farfalla gialla, ape, lontra, moffetta
Pianta: Girasole, limone, zucca

Giorno dell'anno: fine giugno e inizio agosto ricorre l'Ibo-Osun, festa in onore di Oshun che si celebra

ancora oggi in Nigeria. Alcuni la festeggiano l'8 di settembre.

Colore: giallo, oro, ambra, ma anche il turchese
Collana rituale: gruppi di perle giallo carico, alternate a gruppi di perle giallo ambrato trasparente, come il miele

Offerte rituali: acqua fresca e miele, crema di semi di zucca, cannella

 

 

Considerazioni sul Veve: non si riesce più a trovare, perché nelle derivazioni del voodoo moderno è diventato abituale pensare che il suo Veve sia il medesimo di Erzulie Considerazioni sul Ponto Riscado: Difficile individuare il più pertinente, perché spesso i Pontos di Oshun sono mescolati alla Yemaya. Questo è quello che forse più si avvicina, anche se purtroppo è troppo poco descrittivo:


AYE SALUGA

 

Aye Saluga è maschio o femmina? Qualcuno sostiene che sia maschio, tutti gli altri affermano sia femmina, in tutti i casi non solo chi la considera un maschio, ma più o meno anche molti di quelli che la ritengono femmina, dicono che Aye Saluga sta insieme a Oshun, e che loro due sono innamorate. Aye Saluga lavora insieme a Oshun, soprattutto nelle dinamiche che riguardano il benessere materiale: protegge gli aspetti della vita che riguardano il denaro, la buona fortuna, l'agiatezza e la stabilità economica. Gradirà generalmente le stesse offerte di Oshun, anche perché l'ideale sarebbe coinvolgerle entrambe nella richiesta di aiuto e nel ringraziamento per l'aiuto ricevuto. Nella foto a destra, elementi del Ponto di Shaluga.



ERZULIE


Erzulie Freda Dahomey risplende di una rara bellezza conturbante. Di Lei ci si innamora, perché è deliziosa, ammiccante, magnetica, ipnotica, volubile, imbronciata, maliziosa, e carina da impazzire. A volte è anche un po' gelosa! La sua pelle perfetta è color del caramello, mulattina caffelatte dai tratti delicati, nonostante la sua Radice antichissima affondi fino a Rada e Danhonmen, nel cuore della più pura tradizione negra. Nel tempo, l'immagine di Erzulie si è confusa e mescolata con l'immagine di Oshun, eppure queste due Dee magnifiche, bellissime e incredibilmente sensuali sono assai diverse una dall'altra. Entrambe governano sull'immenso regno dell'Amore, ma ognuna delle due ne protegge una parte differente, come se una con l'altra fossero alleate e complementari: Oshun regna sull'amore materno e sulla completezza dell'amore sponsale, mentre Erzulie regna sull'innamoramento, sull'amore erotico, sull'onda travolgente del desiderio, su tutte le vibrazioni che iniziano dal turbamento verginale, e trovano compimento nell'amore passionale.

Di Lei si dice che abbia avuto molti mariti, che sia stata sposa di Damballa, di Agwe e di Ogun, e che per questo motivo indossi tre vere nuziali; questo però sembrerebbe essere poco attendibile, perché come abbiamo visto sopra, Damballa Agwe e Ogun sono emanazioni ancestrali della Mawu, Essenze Primordiali già bilanciate dall'uguale-e-contrario dei propri Riflessi.. mentre invece Erzulie, pur essendo talmente antica da poter ragionevolmente pensare che sia stata creata dal pensiero stesso degli Dei, si presenta come Divinità a Se stante.

Erzulie ha una grande Famiglia Spirituale di Lwa Ezili, in cui sono annoverate molte Sue Manifestazioni, e molto probabilmente anche molte Divinità della Sua Legione.  Ha un grande potere, un carattere effervescente e imprevedibile, ma  è anche capace di una grande dolcezza, ed è estremamente sensibile. Dotata di un enorme senso estetico, ama moltissimo ornamenti e profumi: adora prendere bagni profumati e passare del tempo a farsi bella, ed è incredibilmente golosa di cibi dolci, dessert elaborati e di banane fritte nello zucchero. Le piacciono il martedì e il mercoledì, il rosa, il viola, il lilla, l'azzurro, ma anche il rosso: gradirà trovare i suoi colori favoriti sull'Altare, o anche addosso a chi celebra per Lei. Ama aiutare i suoi Devoti ad ottenere successo, piacere e grandi soddisfazioni, e spesso esaudisce i desideri, sopratutto se riguardano il benessere e il piacere.

Di norma allegra e irriverente, talvolta resta sopraffatta dall'orrore del mondo materiale, e allora si dice che a quel punto lei smette di ridere e danzare, e piange, e poi va via, perché a volte proprio non sopporta che qui ci sia così poco Cuore, e così poca Bellezza. Ama la fantasia, incoraggia l'immaginazione, e le piace che si immagini anche oltre il limite dell'irrealizzabile, come se considerasse il fantasticare come una forma d'arte che può creare la Bellezza. Nonostante la sua sensibilità tanto spiccata e il suo aspetto leggiadro e grazioso, Erzulie ha in sé una forza spaventosamente grande, ed è anche una Guerriera valorosa: quando viene il momento di combattere, la deliziosa Erzulie Freda si trasforma nella formidabile Erzulie Dantor.  Erzulie Dantor ha un fortissimo senso di Giustizia e si batte perché la Giustizia sia rispettata, e quando si infuria può distruggere ogni cosa, perché la Sua energia è inarrestabile.

 



Conosciuta come: Erzulie Freda, Erzulie Dantor, Ezili

Possibili corrispondenze ipotetiche: Bast\Sekhmet, Beleth

Spunto di riflessione: la parola Ezili significa 'Serpentello d'Acqua'.

Ciò non è strano, perché Rada e Danhonmen affondano le Radici

nell'Acqua e nei Serpenti.. eppure va tenuto presente che si dice

che Erzulie Dantor sia legata (forse sposata, forse innamorata, o forse alleata?)

ai Lwa Simbi, in particolare al Grande Mago, Simbi Makaya.

Protegge: amore, passione, benessere

Giorno della settimana: martedì, mercoledì

Colore: rosa, viola, lilla, blu, ma anche il rosso
Collana rituale: secondo alcuni, perle rosa traslucide e zuccherose. Secondo altri,

alternate rosse e rosa; infine secondo altri ancora, rosso arancio alternate a blu-turchesi.

Offerte rituali: zucchero, dolcetti, dessert e banane cotte nello zucchero, e anche vino,

preferibilmente di ottima qualità e di colore rosato.

 

 

Considerazioni sul Veve: Erroneamente il sincretismo ha decretato che la forma dentro il cuore sia

riconducibile alla M della madonna, ma invece non è vero: a quanto pare quella sagoma rappresenta un

paio di corna, in segno di regalità.
Il Veve di Erzulie Dantor invece mostra il Suo lato guerriero.

Saldamente presente nelle tradizioni Rada e Danhonmen, è stata accolta a pieno titolo anche nel rito Petwo:

qui a destra il Veve di Erzulie Je Rouge


Un canto per Erzulie:

Erzili O! Ke ou nwe,
Dantor O! Ke ou nwe,
Ke o nwe,
Men se pa put petit kay la!

Erzulie O! Il tuo cuore è nero
Dantor O! Il tuo curore è nero
Il tuo cuore è nero
ma non lo è per i Fanciulli di questa Casa

 

Approfondimento: Fiaba ispirata ad Erzulie

 

OCHOSSI


Grande cacciatore e allo stesso tempo formidabile stregone, Ochossi ha una mira infallibile. Per salutarlo si mima il gesto di scagliare una freccia, e per Lui si danza con arco e frecce in mano. Ochossi ha un forte senso di Giustizia e si occupa che venga rispettata, protegge tutti gli innocenti accusati ingiustamente, e anche tutti i maghi, gli indovini, i guerrieri, e tutti i cacciatori e i pescatori; inoltre ha un occhio di riguardo per tutti quelli che devono subire interventi chirurgici, e accorda volentieri la sua protezione a chi gli chiede che l'intervento riesca bene. Ama il viola e soprattutto il lilla, e spesso indossa abiti di quel colore, tranne borsa e berretto che preferisce indossare di pelo tigrato o maculato; tuttavia la sua collana rituale dovrà essere rossa e blu, rigorosamente rosso corallo e blu di prussia. Ama i gatti, le capre e le colombe.



Conosciuto come: Ochossi, Ochosi, Oxossi

Dominio: Foreste, carceri, giustizia, rive se c'è qualcuno che pesca

Protegge: innocenti, maghi, indovini, cacciatori, pescatori

Giorno della settimana: martedì, mercoledì e il 4 di ogni mese

Giorno dell'anno: 3 novembre

Colore: lilla

Arma: Arco e frecce
collana rituale: perle alternate rosso corallo e blu prussia

 

 

OZUN – OSUN


Ozun è figlio di Obatalà, e secondo alcuni potrebbe essere l'aspetto giovane di Ossain.
Messaggero Divino, Ozun è gli occhi di Olodumare ed è la voce di Obatala, e conferisce stabilità alle fondamenta del Mondo Materiale, mentre si occupa di mantenere fluida e aperta la comunicazione tra il nostro Piano e quello degli Dei. Tutti i posti alti sono suoi, le cime degli alberi, i tetti dei palazzi e le montagne, e da là Egli osserva gli Orizzonti e sa sempre ciò che accade e ciò che sta per accadere: avvisa dei pericoli e registra ogni avvenimento nell'immenso archivio degli eventi, porta sulla terra i messaggi di Obatalà, e a Obatalà fa rapporto su tutto ciò che avviene sulla Terra. Gli piacciono i numeri con il quattro e l'otto, il lunedì, il martedì e il giovedì. Preferisce le cose argentate, le patate dolci con il miele, il pesce secco, e i suoi animali favoriti sono i Piccioni - anche se in Africa viene rappresentato come un grande uccello di cui non si sa il nome, e in Haiti come un gallo. Oggi è stato un po' dimenticato, relegato tra le Divinità minori, nonostante la sua Essenza sia potente, e antichissima, Ancestrale.  Può aiutare moltissimo a focalizzarsi, ritrovare Memoria, riordinare e schiarire la mente e aumentare la Consapevolezza. Di Ozun non si sa molto più di questo, eppure si dice che entrare in contatto con il Suo Ashè risveglierà il Guerriero Interiore dentro al suo Devoto, perché Ozun è onorevole guerriero, ed Egli insegna agli Uomini a restare dritti e in piedi, con fierezza.



Conosciuto come: Osun, Ozun

Corrispondenze ipotetiche: Andromalius

Numero: 4, 8 e multipli di 8

Giorno della settimana: Lunedì, martedì, giovedì e il 4 di ogni mese

Colore: argento

Animale: Gallo, Piccione

Offerte rituali: Patate dolci con miele, igname, pesce secco, olio di palma

Luogo: cime e luoghi alti, tetti, montagne e alberi

 

 OSSAIN-ASOJANO


Osain significa Conoscenza, Medicina, inizio della Vita, Eternità: Osain vive in tutto ciò che ha vita. Ossain è un Dio della vegetazione, e sta ovunque ci sia una foresta, una pianta, o anche solo un filo d'erba. Egli è Sciamano, guaritore, stregone ed erborista, ed è un Mago potentissimo perché conosce tutti i Segreti.  Alcuni lo chiamano Osain, oppure Age, altri ancora lo chiamano Asojano, ed è il Grande Medico che creò tutte le erbe della Terra per migliorare le condizioni di vita di tutti gli Esseri Viventi, perché conosce la Medicina che sta dentro le foglie, e sa applicare la Magia di Guarigione.  Asojano è l'altra faccia di Sakpata, e il suo lato distruttore che si chiama Shopwana (detto anche Shopona, che è Babalù Ayè, Omolù e Sakpata stesso), che così come Asojano sa guarire, è capace di distruggere e ammalare, perché possiede tutte le acque stagnanti della Terra. Va tenuta inoltre presente la sua possibile eventuale corrispondenza con Grand Bwa, che è fortemente legato alle foreste, e tradizionalmente presiede al conferimento dei poteri di ogni stregone umano e ad ogni investitura.



Conosciuto come: Ossain, Osain, Asojano

Corrisponde a: il lato guaritore e luminoso di Sakpata

Dominio: foglie, piante, foreste, medicina, magia

Protegge: genere umano, vista e udito in particolare

Offerte rituali: sigari, specialmente di notte.

Luogo: ovunque ci sia anche solo un filo d'erba

 

 

BABALU AYE – OMOLU


Babalù Ayè significa Padre e Signore del Pianeta Terra. Amato e temuto, Egli ha il potere di nutrire e di guarire da ogni male, tanto quanto di ammalare e di distruggere. Gli Yoruba lo chiamano Shopwana, gli Ewe Anyigbato, i Lukumi Asojano, i Fon lo chiamano Sakpata, oppure Avimadye quando si riferiscono a Lui come Colui che guida la Legione degli Antichi: Babalu Ayè è la Terra stessa, è il terreno fertile, il raccolto abbondante e tutte le erbe che danno guarigione, e allo stesso tempo è la terra per seppellire i morti, ed è la palude e ogni veleno che dai cicli naturali si sprigiona. In alcune culture si ha paura di pronunciare il suo nome, e spesso la sua Essenza viene frazionata in una parte buona (Ossain) e in una malvagia (Shopwana) ma in realtà Babalù Ayè, vale a dire Sakpata, preferisce di gran lunga curare piuttosto che ammalare, la sua Conoscenza è immensa, e il suo senso di Giustizia è sconfinato.

 

GRAND BWA


Grand Bwa significa Grande Foresta ed è un Lwa Elementale associato alle piante, agli alberi e alle erbe. Nel voodoo haitiano forma la 'triade dei maghi' assieme a Met Kalfou e Baron Samedi, dove Grand Bwa rappresenta l'inizio di un cammino, Met Kalfou le scelte che si presenteranno, e infine Baron Samedì, la fine del viaggio sulla Terra. Grand Bwa è talmente connesso alla natura da risultare un po' selvatico, solitario e imprevedibile; tuttavia, Egli ha un grande cuore benevolo, sa essere molto amorevole, e tende ad essere amichevole. Conosce molte cose, tra cui i segreti delle piante e molte magie di guarigione, e protegge gli Antenati che sono passati nell'Altrove. Molte volte nasconde i segreti agli occhi dei non-iniziati, e per questo in molte tradizioni viene invocato durante le cerimonie di iniziazione e di investitura. Secondo gli haitiani, più di tutto gli piacevano gli alberi di Mapou, ma purtroppo queste piante sono andate estinte, molto probabilmente a causa degli oppositori del Voodoo, che si sono preoccupati di estirparle. Come offerta gradirà comunque erbe e foglie, e non disdegnerà miele e rum speziato. Non posso affermare che sia effettivamente come sembra, ma non posso non notare i punti in comune con Ossain, e ancora di più, le evidenti somiglianze con i tratti distintivi di Papa Loko.

 

 

Dominio: foreste, vegetazione

Protegge: le piante, gli iniziati

Offerte rituali: erbe, foglie, miele, rum speziato

Luogo: ovunque ci sia vegetazione ma soprattutto nel folto

 

 

 

 

Un canto per Grand Bwa:

O Gran Bwa, O Gran Bwa
O Gran Bwa se ou ki wa
O Gran Bwa, O Gran Bwa
Nan forè se ou ki wa.

O Gran Bwa, O Gran Bwa
O Gran Bwa Tu sei il Re
O Gran Bwa, O Gran Bwa
Nella foresta Tu sei il Re.

 



AZACCA

 

E' il Lwa dell'agricoltura e del lavoro nei campi. Per qualche ragione è considerato fratello di Papa Ghede, forse perché Papa Ghede appare spessissimo spontaneamente alle cerimonie in onore di Azacca. Gentile, diretto, cortese e gran lavoratore, è amato e rispettato grandemente nonostante il suo atteggiamento semplice e giocherellone non incuta alcun timore, e i suoi devoti si sentano spesso così in confidenza con Lui da chiamarlo cugino. Vive nelle campagne e gira scalzo, con un cappello di paglia in testa e la pipa in bocca, e a volte invece di parlare fa un verso che ricorda quello della capra; però si dice che ci siano un paio di situazioni che lo fanno parlare molto e volentieri: a volte quando c'è da tirar su qualche pettegolezzo divertente, e soprattutto quando c'è occasione di rimorchiare le ragazze.

Decisamente, nell'apprezzare le donne Azacca somiglia proprio tanto a Papa Ghede! E proprio come Papa Ghede è goloso e conviviale, però è molto più timido e selvatico rispetto al suo sofisticato e goliardico fratello, per questo a volte prende il cibo in tutta fretta e corre via velocemente, per andare a gustarselo da qualche parte in pace. Gli piace soprattutto il mais bollito, la bruschetta di pane e olio e lo zucchero grezzo. Ama bere rum bianco, e l'albero che gli piace più di tutti è l'Avocado. Sempre attento alla vita di campagna, non guarda solo crescere le piante, ma nota e valuta tutti i dettagli, compreso come si comportano le persone tra di loro: un filo sospettoso non dà niente per scontato e gli importa molto di come ognuno tratta gli altri, che si usino buone maniere soprattutto, e non dimentica mai niente.

 

Dominio: Campi, campagne

Protegge: la gente comune, il raccolto

Oggetto: cappello di paglia e pipa

Offerte rituali: mais bollito, bruschetta di pane e olio, zucchero grezzo, rum bianco

Luogo: zone rurali
Albero preferito: Avocado

 

 

Un canto per Azacca:

Travay-o, Zaka, travay-o
Travay sou tè-o
ak anba tè-o

Lavora oh, Zaka, lavora, oh!
Lavora sulla superficie della Terra
E sotto la Terra!

 

 

 BOSSOU


Si dice che Bossou una volta sia stato umano, e che su questa terra sia stato Re: per l'esattezza, Re Tegbesou, che fu uno dei Re del popolo Dahomey. Molto potente e dal carattere aggressivo, ha tre corna sulla testa, e ogni corno rappresenta un aspetto della sua Essenza: la Forza, la sua Natura Selvaggia e la Violenza. Si dice che talvolta appaia in catene, e che manifestandosi le spezzi; spesso si comporta come un toro, e può rompere ogni cosa prendendola a cornate. Ha una moglie, Madam Bossou, che a volte si mostra in forma di mucca, e da lei ha avuto un figlio che si chiama Kabawatye. Come offerte gradisce soprattutto il rum, ma a volte gli fa piacere poter mangiare l'erba, proprio come farebbe un toro. Apprezza anche vegetali bolliti e carne fritta, specialmente se speziati e accompagnati da una salsa rossa. Ama vestire in giallo e rosso e vedere panneggi e candele rosse sull'Altare. Nonostante il suo carattere all'apparenza poco raccomandabile, e la sua presenza fortemente attestata nei violenti riti Petwo, Bossou figura di diritto nella tradizione Rada: e infatti è incline ad accordare grande protezione ai suoi devoti. Bossou favorisce la fecondità dei campi e promuove la virilità maschile, infonde fierezza, coraggio e moltissima energia.

 



Conosciuto anche come: Bosou, Bossou Tres Cornes, Bosso Dlo, Kadja Bossou, Djobolo Bossou

Colore: rosso, ma anche bianco, nero e giallo

Oggetto: palco di corna, teschio di toro

Offerte rituali: rum, erba da pascolo, carne fritta, vegetali bolliti, cibo speziato, salse rosse, panneggi rossi, candele rosse





Un canto per Bossou:

Bossou dlo Bossou
Eya wawaniye
Bossou dlo Bossou
Eya wawaniye
Eya we, Eya we
Bossou dlo Bossou
Eya wawaniye
Bossou Bossou dell'Acqua
E tu non sarai mai più triste
Bossou Bossou dell'Acqua
E tu non sarai mai più triste
Bossou Bossou dell'Acqua
E tu non sarai mai più triste

 

 

 SIMBI – KISIMBI


Kisimbi è una famiglia Spirituale di antichissimi Lwa-Serpente, conosciuti e onorati soprattutto nell'area Kikongo. I Kisimbi stanno quasi tutto il tempo nell'oceano liquido che separa questo mondo dall'Altrove, e possono attraversarlo a loro piacimento in ogni direzione. La loro natura acquatica li porta a preferire specchi d'acqua e sorgenti, quando si trovano di qua.

Conosciuti e apprezzati ancora oggi nel Voodoo Haitiano, vengono onorati sia nei riti Rada e Kongo a cui appartengono per tradizione millenaria, sia nei riti Petwo, e sono tenuti in grandissima considerazione anche nel Mami Wata Africano. Si dice che i Simbi siano nati due volte, perché un tempo molto lontano Essi furono Anime di umani: nacquero, morirono e tornarono finché ci fu bisogno, e poi al termine di tutti i cicli necessari, infine, raggiunsero l'Evoluzione in Esseri Divini. Eppure sono talmente antichi da essere considerati ancestrali. Appartengono alla stessa Famiglia di Damballa e Ayda Wedo, e ne mantengono le caratteristiche anche ora che hanno fondato la loro Famiglia di Lwa-Simbi, mostrandosi come Serpenti acquatici e muovendosi nei regni metafisici della percezione, della chiaroveggenza, della magia e dell'Astrale. L'unica differenza è che Damballa si mostra quasi sempre come un boa, e raramente come biscia d'acqua, mentre i Simbi viceversa si mostrano quasi sempre come bisce d'acqua, sottili e molto lunghe, e piuttosto raramente come boidi.

I Lwa Simbi sono moltissimi e non si conoscono tutti i loro Nomi. Tra i più noti ne sono stati contati più di ventisette, ed è probabile che molti di loro siano forme o emanazioni del Primo Simbi che fondò questa Famiglia. Timidi, riservati e solitari, i Kisimbi sono detti 'i difficili da conoscere', perché non sempre amano essere visti. Tra tutte le emanazioni, le manifestazioni e i Lwa della Famiglia, solo Simbi Makaya è socievole, ciarliero e bellicoso; in tutti gli altri casi staranno quasi di sicuro defilati, senz'altro attenti, ma nascosti tra le ombre, nella frescura delle rive dove non possono essere trovati. Un'antica e strana leggenda narra che Simbi può decidere di prendere i fanciulli se si avvicinano troppo alle sue acque, e tenerli con sé per un periodo (alcuni dicono per centoventuno giorni, altri invece dicono che sia per qualche anno).

In tutti i casi tutti concordano nel dire che durante quel periodo, Simbi riversa nella loro mente infinita Conoscenza, e dona loro la seconda vista, e poi quando ha finito li lascia ritornare liberi alla vita di ogni giorno: e quei fanciulli quando cresceranno, saranno gli Houngan e le Mambo di domani. Curioso fatto, pare che Simbi preferisca prendere con se fanciulli dalla pelle chiara o dai capelli biondi. Simbi porta grandi benedizioni ed è incline a dare la seconda vista ai suoi devoti. Mago potentissimo, è Colui che risolve i problemi ribaltando le situazioni con un colpo di mano magistrale. Molto protettivo e generoso verso chi è nelle sue grazie, difende i suoi devoti dalla magia malvagia, e sa come guarire dalle malattie causate dagli incantamenti, perché Lui vede oltre agli incantesimi e la sua Conoscenza è enorme, soprattutto conosce l'origine soprannaturale di tutte le cose. Per contro, può essere tremendamente vendicativo e ostile verso chi danneggia le persone che gli stanno a cuore. Papa Legba tiene Simbi in gran considerazione, soprattutto ama Simbi Makaya, che è il Maestro di Magia e il Grande Incantatore.

Simbi Makaya è ciarliero, vivace, imprevedibile, veloce.  Protettivo o vendicativo a seconda se gli piace o meno la persona che ha davanti, promuove il cambiamento e lo innesca, ribaltando gli eventi in modo repentino. Controlla tutto ciò che viaggia dentro l'etere e attraverso l'energia, tutto ciò che è simultaneo, istantaneo, come il pensiero, gli impulsi nervosi, l'elettricità, i flussi di dati, internet: qualsiasi cosa l'uomo possa scoprire o inventare, che viaggi attraverso una qualsiasi forma di energia, è di Simbi Makaya ed Egli la controlla, e può dominarla modificandola a proprio piacere, esattamente come la sua Magia potente può piegare la realtà visibile. E forse è proprio questo punto che lo colloca tanto vicino a Papa Legba. Si dice che Simbi Makaya sia legato a Erzulie Dantor, e la cosa è interessante, perché il nome di Erzulie deriva dalla parola Ezili, che in effetti significa 'serpentello d'acqua'. Ama il verde e le combinazioni rosso-nero e rosso-bianco, e gradisce che gli venga offerto del whisky di buona qualità. Nel suo Veve è evidente l'alleanza con Papa Legba.

 

Lwa Simbi Makaya! Dogwe!
Map lage pwen a
Nan men ti moun yo.
Si gen lavi map peye houngan,
Si pa gen lavi mwen
Konnen m pa dwe.
Lwa Simbi Makaya! Dogwe!
Map lage pwen a
Nan men ti moun yo.

Lwa Simbi Makaya! Ave!
Darò fiducia
ai Fanciulli.
Se sarò Houngan,
Se questa sarà la mia vita
io non lo so
Lwa Simbi Makaya! Ave!
Darò fiducia
ai Fanciulli.

 

Simbi Andezo è riservato, silenzioso e schivo. L'acqua amplifica il suo potere magico e per questo sta sempre vicino all'acqua fresca. Gradirà che  si celebri per Lui nei pressi di corsi e specchi d'acqua, oppure che ci sia sempre dell'acqua per Lui sopra l'Altare. Più di tutto ama le cascate e le sorgenti, ma anche le acque salate: le offerte d'acqua dovranno essere due acque diverse, prese da due diverse fonti. Per chi desiderasse onorare Simbi offrendo le Due Acque: soprattutto chi abita in città, non è facile trovare acqua di sorgente, figuriamoci da due sorgenti diverse.. ritengo che si possa prendere le due acque da due bottiglie di minerale di provenienze diverse, che di fatto provengono da due sorgenti differenti. In base alla mia esperienza personale questo sistema risulta gradito. Si può anche mettere qualche grano di sale in una delle due acque. Le acque andranno mantenute sempre pulite e limpide, e al momento di rinnovarle, o per concludere il rituale consegnando l'offerta, andranno versate nella terra. Simbi Andezo è fortemente connesso ad Ogun: per questo motivo, una delle acque che preferisce, ancora più dell'acqua di sorgente, è l'acqua che proviene dai temporali! Non è sempre possibile raccoglierne, ma quando la stagione lo consente è cosa gradita riuscire a recuperarne un po', e offrirla come dono speciale. Ama il rosso e il turchese più di tutti gli altri colori.


Simbi Andezo! Sa ki fa yo pa vle we mwen
yo poko konnen mwen

Yo bay mwen pwen a
Se pou m mache la nwuit O!

Simbi Andezo! Â Sa ke fe yo pa vle we mwen
yo poko konnen mwen

Simbi Andezo! Il motivo per cui non mi vedono
è che non mi conoscono
Mi è stato dato un'incantesimo ed è per questo
che posso camminare di notte O!
Simbi Andezo! Il motivo per cui non mi vedono
è che non mi conoscono

 

 

Anche Simbi Dlo è fortemente legato a Ogun, e il suo nome significa Simbi dell'Acqua.

Potrebbe trattarsi di un altro modo per riferirsi a Simbi Andezo, perché anche se qui non

si nominano le due fonti e le offerte d'acqua vengono conferite in un unica soluzione,

assieme all'acqua si offrono nastri di due colori, verdi e blu insieme, come a simboleggiare

proprio le due acque, dolce e salata. I nastri adorneranno l'altare, e potranno anche venire

offerti seppellendoli nella terra.

 


Simbi nan dlo, Simbi nan dlo, Simbi nan kay moin,
Simbi nan dlo, Simbi nan dlo, Simbi nan kay moin,
Papa Ogoun sot nan Simbi nan dlo
Simbi nan dlo, kay li

Simbi dell'Acqua è nella sua casa
Simbi dell'Acqua è nella sua casa
Papa Ogun lo è venuto a trovare
Simbi dell'Acqua è qui a casa



Simbi è un Lwa straordinario, tutti i Lwa-Simbi lo sono. Nel suo aspetto Anpaka, Simbi sa tutti i segreti delle Piante, delle Foglie e delle Erbe, è Maestro di Erboristeria e conosce la Magia che sta dentro le Piante, sa come curare e levare i malefici, e sa come creare ogni veleno che si possa ricavare dalle Erbe.

In Simbi Ganga, invece, è molto forte l'aspetto del soldato, guerriero e fiero combattente, e in questa veste è molto protettivo e coraggioso: per Simbi Ganga si canta 'Simbi O Simbi Ganga E, m'a rele Simbi Ganga E, Yo mete pote kouto, Yo mete pote poinya m'pap pe yo', che significa 'Simbi Ganga io ti sto chiamando, e se porteranno i coltelli, e se porteranno le spade, io non avrò paura'.

L'energia di Simbi è meravigliosa, immensa e silenziosa, ma tangibile come il respiro fresco del Serpente. A volte può portare questo Piano a intersecarsi con l'Astrale, e viceversa, piegando la realtà visibile a suo gradimento. La sua benevolenza può essere immensamente grande, così come è immensamente grande la sciagura che si abbatte su chi ha attirato la sua ira. Non gli piace essere disturbato per cose senza senso e detesta essere sfruttato, tuttavia difficilmente si adira per motivi che non siano gravi, e tende più che altro ad ignorare le richieste poco pertinenti o le persone che non reputa degne di essere considerate. Personalmente ritengo che Makaya, Andezo-Dlo, Anpaka e Ganga siano Manifestazioni del Simbi capostipite, e che viste nell'insieme lascino intravedere una completezza che racchiude, almeno in parte, la Sua meravigliosa Essenza. Qualsiasi Sua Manifestazione o qualsiasi Lwa della Sua Famiglia si desideri onorare, oltre all'acqua e ai nastri, l'offerta che gradisce più di tutte è la muta dei Serpenti.

 


Corrispondenze ipotetiche: Volac

Dominio: Acqua, Etere, Energia

Protegge: Chi gli sta a cuore

Colore: verde, rosso-bianco, rosso-nero per Simbi Makaya; rosso-turchese per Simbi Andezo;

blu-verde per Simbi Dlo

Offerte rituali: acqua, mute di serpenti, nastri verdi e blu, whisky

Luogo: ovunque, soprattutto vicino all'acqua, a volte ai crocevia



 

CONCLUSIONI

 

 Giunti a questo punto, qui concludo e NO, non farò un'analisi sui sincretismi né mi baserò sui collegamenti che tali sincretismi potrebbero suggerire, e neppure mi soffermerò a descrivere alcun tipo di ritualità legata ai moderni riti Petwo: ho volutamente mantenuto le menzioni agli elementi legati al sincretismo e al voodoo Petwo sotto traccia, perché non è quello il Vudu che mostra i veri Dei.

Tuttavia mi rendo conto che per quante informazioni io possa aver raccolto, filtrato, riordinato e trascritto, questo fiume di parole non non sarà mai abbastanza per descrivere interamente la meravigliosa complessità ancestrale del Vudu, e soprattutto non sarà mai abbastanza per descrivere la perfezione dei Lwa. E a conti fatti, per fortuna, non deve necessariamente esserlo: questo lavoro è la condivisione di una parte del mio percorso di ricerca e ragionamento, semplicemente questo. E non è affatto un punto di arrivo, ma è piuttosto un punto di partenza, da cui spiccare il volo per poter ricercare, sperimentare, esperire e Restaurare ancora. Il disegno complesso che i Lwa intrecciano mostra un Dio dell'Origine che dal principio è Madre, una Madre il cui Utero si estende e unisce Terra e Cielo.

Mostra un Dio dell'Origine in costante divenire, che si espande, si accresce, si moltiplica differenziandosi in modo esponenziale, come un raggio di luce che si scompone e ricompone danzando tra le sfaccettature di un diamante, come un Mandala che si modifica, generando geometrie frattali senza mai cessare di specchiarsi, perfetto in ogni istante del suo espandersi. E accanto a questo immenso Dio dell'Origine si possono distinguere gli Dei, quelle Entità Ancestrali come Oshun e come Erzulie che forse la stessa Origine ha creato, e le Entità generate dall'Evoluzione in Esseri Divini, come Simbi e Agassou che un tempo ebbero un corpo di carne ossa e sangue: Essi sono i nostri stessi Dei che conosciamo, e tutti gli altri Dei di cui non sappiamo il Nome, gli immensi Eserciti di Satana che sono le Legioni. Se abbiamo il coraggio di guardarli, i Lwa ci mostrano un Sentiero che prosegue oltre l'Ultimo Cancello, oltre l'Ultima Morte, verso un Destino di Evoluzione per coloro che da sempre sono i loro Figli: perché la stirpe Divina è scritta dentro l'Anima, e non esiste nulla in questo mondo che la possa cancellare.

 

Ringraziamenti:


Ringrazio tutti quelli che mi hanno accompagnata per strada fino a qui, specialmente il mio Compagno e Fratello Khaibit, per ogni istante di brainstorming e di condivisione fatto insieme finora; i miei cari Fratelli Alberto e Brigitte che hanno condiviso con me la loro preziosissima Conoscenza; e le mie amate Sorelle Jennifer e Paola che hanno aperto il cuore e la mente ai Lwa, fin dal primo momento che il Dio dalle Vesti Bianche ha manifestato il suo Oshumare su di noi.

Sia Onore a Oggun del Tuono, sia Onore a Damballa dell'Arcobaleno. Sia Onore ai Sacri Serpenti dell'Acqua, e tutto l'Amore che ho, tra il cuore e l'Anima.



Simbi Dlo  Ay-E! Damballah Wedo Ay-E!

Simbi O Simbi Ganga E
m'a rele Simbi Ganga E
Yo mete pote kouto
Yo mete pote poinya m'pap pe yo

Simbi nan dlo, Simbi nan dlo
Simbi nan kay moin
Papa Ogoun sot nan Simbi nan dlo
Simbi nan dlo kay li

 


Kate Ecdysis

Anno MMXVII

 

 

 

GLI YEZIDI E L'ANGELO PAVONE

 

 

Vestono tutti i colori eccetto il blu, temono fortemente la lattuga, si sposano solo tra di loro e hanno fama di essere il popolo più pacifico del mondo: sono gli Yezidi, la minoranza etnica che non parla con nessuno, ma che continua da un bel pezzo a far parlare tutti quanti.

Dal quattordicesimo secolo in poi furono perseguitati in continuazione, prima dai Persiani, poi dai Turchi Ottomani, infine dai Mussulmani – i quali non hanno mai smesso, e continuano ancora oggi a tentare di sterminare questo popolo. Il motivo di tanto zelo distruttivo è sostanzialmente sempre uno solo: da secoli è stata, ed è tuttora, opinione comune che gli Yezidi siano 'adoratori del demonio'. Parallelamente all'astio degli islamici, tale idea ha attirato anche le simpatie dei Satanisti, creando ai giorni nostri una sorta di mitizzazione dello Yazidismo e della sua figura divina di riferimento, il Pavone Melekh Ta'Us. Ammetto di essermi accostata allo studio di questo popolo per la stessa ragione, desiderosa di scoprire verità Sataniche nascoste tra le piume del Pavone. Tuttavia, già in una fase iniziale di generale osservazione dello Yazidismo, ho subito riscontrato la massiccia presenza di elementi islamici, cristiani e zoroastriani che in prima analisi ho classificato come possibili 'contaminazioni successive' ad un'origine che doveva essere stata distorta gravemente dal battere del tempo e delle spade, e che doveva essere senz'altro possibile riportare in luce.

Con un certo stupore mi sono resa conto che invece questa Origine comune alla stessa nostra, dei nostri Avi e dei nostri stessi Dei, questa volta non si sarebbe mai potuta recuperare, per il semplice fatto che probabilmente in questo caso l'Origine comune non sussiste. Procediamo ora con ordine, contestualizzando brevemente la posizione geografica e il quadro storico: Mossul, che era il centro dello Yazidismo ai tempi delle prime persecuzioni, si trova sulle sponde del fiume Tigri, in prossimità dei rilievi montuosi dell'attuale Kurdistan. Lalish, che è il centro attuale, si trova a soli 60 km da Mossul, nella regione settentrionale dell'attuale Iraq. FOTO CARTINA 1


Come si può vedere dalla cartina, il Kurdistan (e in particolare l'area di Mosul) risulta circondato da popoli diversi, andando a collocarsi proprio sul punto d'intersezione tra:

 

-Religioni Iraniche (Persia, l'attuale Iran)

-Islam (Iraq, Turchia, Siria)

-Ebraismo (Israele, Giordania)

-Drusi e sette musulmane (Libano e aree limitrofe)

-ciò che restava dello splendore Assiro (area della Mezzaluna Fertile)

-elementi frammentari della cultura Induista (aree ad est)



Di tutte queste, come avremo agio di vedere nel corso di questa breve analisi, le culture che hanno influenzato in modo più evidente la teogonia, la mitologia e la tradizione Yezida sono indubbiamente le religioni Iraniche e l'Islam. Degli Antichi Assiri gli Yezidi non hanno conservato quasi nulla, a parte qualche tratto somatico ereditato da una parte del loro gruppo etnico, e l'abitudine a celebrare la festività del capodanno. Per il resto non vi è alcun elemento riconducibile a questo antico culto che sia sopravvissuto in seno alla comunità Yezida.L'unico elemento riconoscibile sopravvissuto dalla cultura Induista è la metempsicosi; vi è inoltre il nome di uno degli Amesha Spenta che è presente anche nei Rig-Veda, ma questo fatto non è qui realmente degno di nota in quanto le corrispondenze nominali con divinità induiste si sono già riscontrate anche in alcune forme più recenti di zoroastrismo (basti pensare allo stesso Mitra, del quale solo e soltanto il nome ha viaggiato dall'India fino in Persia), ed è ormai un fatto acclarato che lo Zoroastrismo ha influenzato lo Yazidismo in modo sostanziale.

[A voler essere proprio puntigliosi, esiste una correlazione tra Induismo e origine dello Zoroastrismo che meriterebbe di essere approfondita; tuttavia rimanderò questa analisi ad altro contesto, perché eseguirla qui sarebbe non pertinente al tema dello Yazidismo, in quanto lo Zoroastrismo confluito nella religione Yezida appare già successivo e deprivato delle connotazioni Induiste.]

Dalle antiche sette musulmane (come gli Ismaeliti e i Drusi) gli Yezidi hanno ereditato il divieto di cibarsi di carne di maiale, il permesso di bere vino, l'iconografia del Pavone come rappresentazione dell'oppositore a dio, l'apertura al sacerdozio femminile e la partecipazione libera delle donne della comunità a tutte le funzioni religiose. Volendo dunque fare un tentativo di datare l'inizio dello Yazidismo sulla base delle influenze (o per meglio dire, delle confluenze) che lo hanno costituito, dal fronte islamico abbiamo questa timeline:


-Islam, VII sec. e.v (ad opera di Maometto)
-Islam Sciita, seconda metà del VII sec. e.v. (ad opera di Ali Abi Talib)
-Ismailismo, seconda metà del VIII sec. e.v. (ad opera di Ismail Abi Jafar)
-Drusi, inizio del IX sec. e.v. (ad opera di Al Darazi)



Che cosa c'era nella penisola Araba prima dell'Islam? Questo argomento merita di essere trattato in modo più ampio e diffuso, ma qui per non dilungarmi mi limiterò a dire che, dove ancora non avevano attecchito le infestazioni ebraiche, vigevano sistemi religiosi tribali, poco intrusivi nella morale comune e caratterizzati da forme di politeismo. FOTO CARTINA 2

Che cosa c'era nelle aree degli odierni Turkmenistan, Iraq, Siria prima dell'Islam? C'era… la Persia. In quelle terre da sempre abitate da politeisti e comunità tribali, prosperarono i Babilonesi, poi i Medi e infine i Persiani, che si configurarono tendenzialmente dualisti-monoteisti nel VII sec. a.e.v in seguito alla diffusione dello Zoroastrismo (e che poi confluirono nella religione Islamica dopo il VII sec. e.v.). La massiccia diffusione dello Zoroastrismo è senz'altro dovuta al fatto che gli imperatori persiani Ciro, Dario, Serse e Artaserse erano tutti Zoroastriani, e ciò è testimoniato in modo inconfutabile dal rituale di sepoltura che li accomuna tutti. Di questo avremo agio di parlare più diffusamente in altra sede, durante un'analisi più specificatamente incentrata sullo Zoroastrismo. Dal fronte Zoroastriano la timeline è questa:


-Zarathustra, presumibilmente XVIII sec. a.e.v
-Inizio effettivo della diffusione dello Zoroastrismo VI sec. a.e.v.
-nel frattempo avvento dell'Islam VII sec. e.v.
-fine massima diffusione dello Zoroastrismo X sec. e.v

 

Turchi e Iranici si riferiscono agli Yezidi chiamandoli Seytan-perest e Cyragsonduren: quest'ultima parola significa letteralmente 'spegnitori di lampade' e sottintende che gli Yezidi siano dediti a rituali orgiastici, durante i quali ad un certo punto si necessiterebbe del buio totale per permettere a chiunque di accoppiarsi con chiunque, senza doversi preoccupare di legami pregressi o di eventuali contatti incestuosi. Tuttavia non vi sono prove che gli Yezidi pratichino tali usanze, anzi pare assai probabile che si tratti di un'attribuzione erronea proveniente da una cronaca redatta dopo il 1200 e.v dallo scrittore siriaco Barhebreo, circa i Barburiani (una setta derivata dai Manichei che fu espulsa dal territorio persiano e successivamente si stabilì, appunto, in Siria). Attualmente, ho sentito dire più di una volta che la definizione 'spegnitori di lampade' attribuita agli Yezidi sia dovuta ad un presunto atteggiamento libertario degli adulti nei confronti degli adolescenti, che spegnendo le luci consentirebbero tacitamente l'esercizio delle funzioni sessuali tra i giovani innamorati e non ancora maritati: questa tesi, pur incontrando il favore di molti Satanisti in qualità di fulgido esempio di libertà e di incoraggiamento all'autodeterminazione, non ha comunque alcuna prova a sostegno – anzi è ancora meno plausibile rispetto alla teoria precedente, dal momento che in quel caso è almeno documentato che un popolo limitrofo aveva effettivamente tale pratica tra le proprie tradizioni.

I Siriani li chiamano Dawasin, o Dasnaye, che significa,nella loro lingua, semplicemente 'originari della provincia ad est di Mossul'. Lo storico, teologo e assiriologo A. Mingani ha lungamente sostenuto che il nome Dasnaye sottintendesse un'origine comune tra Yezidi e seguaci di Bardesane di Edessa, conosciuti con il nome di Daysanaye; tuttavia questa tesi è stata successivamente smentita dal lavoro del Furlani (storico, assiriologo e filologo orientale). Ancora una volta la possibilità di attribuire agli Yezidi un'origine diversa dalla mera confluenza di altre culture, sfuma inesorabilmente. Gli Islamici li chiamano Yazidiyyah, che in arabo significa 'la setta yezidica'. In lingua Araba Yazid è un nome di persona molto comune: è opinione diffusissima che il primo fondatore della setta Yezida si chiamasse appunto Yazid. Alcuni individuano quello Yazid nel califfo Yazid Ibn Abi Sufyan, ma questo dato non è certo e non vi sono fonti che possano confermarne la veridicità. Altri individuano lo Yazid capostipite in Yazid Ibn Unaysah: a tal proposito, il filosofo, teologo e storico persiano As Sahrastani parla diffusamente, all'inizio dell'XI sec. e.v., di un tale Yazid Ibn Unaysah che nel corso del VII sec. e.v (dunque nel corso del primo secolo dopo la fondazione dell'Islam) andava attorno a dire di essere un apostolo mandato da dio in terra di Persia, a cui dio in persona avrebbe trasmesso il libro sacro che già era scritto nel cielo, e che glielo avrebbe dettato tutto in una sola stesura, e che si distaccò dalla religione di Maometto pur riconoscendolo come profeta. Ciò che rende questa teoria di Sahrastani più attendibile della altre è che effettivamente nella Jilwah, che è il testo sacro Yezida, appare chiaramente espressa la questione della rivelazione del libro avvenuta in una sola volta,  e anche il fatto che l'insieme delle caratteristiche del culto Yezida nonché la sua contestualizzazione storica e geografica fanno presupporre che la sua origine possa essere effettivamente dovuta ad una sorta di 'eresia islamica'.

Gli Yezidi stessi dicono di chiamarsi Yezidi perché in Persiano Yazdan significa dio, e anche questo elemento va a sommarsi all'insieme delle caratteristiche del culto Yezida nonché la sua contestualizzazione storica e geografica, dando ampiamente agio di credere che la radice sia da ricercarsi, almeno in gran parte, nello Zoroastrismo. A sostegno di questa ipotesi cito anche la città persiana di Yazd, che tuttora ospita comunità zoroastriane sopravvissute alle persecuzioni e all'avanzare dei tempi. In qualsiasi direzione si vada a scavare, dunque, non si giunge ad alcuna traccia che riconduca lo Yazidismo al Culto delle Origini. Prima dello Zoroastrismo e prima dell'Islam, in quelle terre c'erano i culti tribali e il paganesimo, esattamente come a casa nostra c'erano da sempre le tradizioni Pagane, e ci sono state fino all'imposizione del monoteismo.  La liaison tra questi accadimenti tanto geograficamente distanti pare essere la costante Zoroastrismo, che spunta fuori in più di un'occasione mescolandosi più e più volte al monoteismo ebraico e islamico: Zoroastriani erano i Re Magi di cui si parla già nelle scritture ebraiche, Zoroastriani gli imperatori persiani Ciro, Dario, Serse e Artaserse, e come l'Impero Romano espandendosi venne in contatto con l'espansione persiana, Zoroastriani erano i Cilici che giunsero in Italia nel primo secolo dell'era volgare, ivi diffondendo la base su cui attecchì agevolmente l'eresia ebraica del cristianesimo. Analogamente sulla medesima base attecchì, in terra di Persia, l'eresia islamica del loro primo secolo, innescata dallo stesso Zoroastrismo, e sullo stesso Zoroastrismo innestata. Alla luce di tutto questo gli Yezidi appaiono non come il retaggio degli antichi Culti presenti in quelle terre, ma piuttosto come il prodotto delle culture Iraniche e Islamiche che in quel preciso punto si sono andate a fondere creando una strana chimera: possiamo dunque affermare che lo Yazidismo originale altro non è che una forma di Zoroastrismo filtrato dall'Islam, e che non vi è nessun altro ''Yazidismo puro'' antecedente a questa fusione. A questo punto non resta che esaminarne nel dettaglio la struttura e le usanze, poi successivamente mettersi sulle tracce del vero Pavone, seguendolo ovunque ci vorrà portare.


STRUTTURA TEOLOGICA E RADICI IRANICHE


La lingua degli Yezidi, cioè il Curdo, è tuttora molto simile alla lingua Persiana. Come detto sopra, gli stessi Yezidi si definiscono Yezidi o Izidi: questa parola in seno alle religioni di matrice persiana indica un gruppo preciso di entità semi divine (Yazada nell'Avesta Zoroastriano, Ized presso i Parsi) e significa 'esseri degni di adorazione'.  Nello Zoroastrismo il capo degli Ized terrestri è Zarahtustra, il capo degli Ized celesti è il figlio di Ahura Mazda, che qui è conosciuto come Adar ed è l'alleato dell'uomo contro i demoni e i poteri dei fattucchieri. L'elemento sacro di Adar è il fuoco. Tutti gli Ized insieme hanno il compito di proteggere il fuoco, gli astri, il sole e la luna, e fungono da tramite tra gli uomini e la divinità. Essi fanno rapporto ai sette arcangeli detti Amesha Spenta, il primo dei quali è Vohu Manah, che presso i Persiani è raffigurato in forma di Gallo. Ahura Mazda è considerato l'unico dio, tuttavia al suo fianco appare la figura dell'oppositore Angra Mainyu; ai sette Amesha Spenta di Ahura Mazda, fanno da contraltare i sette Amesha spenta di Angra Mainyu.

Gli Yezidi hanno mantenuto il medesimo schema: rispetto alla religione persiana troviamo un dio meno attivamente coinvolto e più incline a delegare il proprio compito ad altre entità,  tuttavia ancora presente e senz'altro impegnato nell'eterna lotta con l'Oppositore. Restano invariati nelle descrizioni, nei significati e nelle funzioni i sette Amesha Spenta di Ahura Mazda, seppure rinominati con nomi ebraici:


Azrail = il Buon Pensiero
Dardail =  l'Ottima Legge
Israfil =  il Dominio Desiderabile
Mikail = la Pietà
Gibrail = l'Integrità
Shimnail = l'Immortalità
Nurail = l’Obbedienza

 

dei quali Azrail, meglio conosciuto con il suo appellativo in lingua curda Melekh Ta'Us, corrisponde all'arcangelo-gallo Vohu Manah, e anche al suo corrispettivo demoniaco Aka Manah: non è da sottovalutare a tal proposito che l'usuale rappresentazione di Melekh Ta'Us in forma di Pavone non sia sempre identica, e che si possa ravvisare in alcune raffigurazioni, di quando in quando, una spiccata somiglianza col Gallo. Nessuna traccia di politeismo dunque, né in seno allo Zoroastrismo, né in seno allo Yazidismo, e in entrambi i casi è posta particolare cura nel rimarcare come l'unico dio sia solo e soltanto uno, mentre tutte le altre creature non siano divinità. In entrambi i casi il monoteismo è di stampo dualistico bene\male: nessun equilibrio di creazione e distruzione, nessun equilibrio tra maschile e femminile, e nessuna Madre. La traccia comune ai Culti Politeisti è totalmente assente. Anche nel motivare come il loro dio abbia in un certo senso rinunciato a regnare, permettendo loro di tributare una venerazione sconfinata per quei sette principali esseri angelici, gli Yezidi seguitano a definire la propria religione come un monoteismo. Così come i loro predecessori, oltre ai Melekh, gli Yezidi adorano innumerevoli altri sottordini angelici, allo stesso modo sempre ugualmente sottoposti ai primi sette arcangeli immortali, hanno una demonologia piuttosto estesa e temono fortemente gli esseri demoniaci. Anche l'elemento fuoco è rimasto sacro, e il nome di Adar riecheggia in quello del santo profeta Adi.

Nella foto a destra possiamo vedere un Sangaq: questo stendardo metallico rappresenta Melekh Ta'Us e – a differenza delle raffigurazioni pittoriche – in questi manufatti è frequente ravvisare molta somiglianza con il Gallo di Vohu Manah.

 

LA RIFORMA DI ADI


Lo Yazidismo moderno inizia ufficialmente nel 1162 e.v, quando (si dice che) Adi Ibn Mustafa riformò la religione Yezida. E' per questo motivo che nell'attuale Yazidismo possiamo ravvisare ben fissati ed enunciati molti elementi importati da culture e religioni successive al settimo secolo. Gli Yezidi sostengono che il loro (presunto) fondatore Yazid sia stata la prima incarnazione di Melekh Ta'Us, poi che egli sia successivamente ritornato sulla Terra incarnandosi in Adi, allo scopo di moralizzare il popolo, gerarchizzare l'organizzazione religiosa e ridefinire la dottrina. Sostengono che tornerà ancora.


RADICI ISLAMICHE ED EBRAICHE NELLA GENESI


La questione di Eva e del Serpente è una costante di tutte le genesi di tutti i monoteismi. Nella prima versione ebraica appare un satan-serpente stranamente dotato di arti e in grado di stazionare in posizione eretta, che in prima persona interagisce con Eva. Successivamente la cosa viene elaborata in modo più articolato, e a fianco del serpente appare la figura di un satan che non è più il serpente stesso, ma che si avvale del serpente per avvicinarsi ad Eva: qui vediamo il serpente appendersi al muro di cinta che delimita gli accessi al paradiso (risultando, come vedremo più sotto, posizionato più o meno come quello nero che si trova scolpito a lato dell'ingresso del santuario di Lalish), e intavolare una conversazione con Eva, per dare il tempo a Satan di sporgersi dal muro di cinta intonando canti soavi. A tal proposito nel Libro di Giobbe (che non è solo nella Bibbia, ma anche nel Tanakh ebraico) si parla di Samael come di una creatura alata 'che vola come un uccello per l'aria'. Sulla questione mela invece c'è un po' di confusione, perché il frutto è definito ora il pomo del paradiso, ora il fico, ora il frumento.

Il frumento, per quanto possa sembrare strano, è semanticamente il più sensato perché in ebraico crea un gioco di parole basato sulla somiglianza tra hittah (appunto il frumento) e hatta-ah (il peccato). Questo fatto del frumento passa nella genesi secondo i Drusi, e da lì si tramanda alla genesi secondo gli Yezidi: qui è anche Adamo che mangia il frutto proibito, che in alcune versioni si dice fosse uva, e in altre, appunto, il frumento, la cui ingestione gli fa istantaneamente gonfiare la pancia, rendendo evidente il misfatto compiuto. Come nella leggenda Drusa, anche per gli Yezidi il seduttore è dichiaratamente Iblis, vale a dire il Satan, l'antagonista di dio, che va a traviare Adamo ed Eva sotto forma di Pavone. Il Pavone non è un'iniziativa dei Drusi, ma proviene dalla leggenda che i mussulmani tesserono attorno alla prima versione della Genesi islamica, secondo cui Iblis ebbe problemi ad accedere al paradiso perché il portinaio Ridwan faceva troppo buona guardia. Allora Iblis chiese aiuto agli animali del paradiso, interpellando anche il pavone, il quale però non volle aiutare. Il serpente allora spalancò la bocca e prese Iblis tra i denti per portarlo dentro (e qui allibisco, perché riconosco echi centro africani, e ancora una volta prendo atto che il vizio di appropriarsi indebitamente delle altrui cosmogonie, riducendole a chiacchiere, è pratica tristemente comune) e alla fine di tutto vengono tutti scacciati e puniti, compreso, chissà perché, anche il timido e prudente pavone. Il motivo per cui il ritroso pavone dell'Islam sia stato scagliato dal cielo (sopra Kabul, per l'esattezza) temo resterà un mistero, ma se non altro appare chiaro da dove sia arrivato questo animale nella Genesi Drusa.


LA LATTUGA E ALTRI INTERDETTI


Secondo gli Yezidi, quando dio scoprì l'ingestione del frutto proibito, il Pavone tentò di farla franca nascondendosi tra le lattughe, e per poco non ci riuscì: a tradirlo fu la sua coda, troppo grande, lunga e sgargiante per potersi nascondere completamente tra le foglie basse. Per questo Iddio lo vide e lo punì, e allora il Pavone si risentì verso la lattuga e la maledisse. Questa è la ragione per cui ancora oggi gli Yezidi si rifiutano di ingerire lattuga. Gli altri interdetti sono tutti acquisizioni dall'ebraismo o dall'islam, come ad esempio il divieto di mangiare maiale o la proibizione di entrare negli edifici di culto con le scarpe. Allo stesso modo dei mussulmani danno molto peso alle abluzioni rituali, e sono tenuti, ovunque essi vivano, a fare almeno un pellegrinaggio fino a Lalish nel corso della loro vita, allo stesso modo in cui gli islamici devono compiere il pellegrinaggio alla Mecca.  Tra l'altro non pronunciano mai nessuna parola il cui significato riconduca a Satana, e neppure nessuna parola dal significato diverso ma che possa avere un suono simile ai vocaboli relativi a Satana (ad esempio il termine satt, che significa fiume, non si può pronunciare perché somiglia già troppo a Shaytan). Infine, non tollerano che si indossi il colore blu: alcuni sostengono che sia una forma di rispetto per Melekh Ta'Us, come se si ritenessero indegni di vestire il colore principale del loro patrono; tuttavia questa motivazione non è supportata da dati accertati.

 

IL NOME DI MELEKH TA'US


Melek è il suono che si produce sia in persiano che in curdo, pronunciando entrambe le parole malik e malak. Malik sta per re, malak sta per angelo. Tutti gli arcangeli, gli angeli e i sottordini angelici ricevono dagli Yezidi il titolo di Melekh. In arabo la parola Malik significa re, e questo titolo viene attribuito al diavolo nella XLIII sura del Corano. Essendo il diavolo identificato in Iblis nella genesi islamica, e parimenti identificato in un uccello nella genesi ebraica, appare scontato da dove possa essere uscito il pavone della genesi drusa, che poi gli Yezidi hanno adottato come versione definitiva: nella lingua dei Drusi il seduttore piumato si chiama Tayuh, da cui Ta'Us che in lingua curda significa, appunto, ''pavone''.


LA COSMOGONIA YEZIDA E IL PRIMO ANGELO CADUTO


In principio il mondo era oceano, e in mezzo all'oceano vi era un solo albero sopra il quale Iddio stava appollaiato in forma di uccello. Molto distante dall'albero su cui stazionava Iddio, vi era un roseto fiorito, e sul roseto stava la prima creatura di dio, il saggio Sheikh Sinn. Dal proprio splendore Dio creò l'Arcangelo Gabriele e dapprima fece anch'egli in forma di uccello. Quando l'ebbe creato gli domandò:


Chi sono io e chi sei tu?
Gabriele rispose pianamente: Tu sei tu, e io sono io.


Dio si offese moltissimo perché ravvisò orgoglio nella risposta di Gabriele, che così dicendo aveva dato prova di credere che sia egli stesso che Iddio fossero creature parimenti importanti: ecco il peccato di orgoglio, dell'angelo che volle innalzarsi al pari di Dio! Fu così che Dio scacciò l'angelo a colpi di becco, costringendolo ad errare senza posa per secoli e secoli, fino a che dopo tanto volare, trovò il roseto su cui stava il saggio Sheikh Sinn: allora gli raccontò l'accaduto e subito ricevette in cambio un buon consiglio, in seguito al quale decise di riprendere immediatamente a volare per tornare indietro da dove era venuto. Quando fu di nuovo sull'albero, Iddio gli rivolse la stessa domanda, e questa volta Gabriele rispose con umiltà, secondo il consiglio dello Sheikh Sinn: così fu che Dio perdonò Gabriele, e il peccato fu cancellato. 
Siete perplessi? Bene, anche io. Anzitutto, qui abbiamo una cosmogonia tragicamente lacunosa e semplificata che attinge elementi sparsi da antichi Culti africani; abbiamo poi un saggio Sheikh senza ragione apparente, e un roseto (?) senza ragione di esistere, nonché un dio in forma di uccello, che tutti insieme ci rimandano ad alberi della vita, mari primordiali, diluvi universali e alberi del post diluvio che abbiamo già incontrato più volte in più di una occasione. E come se ciò non bastasse, ecco la prima versione Yezida del Lucifero che volle innalzarsi al pari di Dio, che in questo caso vede Gabriele, e non Melekh Ta'Us, come protagonista della vicenda. Significa forse che Melekh Ta'Us non si sia mai dovuto pentire di nulla? Nossignori. Parallelamente, la stessa dinamica succederà anche al Pavone.


IL MESSIA MELEKH TA'US E IL PECCATO


Anche Melekh Ta'Us , come Gabriele, ha peccato di orgoglio: si è rifiutato di pregare per Adamo e di onorarlo, al pari di Iblis secondo i Mussulmani. Pare che Melekh Ta'Us non abbia voluto obbedire al comando di Dio di pregare per Adamo, perché precedentemente Dio aveva detto a tutti i Melekh che avrebbero dovuto pregare solo per Dio, dunque in un certo senso disubbidì per eccesso di zelo nel portare obbedienza. Per questo motivo Dio lo scacciò, eppure allo stesso tempo, per la stessa ragione lo ritenne degno di rispetto: tra tutti i Melekh, soltanto uno aveva avuto l'ardire di pensare fuori dal coro, dunque per quanto fosse ovvio adirarsi e necessario punirlo, era altrettanto naturale stimarlo. Si dice che in seguito alla cacciata, Melekh Ta'Us pianse tantissime lacrime, così tante che esse allagarono l'inferno spegnendone tutte le fiamme. E quando Melekh Ta'Us tornò da Dio per scusarsi, egli l'assolse, cancellando il suo peccato e restituendogli il ruolo di Arcangelo. Oltre a questo, avendo Dio maturato appunto una forte stima per lui, e sentendosi stanco di governare attivamente il mondo terreno, decise di dargli l'incarico di occuparsi degli esseri umani in sua vece.

La corrispondenza con l'Iblis islamico inquadra inevitabilmente Melekh Ta'Us nel ruolo di diavolo, l'epica della cacciata lo assimila inequivocabilmente al concetto popolare cristiano di Lucifero, e l'epilogo che vede l'Arcangelo assegnato alle faccende terrestri lo colloca, in un certo senso, nel ruolo di principe di questo mondo. Tuttavia, Melekh Ta'Us non ha alcun tratto caratteriale dannoso o malefico tipico del diavolo, o del Lucifero nell'iconografia religiosa: al contrario, persino nella sua ribellione mostra sottomissione al suo Dio, pretendendo di non contravvenire al primo ordine che gli era stato impartito, e successivamente annulla l'inferno e infine si pente, ottenendo il perdono, cancellando il peccato e conseguentemente dando inizio ad un nuovo ordinamento in cui il dio padre si fa da parte, consegnando la terra al suo successore. Se Melekh Ta'Us fosse diavolo, dovremmo aspettarci, casomai, un passaggio di consegne da parte di Angra Mayniu, e non da Ahura Mazda, ed essendo invece Ahura Mazda a delegare, sarebbe più logico aspettarsi che delegasse in favore di Adar. Invece no, è Melekh Ta'Us, pur non essendo un dio, colui che eredita la terra, colui che fa le veci di dio padre, colui che vince sull'inferno, che distrugge il male, che cancella il peccato: Melekh Ta'Us è, definitivamente, il Cristo degli Yezidi. Egli è il loro tramite per raggiungere Dio, colui che con la sua azione li ha preservati per sempre dalla dannazione, ed è il Profeta incarnato in Yezid e in Adi, che tornerà ancora e ancora fino a quando tornerà nella Fine dei Tempi. Melekh Ta'Us ha sancito, idealmente, per questo popolo, l'inizio del nuovo corso, del nuovo testamento, e da quando il suo pianto ha spento le fiamme eterne il male è defunto per sempre: gli Yezidi dicono che oggi il peccato è soltanto quella cosa che causa il male, e il male è l'insieme di tutte le cose che risultano sgradite all'essere umano.


I FIGLI DI ADAMO:

Questo fatto accadde dopo che Adamo fu scacciato dal paradiso per il fatto del frumento. Stabilitisi sulla Terra, Adamo ed Eva ebbero figli, e un giorno discussero al riguardo perché Eva sosteneva strenuamente che i figli fossero un proprio merito, dal momento che li aveva dati alla luce, mentre Adamo dal canto suo insisteva che il merito spettasse a lui solo. Per provare la propria teoria, Adamo prese due giare e ne diede una ad Eva: entrambi depositarono il proprio seme (ok, questo è strano) all'interno della propria giara, e poi le seppellirono vicine sotto al letame. Dopo nove mesi andarono ad aprire le giare: quella di Eva non aveva dato alcun frutto, se non un mucchio di vermi e di insetti, mentre dentro a quella di Adamo vi era un bambino di rara bellezza. Adamo mise nome a suo figlio Sahid Ibn Garrah, e quando fu cresciuto abbastanza, Adamo interpellò Gabriele perché andasse da Dio e gli dicesse che c'era bisogno di trovargli una sposa. Allora Dio inviò sulla terra una delle Hur del paradiso, e dall'unione di Sahid con la Hur nacque la stirpe degli Yezidi.


I FIGLI DI ADI E LA STRUTTURA ECCLESIASTICA:

Si tramanda che Adi ebbe quattro fratelli, tre dei quali presero moglie ed ebbero figli. Il quarto restò celibe e per questo non generò discendenza, così Adi creò un figlio per lui: dalla discendenza di questo, proviene la prima casta sacerdotale Yezida. Dagli altri fratelli discendono le altre caste; infine l'ultima casta discende direttamente da Sheikh Sinn (quello del roseto), che non avendo moglie si creò un figlio da sé.  Le caste sono cinque in tutto, e tutti i Sacerdoti appartenenti ad ognuna di queste caste sono denominati Sheikh. Chiunque si ritrovi attribuito ad una di queste cinque discendenze ha l'espresso divieto di contrarre matrimonio in seno alla propria stessa casta, ma deve per forza unirsi ad un altro Yezida di una casta diversa.


Vescovi - Il compito degli Sheikh è quello di amministrare un certo numero di famiglie in un certo distretto, allo stesso modo in cui i vescovi hanno in cura le diocesi, ed anche esortare i parrocchiani a comportarsi in modo conforme, in particolare insistendo sulla necessità che nessuno Yezida insidi sessualmente le mogli e le figlie dei capi spirituali, e che nessuno Yezida si congiunga carnalmente con persone di diverse etnie o religioni.

Preti - Dopo gli Sheikh vengono i Pir: questa parola è persiana e significa Anziani e rispondono direttamente agli Sheikh, esattamente come i preti rispondono ai vescovi. Svolgono le stesse mansioni degli Sheikh, ma subordinati a questi ultimi. Cosa curiosa, questo preciso ruolo e la stessa posizione gerarchica nell'Islam è detta Sheikh.

Monaci – Inferiori in grado rispetto ai Pir, i Faqir sono l'equivalente dei frati.  Faqir è una parola araba che significa 'asceta' o 'povero', e infatti gli appartenenti a questo ordine monastico vivono in modo frugale. Il capo di tutti i Faqir è il Kak: egli vive nella casa che si dice che fu di Yazid, e in certe feste solenni ha la precedenza su tutti gli altri capi Yezidi, sia religiosi che politici.
Al momento di prendere i voti, i Faqir sono tenuti ad un periodo di clausura e digiuni particolarmente severo, al termine del quale ricevono una veste bianca e nera che si dice sia alla guisa di come andava vestito Adi. Per tutta la vita devono aver cura di non sedersi mai sopra la veste, poiché essa è considerata sacra.

Suore – Le monache sono dette Faqirayah, e la loro madre superiora è detta Kabana. La Kabana, tuttavia, non gode della stessa importanza del Kak.

Diaconi - Dopo i Faqir vengono i qawwal: essi sono cantori e hanno il compito di portare gli emblemi del pavone. Non fanno parte di alcun ordine sacerdotale, in un certo senso potrebbero essere assimilati ai diaconi.

Sagrestani - Inferiori ai Qawwal seppure ordinati, i Sawis sono i 'sagrestani' del tempio: vivono in celibato e vestono solo di bianco, non possono lasciare il tempio e la loro unica fonte di sostentamento sono le elemosine. Al santuario di Adi risiede un solo Sawis, che è detto Farras.

Parrocchiani volontari - Gli ultimi della gerarchia sono i Kocaq: essi sono volontari non appartenenti ad alcun ordine monastico o sacerdotale, prestano manodopera attiva per i lavori nei santuari per periodi limitati di tempo, e non ricevono alcun compenso.

Sopra tutti gli ordini sacerdotali sta lo Sheikh Nasir, che ha caratteri di infallibilità simili a quelli che la chiesa attribuisce al Papa. Tuttavia non è il Nasir la massima autorità, ma l'Emiro, detto Amir Al Hagg che significa 'il principe del pellegrinaggio'. L'Emiro ha sia autorità spirituale che politica, e ha poteri illimitati: gli Yezidi considerano sacra la sua intera persona e qualsiasi oggetto in suo possesso, al punto che neppure i suoi abiti possono essere toccati da qualcuno che sia meno di un Kocaq, né l'acqua in cui sono stati lavati può essere versata nelle fognature.

 

IL CENTRO DEL CULTO:

Il principale e più importante santuario Yezida si trova nella valle di Lalish, incastonato ai piedi delle montagne. La struttura è composta di svariate sale e cortili: la prima corte è situata prima dell'unica porta d'ingresso e presenta una grande vasca incastonata nel pavimento, che è costantemente alimentata dallo scorrere naturale di un ruscello e serve ai fedeli per eseguire le abluzioni  purificatorie. La facciata è stata ricostruita e restaurata più volte, al giorno d'oggi si presenta decorata con innumerevoli figure piuttosto casuali, tra cui anche anelli, mani, bastoni crociati, bestie, mani e pugnali: gli Yezidi dicono che queste figure non hanno significato religioso, ma che sono prevalentemente frutto della fantasia degli scalpellini che vollero in qualche modo firmare il proprio lavoro, o fissare nei secoli dei segni che rimandassero a chi aveva contribuito economicamente ai lavori. L'unica figura che tra tutte si trova sulla facciata per una ragione legata alla religione è un serpente, scolpito in verticale al lato della porta d'ingresso e dipinto di nero per farlo meglio risaltare, e tre iscrizioni in lingua araba che recitano rispettivamente:


-Il sultano Yazīd, la misericordia di Dio sia sopra di lui
-ŠeyḫʽĀdī, la misericordia di Dio sia sopra di lui
-Hāği ibn Ismāʽīl, la benedizione è inscritta sulla sua porta, perciò entravi in pace


Dalla porta d'ingresso si accede al corpo principale del tempio, che è una sala rettangolare divisa in due navate da un colonnato, e illuminata da una fila di nicchie situate sulla parete a sud. Situate nella navata a sinistra dell'ingresso vi sono due tombe. Dalle navate si raggiungono tre porte, che conducono in tre locali diversi: uno è un semplice magazzino, un altro è un'ulteriore sala rettangolare, più piccola della principale ma sempre divisa in due navate, e il terzo è il sancta sanctorum. Quest'ultimo appare buio e disadorno, quasi completamente vuoto ad eccezione della tomba dello Sheikh Adi Ibn Mustafa, sempre ricoperta da un panneggio rosso.
Abbiamo dunque tre iscrizioni e tre tombe, una delle quali è senz'altro di Adi. Ci sono forti probabilità che le prime due tombe presenti all'ingresso siano dunque attribuite allo Yezid di cui parlavamo sopra (il primo fondatore Yazid Ibn Unaysah a cui è attribuita la stesura della Jilwah), e all'Ismail responsabile dell'eresia islamica dell'ottavo secolo (Ismail Abi Jafar). Nella camera adiacente al sancta sanctorum vi è un'altra fonte, detta fonte Zemzem, anch'essa alimentata da una ulteriore sorgente naturale, che gli Yezidi credono sia stata fatta sgorgare da Adi, e che ha un valore analogo ad una sorta di fonte battesimale. Gli storici Bachinann, Luke e Furlani ravvisano nella forma, nel posizionamento e nelle peculiarità di questo tempio gli stessi elementi e gli stessi schemi ricorrenti nelle chiese cristiane nestoriane (comunemente edificate in quell'area nel periodo tra il 381 e il 451, sotto il vescovo Nestorio di Costantinopoli), che invariabilmente venivano costruite sopra le fondamenta dei templi pagani distrutti.


PICCOLI TEMPLI E LUOGHI DI CULTO MINORI:

Generalmente semplici e poco illuminati, hanno spesso porte basse, che costringono ad abbassare il capo per poter essere varcate: gli Yezidi pensano infatti che l'umiltà sia un valore che va ricordato, e dimostrato con gesti di sottomissione. E' frequente la presenza di raffigurazioni del cielo sui soffitti: questo elemento è ricorrente nello Zoroastrismo e così com'era si è tramandato nello Yazidismo.

 

SACRIFICI:

Ogni anno a Lalish, per la festa di Sheikh Adi, tutti gli Yezidi che hanno modo di recarsi alla valle sacra si radunano, si lavano, si purificano, rendono omaggio agli esponenti del loro clero e poi si accampano divisi per tribù. Poi ogni tribù sacrifica una pecora: uno la sgozza, e tutti i presenti attorno si protendono e ne lacerano la carcassa con le mani. Non lontano dal santuario di Lalish sorge il tempio di Sheih Samms Ad Din, molto più piccolo, ma sormontato da una spira sopraelevata, sulla quale vengono fatti camminare i buoi bianchi destinati al sacrificio. Questo accade durante le feste solenni. Le vittime sacrificali vengono sgozzate. Anche durante la grande festa di Sheih Samms Ad Din si sgozzano pecore: sette per Melekh Ta'us, e una per Melekh Isa. Melekh Isa è Gesù Cristo.


PROFETI E SANTI:

Gli Yezidi riconoscono l'esistenza di un numero abnorme di profeti: dicono che ne esistano ben centoventiquattromila. Il primo profeta è Adamo, altri stimatissimi profeti sono Maometto e Gesù Cristo, che chiamano ''luce di dio'' oppure Melekh Isa, che significa 'grande angelo'. Hanno anche un buon numero di santi, intesi allo stesso modo in cui si intende la parola santo nel cristianesimo: il profeta e fondatore Adi è il loro santo più importante. Un altro santo molto gettonato soprattutto tra gli Yezidi Armeni è San Sergio, che loro chiamano Hudur Nabi.


LA FESTA DI CAPODANNO E I DEFUNTI:

Gli Yezidi festeggiano il capodanno (sarsal) nel mese di Nisan: questa è una chiara influenza ebraica. Nel calendario ebraico il mese di Nisan, che cade tra marzo e aprile, corrisponde infatti al capodanno religioso. Gli Yezidi celebrano il Sarsal nel primo mercoledì di Nisan (come gli ebrei) tranne che negli anni in cui quel giorno sia un venerdì nel calendario mussulmano: in questo caso traslano la festa al mercoledì della settimana successiva. Tutti loro in questa occasione comprano carne, oppure sgozzano agnelli o galline, ne benedicono le carni e le portano in offerta ai morti.  Dopo che i morti hanno avuto agio di usufruirne, essi passano a ritirarle e le donano ai poveri.  Presso gli Assiri e i Babilonesi il capodanno, detto Zagmuk, coincideva con il giorno dell'anno in cui il Re distribuiva, revocava o confermava l'amministrazione dei vari distretti ai Governatori. Questo elemento è l'unico retaggio assiro-babilonese che si sia trasmesso agli Yezidi, che nella ricorrenza del Sarsal celebrano la stessa dinamica di distribuzione dell'amministrazione dei distretti terresti, attribuendola però a dio: essi sono fermamente convinti che una volta l'anno, dio assegni il comando del mondo ad un suo sottoposto, il  quale potrebbe decidere di inviare castighi e pestilenze qualora trovasse gli umani carenti di bontà e di virtù, nonché scatenare la furia delle schiere dell'oltretomba contro i viventi. Per questa ragione nel Sarsal hanno cura di benedire e di blandire i defunti, e di compiere atti di carità verso i poveri.


BATTESIMO:

Il pedobattesimo è pratica ormai consolidata. Preferibilmente immergono i loro bambini nella fonte Zemzem, al santuario di Lalish, recitando la frase: sei diventato una pecora di Yazid, del capo della setta, o Yazid!


ESTREMA UNZIONE:

Come nel cristianesimo, anche presso gli Yezidi è in vigore l'usanza di ungere il viso o la bocca dei malati gravi e dei moribondi, solo che qui non si adopera olio, ma il fango proveniente dalla valle sacra di Sheikh Adi: per questo uso, nella prima corte del santuario di Lalish è conservata una scorta di pallette d'argilla che si dice siano state scavate dalla tomba di Adi.


MATRIMONIO:

Strettamente endogamici, non si congiungono con persone non Yezide. Per quanto siano notoriamente pacifici, pare che nel caso che una delle loro donne si ribelli a questo per unirsi ad uno straniero, la pena sia la lapidazione. Generalmente monogami, ammettono però la poligamia dei propri capi religiosi. Per la celebrazione delle nozze gli Yezidi si avvalgono senza problemi delle chiese cristiane, rendono omaggio ai sacerdoti baciando loro le mani e partecipano attivamente alla liturgia.


EUCARISTIA:

Gli Yezidi hanno un grande rispetto per il Cristo: sostengono che egli era un grande angelo capace di assumere forma umana, e che alla fine dei tempi tornerà sulla terra assieme al loro dio. Negano la crocifissione ma tengono in conto il segno della croce, in quanto lo ritengono un buon incantesimo. Quando presenziano a cerimonie cristiane ricevono l'eucaristia con molta devozione, e assumendola nelle due specie fanno molta attenzione a bere tutto, avendo cura di non disperderne neanche una gocciolina. Alcune comunità Yezide hanno sviluppato una loro liturgia eucaristica: nel villaggio di Haltar, ad esempio, ogni mattina usano celebrare un pasto comunitario, durante il quale il sacerdote innalza una coppa di vino davanti ad un'assemblea. A quel punto uno dei fedeli domanda: Che cosa è questo? E il sacerdote risponde: è la coppa di Gesù, qui riposa Gesù.  Dopodiché la coppa fa il giro dell'assemblea e tutti bevono un piccolo sorso. Esiste almeno un'altra versione dello stesso rituale comunitario, non largamente diffusa ma senz'altro documentata, che prevede che si beva da una rappresentazione del Pavone opportunamente costruita per essere cava all'interno e dotata di due fori, uno sulla schiena e uno sul becco, così da consentire che il manufatto sia riempito d'acqua: tutti i presenti cantano, mentre l'officiante bacia il simulacro alla base e poi in altri punti fino a giungere al becco, da cui beve; dopodiché tutti i presenti in assemblea si alzano e vanno a bere allo stesso modo. Questa cerimonia pare riunire gli elementi eucaristici con quelli della tradizionale devozione al sangaq (quello strano stendardo metallico a metà tra un ostensorio e un pavone, che non sembra un pavone ma che somiglia tanto ad un gallo).

 

TESTI SACRI:

I testi sacri degli Yezidi sono due, il Libro Nero e il Libro della Rivelazione. Il Libro Nero corrisponde al loro antico testamento, e contiene la storia della creazione (narrata in due punti diversi dell'opera, in due versioni diverse), la storia di Adi, la storia di Adamo e tutti gli interdetti a cui devono attenersi gli Yezidi. Il Libro della Rivelazione corrisponde al loro nuovo testamento, ed è composto di una introduzione, dove si puntualizza che il Dio menzionato nel libro è il Pavone, e di cinque brevi capitoli enunciati come un monologo in prima persona: questo testo è l'Al Jilwah. Leggendo l'Al Jilwah, la prima cosa che salta all'occhio è l'evidentissima contraddizione tra ciò che gli Yezidi sostengono strenuamente riguardo l'unica natura divina dell'unico dio (e la non-divinità dei Melekh), e l'affermazione di essere l'unico dio che qui è attribuita a Melekh Ta'Us. Proseguendo, si ravvisa in più punti una ferma dissociazione da mussulmani, ebrei e cristiani (apertamente citati e tra l'altro definiti 'coloro che non sanno' oppure, nelle versioni più letterali, 'coloro che sono senza') nonostante sia un fatto oggettivo che gli Yezidi, come abbiamo visto ampiamente, non si facciano scrupolo a celebrare la loro religione in un caos sincretico che abbraccia vistosamente tutti i monoteismi yahwehiani. Infine ,un Satanista Risvegliato non potrà non notare che in questo testo vi sono molti punti effettivamente riconducibili a Verità Sataniche, e moltissimi altri notevolmente incrostati di evidente monoteismo. Di seguito, ecco il testo che oggi è giunto fino a noi come Al Jilwah:



Capitolo I

Ero, e sono adesso, e non avrò fine. Esercito dominio su tutte le creature e gli affari di tutti quelli che sono sotto la protezione della mia immagine. Sono sempre presente per aiutare tutti coloro che credono in me e mi chiamano nel momento del bisogno. Non c’è un posto nell’universo che non conosca la mia presenza. Partecipo in tutte le cose che coloro che non sanno definiscono malvagie, solo perché la loro natura non è come essi l’approvano. Ogni età ha il suo capo, che dirige le cose secondo i miei voleri. Questo compito è modificabile di generazione in generazione, così che il governatore di questo mondo ed i suoi capi possano scaricare il peso dei loro rispettivi doveri, ognuno al proprio turno. Permetto a tutti di seguire la loro natura, ma coloro che si opporranno a me, se ne pentiranno amaramente. Nessun dio ha diritto di interferire con i miei affari, ed ho stabilito una regola imperativa affinché chiunque debba evitare di adorare altri dei. Tutti i libri di coloro che non sanno sono stati alterati da loro stessi; e loro lo hanno negato, in quanto furono scritti dai profeti e dagli apostoli. Che ci siano varie interpretazioni è evidente nel fatto che ogni setta cerca di provare che gli altri si sbagliano, e distruggere i loro libri. Conosco verità e falsità. Quando giunge la tentazione, io fornisco i miei collaboratori a colui che crede in me. Inoltre, do consiglio ai direttori che io ho nominato per periodi di tempo a me conosciuti. Ricordo gli affari necessari e li eseguo per tempo. Insegno e guido coloro che seguono le mie istruzioni. Se qualcuno si conforma ai miei comandamenti, avrà gioia, piacere e conforto.

Capitolo II

Io ricompenso i discendenti di Adamo con varie ricompense che solamente io conosco. Inoltre, il potere ed il dominio di tutto ciò che è in terra, sia esso sopra o sotto di essa, è nelle mie mani. Non permetto associazioni amichevoli con altre persone, ma non privo coloro che sono miei e mi obbediscono di nessuna cosa che sia buona per loro. Io metto i miei affari nelle mani di coloro che ho potuto testare e che sono d’accordo con i miei desideri. Appaio in diverse maniere a coloro che sono fedeli e sotto il mio comando. Io do e tolgo; arricchisco e impoverisco; causo sia felicità che miseria. Faccio tutto questo secondo le caratteristiche di ogni epoca. E nessuno ha il diritto di interferire con la mia gestione delle cose. Coloro che si opporranno a me saranno afflitti da malattie; ma i miei non moriranno come i figli di Adamo – coloro che non sanno. Nessuno vivrà in questo mondo più a lungo di quanto io ho stabilito; e se lo desidero, invierò una persona una seconda o terza volta in questo mondo, o in qualche altro mondo, attraverso la trasmigrazione delle anime.

Capitolo III

Io porto alla retta via, senza un libro rivelato; dirigo i miei amati e prescelti in maniere non evidenti. Tutti i miei insegnamenti sono facilmente applicabili a tutti i tempi e tutte le condizioni. Punirò in un altro mondo chi contrasterà la mia volontà.Oggi i figli di Adamo non sanno quale stato di cose stia per arrivare. Per questa ragione, cadono in molti errori. Le bestie della terra, gli uccelli del cielo e i pesci del mare sono tutti sotto il controllo delle mie mani. Conosco i tesori e le cose nascoste; e secondo come io lo desideri, posso prenderli da qualcuno e riporli in un altro. Rivelo i miei pensieri a coloro che li cercano, ed al momento giusto i miei miracoli a coloro che li riceveranno da me. Ma coloro che non sanno sono miei avversari, poiché si oppongono a me. Né immaginano che una tale condotta va contro i loro interessi, poiché volontà, salute e ricchezza sono nelle mie mani, ed io le distribuisco su ogni discendente di Adamo in terra per cui ne valga la pena. Questo perché i governi del mondo, il ricambio generazionale, ed il cambio dei loro direttori sono stabiliti da me sin dall’inizio.

Capitolo IV

Non darò i miei diritti ad altri dei. Ho permesso la creazione di quattro sostanze, quattro tempi e quattro angoli, perché queste sono cose necessarie per le creature. Il libro degli Ebrei, Cristiani e Musulmani, cioè di coloro che non sanno, viene accettato solo in un senso, ossia finché loro sono d’accordo e si conformano alle mie leggi. Qualunque cosa sia contraria ad esse, essi la hanno alterata; non accettarla. Tre cose sono contro di me ed io odio tre cose. Ma coloro che manterranno i miei segreti riceveranno appieno le mie promesse. Coloro che soffriranno per mia mano, verranno certamente ricompensati in uno dei mondi. Desidero che i miei seguaci siano uniti, perché coloro che non sanno non prevalgano su di loro. Ora, adesso, tutti coloro che avranno seguito i miei comandamenti ed i miei insegnamenti, rifiutino tutti gli insegnamenti e le parole di coloro che non sanno. Non ho insegnato io queste cose, né provengono da me. Non menzionare il mio nome né le mie caratteristiche, in caso potessi pentirtene; poiché non sappiamo cosa potrebbero fare coloro che non sanno.

Capitolo V

Voi che credete in me, onorate il mio simbolo e la mia immagine, perché vi ricorderanno di me. Osservate le mie leggi e le mie regole. Obbedite ai miei servitori ed ascoltate qualunque cosa che possano dirvi al riguardo delle cose nascoste. Ricevete ciò che viene detto, e non riportatelo a coloro che non sanno, Ebrei, Cristiani, Musulmani ed altri; questo perché loro non conoscono la natura dei miei insegnamenti. Non date loro i vostri libri, potrebbero alterarli senza che voi lo sappiate. Imparate con il cuore la maggior parte di essi, in caso vengano alterati.

 

Giunti a questo punto sarebbe opportuna un'accurata esegesi del testo, che però non eseguirò, perché disponiamo già dell'analisi eseguita magistralmente da Mandy Lord: vi invito a dare un'occhiata alla Lettura Guidata dell'Al Jilwah. Non possiamo sapere con certezza se tra le righe dell'Al Jilwah traspaia effettivamente un messaggio reale, diretto e intenzionale da parte di Satana: forse il messaggio ci appare a tratti Satanico solo perché noi sappiamo, dunque ravvisiamo elementi del nostro Dio nella descrizione generica del divino? O il Dio potrebbe aver ispirato qualcuno a inserire alcune Verità in seno ad un testo che avrebbe dovuto avere altra destinazione? Oppure, ancora più logicamente, questo Al Jilwah potrebbe essere quello che resta di un testo ancora più antico, effettivamente e realmente Satanico, che sia stato ereditato frammentariamente, e contestualmente adattato e distorto da chi lo ha ereditato? Senz'altro concordo con Mandy quando afferma:

 

''...è come se il destino avesse sconfitto fin dove serviva, le possibili alterazioni a cui sarebbe andato incontro. Contiene delle “tracce” che anche personalmente riconosco nella loro generica forma rivelatrice. Solo quelle tracce infatti, possono essere attribuite alle parole del vero Satana [...]Che si legga quindi il testo in questione con mente adeguata e in modo quasi formale, pensando semplicemente che una delle molteplici forme di Satana e delle sue parole nel tempo e nello spazio, sono passate anche per un popolo chiamato Yezidi.''


Indubbiamente, analizzando Al Jilwah e Resh alla luce di quanto appreso finora, si ha la netta impressione che solo Resh sia un testo puramente Yezida, e che Al Jilwah sia invece una sorta di acquisizione debitamente riscritta, che ancora conserva tracce del precedente contesto in cui sia stato prodotto. A questo proposito, quello che intendo fare qui è analizzare esternamente l'opera Al Jilwah sulla base dei dati raccolti dagli storici:  entrambi i testi sacri Yezidi presentano una versione araba e una versione curda; il libro della Rivelazione (Kitab Al Jilwah) viene fatto risalire al 1162 e il Libro Nero (Mashaf-i Resh) al 1343 dell'era volgare. La prima versione inglese dell'Al Jilwah basata su traduzione della versione araba, è comparsa nel mondo occidentale nel 1895, a cura di O.H Party all'interno della sua opera Six Months in a Syran Monastery, e poi successivamente il testo arabo integrale, corredato di versione inglese a cura di Isya Joseph è stato pubblicato sull' American Journal of Semitic Languages and Literatures: il testo di cui disponiamo oggi e che appare riportato sui vari siti e portali è fedelmente ancora questo stesso che fu pubblicato da questi studiosi. Al Jilwah è stato tradotto, pubblicato e analizzato più volte nel corso degli anni: estremamente significativo il lavoro di M. Bittner che, a inizio novecento, propose un'edizione scientifica per l'Accademia di Vienna, comparando la versione araba e quella curda ed eseguendo un'analisi accurata degli elementi linguistici: dall'analisi del Bittner emerge che la lingua curda dei testi sacri non è il curdo attuale, ma un dialetto curdo medievale, pesantemente influenzato da elementi linguistici arabi. Questo dettaglio, unito ad alcuni elementi narrativi presenti nel testo che non possono essere ricondotti ad altro che alla parte araba delle origini Yezide, fanno ragionevolmente presupporre che sia esistita una stesura precedente a quella ufficiale, in lingua araba, che non è la versione araba attuale – la quale è invece semplicemente una versione dal curdo
Questa analisi apre la possibilità che l'attuale Al Jilwah non sia affatto la stesura originale, e che in un passato molto remoto sia esistita una prima stesura che non è questa di cui disponiamo oggi
Riprendendo il lavoro del Bittner, G. Furlani analizza a sua volta gli elementi linguistici, riconfermando l'ipotesi:


''La lingua del testo curdo è un buono e antico dialetto curdo che presenta strette affinità colla lingua della tribù curda dei Mukrī. Esso non è più parlato neppure dai Yezidi stessi e perciò il testo dei due libri presenta grande interesse anche per il filologo studioso dei dialetti del Kurdistān. Questi testi sono scritti in un alfabeto del tutto particolare, che fino alla loro scoperta (copie di essi furono fatte da un Yezido fedifrago per il p. Anastase) era affatto sconosciuto, ma che sembra esser stato in uso per scrivere qualche dialetto curdo della regione. Al giorno d’oggi la scrittura è da riguardare come crittica. L’inventore di questo alfabeto ha preso per modello l’alfabeto arabo–persiano. Da varie peculiarità dell’ortografia delle parole risulta in modo indubbio che il testo fu scritto prima con lettere arabo–persiane e che soltanto più tardi fu traslitterato in questa nuova scrittura crittica.''


Se andiamo a verificare quale sia l'esatta posizione geografica dei Mukri, li troviamo inequivocabilmente collocati nella zona che coincide con il nucleo primitivo dell'antica Persia, e i dati storici ci mostrano come già tra il 224 e il 651 dell'era volgare, la Persia Sasanide si fosse estesa ed espansa in seno alla penisola arabica. Nella cartina sotto possiamo vedere l'espansione Sasanide, cerchiata in rosso è evidenziata l'area dei Mukri. CARTINA 3

L'anno dell'egira islamica è il 622 dell'era volgare, l'espansione militare dell'Islam inizia solo a partire dal 632, sotto il califfo Abu Bakr, e per diverso tempo restano ancora presenti molte 'sacche' di paganesimo incontaminato in seno alle zone più isolate ed impervie della penisola Araba: appare dunque non solo tecnicamente possibile, ma estremamente probabile che i Mukri possano essere venuti in contatto con elementi originariamente Arabi. Riguardo le trascrizioni in curdo medievale, il Furlani afferma:


'' Nel caso presente siamo d’avviso che la circostanza che il dialetto curdo in cui sono redatti i due libri è un dialetto antico, conservante forme risalenti al medioevo, le quali si possono spiegare soltanto confrontandole con altre forme affini dei dialetti odierni, e d’altro canto la considerazione che nessun indigeno o Orientale sarebbe in grado di scrivere un testo in questo dialetto, per la cui comprensione è necessario lo studio intenso di libri orientalistica europei, del tutto inaccessibili a un Orientale non istruito, dimostra in modo superiore ad ogni dubbio che i testi non possono esser stati tradotti in curdo nel secolo passato. Essi sono dunque più antichi. Che risalgono però proprio al tempo cui i Yezidi vorrebbero farli risalire credo di poter escludere senz’altro.''


Alla luce di tutto questo ci troviamo dunque  di fronte ad un testo (anzi, due testi) la cui versione attuale deriva da una stesura posteriore al 1162 e.v, la quale abbiamo buona ragione di ipotizzare sia un rimaneggiamento di una versione precedente e molto più antica, vergata in arabo arcaico. Se la ricostruzione è corretta, si potrebbe dunque prendere in considerazione l’eventualità  che l'Al Jilwah originale sia giunto in Persia dalla penisola Araba, ivi riscritto e tradotto in dialetto Mukri, e poi successivamente in Curdo e infine, dal Curdo, in Arabo moderno. E ha tremendamente senso. Perché nella penisola Araba, prima dell'Islam c'era il Culto degli Dei, c'erano Allat, Al-Uzza e Manat , le tre sublimi Gru che ci mostrano ancora una volta la formidabile evidenza dell'Origine comune, descritta in una Madre triplice, potente, guerriera e giusta, e c'erano i Grandi Dei che camminavano insieme agli uomini.
Non mi stupirei se la parte di Verità Satanica che vediamo ancora oggi risplendere tra le parole dell'Al Jilwah provenisse da questo tempo, da questi luoghi, e fosse sopravvissuta frammentandosi tra le pagine della  Storia Yezida.

 

 IL PAVONE DI SATANA:

Lo ammetto, io mi ero affezionata al Pavone, e prima di approfondire tutto questo ero davvero convinta che in seno a questa cultura avrei visto risplendere il Dio. Ad un certo punto mi sono dovuta rassegnare, e prendere atto che di fatto questo Melekh Ta'Us di Satanico ha solo la valenza affettiva e romantica di una leggenda, al pari della figura del Lucifero nella fantasia popolare: non nego che inizialmente mi sono sentita molto delusa. Poi però mi sono soffermata un attimo a chiedermi come mai tanti di noi percepiscono istintivamente Satanica l'immagine del Pavone, e a quel punto è stato sufficiente anche solo iniziare a cercare per rendermi subito conto che il motivo è assai semplice: effettivamente, il Pavone è davvero Satanico. Il colore dominante del suo piumaggio, l'iridescenza che lo pervade, la ciclicità delle sue mute e la moltitudine di occhi, che come stelle punteggiano l'arco della sua ruota, già basterebbero a giustificare la sua bellezza Satanica, come se in un certo senso la sua immagine collegasse, alla maniera di un Sigillo ancestrale, elementi dell'Origine presenti in ogni parte del Mondo: e all'improvviso non appare più così strano accettare di annoverare tra le immagini del Dio anche questo archetipo che è un altro modo per dire Lucifero. Di fronte al Pavone per un istante abbandono l'analisi razionale, smetto di riordinare le cause e gli effetti, e semplicemente contemplo Satana oltre il tempo e lo spazio, il Serpente Piumato che si mostra in magnificenza, tracciando vie oblique che prescindono dalle leggi del dogma, dispiegando l'Iridescenza oltre ogni confine che il pensiero umano possa tracciare. E da qui riparto seguendo il Pavone, ovunque mi voglia portare.

 

IL PAVONE NELL'INDUISMO

Saraswati, Colei che Scorre, e anche Colei che è Ricca d'Acqua, appare nei Rig-Veda come un fiume le cui acque hanno il potere di creare. Nei Vedanta è descritta come Shakti di Brahma, e descritta come figlia e allo stesso tempo consorte del Creatore. Dea dell'arte, della scienza, della parola e dell'eloquenza, si dice che abbia creato lei stessa la lingua Sanscrita. Ancora più di questo, Saraswati  è la Dea della Conoscenza e della Saggezza: come paredra di Brahma, Ella personifica l'inestimabile Conoscenza Divina. Saraswati è frequentemente raffigurata nell'atto di cavalcare un magnifico e gigantesco Pavone.

Indra è il signore della Folgore, della Magia e delle Tempeste. Egli è uno dei più grandi Deva del Sanatanadharma, in molti inni dedicati a Lui nei Rig Veda è nominato come il più grande tra tutti gli Dei. Egli è un grande incantatore ed un grande guerriero, porta con sé una formidabile potenza distruttiva unita ad una sconfinata saggezza. Combatte con valore e coraggio, conducendo un carro trainato da due cavalli mentre brandisce una Vajra a simboleggiare la potenza del fulmine. Indra ha un suo uguale e contrario, il serpente Vrtra che in principio conteneva l'intero universo: è Vrtra stesso che chiede a Indra di prevalere, distruggendo la fortezza inespugnabile che la sua stretta costituisce. Così Indra sceglie di spezzare la stasi e fendere l'oscurità, permettendo ad ogni cosa di fuoriuscire, il Sole, la Luna, l'Acqua e le Vacche, e Usas, che è il nome dell'Aurora, e tutte le stelle del cielo. Indra è raffigurato abitualmente in forma umana ed è descritto come particolarmente alto, chiaro di capelli e di barba e con un turbante sopra la testa; frequentemente è rappresentato nell'atto di cavalcare un elefante bianco. Alcuni sostengono che Egli possa manifestarsi in forma animale, e in questo caso la forma che assume è quella di un meraviglioso Pavone.

Skanda, conosciuto altrimenti come Karttikeya, è una Divinità molto antica dei Veda. Figlio di Shiva e Parvati e fratello di Ganesha, è un Dio della Guerra votato al bene e alla giustizia. Sempre descritto come molto avvenente e per sempre giovane, talvolta viene rappresentato con sei teste, a simboleggiare la sua capacità di vedere in tutte le direzioni. Spesso è raffigurato nell'atto di cavalcare un Pavone. In mano regge uno stendardo che presenta l'emblema di un gallo, e a tal proposito vi è una strana leggenda: alcuni narrano che la sua cavalcatura-pavone sia stata un essere demoniaco di nome Surapadma, contro la quale Skanda combatté. Surapadma, vinto da Skanda si pentì prima di essere ucciso e si tramutò in albero. Skanda divise dunque l'albero in due metà, da una delle quali trasse il Pavone che diventò il suo destriero, e dall'altra trasse Krichi, l'essere angelico che ha l'aspetto di un Gallo, e oggi appare raffigurato sul suo stendardo. La presenza di concetti come angelico\demoniaco fa presupporre che la leggenda non sia antica quanto Skanda stesso, tuttavia mostra una possibile liaison tra questa divinità e le forme più antiche di Zoroastrismo. Al momento non mi è possibile determinare se la leggenda sia nata attorno a Skanda dopo l'inizio dello Zoroastrismo, o se sia la leggenda stessa ad esserne stata un immediato precursore, tuttavia è innegabile che si tratti di un elemento da non trascurare, in sede di approfondimento mirato alla genesi e all'evoluzione delle religioni iraniche.

Visnu è il Signore dei Mondi, di Lui si parla nei Veda già da millecinquecento anni prima dell'era volgare. Egli ha il potere di distruggere, eppure protegge il mondo terreno e tutta l'intera realtà del Dharma. Viene raffigurato con la pelle blu, perché la sua natura è eterea e celestiale, e con quattro braccia, in ciascuna delle quali regge uno dei suoi quattro simboli: il Disco, che simboleggia il Sole, la Mazza, che è la sua arma, la Conchiglia, soffiando nella quale Egli crea il suono che disperde gli spiriti malevoli, e il Loto, che indica il rango di Divinità Solare. Visnu ha moltissimi appellativi e moltissimi avatar: il suo ottavo avatar è Krishna, e in questa Manifestazione Egli cavalca una Vacca Bianca. Sul capo ha una corona ornata di piume di pavone, e un Pavone è raffigurato al suo fianco a simboleggiare l'Immortalità.

DAL PANTHEON ASSIRO AI GRIMORI:

Gli Assiro-Babilonesi conoscevano e onoravano una Divinità chiamata Adrammelech. Egli è lo stesso Adrammelech che alcuni Satanisti conoscono, che come tutte le Divinità onorate dagli Avi è stato poi aspramente calunniato dai Monoteisti. L'origine del suo Nome potrebbe essere da ricercarsi nelle parole Addir-Melek (che significano letteralmente Maestoso Re), oppure potrebbe derivare da Adad-Melek, che significa Hadad è il Re. Hadad è una Divinità conosciuta in tutta l'area mesopotamica, insignito del titolo di Ba'al (Signore) e Aliyan (Supremo) dagli Aramei, dai Siri, dagli Ugariti e dai Sumeri. Egli è il figlio di Enlil, ed è capace di scatenare tempeste e comandare fulmini e tuoni, ma anche incline a donare dolci piogge portatrici di raccolti abbondanti. Oggi di Lui si sa purtroppo assai poco. La calunnia talmudica è filtrata in alcuni grimori generando immagini molto più che distorte: c'è una menzione di Lui nel Dictionnaire Infernal, che di certo non gli rende onore e che preferirei non citare affatto. Tuttavia, nonostante questo dettaglio appaia solo e soltanto nel Dictionnarie Infernel, e non ve ne sia traccia nelle informazioni giunte fino a noi dagli antichi culti, non posso esimermi dal riportare che in questo grimorio si attribuisce al Dio Adrammelech l'aspetto del Pavone. Adrammelech non è l'unico Dio ad essere associato al Pavone nei grimori: per quanto io detesti profondamente questi testi, è doveroso completare l'analisi e osservare come nella Clavicula Salomonis, il Dio Andrealphus sia descritto con queste parole:


Il Sessantacinquesimo Spirito è Andrealphus. È un potente Marchese, che appare dapprima sotto forma di un Pavone, con grande clamore. Ma dopo un po' assume forma umana. Può insegnare perfettamente la geometria e ogni cosa relativa alle misurazioni o all'astronomia. Può trasformare un uomo nelle sembianze di un uccello. Non ho dati a mia disposizione per dire se sia vero o meno che il Dio Andrealphus possa apparire davvero in forma di Pavone. Oggi, dalla testimonianza di altri Satanisti Spirituali, sappiamo che Andrealphus ama le candele argentate, i fiori di loto, le rane, il nickel e l'argento, i suoi giorni di massimo splendore ricorrono tra il 9 e il 13 di Febbraio, ed è un grande scienziato ed un valente insegnante.


IL PAVONE NEI CULTI GRECO E ROMANO:


Hera, consorte di Zeus, figlia di Crono e di Rea, fu una delle Dee più amate nel Pantheon della Grecia antica: Ella proteggeva l'amore sponsale, la fedeltà coniugale e il parto. I suoi animali sacri erano la Vacca e il Pavone. Il Pavone era considerato rappresentazione dello splendore del cielo stellato, e il dispiegarsi della magnifica ruota veniva guardato con devozione, perché gli Antichi Greci vedevano in tanta bellezza il manifestarsi della Dea Hera. Definivano questo uccello 'il volto stesso di Hera', e dicevano che fu Hera stessa a disporre che fosse dato il nome del Pavone ad una costellazione.

Giunone, figlia di Opi e Saturno, presso gli Antichi Romani era protettrice del Matrimonio e del Parto. Assai simile a Hera, col procedere dei tempi fu  dichiaratamente sincretizzata con la Dea Greca, di conseguenza nominata sposa di Giove e venerata più di ogni altra Dea dell'intero Pantheon Romano. Giunone viene spesso rappresentata nell'atto di allattare e il suo patrocinio consiste prevalentemente nell'amorevole cura, non solo della madri e dei bimbi, ma anche di tutti gli animali. Tra tutti, l'animale che era più sacro alla Dea era proprio il Pavone. Gli Antichi Romani tenevano questo animale in gran conto, non solo perché era sacro a Giunone, ma anche perché ritenevano che i Pavoni avessero la facoltà di accompagnare le Anime da qui verso l'Oltre, in particolare le Anime delle Imperatrici


CONCLUSIONI

Qui termina questo lungo viaggio riassunto in poche parole, da Zoroastro a Visnu, da Lalish all'Antica Roma, sorvolando a volo radente l'impenetrabile struttura Yezida, svelandone i sincretismi e le contraddizioni, indicando le vie che mostrano i Veri Dei, e rivelando le eredità preziose degli Antenati delle Terre d'Arabia. A condurci nel viaggio è stato il Pavone, archetipo di Lucifero e cavalcatura di Saraswati, Colei che è Conoscenza e Saggezza. Qualsiasi cosa possano aver fatto o possano fare alla Verità coloro che sono senza, noi ritroveremo sempre la realtà di Satana, perché noi conosciamo la vera natura dei suoi insegnamenti.
Onore al Dio.

 

Kate Ecdysis

Anno MMXIX 

 

BREVE NOTA BIBLIOGRAFICA:

Riporto qui una breve lista di nomi e opere tramite cui coloro che lo desiderano (specialmente tutti quelli che faticano a distaccarsi dall'Al Jilwah come verità satanica assoluta) potranno personalmente verificare che non ho inventato niente.

G. Furlani, Gli Adoratori del Pavone

S. Giamil, Monte Singar. Storia di un popolo ignoto

G. Gabriele, Il nome proprio arabo musulmano

A. Mingana, Devil–worshippers: their beliefs and their sacred books

A. H. Layard, Nineveh and its remains: with an account of a visit to the Chaldaean Christians of Kurdistan

N. Siouffi, Notice sur le chéikh ‘Adi et la secte des Yézidis

J. W. Crowfoot, A Yezidi rite

M. Bittner, Die heiligen Bücher der Jeziden oder Teufelsanbeter (kurdisch und arabisch)

 

 

 

DALLA MISTICA PAGANA AL TITANISMO ROMANTICO

 

 

La nascita degli Dei e il Mito della successione

Esiodo nella Teogonia racconta il mito dell'universo e la storia degli dei immortali, non limitandosi alla raccolta e sistemazione di un insieme di tradizioni, ma attraverso il racconto descrive l'origine dei fenomeni, il presente e celebra l'ordine di Zeus. Discendente della stirpe di Urano "cielo" e Gaia "terra", ultimo figlio di Crono e Rea, è colui che regge l'equilibrio dell'universo. Dopo una lunga gestazione, conflitti e guerre intestine, il mondo degli dei e con esso quello degli uomini trova una sua stabilità grazie alla divinità regale in questione che accede al trono dopo aver dato provo della sua forza e autorità, diventando re su richiesta degli dei in una sorta di monarchia elettiva meritocratica. Il poema racconta dunque, muovendo lo sguardo verso il passato del mondo divino, l'eterno presente del regno di Zeus: il cosmo intero.

Tre sono le forze in potenza primordiale da cui trae origine l'universo intero: Chaos, Gaia e Eros. Chaos è l'Abisso informe e instabile, Gaia lo spazio stabile e definito, Eros il motore della generazione. Dal primo nacque Notte ed Erebo che diedero vita a Giorno e Etere introducendo lo spazio e il tempo. Dalla seconda per partenogenesi (riproduzione verginale) produsse Urano "il cielo" e Poto "il mare". Avendo generato Urano, il suo partner maschile, si ridetermina femminile e posti l'uno di fronte all'altro essi costituiscono la coppia primordiale da cui nacque la stirpe divina destinata a governare sul creato. tra i loro terribili figli vi sono i Ciclopi, gli Eccatonchiri e i Titani. Questi ultimi si sollevarono contro il padre Urano. tra di essi Crono "il dio dell'intelligenza ritorta" castrò il padre con il falcetto ricurvo (ankylometes, simbolo di una regalità imperfetta) succedendolo nella gerarchia come re. Unitosi con la sorella Rea, genera tre dee: Estia, Demetra e Era, e tre dei: Ade, Poseidone e Zeus (da Dieus o Padre del cielo). Per paura che i figli si rivoltassero come Crono aveva fatto con il genitore paterno, ingoia i nascituri ma Rea la madre, lo inganna facendoli ingoiare una pietra al posto di Zeus che una volta cresciuto libera i fratelli e le sorelle fagocitati facendo vomitare le divinità. Una lunga guerra cominciò allora tra Titani e Cronidi, Zeus e i suoi alleati sconfiggono gli antichi dei rinchiudendoli nella prigione del Tartaro , i reami sotto la terra, gli inferi. Al termine delle battaglie ricevette da Gaia l'incarico di governare il mondo, in qust'ultimo movimento del "mito della successione" nessun erede verrà a turbare l'ordine di Zeus,non perchè il re degli uomini e degli dei ebbe l'accortezza di ingoiare Mètis "l'intelligenza astuta", divinità possente da cui sarebbe nato il temuto successore; assimilatosi la mètis, e possedendo ormai la capacità di trasformare ogni situazione di svantaggio in vantaggio, Zeus si distingue dai suoi predecessori e diventa il successore di se stesso ponendo fine al ciclo regale, assicurando così la stabilità del cosmo e delle forze molteplici che vi operano.

 

Una Genealogia divina

Nell'inno omerico a Ermes, nella nascita del figlio di Zeus e Maia, si racconta l'origine del mondo, la genealogia divina di ripartizione degli onori, si rivela funzionale in quanto mette in evidenza le articolazioni interne al mondo degli dei e la logica distributiva che assegna a ciascuna divinità il posto che li compete nel pantheon; che non si fa espressione di un pensiero primitivo di origine politeista , ma si tratta in vece di un sofisticato strumento conoscitivo. La rappresentazione genealogica, struttura e designa le potenze che operano nel mondo attraverso parentele e modalità di nascita. Le divinità cosmiche manifestano l'eredità strale dei loro genitori se pur delimitati e precisi, come dalla coppia di Uranidi: Iperione e Theia, nascono Helios "sole "Selene "luna" e Eos "aurora"; idee all'origine dei fenomeni naturali ed essenza degli stessi.

 

Cosmogonia di Parmenide e Cosmogonia di Empedocle

Parmenide viene di solito presentato come un filosofo speculativo agli antipodi del naturalismo ionico, usava temi biologici, presenti anche nella cosmogonia ionica. Dall'idea generica della rotondità dei corpi celesti e della terra Parmenide poteva ricavare conseguenze sui confini variabili di luce e tenebre, intendendo queste ultime come le ombre che mutano con il mutare della posizione degli astri, più che un'immagine precisa della sfericità della terra, dei corpi celesti o dell'universo intero. Forse perfino la nascita del sole e della luna dalla Via Lattea non aveva il significato di una separazione materiale come intesero gli interpreti posteriori.

Può darsi che Parmenide intendesse il mondo astronomico essenzialmente come paesaggio, allo stesso modo dei milesi; ma forse in questo paesaggio introduceva l'idea di uno spostamento unico e ordinato del sole e degli astri che danno la luce, facendo della luce e delle tenebre non due princìpi in lotta, come i mortali pensano, ma due aspetti congiunti della stessa realtà, due aspetti complementari che variano continuamente i propri confini.

Empedocle introduce i due concetti di aggregazione e di disgregazione, in realtà dietro alle vicende di trasformazioni incessanti permangono costanti ed indistruttibili quelli che chiama "radici" e che poi saranno chiamati elementi (terra, acqua, aria e fuoco). Questa è una grande innovazione, il dominio di ciò che è, è molteplice. Gli oggetti che cadono sotto i nostri sensi non sono altro che mescolanze delle quattro radici secondo diverse proporzioni. Empedocle afferma che le radici siano suscettibili di movimento e per il fatto che esistano forze capaci di creare le aggregazioni a partire dalle 4 radici e le disgregazioni degli oggetti così costituiti. Il nascere ed il morire a rigore non esistono : sono solo aggregazioni e disgregazioni sono prerogative degli oggetti risultanti dalla mescolanza delle 4 radici ; essi sono dovuti all'azione di due forze che Empedocle, attingendo al linguaggio dei racconti mitici, chiama amore e odio. Queste due forze operano non solo sull'universo nella sua totalità , ma anche su ciascuna delle cose che popolano l'universo . Un aspetto fondamentale della loro azione è che essa avviene nel tempo e secondo gradi diversi. Quando l'azione dell'Amore prevale su quella dell'Odio si ha una situazione di pace, che Empedocle , sulla scia di Parmenide, concepisce come una sfera compatta e priva di scissioni al suo interno. Empedocle ci fornisce una sua cosmogonia, una spiegazione sull'origine del mondo.

L’antico mondo spirituale e le entità che sostenevano e nutrivano l’uomo, di era in era possono essere rappresentate come ciò che era il senso del “divino”, ciò per cui provava devozione e venerazione l’uomo di una determinata epoca. Il mondo degli Dei pagani, i molteplici Dei che troviamo in molte mitologie, altro non sono che entità divine che guidavano con la “legge della necessità o di destino”, il destino e le mosse umane. L’uomo percepiva realmente l’attività di tali esseri, angelici, demoniaci o elementari: li vedeva in sogno, e anche durante la veglia. L’attività più diretta si manifestava in individui particolari, coloro che venivano chiamati indovini, oracoli, streghe e maghi. Là dove si parla di azioni di maghi e stregoni, null’altro si deve intendere che attività che venivano sostenute, insegnate e dominate dalla volontà di spiriti (Dei) dell’antico mondo spirituale. Vi erano umani predestinati che conservavano particolari atavismi capaci di manifestare le intenzioni di tali entità. Tutta la storia esteriore umana, è stata tessuta in retroscena spirituali, tramite l’azione di maghi, iniziati che agivano nel mondo trasmettendo la volontà del mondo spirituale.

 

Il Paganesimo nel mondo moderno

Il "Paganesimo Moderno" è una macroreligione che raggruppa più religioni, alcune di queste sono a loro volta suddivise in tradizioni o sentieri. Una religione, una tradizione o un sentiero, può definire se stessa "pagana moderna" se è Politeista, ovvero considera l'esistenza di più entità divine, siano esse autonome ed indipendenti o manifestazioni di pluralismo teologico (divinità che variano nome o sesso o attributi nel tempo, con le stagioni, o che conservano più volti/identità a seconda delle occasioni o anche "localizzate" in luoghi o ambiti specifici); riconosce, fra altro, alla natura divina principi sia maschili che femminili, senza limitazioni teologiche; in generale non si riconduce tale politeismo in un "uno" che racchiude tutti, sebbene alcune correnti preferiscano pensare in modo generico ad una "Dea" ed un "Dio", potendosi definire de facto un duo teismo; è importante citare però anche qualche corrente che non esclude una riduzione ad Uno o ad un "panteismo ateistico". Se segue la Natura come Teofania, ovvero se considera la natura (comprendendo anche, ma non esclusivamente, l'essere umano e le sue capacità) come una teofania, una manifestazione del mondo divino, cioè non come oggetto passivamente "creato" dalle divinità, ma come parte delle divinità stessa, come attributo sostanziale delle divinità o addirittura parte fisica o sacra alle divinità: ovvero considera il mondo terreno come il principale e più importante teatro della vita, luogo dove si attua il fine massimo della spiritualità e del precetto religioso. La vita stessa è considerata sacra; spesso è "animista" a vari livelli (in modi e pesi differenti a seconda delle tradizioni o sentieri). Se segue la Ciclicità del Tempo, ovvero se vede la vita come una serie di cicli, anche innestati uno dentro l'altro, quindi non negando, anzi considerando importante, un cammino evolutivo personale e sociale; rifiuta l'idea di un tempo lineare (e tutta l'escatologia che ne deriva). Se è in Rapporto con il Divino, ovvero se il fedele ha (deve stabilire) un rapporto diretto con il mondo divino, senza necessità di intermediazione da parte del sacerdote/congrega/gruppo, il quale è opzionale alla fede ma necessario esclusivamente al mantenimento della memoria e del cammino e comunque non rappresenta mai un tramite con la divinità: anche per questo, il percorso che ognuno porta avanti è personale, non esiste un modo unico o assoluto di rapportarsi al mondo divino né, tanto meno, una verità assoluta. Se ha un’etica relativa [performatività dell'etica] cioè ha un'etica relativa e non assoluta, cooperativa, basata su Integrità, Responsabilità, Rispetto e Crescita personale; non ammette l'esistenza di un male incarnato, o un bene incarnato, ma li considera solo diversi volti della realtà; in particolare, il Rispetto implica che virtualmente nessun pagano fa "proselitismo" e che ogni singolo essere umano (e non solo) viene rispettato, e mai schiacciato sotto un'organizzazione di tipo ecclesiastico (non presente nel Paganesimo Moderno) o il mondo divino. Se ha un approccio Stregonesco, solo alcuni sentieri pagani rispondono a questo punto, esso è però importante e quindi lo cito fra quelli primari: la Stregoneria raccoglie quelle tradizioni o sentieri che considerano la religione un mondo completamente orientato al praticante, che inizia nel fedele e trova in esso e solo in esso il proprio senso: non esiste dottrina al di fuori dell'insieme delle esperienze vivibili dal fedele, la "fede" è quindi un'esperienza vivibile e vissuta, e la divinità è una esperienza vivibile e vissuta. L'accento qui va posto sull'"esperienza" diretta anche "sensoriale" della realtà, del mondo, della divinità, del sacro.

 

Punto d'osservazione della fisica dei quanti e il punto di vista Pagano

Leggendo le opere di fisica quantistica, a partire da Rutherford sino a Hawkins è notevole osservare come la cosmogonia scientificamente dimostrata coincida con quanto scrisse Esiodo e di cui discussero i filosofi dell'Hellas. Ovvero, da un caos potenziale attraverso una logica e naturale reazione fisica si passò da una totale probabilità ad una serie di realtà fisicamente tangibili. E ad una matrice plurima non fisica ma logicamente costituita, quindi al mondo duale che intuirono Pitagora, Parmenide e Platone, retto da una legge probabilistica dinamica che intuì Eraclito. Questo confermare con Logica e Ragione le sillogi dei filosofi rafforza il principio per cui la realtà teologica pagana di una serie di Enti Matrice che mossi da una forza acritica e priva di coscienza, si giunge ad una serie di Enti Concetto, e da essi ad una serie di Enti Coscienti, e da qui al mondo manifesto e tangibile. Pertanto se la cosmologia è confermata dal dato scientifico, è davvero strano che persone dotate di notevole intelletto ancora accettino concetti obsoleti e indimostrabili come il dio unico di corrente esseno-cristiana, o un principio senziente mosso da un istinto schiettamente umano, che può trovare la sua controparte politeista e panteista, solo in quanto Matrice degli Enti Concetto/Coscienti, la mente e coscienza originale che tutto compenetra nella sua immanenza. Dobbiamo ammettere che se nuovamente scienza e paganesimo si avvicinano, sia possibile avere una Nuova Età Alessandrina, come quella tardo ellenica o quella tardo imperiale. Resta da considerare un aspetto, come l'etica Platonica e quella Eraclitea presero per prime in considerazione l'aspetto misto dell'uomo tra animalità e intelletto, ora la moderna psicologia e la moderna antropologia lo confermano, suffragate dagli studi sulla fisiologia del cervello umano. In campo etico, resta ferma la frase che il cristiano Dante Alighieri scrisse nella "Commedia" ovvero: "fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza".

La fisica dimostra che il pensiero pagano delle origini, non è per nulla da ritenersi obsoleto e fuori dal tempo ma più che mai attuale. Ogni Divinità ed Entità del mondo sovrasensibile in quanto intelligenza e potenza, pone la sua esistenza in essere, al di là di ogni ragionevole dubbio. Sta a noi operatori saper contattare, comprendere, cooperare, fondersi e mutare tali forze che indipendentemente dai nomi che vi si dà sono essenzialmente la cosa stessa in Sè, e per sè. Resta da stabilire cosa sia dunque questo Sé, attributo di ogni essere senziente di ogni piano d’esistenza, con la quale le menti e i corpi operano nel campo di coscienza; tale segreto arcano è la chiave della Matrice Universale che risiede in ogni ente e essere, che può rivelare tutti i misteri del cosmo intero.

 

Tra Romanticismo ed Illuminismo

Le istanze universalmente presenti nell’anima e nell’animus dell’uomo, nella sua duplice natura, si presenta come espressione, storicamente, negli ambiti più inattesi nelle varie forme della sua manifestazione. Facendo riferimento, non sempre in maniera opportuna, al mondo pre-cristiano si traccia l’evoluzione del pensiero satanista non senza dimenticare tutta una serie di correnti filosofiche e letterarie, anche all’apparenza distanti e talvolta contrapposte, come Romanticismo ed Illuminismo. Sin dall’epoca rinascimentale, infatti, si assiste ad una tendenza, sia pure altalenante, all’antropocentrismo, nonché al recupero dei canoni classici di bellezza ed armonia. Le arti figurative e la scultura, nella loro ripresa di motivi paganeggianti, nella loro riscoperta della bellezza della carne e della stimolazione visiva dei sensi, portano inevitabilmente con sé l’inizio di un lento e graduale recupero di istanze sopite, atrofizzate da secoli in cui l’illusorietà della sfera spirituale aveva avuto un ruolo preminente nella vita umana, nell’arte, nella speculazione filosofica. Leonardo, nella sua rappresentazione dell’Uomo vitruviano, ci fornisce un ottimo esempio iconografico della ripresa della centralità umana. Osservandolo bene l’Uomo al centro, una stella nel proprio universo potremmo sentire riecheggiare, con qualche secolo di anticipo, le parole di Nietzsche che affermò che “fino a che continuerai a sentire le stelle ancora come al di sopra di te, ti mancherà lo sguardo dell’uomo che possiede la conoscenza”.

Spostandosi avanti nel tempo, troviamo la ripresa di motivi cari al Satanismo sia nell’Illuminismo sia nel Romanticismo, due correnti di pensiero apparentemente contrapposte e inconciliabili, ma che nel Satanismo finiscono per fondersi in un’armonica compenetrazione dei loro elementi portanti. Sotto una prospettiva satanista né l’illuminismo né il Romanticismo possano chiudere definitivamente il cerchio se presi separatamente, ma se uniti nei loro motivi fondamentali si rivelano spesso in grado di esprimere il pensiero satanico in maniera suggestiva ed organica. L’illuminismo è la radice dell’emancipazione da dottrine castranti, è la vittoria dell’intelletto che schiaccia superstizione, è la Ragione che passa al suo setaccio tutte le menzogne e gli inganni passati. Questo è un atteggiamento fortemente satanico, sempre che non diventi a sua volta un circolo vizioso dogmatico. Tuttavia, non basta ad esaurire il Satanismo, perché manca l’elemento istintivo, passionale, artistico, emozionale rappresentato dal romanticismo, espressione di ciò che a sua volta va oltre un’analisi prettamente logica dell’esistenza, il seme del dionisiaco che irrompe in maniera prorompente nella vita dell’Individuo Libero; d’altronde cosa, se non il romanticismo, recuperò tutte le sfumature e la bellezza dell’archetipo di Satana. L’enorme successo della figura di Satana nella letteratura romantica di fatto non può prescindere da un elemento chiave di questa corrente letteraria: il titanismo. Come il topos (caratteristica propria) del titanismo si leghi alla figura di Satana è facilmente intuibile dal parallelismo emergente con il mito greco dei Titani, che li presenta come gli dèi più antichi, nati prima degli Olimpi e generati da Urano e Gea (e quindi con un indiscutibile aspetto ctonio) protagonisti dell’episodio mitologico della ribellione a Zeus e agli altri dèi celesti.

Il topos filosofico/letterario del titanismo nasce in Germania in seno al movimento dello Sturm und Drang, e ci presenta la figura dell’Uomo che si ribella, con la sua forza, con i suoi istinti, che si erge come eroe nel suo condurre una strenua battaglia individuale. Se il Titano romantico si erge però a fautore di una battaglia spesso destinata all’inevitabile sconfitta, il Satanismo anela sempre alla vittoria ed è qui che entra in gioco l’elemento razionale. Certo è, in ogni caso, che senza il passaggio inevitabilmente romantico della figura di Satana, decantato come sovrano di un popolo eternamente sconfitto, l’attuale immaginario del quale il Satanismo si nutre sarebbe decisamente meno vicino alla nostra sensibilità e innegabilmente più povero. E di certo saremmo più poveri anche noi, che su quelle pagine impregnate dall’archetipo dell’Angelo Ribelle, attraverso la sublime espressione artistica ci siamo arricchiti, facendo vessillo di quell’ombra maledetta che da sempre accompagna tutti coloro che, come scrisse Baudelaire, “con nera furia Dio Padre ha cacciato dal paradiso terrestre”.

Nella Titanomachia di Esiodo, viene narrata la vicenda delle due fazioni degli Olimpici i dei Cronidi (titani), essa può essere intesa come forma contemplativa dei mysteria ctonici e satanici delle forze inferiche archetipali inconscie. Dal Chaos del primordio vennero le inenarrabili potenze oscure (numi composti di materia e luce oscura), insidiati nel profondo dell'animo umano fino al viscerale regno degli archetipi nell'inconscio collettivo. Liberando la Mètis (intelligenza astuta, figlio del re degli dei che fu ingoiato ponendo fine alla successione divina) che è il contrario del pensiero metodico, praticando il polimorfismo, la flessibilità e l'adattamento, si può giungere al Tartaro per liberare quelle forze Titaniche racchiuse nell'abisso, ed operare con ed attraverso di loro.

Questa è dunque la magia di matrice satanica che sfida gli dei della luce che reggono i pilastri di questa realtà illusoria, per modificarla, alterarla e dominarla. Per sviluppare queste capacità, è bene addestrarsi in alcune tecniche per addentrarsi nell’inconscio sempre più profondamente. C.G. Jung in tal senso ci ha donato un gran patrimoni di conoscenza, in particolare la pratica dell’immaginazione attiva si rivela molto utile per i nostri fini. Il metodo junghiano di immaginazione attiva che, a sviluppo del processo psicologico, rappresenta per chi vi si dedichi un laboratorio personale tendente all’individuazione psicologica. Attraverso di esso, nel dialogo immaginale tra l’Io e le figure dell’inconscio, nella trama dei percorsi individuali si sperimenta la visione archetipica. Considerato sotto il profilo generale, il metodo immaginativo introdotto da C.G. Jung attiene alla sfera spirituale della meditazione di cui può essere considerato una variante specifica. In larga misura, infatti, il procedimento ripropone passaggi tipici presenti nelle più antiche tradizioni, come: lo svuotamento della coscienza, l’atteggiamento di ricettività e di concentrazione della mente, l’attenzione rituale, l’oggettivazione, ecc. Rispetto a tale sfondo comune, l’immaginazione attiva junghiana si differenzia tuttavia per la qualità psicologica di relazione all’immagine che essa introduce. Il metodo non si limita infatti a lasciare emergere l’inconscio o, come lo si voglia considerare, l’evento interiore che trascende l’ordinaria percezione della realtà. Rispetto a quel che si esperimenta richiede anche che si prenda posizione attiva, suscitando una sorta di confronto etico con l’immagine.

 

 

Imago Arcana

Anno MMXVII

 

Copyright © Unione Satanisti Italiani 2010 - 2025